Ed eccomi finalmente arrivata all’ultimo capitolo di “Scent of hearts”.
Ho deciso di pubblicarlo contemporaneamente all’epilogo per una sorta di continuità di pensiero.
Confesso
che sono un po’ dispiaciuta di dover smettere di scrivere ma, come in ogni storia
che si rispetti, è giusto ad un certo punto calare il sipario sugli eventi e
fare rimanere il mistero. In questi mesi mi sono affezionata tantissimo a
Clare, Benji e Martine, che sono cresciuti un po’ da soli sotto la mia benevola
supervisione, lasciandomi a volte sconcertata della loro capacità di esprimersi
e di evolversi autonomamente quasi io fossi una spettatrice delle loro vicende.
Mi hanno dato davvero tanto… spero che abbiano lasciato qualcosa anche a voi.
Ringrazio
tutti quanti mi hanno accompagnato nell’avventura di scrivere questa ff, coloro
che mi hanno incoraggiata e consigliata splendidamente. Grazie a tutte le
persone che, lasciando una loro recensione o inviandomi una mail, mi hanno
trasmesso le loro emozioni. Non credevo foste così in tanti a seguire la mia
ff: mi avete davvero commosso!
Alla
divina (e non scherzo!) Sanychan vanno i miei ringraziamenti più affettuosi
perché senza di lei non avrei mai trovato il coraggio di pubblicare. Il suo
appoggio, le sue splendide fanfiction e la sua perenne gentilezza sono stati la
polvere magica che mi hanno ispirato e incentivato a scrivere.
I
personaggi di Capitan Tsubasa non sono miei ma di
Yoichi Takahashi e Shueisha e Star Comics, tuttavia Clare, Martine, Mrs.
Bauer e gli altri personaggi minori mi appartengono e come tali non possono
essere utilizzati senza la mia preventiva autorizzazione.
La poesia
del presente capitolo è stata scritta esclusivamente per me e ogni diritto è, e
rimane, del suo autore che mi ha gentilmente concesso l’esclusiva. Suo è il
pezzo di blues per pianoforte che mi ha fatto scrivere queste ultime pagine,
sua è la frase di Benji al termine di questo capitolo.
Diciamo
che gli devo davvero moltissimo.
Vi sarò molto grata se vorrete farmi sapere se vi è piaciuta la conclusione di questa ff e buona estate a tutti!
Un saluto
affettuoso.
Buona
lettura e ad maiora!
Julie
CAPITOLO
XX
“Quando noi voliamo insieme
nei liberi cieli delle possibilità
non chiedermi di chiudere le ali
per perdermi nel buio del dubbio.
Accetta di volare con me
senza chiedermi quale sia la rotta.
Non la conosco.
Quello che so è che amo
volare insieme a te.
Quello che so è
che amo te.
Ma ora so che
sono io ad aver chiuso le ali.
Sono io ad essermi perso nel dubbio.
Sono io che ho smarrito la rotta.
Io ho smesso di volare.
Ma ora so
che sempre di più
ti amo.
Ti prego
stringi forte la mia mano
Insegnami di nuovo a volare”.
(A.C.F.P.)®©
Raggi di luce sciolti come lame sottili forarono il debole baluardo opposto dalle tende di mussola leggera rincorrendosi uniti per poi separarsi fino ai piedi dell’enorme letto, scaldando le lenzuola di lino sbiancate dal sole. Un raggio impudente percorse un polpaccio affusolato che emergeva da quella spumosa nuvola bianca e accarezzò la serica pelle di un braccio ripiegato a formare un arco sopra morbidi riccioli scomposti.
Clare aprì
lentamente gli occhi e si guardò attorno confusa scostandosi una ciocca di
capelli dal viso, cercando di mettere a fuoco gli arredi poco familiari.
Si trovava
da sola, nella camera da letto di Benji… nel suo letto!
Il rumore
di una porta sbattuta sullo stesso piano la fece balzare in piedi di colpo, per
poi accorgersi di aver dormito completamente nuda. Un gemito di vergogna le
sfuggì dalle labbra e si affrettò a strappare il lenzuolo dal letto
avvolgendoselo attorno al corpo, paludandosi come un’antica divinità greca.
Respirò di
sollievo quando udì la porta richiudersi più gentilmente e dei passi
allontanarsi lungo il corridoio in direzione delle scale. Sebbene fosse del
tutto naturale che in qualità di moglie dividesse la camera e il letto del
padrone, si sentiva in fortissimo imbarazzo ad affrontare i domestici in un
abbigliamento così discinto.
Scostò le
tende dalla finestra e il chiarore abbagliante di quel mattino inondò la stanza
di luce.
Sulla sua
pelle lattea spiccavano i segni della notte appena trascorsa, dove Benji
l’aveva stretta e baciata con passione, e gli occhi di Clare furono attratti
dalle piccole macchioline di sangue che deturpavano il candore immacolato del
materasso. Un improvviso violento rossore le salì alle guance imporporandole,
diffondendosi al di sopra del rosa tenero dei suoi seni. Trattenendo saldamente
il suo abito improvvisato tese la mano a tirare via il lenzuolo, con
l’intenzione di farlo sparire prima che Mrs. Bauer o una delle cameriere
potessero vederlo.
Fu così
che Benji la vide, immersa nel fulgore glorioso della luce del mattino, la
pelle candida che riluceva come l’alabastro più pregiato, i biondi riccioli
arruffati, in cui solo poche ore prima aveva fatto scorrere le mani, sparsi
sulla schiena in un tumultuoso torrente.
Il rumore
della porta che si apriva alle sue spalle fece sobbalzare Clare che si svoltò
di scatto ritrovandosi di fronte all’uomo che aveva stravolto tutta la sua
vita. Benji era vestito di tutto punto con un paio di pantaloni scuri e una
giacca sportiva sopra una camicia candida a righe sottili che esaltava la bruna
avvenenza del volto. Incombeva su di lei, imponente per forza e volontà, e
sembrava perfettamente a suo agio nel trovarla seminuda nella sua camera da
letto, mentre Clare avrebbe dato qualsiasi cosa per scomparire il più
velocemente possibile.
Si
raddrizzò di scatto, stringendosi al petto il suo abito improvvisato, e il
lenzuolo che aveva fra le mani cadde ai suoi piedi in un mucchio disordinato
- Bu…
buongiorno… - balbettò nervosamente scandagliando l’espressione imperscrutabile
dell’uomo, cercando di trovarvi un accenno della tenerezza della notte scorsa.
Il volto
di lui era ombreggiato dalla tesa del suo inseparabile cappello e sulle labbra
finemente cesellate non c’era neppure l’accenno di un sorriso. Le sembrò avere
di fronte un estraneo, impeccabile e distante, non l’uomo che l’aveva stretta
fra le braccia e amata con tanta passione. Seguì lo sguardo fermo di lui
rivolto ai suoi piedi e vide che la sua attenzione era stata catturata dal
lenzuolo macchiato e spiegazzato che aveva strappato dal materasso.
Un
improvviso e violento rossore colorò le
guance di Clare che distolse lo sguardo in preda alla vergogna, stringendosi le
braccia attorno al corpo snello, ancora arrossato dai suoi baci.
Benji le
si avvicinò ammirandone il volto delicato soffuso di imbarazzo, il corpo
giovane e flessuoso che lei cercava disperatamente di celare al suo sguardo
affamato.
