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Autore: Anjulie    21/07/2003    13 recensioni
Lui, Benjiamin Price, è il famoso SGGK. Lei, Martine, una bambina di soli tre mesi. Accanto a loro gli amici, i compagni di squadra e una giovane donna… Clare, il cui passato è segnato da una tragedia che le ha sconvolto la vita. Saranno proprio Martine e Clare che, seguendo la traccia del cuore, insegneranno giorno dopo giorno, al tenebroso e solitario campione cosa significa amare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccomi finalmente arrivata all’ultimo capitolo di “Scent of hearts”.

Ho deciso di pubblicarlo contemporaneamente all’epilogo per una sorta di continuità di pensiero.

Confesso che sono un po’ dispiaciuta di dover smettere di scrivere ma, come in ogni storia che si rispetti, è giusto ad un certo punto calare il sipario sugli eventi e fare rimanere il mistero. In questi mesi mi sono affezionata tantissimo a Clare, Benji e Martine, che sono cresciuti un po’ da soli sotto la mia benevola supervisione, lasciandomi a volte sconcertata della loro capacità di esprimersi e di evolversi autonomamente quasi io fossi una spettatrice delle loro vicende. Mi hanno dato davvero tanto… spero che abbiano lasciato qualcosa anche a voi.

 

Ringrazio tutti quanti mi hanno accompagnato nell’avventura di scrivere questa ff, coloro che mi hanno incoraggiata e consigliata splendidamente. Grazie a tutte le persone che, lasciando una loro recensione o inviandomi una mail, mi hanno trasmesso le loro emozioni. Non credevo foste così in tanti a seguire la mia ff: mi avete davvero commosso!

 

Alla divina (e non scherzo!) Sanychan vanno i miei ringraziamenti più affettuosi perché senza di lei non avrei mai trovato il coraggio di pubblicare. Il suo appoggio, le sue splendide fanfiction e la sua perenne gentilezza sono stati la polvere magica che mi hanno ispirato e incentivato a scrivere.

 

I personaggi di Capitan Tsubasa non sono miei ma di Yoichi Takahashi e Shueisha e Star Comics, tuttavia Clare, Martine, Mrs. Bauer e gli altri personaggi minori mi appartengono e come tali non possono essere utilizzati senza la mia preventiva autorizzazione.

 

La poesia del presente capitolo è stata scritta esclusivamente per me e ogni diritto è, e rimane, del suo autore che mi ha gentilmente concesso l’esclusiva. Suo è il pezzo di blues per pianoforte che mi ha fatto scrivere queste ultime pagine, sua è la frase di Benji al termine di questo capitolo.

Diciamo che gli devo davvero moltissimo.

 

Vi sarò molto grata se vorrete farmi sapere se vi è piaciuta la conclusione di questa ff e buona estate a tutti!

Un saluto affettuoso.

Buona lettura e ad maiora!

Julie

 

 

CAPITOLO XX

 

“Quando noi voliamo insieme

nei liberi cieli delle possibilità

non chiedermi di chiudere le ali

per perdermi nel buio del dubbio.

Accetta di volare con me

senza chiedermi quale sia la rotta.

Non la conosco.

 

Quello che so è che amo

volare insieme a te.

Quello che so è

che amo te.

 

Ma ora so che

sono io ad aver chiuso le ali.

Sono io ad essermi perso nel dubbio.

Sono io che ho smarrito la rotta.

Io ho smesso di volare.

 

Ma ora so

che sempre di più

ti amo.

 

Ti prego

stringi forte la mia mano

Insegnami di nuovo a volare”.

(A.C.F.P.)®©

 

 

Raggi di luce sciolti come lame sottili forarono il debole baluardo opposto dalle tende di mussola leggera  rincorrendosi uniti per poi separarsi fino ai piedi dell’enorme letto, scaldando le lenzuola di lino sbiancate dal sole. Un raggio impudente percorse un polpaccio affusolato che emergeva da quella spumosa nuvola bianca e accarezzò la serica pelle di un braccio ripiegato a formare un arco sopra morbidi riccioli scomposti.

Clare aprì lentamente gli occhi e si guardò attorno confusa scostandosi una ciocca di capelli dal viso, cercando di mettere a fuoco gli arredi poco familiari.

Si trovava da sola, nella camera da letto di Benji… nel suo letto! 

Il rumore di una porta sbattuta sullo stesso piano la fece balzare in piedi di colpo, per poi accorgersi di aver dormito completamente nuda. Un gemito di vergogna le sfuggì dalle labbra e si affrettò a strappare il lenzuolo dal letto avvolgendoselo attorno al corpo, paludandosi come un’antica divinità greca.

