Sorry Serenade
Girai
la chiave nel quadro spegnendo il motore del mio pickup e afferrai
velocemente lo zaino appoggiato sul sedile vuoto del passeggero.
Attraversai
nervosamente il vialetto di casa senza voltarmi a guardare verso la strada: lo
strano formicolio che mi accarezzava la nuca, mi diceva
che la macchina di Edward era silenziosamente parcheggiata alle mie spalle. No.
Dovevo resistere alla tentazione di guardare verso
Stavolta
però aveva oltrepassato ogni limite.
Sapeva
quanto fosse difficile per me pensare di continuare a
crescere ogni dannato secondo, mentre lui sarebbe rimasto fermo eternamente
alla bellezza fresca dei suoi 17 anni…io,
invece, ne avevo già compiuti 18.
Il
pensiero di invecchiare mi assillava incessantemente: era come un animaletto
che si era annidato nella mia mente e non voleva saperne di lasciarmi in pace.
A
scatenare la lite era bastata una stupida battuta, aggiunta al cattivo umore
scatenato dalla stramega figuraccia fatta quella mattina in palestra – avevo beccato una pallonata in piena faccia , ed ero rimasta letteralmente intontita per una mezz’oretta e per di più, mi si era formata un’odiosa chiazza rossa in fronte –.
Edward,
ascoltando i pensieri, divertiti più che preoccupati, dei miei compagni era
corso in mio aiuto. Aveva insistito
tanto per portarmi da Miss Dafne, l’infermiera,
alla fine mi ritrovai stesa sul piccolo letto dell’infermeria con un sacchetto di ghiaccio in testa.
Edward al mio fianco seduto immobile su una sedia in
legno dipinto di azzurro.
“Amore,
come ti senti?”
sussurrò teneramente nel mio orecchio.
“Mmm” con una mano sollevai leggermente il ghiaccio dalla
fronte, quel tanto che bastava per permettermi di aprire gli occhi e guardarlo,
“un po’ meglio.”
Mormorai.
Edward
si alzò e potei sentire il siuo corpo stendersi vicino a me. Tolse il sacchetto
del ghiaccio e lo lasciò ricadere sul piccolo tavolino vicino al letto.
“Ma che fai?” domandai curiosa.
Senza
rispondermi appoggiò la sua guancia delicatamente sulla parte arrossata: il
freddo della sua bellissima pelle marmorea, mi fece sentire decisamente
meglio…soprattutto perché lui era accanto a me.
“Grazie” sospirai.
Per
risposta la sua mano strinse la mia. Era uno dei tanti momenti perfetti che
passavamo insieme, ed ognuno di loro s’imprimeva
indelebilmente nel mio cuore.
Ad
un certo punto scosto il suo viso e poggiò, questa volta la mano sulla mia
fronte. Ora potevo guardarlo negli occhi e leggere un’espressione divertita
stamparsi d’improvviso sul suo volto.
“Che Hai?” chiesi imbronciata. Sapevo che il mio viso doveveva
essere abbastanza gonfio da farmi sembrare una mongolfiera.
“Niente…” La punta fresca del suo dito tracciava amorevolmente
i lineamenti del mio volto.
“ Dai! Lo
so che ho un aspetto orribile, non ho bisogno che tu me lo ricordi!”
“ No, non
è quello…”
“Allora
cosa!?” non capivo a cosa
alludesse.
Poi
sentii il suo polpastrello fermarsi chiaramente all’angolo del mio occhio destro.
“ Pensa
quanto saresti bella tutta piena di rughe…la mia vecchietta!” esclamò.
“ Ma che
cavolo dici!”
Mi
alzai di scatto a sedere, scostandomi da lui, allontanando la sua mano. Andai a
guardarmi allo specchio appeso alla parete di fronte al mio letto.
Ero
più gonfia di quanto pensassi…Jessica aveva messo tutta la forza che aveva in quella
schiacciata!
Inclinai
il capo verso sinistra per illuminare meglio la parte che Edward mi aveva
indicato: il gonfiore aveva fatto creare piccole pieghe sulla pelle… sarebbero sparite subito,lo
sapevo… Ma quella battuta aveva risvegliato l’animaletto nella mia testa, che aveva ricominciato ad
agitarsi, facendo contorcere il mio stomaco per la rabbia.
Rimasi
a fissare la mia immagine riflessa.
“Bella..” Edward mi chiamò, ma non risposi : la sua battutina
era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, e sapevo che di li a
poco avrei cominciato a piangere.