-
Buongiorno, dolcezza – la salutò. Nella sua voce c’era una leggera traccia di
divertimento e il portiere fece scivolare il dito sotto il mento di lei a
sollevarle il volto per incontrare il suo sguardo incerto – Dormito bene? -
Clare
incontrò quello sguardo di brace e se possibile il suo volto si fece ancora più
rosso – Si… io, ecco… si… -
Benji
inclinò leggermente il capo, mentre le scostava un ricciolo dorato dalla
guancia, facendole aumentare i battiti del cuore. Non riusciva a staccare lo
sguardo dal volto di lei, dal punto in cui il lenzuolo si apriva consentendogli
un’invitante visione delle prime morbide curve del seno. La pelle di Clare
aveva il serico tepore delle rose scaldate dal sole e gli ci volle uno sforzo
di volontà per non trascinarla di nuovo sul letto.
Quando
quella mattina si era alzato, sciogliendosi dal groviglio dorato dei suoi
capelli e da quel corpo che premeva affettuosamente contro il suo, si era reso
conto che non avrebbe mai permesso a nulla e nessuno di strappargliela dalle braccia.
Si era allontanato prima che si svegliasse, cercando di ricomporre le proprie
confuse emozioni, prima di rivederla… prima di scoprire negli occhi dorati di
lei chissà che cosa…
Era
possibile che Clare gli avesse mentito? Alla luce del giorno non riusciva
neppure a concepire un simile sospetto perché, quando Clare lo guardava come in
quel momento, con tutta l’anima negli occhi, gli sembrava addirittura osceno,
eppure…
Quel “ti
amo” pronunciato la notte precedente non contava nulla, lo sapeva benissimo.
Sapeva di
averle fatto conoscere la piena portata della sua femminilità e che quelle
erano state parole dette in un momento in cui la passione e il desiderio
avevano annullato ogni altra volontà.
Non c’era
stato orgoglio quella notte, né distacco, né possibilità di tirarsi indietro.
Le aveva
dato tutto se stesso, come mai gli era capitato di fare prima, annegando nel
suo calore, trasportato dal suo profumo, nella pace che solo lei sembrava in
grado di donargli. Quella mattina aveva dovuto allontanarsi prima che si
svegliasse perché, per quel suo maledetto orgoglio, non avrebbe sopportato di
leggere negli occhi di lei un rifiuto.
Eppure
quelle due brevi parole, pronunciate tra un respiro e l’altro, gli avevano
acceso una strana speranza nel cuore.
Accennò al
lenzuolo ai suoi piedi – Non devi sentirti a disagio – mormorò, sfiorandole le
labbra con la punta del dito – Mi dispiace solo se sono stato poco delicato. -
Clare non
riusciva a respirare sotto il lieve tocco di lui. Non poteva dirgli che stava benissimo,
che il solo fatto di averlo così vicino le faceva battere freneticamente il
cuore, che avrebbe voluto che lui la prendesse di nuovo fra le braccia.
Quelle
sarebbero state le parole che avrebbe pronunciato una donna innamorata.
Ma la
notte era finita e quello era il mattino.
- Se non
ti dispiace vorrei vestirmi. – mormorò con voce tanto bassa che lui stentò ad
udirla
Benji fece
un passo indietro e negli occhi scuri passò un lampo di sgomento che lei non
vide – Si, certo. Ti aspetto di sotto. – Esitò un istante - Oggi non ho gli
allenamenti e avrei un impegno ma prima pensavo che potessimo andare in clinica
insieme. -
Clare
annuì, stringendosi convulsamente il lenzuolo al petto e chiedendosi
febbrilmente quale fosse la natura di quell’impegno… se in quell’impegno
c’entrasse una brunetta di loro conoscenza – Va bene. -
Non appena
udì la porta chiudersi alle spalle del portiere si precipitò in bagno e si
affrettò ad infilarsi sotto la doccia, cercando di lavare via, sotto il forte
getto d’acqua, il sottile senso di angoscia che le aveva trafitto il cuore. Si
preparò a tempo di record e quando scese le scale di corsa trovò Benji ad
attenderla in sala da pranzo in compagnia di Martine.
La bambina
stava cercando di muovere i primi incerti passettini completamente sostenuta da
Benji che la sorreggeva per le piccole mani. Faceva tenerezza vedere il corpo
alto e atletico di lui premurosamente chino sulla piccina. Il sorriso del
campione era abbagliante, mentre guidava i passi insicuri di Martine e, quando
scorse Clare in piedi sulla porta, fece voltare verso di lei la bambina
- Guarda Martine, ecco la mamma. Non vuoi
farle vedere quanto sei brava? – la esortò affettuoso
Con gli
occhi colmi di commozione Clare osservò la bimba venire verso di lei ridendo e
farfugliando parole incomprensibili. Si chinò ad accoglierla fra le braccia e
come fu a pochi passi da lei la strinse a se, alzandosi in piedi, riempiendole
il visino di baci e strappandole un’altra risatina.
La nuova
posizione consentì a Martine di godere di una visuale più ampia e come vide
Benji, accanto a Clare, tese le braccine. Lui la accontentò, prendendola in
braccio e facendole il solletico sul pancino, facendo sorridere anche Clare
agli strilli gioiosi della bambina.
Qualunque
fossero le difficoltà fra di loro sembrava che ogni divergenza o incertezza si
appianasse quando si trattava di occuparsi di Martine. Non c’era spazio per gli
egoismi o i dubbi davanti alla bambina ed entrambi si lasciavano guidare
dall’istinto e dall’amore che nutrivano per la figlioletta.
Mentre
Benji giocava con Martine, Clare fece finta di fare colazione ma aveva lo
stomaco talmente chiuso da non riuscire a mandare giù niente di più di una
tazza di tè. Si alzò con sollievo da tavola quando Mrs. Bauer venne a prendere
la bambina dalle braccia del padre e seguì docilmente Benji fuori da Ville Rose.
Quella
mattina di tardo autunno aveva regalato a Monaco un tempo splendido e un sole
luminoso brillava oltre le cime dei sempreverdi che delimitavano il giardino.
Benji
osservò la luce riflettersi sui capelli biondi della moglie, illuminandoli di
una miriade di sfumature, prima che lei salisse sulla Jaguar. Gli era apparsa
estremamente fragile quella mattina, vestita di un corto abitino nero ravvivato
da un foulard di un bel verde brillante e, nonostante fosse sempre bellissima,
aveva notato un ombra velare di dispiacere le profondità ambrate dei suoi
occhi.
La notte
appena trascorsa li aveva avvicinati incredibilmente, regalando loro
un’intimità alla quale nessuno dei due era abituato. Eppure, quando lui aveva
accennato a ciò che era successo, Clare gli era parsa imbarazzata e più che
desiderosa di lasciarsi quei momenti alle spalle, quasi volesse dimenticare.
Lui, il
SGGK, che non si lasciva mai travolgere da alcuna emozione, né sui campi da
calcio e neppure nella vita, non avrebbe mai potuto dimenticare il sapore della
sua pelle, la serica consistenza che aveva avuto sotto le sue dita, il suo
liscio tepore. Quello che aveva detto ad Erika, la sera prima della partita
contro la Dinamo Bucarest, gli era apparso quella mattina straordinariamente
vero e colmo di significato. Non riusciva più negare il sentimento che gli era
nato nel cuore, il senso che Clare aveva finalmente dato alla sua vita.