Respirò di sollievo quando udì la porta richiudersi più gentilmente e dei passi allontanarsi lungo il corridoio in direzione delle scale. Sebbene fosse del tutto naturale che in qualità di moglie dividesse la camera e il letto del padrone, si sentiva in fortissimo imbarazzo ad affrontare i domestici in un abbigliamento così discinto.    

Scostò le tende dalla finestra e il chiarore abbagliante di quel mattino inondò la stanza di luce.

Sulla sua pelle lattea spiccavano i segni della notte appena trascorsa, dove Benji l’aveva stretta e baciata con passione, e gli occhi di Clare furono attratti dalle piccole macchioline di sangue che deturpavano il candore immacolato del materasso. Un improvviso violento rossore le salì alle guance imporporandole, diffondendosi al di sopra del rosa tenero dei suoi seni. Trattenendo saldamente il suo abito improvvisato tese la mano a tirare via il lenzuolo, con l’intenzione di farlo sparire prima che Mrs. Bauer o una delle cameriere potessero vederlo.

Fu così che Benji la vide, immersa nel fulgore glorioso della luce del mattino, la pelle candida che riluceva come l’alabastro più pregiato, i biondi riccioli arruffati, in cui solo poche ore prima aveva fatto scorrere le mani, sparsi sulla schiena in un tumultuoso torrente.

Il rumore della porta che si apriva alle sue spalle fece sobbalzare Clare che si svoltò di scatto ritrovandosi di fronte all’uomo che aveva stravolto tutta la sua vita. Benji era vestito di tutto punto con un paio di pantaloni scuri e una giacca sportiva sopra una camicia candida a righe sottili che esaltava la bruna avvenenza del volto. Incombeva su di lei, imponente per forza e volontà, e sembrava perfettamente a suo agio nel trovarla seminuda nella sua camera da letto, mentre Clare avrebbe dato qualsiasi cosa per scomparire il più velocemente possibile.

Si raddrizzò di scatto, stringendosi al petto il suo abito improvvisato, e il lenzuolo che aveva fra le mani cadde ai suoi piedi in un mucchio disordinato

- Bu… buongiorno… - balbettò nervosamente scandagliando l’espressione imperscrutabile dell’uomo, cercando di trovarvi un accenno della tenerezza della notte scorsa.

Il volto di lui era ombreggiato dalla tesa del suo inseparabile cappello e sulle labbra finemente cesellate non c’era neppure l’accenno di un sorriso. Le sembrò avere di fronte un estraneo, impeccabile e distante, non l’uomo che l’aveva stretta fra le braccia e amata con tanta passione. Seguì lo sguardo fermo di lui rivolto ai suoi piedi e vide che la sua attenzione era stata catturata dal lenzuolo macchiato e spiegazzato che aveva strappato dal materasso.

Un improvviso e violento rossore colorò  le guance di Clare che distolse lo sguardo in preda alla vergogna, stringendosi le braccia attorno al corpo snello, ancora arrossato dai suoi baci.

Benji le si avvicinò ammirandone il volto delicato soffuso di imbarazzo, il corpo giovane e flessuoso che lei cercava disperatamente di celare al suo sguardo affamato.

- Buongiorno, dolcezza – la salutò. Nella sua voce c’era una leggera traccia di divertimento e il portiere fece scivolare il dito sotto il mento di lei a sollevarle il volto per incontrare il suo sguardo incerto – Dormito bene? -

Clare incontrò quello sguardo di brace e se possibile il suo volto si fece ancora più rosso – Si… io, ecco… si… -

Benji inclinò leggermente il capo, mentre le scostava un ricciolo dorato dalla guancia, facendole aumentare i battiti del cuore. Non riusciva a staccare lo sguardo dal volto di lei, dal punto in cui il lenzuolo si apriva consentendogli un’invitante visione delle prime morbide curve del seno. La pelle di Clare aveva il serico tepore delle rose scaldate dal sole e gli ci volle uno sforzo di volontà per non trascinarla di nuovo sul letto.

Quando quella mattina si era alzato, sciogliendosi dal groviglio dorato dei suoi capelli e da quel corpo che premeva affettuosamente contro il suo, si era reso conto che non avrebbe mai permesso a nulla e nessuno di strappargliela dalle braccia. Si era allontanato prima che si svegliasse, cercando di ricomporre le proprie confuse emozioni, prima di rivederla… prima di scoprire negli occhi dorati di lei chissà che cosa…

Era possibile che Clare gli avesse mentito? Alla luce del giorno non riusciva neppure a concepire un simile sospetto perché, quando Clare lo guardava come in quel momento, con tutta l’anima negli occhi, gli sembrava addirittura osceno, eppure… 

Quel “ti amo” pronunciato la notte precedente non contava nulla, lo sapeva benissimo.

Sapeva di averle fatto conoscere la piena portata della sua femminilità e che quelle erano state parole dette in un momento in cui la passione e il desiderio avevano annullato ogni altra volontà.