Senza
degnarlo di uno sguardo uscii dalla stanza sbattendo la porta, fortuna che miss
Dafne era uscita per alcune commissioni… Con un
fruscio Edward mi si parò davanti bloccandomi la strada.
“Bella,
scusa…non volevo dire…”
Non
lo feci finire di spiegarsi “Lasciami
stare!”
Con
uno sforzo immane, aiutata dalla rabbia che mi invadeva,
riuscii a non rimanere più di tanto incantata dal suo fascino di vampiro.
Feci
per oltrepassarlo, ma mi afferrò il braccio, costringendomi a guardarlo.
“ Che cosa ho detto?”
“ Che
cosa hai detto!?” feci
eco alle sue parole. “lo sai quanto ci sto male per battutine come quella..” scossi la testa, “
Purtroppo è così e lo sarà sempre, almeno fino a quando non ti deciderai a …” Avrei voluto continuare, ma anche se arrabbiata, non
ero così ingenua da mettere in pericolo la realtà dei Cullen.
“ Ma stavo scherzando…”
“ Bello
scherzo!” sbottai.
“
Scommetto che se fosse stato quella specie di cane a prendertiin
giro…non te la saresti presa così tanto…” insinuò.
“ Adesso
cosa centra Jake! Proprio non capisci,eh?…lasciami andare, ho bisogno di stare da sola.” Dissi con estrema freddezza.
Vidi la sua mascella contrarsi, la sua mano ricadde lungo il fianco liberandomi dalla sua stretta.
Era
un bene che si fosse interrotta lì…se
avessimo continuato a discutere ci saremmo fatti del
male.
Finii
le ore di lezione senza vedere nemmeno l’ombra di Edward: doveva avermi preso in parola.
Dovevo
ammettere che un po’ mi
mancava, ma appena cominciavo a sentire la tristezza per la sua assenza, il
pensiero delle sue parole, tornava a rimbombarmi nella testa,lasciando spazio
solo al risentimento…
La
sua Volvo Grigio metallizzato era ancora parcheggiata dall’altra parte della strada, ma dalla finestra della mia
camera, avevo come l’impressione
che nell’abitacolo non ci fosse nessuno…che fosse solo un modo per dirmi che era sempre con
me, nonostante la litigata?
Rimasi
tutto il pomeriggio stesa sul letto, immobile a fissare il soffitto e la luce
che si faceva sempre più soffusa man mano che le ore
passavano.
Verso
le cinque ero giunta alla conclusione che ero stata
una stupida ad essermela presa così tanto per
quella che, in fondo, era solo una stupidaggine.
Probabilmente
l’aveva detto solo per distrarmi e per sottolineare il fatto che gli sarei piaciuta sempre e
comunque anche con la faccia gonfia come l’avevo …o tutta rugosa…quando
sarei diventata vecchia.
Ma
io non sarei invecchiata, dato che prima o poi sarei riuscita
a convincere i Cullen – in particolare Edward –
a farmi diventare una della “famiglia” a tutti gli effetti.
Alle
5.15 sentii la macchina di Charlie arrivare sul vialetto. Poco dopo la porta d’ingresso venne aperta con un
giro di chiave.
“ Bells!?” gridò dal fondo delle scale.
“ sono in camera mia…”
risposi.
“ Edward
è con te?”
“ No” dissi seccata.
“ Allora perché la sua macchina è parcheggiata davanti casa?”
“ Non lo
so”
Fortunatamente
Charlie era un uomo di poche parole e non continuò con le domande, non salì
nemmeno a controllare, aveva capito che c’era
qualcosa che non andava dal mio tono di voce.
Dopo
poco il brusio del televisore ruppe il silenzio che regnava in casa.
Sospirai.
Mi rigirai di lato e mi addormentai.
Non
so per quanto rimasi incosciente, so solo che fui
svegliata da una musica dolcissima provenire dal piano disotto. Charlie non
poteva essere: non amava la musica classica.
Pian
piano che riprendevo contatto con la realtà, mi resi conto che la melodia
veniva da fuori.