Quello
scricciolo di ragazzina, all’apparenza così fragile, piano piano gli si era
insinuata nel cuore e adesso toccava a lei… poteva regalargli il Paradiso o
farlo sprofondare nell’Inferno più cupo… a sua scelta. Non gli restava altro
che aspettare.
Il
tragitto da Ville Rose alla clinica
si svolse nel più completo silenzio ma, come Benji arrestò la Jaguar vicino
all’entrata, una giornalista con in mano un microfono, inseguita da un
operatore con la telecamera in spalla, e da un paio di fotografi sbucarono da
dietro l’angolo dell’edificio circondando la vettura.
-
Maledizione! – Benji sbatté la portiera dell’auto e circondò la vita sottile di
Clare attirandola a se, proprio mentre Martha Lewis gli ficcava il microfono
sotto il mento e i fotografi si davano da fare a scattare alcune immagini.
- Benji,
ci è stato detto che tuo padre si trova ricoverato qui per un infarto, ci
confermi la notizia? – chiese la donna con la grazia di un barracuda.
Il SGGK la
fulminò con un’occhiataccia e, senza rispondere, prese a salire le scale della
clinica, sostenendo Clare fino quasi a sollevarla da terra. Spinse il portone
di ingresso ed entrò nell’atrio, fulminando con un’occhiataccia una giovane
infermiera che senza volerlo ne aveva intralciato il passo deciso. Passò
davanti al bancone delle accettazioni tallonato dalla giornalista che continuò
a tempestarlo di domande
- Mi
confermi che in questa stessa clinica è stata ricoverata circa nove mesi fa la
modella Liesel Hauermann con la quale hai avuto una relazione? – Il volto del
SGGK era una maschera di pietra ma pur non ricevendo alcuna risposta Martha
Lewis continuò implacabile - E’ qui che la signorina Hauermann è poi morta per
aver fatto uso di sostanze stupefacenti? – gli chiese
Benji si
arrestò di botto e Clare sentì il corpo del marito irrigidirsi proprio mentre
la Lewis sparava l’ultima bordata del suo fornitissimo repertorio – E non è
forse vero che hai adottato la figlia ancora in fasce della Hauermann? -
Benji
divenne livido di rabbia - Non so chi abbia… - ringhiò, cercando di strapparle
di mano il registratore acceso, ma una risata alle sue spalle li costrinse a
voltarsi tutti in direzione del banco di accettazione.
Erika
Langel avanzò in mezzo all’atrio con un incedere volutamente provocatorio, tra
gli sguardi stupiti del personale sanitario accorso per fermare quella baraonda
-
Rispondi, Benji – disse apostrofando il campione con insolenza – Dopotutto
Martha ti sta facendo solo delle semplicissime domande. -
Il
portiere la fissò sprezzante, alzando leggermente la tesa del cappello – Dovevo
immaginarlo che c’eri tu dietro tutto questo. – si limitò a dire con raggelante
semplicità.
Erika rise
– Io mi sono solo limitata a passare a Martha alcune informazioni. Io resto lo
hai fatto tutto da solo, mio caro. -
Un giovane
medico intervenne cercando di rispedire fuori tutta quell’orda di gente –
Signora, la prego, abbassi la voce! Questo è un ospedale… -
Erika gli
rise in faccia – Non mi interessa. – replicò beffarda – Devo finire di chiarire
alcune cose con quell‘uomo laggiù e non ho alcuna intenzione di andarmene. -
Nonostante
il viso impassibile, dal pericoloso scintillio degli occhi scuri Clare comprese
Benji era furibondo
- Quello
che hanno scritto – prese a dire freddamente – sono solo un mucchio di
invenzioni che tu hai alimentato con le tue sporche bugie. -
Erika
avanzò fino a fermarsi di fronte al SGGK, sfidandolo – Invenzioni, dici? Non è
forse vero cha hai adottato la figlia di Liesel e che per farlo ti sei sposato
con questa sgualdrinella da quattro soldi? – Erika allargò le braccia in una posa
teatrale – Ti sei comprato una moglie e, non una qualunque, badate bene, una
bambinaia, niente di meno! Vuoi forse che il mondo non sappia quanto è caduto
in basso il SGGK?
Benji
scosse il capo inferocito – Smettila Erika, la tua è solo rabbia nei confronti
di Clare. -
- Oh… si!
La piccola Clare! – Erika si rivolse alla giovane donna scuotendo il capo e
bamboleggiando – Come ci si sente mia cara nel sapere che il proprio marito va
a letto con un’altra donna? – chiese insultante, gli occhi verdi che sputavano
veleno – Non ne sapevi nulla, vero? Tuo marito è l’essere più bastardo che io
conosca. Chiedigli quante donne gli hanno scaldato il letto! Anche Liesel… era
solo una delle tante. - Scosse il dito indice davanti al volto del campione, il
volto stravolto da una smorfia di rabbia – Credi forse che ti ami? No! Ti
metterà da parte come ha fatto con lei… come ha fatto con me. –
- Erika
smettila! Sai benissimo che fra noi non c’è mai stato nulla! – la pazienza del
SGGK sembrava essersi esaurita
- Non ti
sei accorto che Liesel era anoressica! – lo accusò ormai in preda
all’isteria
Il capo
bruno di Benji scattò all’indietro – Come fai a saperlo? – urlò, serrando le
mani attorno alle braccia della donna. Scosse il capo come per schiarirsi le
idee – I medici mi hanno detto che Liesel soffriva di questa malattia, solo
dopo la nascita di Martine… - La comprensione si fece strada nella sua mente
come un bagliore accecante – Lo sapevi! – esclamò furioso – Sapevi che Liesel
era anoressica e non l’hai aiutata! – La scosse rabbioso – Perché non me lo hai
detto? -
- E perché
avrei dovuto! – Erika schiumava di rabbia, cercando di divincolarsi dalla sua
stretta ferrea – Cosa aveva fatto lei per me? –
Benji la
lasciò andare disgustato ed Erika si rivolse a Clare, che era rimasta in
silenzio fino a quel momento, scioccata dal comportamento dell’altra – Sai che
Benji ti ha sposata solo per dare una madre alla bambina? Tu non conti nulla
per lui! -
Si voltò
verso Benji ma il SGGK la guardava come se fosse una creatura repellente. Per
Erika fu come una frustata in pieno viso. La vergogna e l’umiliazione la fecero
reagire forse nel modo peggiore
- Cosa
penseranno la stampa e la tua preziosa mogliettina nel sapere che il portiere
del Bayern Monaco, il famoso SGGK è un drogato e ha fatto morire la madre di
quella piccola bastarda che si è portato a casa? -
Ciaff!
Benji, i
fotografi, l’operatore e la stessa Martha Lewis rimasero di stucco nel vedere
la mano sottile e affusolata di Clare scattare e abbattersi sulla guancia della
donna senza un attimo di indecisione.
Sembrava
una furia e per un attimo anche Erika, ebbe paura. Tenendosi con un mano la
guancia colpita arretrò di un passo mentre Clare stava lì, di fronte a lei, le
braccia tese lungo i fianchi e i pugni stretti come se fosse pronta a colpire
di nuovo.