Non c’era stato orgoglio quella notte, né distacco, né possibilità di tirarsi indietro.

Le aveva dato tutto se stesso, come mai gli era capitato di fare prima, annegando nel suo calore, trasportato dal suo profumo, nella pace che solo lei sembrava in grado di donargli. Quella mattina aveva dovuto allontanarsi prima che si svegliasse perché, per quel suo maledetto orgoglio, non avrebbe sopportato di leggere negli occhi di lei un rifiuto.

Eppure quelle due brevi parole, pronunciate tra un respiro e l’altro, gli avevano acceso una strana speranza nel cuore.

Accennò al lenzuolo ai suoi piedi – Non devi sentirti a disagio – mormorò, sfiorandole le labbra con la punta del dito – Mi dispiace solo se sono stato poco delicato. -

Clare non riusciva a respirare sotto il lieve tocco di lui. Non poteva dirgli che stava benissimo, che il solo fatto di averlo così vicino le faceva battere freneticamente il cuore, che avrebbe voluto che lui la prendesse di nuovo fra le braccia.

Quelle sarebbero state le parole che avrebbe pronunciato una donna innamorata.

Ma la notte era finita e quello era il mattino.

- Se non ti dispiace vorrei vestirmi. – mormorò con voce tanto bassa che lui stentò ad udirla

Benji fece un passo indietro e negli occhi scuri passò un lampo di sgomento che lei non vide – Si, certo. Ti aspetto di sotto. – Esitò un istante - Oggi non ho gli allenamenti e avrei un impegno ma prima pensavo che potessimo andare in clinica insieme. -

Clare annuì, stringendosi convulsamente il lenzuolo al petto e chiedendosi febbrilmente quale fosse la natura di quell’impegno… se in quell’impegno c’entrasse una brunetta di loro conoscenza – Va bene. -

Non appena udì la porta chiudersi alle spalle del portiere si precipitò in bagno e si affrettò ad infilarsi sotto la doccia, cercando di lavare via, sotto il forte getto d’acqua, il sottile senso di angoscia che le aveva trafitto il cuore. Si preparò a tempo di record e quando scese le scale di corsa trovò Benji ad attenderla in sala da pranzo in compagnia di Martine.

La bambina stava cercando di muovere i primi incerti passettini completamente sostenuta da Benji che la sorreggeva per le piccole mani. Faceva tenerezza vedere il corpo alto e atletico di lui premurosamente chino sulla piccina. Il sorriso del campione era abbagliante, mentre guidava i passi insicuri di Martine e, quando scorse Clare in piedi sulla porta, fece voltare verso di lei la bambina

-  Guarda Martine, ecco la mamma. Non vuoi farle vedere quanto sei brava? – la esortò affettuoso

Con gli occhi colmi di commozione Clare osservò la bimba venire verso di lei ridendo e farfugliando parole incomprensibili. Si chinò ad accoglierla fra le braccia e come fu a pochi passi da lei la strinse a se, alzandosi in piedi, riempiendole il visino di baci e strappandole un’altra risatina.

La nuova posizione consentì a Martine di godere di una visuale più ampia e come vide Benji, accanto a Clare, tese le braccine. Lui la accontentò, prendendola in braccio e facendole il solletico sul pancino, facendo sorridere anche Clare agli strilli gioiosi della bambina.

Qualunque fossero le difficoltà fra di loro sembrava che ogni divergenza o incertezza si appianasse quando si trattava di occuparsi di Martine. Non c’era spazio per gli egoismi o i dubbi davanti alla bambina ed entrambi si lasciavano guidare dall’istinto e dall’amore che nutrivano per la figlioletta.

Mentre Benji giocava con Martine, Clare fece finta di fare colazione ma aveva lo stomaco talmente chiuso da non riuscire a mandare giù niente di più di una tazza di tè. Si alzò con sollievo da tavola quando Mrs. Bauer venne a prendere la bambina dalle braccia del padre e seguì docilmente Benji fuori da Ville Rose.

Quella mattina di tardo autunno aveva regalato a Monaco un tempo splendido e un sole luminoso brillava oltre le cime dei sempreverdi che delimitavano il giardino.

Benji osservò la luce riflettersi sui capelli biondi della moglie, illuminandoli di una miriade di sfumature, prima che lei salisse sulla Jaguar. Gli era apparsa estremamente fragile quella mattina, vestita di un corto abitino nero ravvivato da un foulard di un bel verde brillante e, nonostante fosse sempre bellissima, aveva notato un ombra velare di dispiacere le profondità ambrate dei suoi occhi.