Qualcuno
stava ascoltando un cd sotto la mia finestra? Edward non poteva tenere così
alto il volume della sua radio…
Ancora
assonnata, mi affacciai alla finestra scostando la tenda, ciò che vidi mi ridestò completamente
dal torpore: Edward…era sotto la mia finestra e… suonava un bellissimo pianoforte bianco! Mi pizzicai
il braccio credendo che fosse tutto un sogno: Edward, il pianoforte… Ma sensazione di dolore che avvertii, mi disse che era tutto stramaledettamente vero…
Non
volevo assolutamente sapere come aveva fatto a portare il pianoforte da casa
sua senza farsi vedere da nessuno – un
ragazzo diciassettenne con un pianoforte in spalla in giro per la cittadina di
Forks sarebbe stato troppo per qualsiasi mente, anche
la più visionaria! – .
Lo
guardavo attonita: era seduto lì, davanti ai miei occhi su uno sgabello bianco,
vestito con una elegante camicia chiara lasciata aperta
sul collo, pantaloni e giacca nera… era
perfetto.
Scesi
di corsa le scale, mio padre guardava più sorpreso di me dalla finestra dell’ingresso, non distolse lo sguardo nemmeno per dirmi “…quel ragazzo è pazzo…”, mentre aprivo la porta
per raggiungere il mio Ed.
Era
buio e la luna era alta nel cielo stellato. La sera era fresca e i profumi dell’estate ormai vicina pervadevano piacevolmente l’aria.
Mi
avvicinai incredula al pianoforte, cercando di non fare rumore per non
disturbare la suonata.
L’argentea luce della luna risaltava ancor di più il
bianco latteo del volto bellissimo di Edward: il mio
sguardo passò sulla fronte rilassata nonostante la concentrazione, scivolò
lungo il naso perfetto e l’armoniosa linea delle sue pallide labbra, incurvate
deliziosamente in un sorriso di compiacimento –
sapeva quanto io adorassi il brano che stava suonando: era lo stesso che aveva
eseguito per me appena un anno fa, la prima volta che conobbi la famiglia
Cullen – continuai ad osservarlo, quasi fosse un’opera d’arte
della natura.
I
suoi occhi occupavano il centro della mia attenzione, così attraenti, profondi
e dorati come il miele: era incredibile come una creatura come lui , né viva né morta, dipinta dalle leggende come un essere
abominevole, capace di uccidere una persona in pochi secondi, potesse
sprigionare una tale bellezza e fosse capace di amare un semplice essere umano
come me e farsi amare così tanto quanto lo amavo io.
Le sua dita affusolate scivolavano sui tasti come una carezza, producendo
note meravigliose e soavi.
Come
avevo fatto a rendermi così ridicola davanti a lui, il mio
amore, arrabbiandomi con lui per una sciocchezza…
Non era lui a doversi scusare, ma io…
Ormai
vicina, appoggiai
la mano sulla sua spalla.
Senza
smettere di suonare Edward si spostò leggermente di lato, facendomi posto sullo
sgabello rettangolare.
Mi
sedetti e quando lo baciai sulla guancia cessò all’istante di premere i tasti.
Mi
prese le mani e con lo sguardo basso mi chiese scusa.
“ Non
devi..” lo zittii premendo
debolmente il mio dito indice sulle sue labbra, “sono
io che devo scusarmi, ti preoccupi sempre per me e io ti ripago irritandomi
così facilmente…” abbassai colpevolmente la testa e fissai le nostre
mani intrecciate l’una con l’altra.
“ Bella… ti amo e ti amerò per l’eternità, qualunque sia il tuo aspetto…” era questo a cui alludeva oggi, ed io l’avevo capito troppo tardi.
Lo
guardai, il cuore batteva con violenza contro il mio petto, sembrava quasi
voler uscire per ricongiungersi, finalmente, alla sua metà…anche se questa ormai non
batteva più fisicamente .
“ Bella
amo così tanto te…la tua
meravigliosa anima…” aveva quel sorriso sghembo che mi faceva impazzire.
“ Ti amo
anche io Edward, da
morire!”
risposi.
“ Lo so…” disse in un sussurrò.
Fece
scivolare la punta gelida del suo dito lungo la mia guancia e un brivido attraversò la mia schiena arrivando dritto al mio cuore, non
mi sarei mai abituata all’effetto che il suo fascino di vampiro produceva su di me.
I
nostri visi si avvicinavano sempre di più fino a che le mie labbra calde non si
unirono a quelle fredde di lui, in un bacio carico dell’amore che devastava i nostri cuori.
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Ciao a
tutti!!
Questa è la prima ff che scrivo sulla mitica saga di twilight…perciò fatemi sapere se vi è piaciuta oppure no…
Grazie a tutti coloro
che recensiranno!
Baci xxx
Ithil