- Adesso
stammi a sentire bene, signorina Langel – esclamò con gli occhi dorati che
mandavano lampi - Gli insulti rivolti a me li sopporto perché sono una persona
adulta ma – disse, scandendo bene le parole –
indipendentemente da chi l’ha partorita Martine è mia figlia e se oserai ancora
associare il suo nome alle calunnie che vai spargendo in giro ti converrà
trovarti un posto dove nasconderti per bene perché io ti farò a pezzi! Mi hai
sentita? –
Le ultime
parole quasi le urlò e tutti i presenti si trovarono a trattenere il fiato fino
a che Erika, finalmente ridotta al silenzio, non fece un piccolo cenno
d’assenso col capo.
Senza
rivolgere la parola a nessuno Clare girò sui tacchi e si avviò lungo il
corridoio della clinica lasciandoli ammutoliti alle sue spalle.
Non
riusciva a credere di aver schiaffeggiato quella donna. E sotto gli occhi di
Benji per di più!
Gemette
dentro di sé e fece per spingere la pesante porta a vetri che dava nel cavedio
della clinica. Voleva stare sola e aveva bisogno di un attimo per ricomporsi,
prima di affrontare Benji e i suoi genitori. Aveva i nervi a fior di pelle e si
sentiva pericolosamente vicina al punto di rottura. Le insicurezze e le angosce
che avevano seguito quell’incredibile notte le si scaricarono addosso come un
fiume in piena, travolgendola.
Una grande
mano bruna coprì la sua e la trattenne.
Clare alzò
lo sguardo sul volto bello e impassibile del marito e sentì sciogliere dentro
di sé tutta l’ansia e le emozioni che la scuotevano. Lacrime le spuntarono fra
le ciglia imperlandole come tanti piccoli gioielli
- Aspetta
– la voce di lui bassa e calda la trattenne – Usciamo un attimo. -
Clare
annuì, troppo sconvolta per ribattere, e lo seguì all’esterno nel giardino
della clinica, dove un roseto spoglio sembrava non poter resistere ai rigori
del freddo inverno che l’attendeva. Disperata e piena di dolore Clare
confondeva il proprio destino con quello del giardino disadorno.
Benji si
chinò su di lei, prendendole il volto fra le mani e affondando quel suo sguardo
fiero e orgoglioso nelle iridi dorate. Lacrime a lungo trattenute le rigarono
il volto, bagnandogli le mani. La vide tremare al suo tocco.
- Stai
bene? – chiese preoccupato, scandagliando il viso della moglie
Lei fece
un debole cenno con il capo. Non poteva andare avanti in quel modo. Non poteva
vivere giorno dopo giorno quell’altalena di sentimenti e contraddizioni. Come
resistere alle cattiverie di Erika e della gente quando non aveva alcuna
certezza sui sentimenti di lui? Che cosa fare, quando rimaneva rinchiuso nel
suo solitario e assoluto mutismo escludendola dalla propria vita e dai propri
pensieri?
Benji non
le consentiva di avvicinarsi al suo cuore e l’incertezza era peggio che un
esplicito rifiuto.
- Voglio
andare via. – Le parole di lei furono solo un debole sussurro ma Benji le udì e
vide l’espressione sconvolta dei suoi lineamenti. Comprensivo le fece scivolare
un braccio attorno alla vita, sorreggendola leggermente
- Va bene,
non preoccuparti. Ti porto a casa. Tornerò in clinica più tardi. -
- No. – il
sussurro di Clare si fece più deciso e la ragazza alzò gli occhi, ad incontrare
lo sguardo denso e profondo dell’uomo, come se volesse imprimersi nella mente
le fattezze asciutte del suo volto.
Le sarebbe
quasi venuto da ridere se non fosse stato per l’assurda tragicità della
situazione: era irrimediabilmente e follemente innamorata di suo marito,
Benjiamin Price, il Super Great Goal Keeper della Bundesliga e della nazionale
giapponese e lui le stava lacerando il cuore come se fosse fatto di fragile
velina.
Pregò di
avere coraggio… per una volta sola nella vita.
- Voglio
andare via da te. -
Le sue
parole lo colpirono peggio di un pugno sul viso. Trattenne il fiato, il volto
impietrito. Le braccia si tesero lungo il corpo irrigidito, le mani
spasmodicamente serrate a pugno, fino a farsi sbiancare le nocche.
Ma
Benjiamin Price era abituato a parare i colpi più imprevedibili… anche quelli
della vita.
Tutti finiscono con l’andarsene e allora è meglio
andare via per primi e non voltarsi mai indietro.
Anche lei
se ne stava andando…
E lui
aveva bisogno di lei.
Quel
pensiero lo scosse fino in fondo all’anima come una scarica elettrica.
Si sentì
smarrito ma il suo orgoglio gli fece ricacciare indietro quella sensazione di
fastidio che per un attimo gli aveva punto gli angoli degli occhi. Gli sembrava
che un macigno gli si fosse posato pesantemente sul cuore. Non poteva lasciarsi
andare… scoprirsi… rendersi vulnerabile.
Annuì
seccamente, il volto accuratamente inespressivo dietro una maschera di gelida
indifferenza.
Clare
ingobbì bruscamente le spalle, schiacciata dalla sua freddezza. Sedette sul
sedile della Jaguar come imbambolata. Non vedeva nulla di fronte a sé: era come
se un velo nero le fosse calato improvvisamente sugli occhi. Sentiva freddo.
Era
finito. Il loro matrimonio… ogni possibilità. Era davvero finito tutto.
Non si
accorse neppure che Benji era salito in auto e guidava alla volta di Ville Rose.
Scesero
dall’auto senza neppure sfiorarsi, come due estranei. Il salotto a pianterreno
era illuminato da quella stessa tersa luce che brillava all’esterno, immerso in
un silenzio irreale.
Clare si
sentiva svuotata di ogni energia, come una bambola di pezza che, priva di un
sostegno, si affloscia miseramente a terra priva di un’anima. Gli voltò le
spalle e fece per avvicinarsi alle scale e salire al piano di sopra. Non sapeva
cosa avrebbe fatto, dove sarebbe andata…
Stava
andando via…
- Mi hai
detto che mi amavi. -
Le parole
gli uscirono da sole dalle labbra, senza che Benji fosse riuscito a
trattenerle.
Clare si
voltò e lo guardò scioccata – Non è vero! -
- Lo hai
detto – ribatté lui implacabile – la scorsa notte, quando hai fatto l’amore con
me. -
Clare lo
guardò per un istante, sentendosi sconfitta e umiliata – Si, ti ho detto che ti
amavo e sta pur certo che quella è stata la prima e ultima volta. – Cercò di
sostenere lo sguardo inflessibile dell’uomo - Era il mio regalo d’addio. -
- Non puoi
andare via. -
Clare lo
fissò incredula – Pensi che un ordine come questo possa bastare? – Scosse la
testa sconfitta, mentre il peso di quell’amore sconsiderato le gravava addosso
in tutta la sua devastante portata - Io non posso restare… Ho dato quello che
avevo da dare. -
Lui rimase
in silenzio come se cercasse le parole
– Ti amo –
disse infine con voce esitante.
Lei provò
un immenso fremito di gioia. Era un miracolo, un dono incredibile. Lei voleva…
Era
incredibile.
Una
profonda fitta di dolore la dilaniò quando si rese conto di quanto era stata
ingenua a credere a quella semplice risposta. Deglutì – Come è conveniente. –
Benji
imprecò sottovoce - Conveniente? Non ho mai detto “ti amo” a nessuna donna
prima d’ora. Conveniente? Non è conveniente. – Fece un profondo respiro
cercando di riacquistare un minimo di lucidità ma le parole gli uscirono
disordinate dalle labbra – Credevo di poter controllare tutto, che le emozioni
semplici non fossero da me. Mi ritenevo superiore agli altri quando li vedevo così
persi dietro ad una donna. Julian, Philip… perfino Holly. – Fece una pausa e
scosse il capo come per riordinare le idee - Da quando sei entrata nella mia
vita hai completamente stravolto ogni schema che mi ero prefissato, facendo
apparire banali le mete che mi ero proposto di raggiungere. Improvvisamente il
calcio non occupava più ogni mio pensiero, ogni energia. Nessuna vittoria,
nessun successo sono importanti se posso dividerli con te. Hai portato troppe
cose: Martine, la riappacificazione con i miei genitori, l’allegria, la tua
dolcezza. Mi hai regalato emozioni e fatto scoprire tesori che neppure sapevo
di possedere e mi hai convinto a condividere quel poco che avevo da dare. –
Affondò lo sguardo negli occhi dorati di lei senza esitazioni - Non posso pensare
di passare la mia vita lontano da te. -
Tacque e
tenne lo sguardo fisso su di lei, come se fosse l’unico legame ad impedirle di
andare via.
Aveva
capito ormai da tempo che Clare era il catalizzatore delle sue giornate. Lui,
che si era sempre arroccato in posizione di difesa, ritraendosi di fronte ad
ogni coinvolgimento, aveva un bisogno disperato di lei, del suo appoggio, del
suo sostegno… del suo amore.
Clare non
riusciva a credere alle sue parole… le aveva desiderate per troppo tempo! Ma la
luce negli occhi di Benji era reale, sincera e piena di una folle emozione.
Abbassò lo sguardo, non potendo a sostenere l’intensità di quelle iridi
traslucide che sembravano leggerle nel cuore… non riuscendo a controllare tutto
l’amore che aveva dentro e che minacciava di traboccare.
Per Benji
fu come un rifiuto.
Irrigidì
la mascella e le passò accanto, il volto livido, sfiorandole appena il braccio,
nella fretta di mettere quanta più distanza possibile tra lui e quella donna
che gli stava devastando il cuore.
Fu quel
lieve tocco a scuotere Clare.
Lui le
aveva mostrato tenerezza, collera, comprensione, asprezza e la promessa di
un’eterna sopportazione. Si voltò di slancio e fissò le ampie spalle dell’uomo
sentendosi sconcertata e gioiosa… e cominciando a sperare.
I suoi
passi si mossero veloci dietro di lui, le sue braccia si sollevarono e le dita
affusolate di lei si posarono sulla schiena rigida del campione costringendolo
a fermarsi. Benji trattenne il fiato e si irrigidì al quel tocco lieve, mentre
sentiva quelle stesse mani cingergli i fianchi stretti, circondarlo e posarsi
sul suo torace proprio all’altezza del cuore, mentre la fronte e il seno di lei
venivano a contatto con la sua schiena nel più intimo degli abbracci. Sentì il
corpo flessuoso di Clare aderire al suo completamente e le sue labbra posargli
un bacio tra le scapole.
Gemette e
si voltò immediatamente fra le sue braccia, chinandosi e cingendola
impetuosamente in una stretta che le mozzò il respiro, affondando il volto
nell’oro dei suoi capelli
- Clare…
Clare… -
Lei
sospirò, mentre le lacrime le scorrevano libere sulle guance bagnando il viso
di lui.
- Dimmelo
ancora… - sussurrò sfiorandogli la nuca in una carezza, il viso rischiarato da
un sorriso
I profondi
occhi neri sempre così sicuri e fieri erano ora illuminati da quella luce che
solo Benjiamin Price da sempre possedeva - Resta, Clare. – mormorò sollevandola
e stringendola forte a sé – Guarda… - disse fissandola in volto – Sono pazzo di
te. -
Lei si
strinse contro il suo corpo possente, cingendogli le mani dietro la nuca, e la
sua bocca morbida sfiorò le labbra di lui per un breve e delizioso istante –
Dovrai passare la tua vita a ripetermelo – fremette, piena di felicità.
- Oh, lo
farò. – Benji si chinò leggermente facendole passare un braccio sotto le
ginocchia, tenendola stretta a sé, e impedendole di toccare terra con la punta
dei piedi. Le sfiorò l’orecchio con le labbra, mordicchiandole leggermente il
lobo delicato e spedendole una serie di brividi lungo la schiena – Lo farò ogni
notte… e ogni giorno, fino a che non mi dirai di smettere. -
Lei rise
tra le lacrime, nascondendo il volto contro il suo collo robusto e giocando a
fargli il solletico con il naso, mentre Benji si avviava lungo il corridoio che
portava all’estremità della villa. Entrò nel salone da ballo con la moglie in
braccio, chiudendo con una spallata la porta. Prese a girare su se stesso,
mentre la risata di Clare scioglieva la tensione e i timori che li avevano
attanagliati lasciando il posto ad una serenità benedetta. La luce meravigliosa
che attraversava i vetri cattedratici formava una morbida scia di colori,
bagnandoli di un lieve tepore. Erano due creature ultraterrene, perdute nel
loro incantesimo personale e nessun bacio o abbraccio appassionato avrebbe potuto
evocare l’amore con altrettanta eloquenza come la mano bianca di Clare
fiduciosamente intrecciata alla stretta tenace di lui.
Le dita di
entrambi scivolarono sui bottoni e le cerniere degli abiti, che cedettero sotto
le loro mani formando un mucchio disordinato ai loro piedi, mentre i colori
scorrevano sui loro corpi in un caleidoscopio, illuminando ogni morbida curva,
ogni convessità, ogni solida distesa.
I capelli
di Clare fluirono come un rosso torrente infuocato tra le mani di Benji,
sprigionando il profumo di rose bianche che lo avvolse come un sogno ormai
ricorrente. Era lei, l’aveva tra le braccia, e sarebbe rimasta per sempre parte
sé. Le sue mani si colorarono delle sfumature della pelle di Clare, mentre i
loro corpi si cercavano e si accoglievano, come due splendidi esseri divini,
rilucenti di oro, porpora e avorio, uniti dal chiarore abbagliante in una pozza
di luce.
Non c’era
esitazione nei loro gesti, né rimorso, né solitudine… solo un infinito,
travolgente desiderio.
Come
avevano potuto esistere fino ad allora separati? Il loro cuore aveva fatto una
scelta…
Fili di
luce sciolti, brillanti in luminose spirali si avvolsero intrecciandosi, per
poi separarsi e sciogliersi nell’ombra, confondendosi fra parole intelligibili
e sussurri acquiescenti, per poi tornare ad erompere sfolgoranti, perforando le
tenebre, tra frasi d’amore appena mormorate.
Era
l’estasi. Il dolce fondersi di due respiri, il confondersi di due profumi.
L’abbandono
e la rinascita.
Che cosa
succede quando il destino incrocia due vite così diverse mescolandole? Quando
due strade, fino ad un certo punto distinte, per qualche incomprensibile
disegno si sfiorano e, toccandosi, diventano una sola?
Si arriva
a percepire la reale profondità di noi stessi e seguendo le invisibili tracce
del cuore ci si trova inspiegabilmente ad amare… così tra un respiro e l’altro.
Al di la
di ogni cosa.
- Ti amo!
Ti amo tanto! – mormorò Clare contro il suo viso, facendo scorrere le dita
lievi sui tratti abbronzati del volto del marito.
Benji si
aggrappò come un naufrago al bagliore splendente che vedeva nelle iridi ambrate
di lei, rese dense dal desiderio, mentre le sfiorava velocemente le labbra
quasi ad assaporare e trattenere quelle poche preziose parole. Scoprì che il
mondo era davvero più bello visto attraverso quegli occhi dorati che
scintillavano di gioia riflettendosi nei suoi.
Si sentì
umile e beato di fronte al dono di lei.
- Ti amo
Clare. Non so se sarà sufficiente… ma ti amo di tutto l’amore che posso. -
*****************************************************************************
EPILOGO
Barcellona – Spagna,
maggio 2002
-
Maledizione, sono dentro da più di tre ore! -
Oliver
Hutton, giunto da pochi mesi in Europa e neo-promosso capitano del Barcellona,
stava scalpitando di fronte alla porta della sala parto della clinica dove
Patty era stata ricoverata. Lanciò uno sguardo all’amico, comodamente seduto su
uno dei divanetti della sala d’attesa, ricevendone in cambio uno sguardo
comprensivo. Sbuffò e riprese ad andare impazientemente avanti e indietro per
poi fermarsi di nuovo di fronte alla porta ed emettere un lungo sospiro
rassegnato.
Una mano
grande e forte gli si posò sulla spalla in un gesto consolatorio.
- Vieni a
sederti. Non è andando avanti e indietro che lo farai nascere prima. -
Holly
sollevò lo sguardo ad incontrare quello scuro e penetrante di Benji Price sotto
la visiera del suo immancabile cappello e per un attimo invidiò all’amico la
sua calma olimpica e il suo proverbiale sangue freddo.
- Non
saresti così calmo se la dentro ci fosse Clare e tu ti trovassi nei miei panni
– borbottò nervosamente, seguendo il portiere a malincuore e andandosi a sedere
accanto a lui.
Benji
spinse indietro la visiera del cappello appoggiandosi comodamente allo
schienale del divano e stendendo davanti a sé le lunghe gambe – Probabilmente
non riuscirei a stare fermo dall’agitazione – ammise con un sorrisetto ironico
dipinto sul bel volto abbronzato. Poi vedendo il volto di Holly farsi cupo
cercò di rassicurarlo – Vedrai che andrà tutto bene. Se ci fossero stati dei
problemi Clare sarebbe venuta a chiamarti. -
Il
capitano annuì sconsolato e per un po’ rimasero in silenzio ad ascoltare i
rumori indaffarati nel personale della clinica che si affaccendava per i
corridoi.
Benji
guardò fuori dalla finestra il piccolo parco fiorito sul retro dell’edificio,
riflettendo sui doni che la vita gli aveva portato in quell’ultimo anno.
Lui e
Clare erano partiti per Barcellona tre giorni prima, dopo che Patty aveva
telefonato all’amica verso la metà di aprile, ricordandole la promessa che le
aveva strappato quando ancora si trovavano a Kanagawa.
Avevano
prenotato i biglietti dopo che il Bayern Monaco si era matematicamente
assicurato la vittoria del campionato con ben due settimane di anticipo dalla
fine e Benji era rimasto piacevolmente sorpreso nello scoprire che suo padre,
ormai ristabilito, era venuto ad assistere alla partita in compagnia di Clare.
Con orgoglio paterno William si era congratulato con il figlio, sotto lo
sguardo fiducioso di Clare, e lo aveva abbracciato fuori dagli spogliatoi al
termine dell’incontro.
I flash
dei fotografi avevano lampeggiato selvaggiamente, quando Benji aveva sollevato
la moglie sopra di sé, condividendo con lei la gioia per la vittoria, mentre
entrambi ricordavano divertiti un abbraccio simile e ben più imbarazzato al
termine della partita con la Thailandia, quasi un anno prima.
Erano una
coppia molto ammirata e, dopo l’episodio della clinica, i giornali di gossip,
compreso quello di Martha Lewis, avevano passato al setaccio le loro vite.
Tuttavia l’atteggiamento pacato di Clare di fronte a quelle intrusioni
invadenti, l’amore per Martine e la sua cieca fiducia nel marito avevano creato
una sorta di scudo protettivo contro i pettegolezzi e alla fine anche coloro
che si erano dimostrati più pervicaci si erano dovuti arrendere all’evidenza:
il SGGK, la sua giovane moglie e la figlioletta non avevano alcun tenebroso
segreto da nascondere ed erano una famiglia felice a tutti gli effetti.
Quando il
Bayern Monaco aveva vinto la finale di Champions League e lui aveva sollevato
al cielo la “coppa dalle grandi orecchie” in una delle vittorie più importanti
della sua carriera di calciatore si era sentito colmare il cuore di un’intensa
soddisfazione vedendo la sua splendida moglie applaudirlo in piedi dalla
tribuna. L’incontro si era concluso ai rigori dopo due faticosissimi tempi
supplementari e, aver parato i tiri avversari facendo esplodere l’entusiasmo
dei tifosi, lo aveva consacrato nell’olimpo dei portieri. Era il miglior portiere
d’Europa e la vittoria del campionato in Bundesliga era stato solo il
coronamento di un anno d’oro.
- Sono
stati fatti sicuramente tanti errori in passato – gli aveva detto Clare, la
sera in cui avevano festeggiato la vittoria della coppa dei campioni – Ma
adesso è il tempo di rimediare. Non vuoi dare ai tuoi genitori solo una
possibilità? – gli aveva chiesto speranzosa, mentre egli la teneva fra le
braccia dopo aver fatto l’amore.
Quel
discorso lo seccava a morte, e Clare l’aveva capito da come aveva alzato gli
occhi al cielo, ma con testarda tenacia lo aveva convinto alla fine ad
accogliere il suo suggerimento.
Ancora
dubbioso era rimasto molto sorpreso, quando Catherine si era offerta
immediatamente di occuparsi di Martine durante il loro viaggio in Spagna. I
suoi genitori si erano installati a Ville
Rose il giorno prima della loro partenza e li avevano riempiti di
raccomandazioni, come una qualsiasi coppia di nonni apprensivi. A lui era parso
un po’ strano essere oggetto di tali preoccupazioni dopo essere stato abituato
a badare a se stesso fin da quando era ragazzino ma lo sguardo sollecito e
adorante di Clare gli aveva fatto rimangiare la battuta ironica che gli era
salita alle labbra.
Prima di
partire avevano festeggiato, in concomitanza con la sua vittoria, il primo
compleanno di Martine e la bambina, che ormai trotterellava sicura per casa,
aveva mandato in visibilio Clare chiamandola mamma per la prima volta.
Dopo
l’episodio della clinica Erika aveva smesso di tormentarli e il presidente del
Bayern Monaco, venuto a conoscenza del comportamento inqualificabile della
figlia l’aveva convinta a lasciare la Germania per un po’ e a fare un lungo
viaggio.
A febbraio
Clare aveva esposto insieme a Andrew Binder una ventina dei suoi quadri,
riscuotendo un ampio consenso di critica e a tutt’oggi, tra la casa, Martine e
le mostre a cui partecipava, poteva davvero dirsi una donna molto impegnata.
Il
ritratto della “Bambina con il gomitolo” era ritornato al suo posto, sopra il
settimanale della loro camera da letto, dove entrambi potevano ammirarlo nelle
lunghe mattinate di lunedì, quando rimanevano a letto più a lungo del solito,
godendosi un po’ di riposo. Dopo avergli sciorinato davanti una serie
incredibile di suoi ritratti e averlo costretto a posare immobile, Clare era
riuscita anche a penetrare anche nel sancta
sanctorum del suo studio e adesso un dipinto, quasi a grandezza naturale,
che lo vedeva impegnato in una delle sue spettacolari parate, campeggiava sopra
il caminetto, di fronte alla vetrina ricolma di trofei.
E tra poco
più di un mese ci sarebbero stati i Mondiali…
Benji
guardò il volto del capitano della nazionale giapponese e si rese conto che mai
come in quel momento la mente di Holly si trovava lontano mille miglia dal
calcio, tutta concentrata su quella creatura al di la della porta, che lottava
e si affaticava per dare alla luce suo figlio.
Patty e
Clare avevano pianto di gioia quando finalmente avevano potuto riabbracciarsi
al terminal dell’aeroporto invaso dai turisti e Patty gli era apparsa raggiante
nel largo pre-maman azzurro cielo.
Lo aveva
salutato con un sorriso allegro e si era battuta un leggero colpetto sul ventre
teso – Siete arrivati appena in tempo. Il dottore ha detto che il mio campione
potrebbe nascere da un momento all’altro. -
E mai
delle parole erano state più profetiche.
Mentre la
futura mammina riposava sotto lo sguardo apprensivo di Holly, lui e Clare
avevano giocato a fare i turisti, sfruttando l’occasione del soggiorno a
Barcellona per fare quella luna di miele che avevano a lungo rimandato. Clare
era rimasta estasiata di fronte alla Sagrada
Famìlia, la splendida opera incompiuta di Gaudì e aveva ammirato la
meravigliosa Cattedrale in gotico catalano, sorta sul punto più alto della
città vecchia. Ma la pacchia era durata poco perché prima dell’alba del terzo
giorno un Oliver agitatissimo li aveva svegliati in albergo, comunicando loro
che Patty era entrata in travaglio.
Si erano
precipitati in clinica e Clare non aveva più lasciato per un solo istante la
mano dell’amica.
Erano
dentro da un sacco di tempo e anche Benji iniziò ad avvertire un sottile
inquietudine. Scoccò un’occhiata furtiva all’orologio a muro appeso, mentre
Holly gli stava seduto accanto immobile, i gomiti sulle ginocchia e la testa
bruna fra le mani.
Improvvisamente
la porta si aprì con una spinta e Clare, infagottata in un camice di cotone
verde, uscì togliendosi la mascherina, con un’espressione raggiante sul volto.
Holly si
alzò in piedi di scatto seguito da Benji, catapultandosi verso di lei, le gambe
improvvisamente deboli per l’emozione
- Clare… -
- E’ nato!
– Il sorriso di lei era radioso – E’ un maschietto e pesa più di tre chili! -
Oliver le
afferrò le mani tra le sue, l’espressione del viso stravolta dall’euforia – Ma…
ma è meraviglioso! Io… lui…Patty… -
- Patty
sta bene, vai da lei! – lo rassicurò al colmo della gioia
Holly si
precipitò dentro la sala dove un’infermiera con l’aria di una virago lo bloccò,
costringendolo ad indossare camice e mascherina, prima di potersi avvicinare
alla moglie e al figlioletto urlante.
Sentendo
il braccio del marito cingerle le spalle sostenendola, Clare lo abbracciò
felice, circondandogli la vita stretta, e strofinando il viso contro il suo
petto possente. Sentì Benji ridere dell’espressione frastornata e stupefatta
del compagno di squadra.
- E’
proprio impazzito – commentò aiutandola a togliersi la cuffia e a slacciare i
nodi sul retro del camice – Non l’ho mai visto così stralunato. -
Clare
ridacchiò battendogli un leggero colpetto sul braccio muscoloso – Non ha
un’espressione molto diversa dalla tua quando tieni Martine in braccio. – lo
prese in giro.
Benji
assunse una finta aria offesa – Non è vero! – negò decisamente. Poi addolcì il
tono e strizzò l’occhio alla moglie – O forse, sì. -
Clare rise
e poi, mano nella mano, si avvicinarono al vetro della nursery, dove
un’infermiera mostrò loro il neonato, cercando di tenere a bada un Oliver che
si sbracciava eccitato e fuori di sé
dalla gioia.
Osservarono
emozionati quell’esserino tutto rugoso che strillava, paonazzo in volto, e
Benji fece una smorfia
- Certo
che se continua così… povero Holly! -
Rimasero
per alcuni istanti in silenziosa adorazione di quella piccola creatura e poi
andarono a salutare Patty. La neo–mamma era aveva il volto affaticato ma sui suoi
lineamenti splendeva una tale gioia che pareva rischiarare l’intera stanza
- Avete
visto il mio campione? – chiese non appena ebbero messo piede nella stanza –
Non è un amore? -
Benji
annuì e le strinse affettuosamente la mano, mentre Clare baciava la guancia
dell’amica – Sei stata bravissima. Hai fatto un bambino bellissimo. – sorrise
dolcemente - Holly è fuori di sé dalla gioia, adesso è di là a fare impazzire
le infermiere -
Patty
roteò gli occhi con un espressione buffa sul volto minuto
-
Mandatemi qui quello scapestrato e poi andate a riposarvi. Sarete stanchi. -
Si
salutarono e uscirono ma, quando Clare fece per richiudere la porta alle sue
spalle, la voce di Patty la trattenne ancora un istante
- Adesso
tocca a te. – le disse con un sorriso salutandola con la mano – Dai a mio
figlio un compagno con il quale possa giocare a calcio. -
Clare
sorrise a sua volta con un piccolo cenno d’assenso, chiudendo la porta e
portando già un prezioso segreto sepolto nel cuore.
Benji uscì
dal bagno con addosso solo un accappatoio di spugna bianco, i capelli umidi per
la doccia, il petto leggermente bagnato. Quando erano usciti dalla clinica, con
la promessa di ritornare il giorno dopo, avevano lasciato il capitano della
nazionale nipponica in adorante contemplazione della moglie e del neonato.
Dopo aver
girovagato un pochino avevano pranzato in un delizioso ristorante, il “Butafumeiro”, dove avevano assaggiato i
mariscos i crostacei cucinati secondo
le ricette tradizionali e la famosa crema catalana, e alla fine Clare aveva
insistito per fare una passeggiata nel parco non lontano dal Ritz, il lussuoso e riservato albergo in
stile Regency che avevano scelto per il loro soggiorno spagnolo.
Si erano
seduti su una delle tante panchine, come una qualsiasi coppia di innamorati,
godendosi il sole in tutta tranquillità, e avevano trascorso il resto del
pomeriggio immersi in una idilliaca serenità.
Adesso la
luce rosata del tramonto illuminava morbidamente la stanza e Clare, seduta a
gambe incrociate al centro del letto matrimoniale della loro suite, era intenta
a fare scorrere la spazzola nei lunghi capelli biondi, districando i nodi e
lisciando i riccioli. La camicia da notte senza maniche formava una nuvola
stuzzicante attorno alla sua figura e Benji si trovò ad ammirare il sottile
gioco di trasparenze che arricchiva il tessuto, svelando lo splendido corpo
della moglie. Si lasciò cadere alle sue spalle, sfiorandole la spalla nuda con
un bacio e aspirando l’inconfondibile profumo di rose bianche della sua pelle.
Clare sorrise
e mise da parte la spazzola, scuotendo leggermente i lunghi capelli biondi. Si
girò fra le sue braccia e posò il capo sulla spalla massiccia, accarezzandogli
una tempia. Stettero in silenzio a godersi la gloriosa luce di quel tramonto
spagnolo, mentre la mano di Benji le lisciava gentilmente un braccio e le sue
labbra le sfioravano la fronte in baci lievi.
Clare
sorrise serena. Quell’ultimo anno aveva portato così tanti cambiamenti nella
sua vita: Martine e Benji. La sua famiglia. Sembrava quasi che il destino,
seguendo i suoi misteriosi disegni, le avesse imposto di andare lontano per
trovare coloro che amava. Tutte le incomprensioni che erano nate fra loro nei
primi tempi del matrimonio avevano piano piano lasciato il posto ad un amore
smisurato che era andato rafforzandosi sempre di più.
Benjiamin
Price era un uomo complesso, ostile a volte, e vivere con lui non era affatto
semplice. L’amava infinitamente senza alcuna incertezza, collocando lei e
Martine al primo posto nei suoi pensieri, colmandola di attenzioni, e Clare era
immensamente grata al destino per aver messo sulla sua strada quell’uomo a
volte silenzioso e impenetrabile, capace, tuttavia, di illuminare la sua anima
con la stessa limpida chiarezza di una torcia accesa nell’oscurità.
Il suo atteggiamento
ombroso si era gradatamente smussato mano a mano che Clare aveva riversato
allegria e amore nelle loro vite ma capitava ancora che la giovane moglie lo
scoprisse a guardarla intensamente, con una vena di sofferenza nei brillanti
occhi scuri, quasi temesse che lei potesse andarsene da un momento all’altro,
lasciandolo solo. Accadeva che, a volte, la notte, lui la cercasse nel loro
grande letto matrimoniale e la prendesse con un’urgenza e una passione nate da
un tormento mai sopito, mosso dal bisogno di un contatto, della serenità che
solo lei sembrava in grado di trasmettergli.
Intrecciò
le dita a quelle di lui e come sempre si stupì della diversità della loro
carnagione, mentre sollevava lo sguardo ad incontrare quegli occhi neri e
magnetici che tanto amava
- Devo
dirti una cosa… - iniziò annegando lo sguardo in quelle liquide profondità,
mentre un sorriso giocoso le illuminava l’angolo degli occhi. Al cenno di
assenso di lui, gli sfiorò le labbra con un bacio
- Aspetto
un bambino… -
Lo sentì irrigidirsi
contro di sé e vide il suo volto cambiare espressione, gli occhi illuminarsi di
una gioia profonda. Si sollevò a sedere prendendole il viso fra le mani – Mio
Dio… Clare… - mormorò con voce spezzata. La strinse fra le braccia come se
fosse fatta di fragile porcellana e le fece scivolare una mano sul ventre
piatto, sfiorandolo reverente, gli occhi umidi di commozione – Sei sicura? Come
ti senti? – la interrogò con foga
Lei annuì
piena di gioia – Mi hanno dato i risultati delle analisi a Monaco cinque giorni
fa e sto benissimo. – disse rassicurandolo.
Benji
aggrottò la fronte – Perché non me lo hai detto prima? -
Il volto
della moglie si aprì in un largo sorriso birichino – Perché, tiranno come sei,
mi avresti impedito di partire e di essere al fianco di Patty come le avevo
promesso. -
Il SGGK
sbuffò – Tiranno… Ma senti un po’! – Il suo viso assunse un fiero cipiglio – So
io quello che è meglio e d’ora in avanti, signorina, farai in modo di avere
cura di te stessa. -
Lei gli
lanciò un occhiata obliqua – Vedi… e poi dici di non essere un despota. -
Lui la
attirò nuovamente fra le braccia affondando il volto trai morbidi capelli di
lei – Se potessi ti terrei sotto una campana di vetro - le disse piano
chinandosi a baciarla.
Clare rise
e scosse il capo – Oh, no! Niente campane di vetro. Io voglio vivere con te,
starti accanto. Sono piuttosto resistente, sai? – disse strofinandosi
sensualmente contro di lui.
Benji
gemette, accarezzandole la schiena nuda - Sei una piccola strega, lo sai, vero?
– mormorò con un luccichio malizioso negli occhi scuri
Lei sopirò
felice - Sarà bello dare a Martine un fratellino o una sorellina – continuò con
aria sognante – ma devi promettermi che, anche quando avrò il pancione, mi
dirai che sono sempre il tuo amore. -
Lui le
prese le labbra in dolci baci indugianti - Grazie – mormorò piano contro le sue
labbra – Grazie per il figlio che mi darai. -
Clare gli
sorrise, gli occhi d’ambra preziosa colmi di luce. Gli posò una mano sulla
guancia ben rasata incontrando il suo sguardo
- Ti amerò
per tutta la vita. -
Ci fu un
silenzio e poi lui chiese - Tutto qui? –
Lei si
scostò di scatto a guardarlo indignata a le braccia di lui la avvolsero
improvvisamente e la tennero stretta.
- Lasciami
andare – protestò lottando – Sei il più arrogante, borioso… -
- Ssst –
sussurrò lui teneramente – Stavo scherzando. -
- Non è un
argomento su cui scherzare. – ribatté lei placata, facendogli scivolare le
braccia attorno al collo
- Non
sapevo cosa dire… e quindi io… - si interruppe e l’attirò più vicina – Non
sapevo cosa dire. -
Clare lo
guardò con gli occhi colmi d’amore. Quando Benji si confondeva o si emozionava
lo nascondeva dietro quella maschera che lei ormai conosceva così bene
- Devi
dire “ Ti ringrazio, Clare. Mi rendo conto che sono un vero mascalzone,
arrogante e pieno di sé ma ti prometto che farò del mio meglio per
contraccambiare”. -
Si
aspettava che lui si mettesse a ridere ma Benji era incredibilmente serio
quando le sfiorò le labbra con un bacio. Intrecciò lo sguardo a quello incredibilmente
dorato di lei, sapendo di avere tra le braccia la cosa più importante per lui:
la sua stella del destino, la sua adorata Clare.
Pensò ai
due bimbi lontani: l’una in Germania, che avrebbero presto riabbracciato, e
l’altro ancora i viaggio e sentì una profonda serenità invadergli l’anima e il
cuore.
La strinse
a sé baciandole le labbra sorridenti e teneramente dischiuse
- Non ci
sarà mai un momento della mia vita in cui io non ti amerò. -
FINE