La notte appena trascorsa li aveva avvicinati incredibilmente, regalando loro un’intimità alla quale nessuno dei due era abituato. Eppure, quando lui aveva accennato a ciò che era successo, Clare gli era parsa imbarazzata e più che desiderosa di lasciarsi quei momenti alle spalle, quasi volesse dimenticare.

Lui, il SGGK, che non si lasciva mai travolgere da alcuna emozione, né sui campi da calcio e neppure nella vita, non avrebbe mai potuto dimenticare il sapore della sua pelle, la serica consistenza che aveva avuto sotto le sue dita, il suo liscio tepore. Quello che aveva detto ad Erika, la sera prima della partita contro la Dinamo Bucarest, gli era apparso quella mattina straordinariamente vero e colmo di significato. Non riusciva più negare il sentimento che gli era nato nel cuore, il senso che Clare aveva finalmente dato alla sua vita.

Quello scricciolo di ragazzina, all’apparenza così fragile, piano piano gli si era insinuata nel cuore e adesso toccava a lei… poteva regalargli il Paradiso o farlo sprofondare nell’Inferno più cupo… a sua scelta. Non gli restava altro che aspettare.

Il tragitto da Ville Rose alla clinica si svolse nel più completo silenzio ma, come Benji arrestò la Jaguar vicino all’entrata, una giornalista con in mano un microfono, inseguita da un operatore con la telecamera in spalla, e da un paio di fotografi sbucarono da dietro l’angolo dell’edificio circondando la vettura.

- Maledizione! – Benji sbatté la portiera dell’auto e circondò la vita sottile di Clare attirandola a se, proprio mentre Martha Lewis gli ficcava il microfono sotto il mento e i fotografi si davano da fare a scattare alcune immagini.  

- Benji, ci è stato detto che tuo padre si trova ricoverato qui per un infarto, ci confermi la notizia? – chiese la donna con la grazia di un barracuda.

Il SGGK la fulminò con un’occhiataccia e, senza rispondere, prese a salire le scale della clinica, sostenendo Clare fino quasi a sollevarla da terra. Spinse il portone di ingresso ed entrò nell’atrio, fulminando con un’occhiataccia una giovane infermiera che senza volerlo ne aveva intralciato il passo deciso. Passò davanti al bancone delle accettazioni tallonato dalla giornalista che continuò a tempestarlo di domande

- Mi confermi che in questa stessa clinica è stata ricoverata circa nove mesi fa la modella Liesel Hauermann con la quale hai avuto una relazione? – Il volto del SGGK era una maschera di pietra ma pur non ricevendo alcuna risposta Martha Lewis continuò implacabile - E’ qui che la signorina Hauermann è poi morta per aver fatto uso di sostanze stupefacenti? – gli chiese 

Benji si arrestò di botto e Clare sentì il corpo del marito irrigidirsi proprio mentre la Lewis sparava l’ultima bordata del suo fornitissimo repertorio – E non è forse vero che hai adottato la figlia ancora in fasce della Hauermann? -

Benji divenne livido di rabbia - Non so chi abbia… - ringhiò, cercando di strapparle di mano il registratore acceso, ma una risata alle sue spalle li costrinse a voltarsi tutti in direzione del banco di accettazione.

Erika Langel avanzò in mezzo all’atrio con un incedere volutamente provocatorio, tra gli sguardi stupiti del personale sanitario accorso per fermare quella baraonda

- Rispondi, Benji – disse apostrofando il campione con insolenza – Dopotutto Martha ti sta facendo solo delle semplicissime domande. -

Il portiere la fissò sprezzante, alzando leggermente la tesa del cappello – Dovevo immaginarlo che c’eri tu dietro tutto questo. – si limitò a dire con raggelante semplicità.

Erika rise – Io mi sono solo limitata a passare a Martha alcune informazioni. Io resto lo hai fatto tutto da solo, mio caro. -

Un giovane medico intervenne cercando di rispedire fuori tutta quell’orda di gente – Signora, la prego, abbassi la voce! Questo è un ospedale…  -

Erika gli rise in faccia – Non mi interessa. – replicò beffarda – Devo finire di chiarire alcune cose con quell‘uomo laggiù e non ho alcuna intenzione di andarmene. -

Nonostante il viso impassibile, dal pericoloso scintillio degli occhi scuri Clare comprese Benji era furibondo

- Quello che hanno scritto – prese a dire freddamente – sono solo un mucchio di invenzioni che tu hai alimentato con le tue sporche bugie. - 

Erika avanzò fino a fermarsi di fronte al SGGK, sfidandolo – Invenzioni, dici? Non è forse vero cha hai adottato la figlia di Liesel e che per farlo ti sei sposato con questa sgualdrinella da quattro soldi? – Erika allargò le braccia in una posa teatrale – Ti sei comprato una moglie e, non una qualunque, badate bene, una bambinaia, niente di meno! Vuoi forse che il mondo non sappia quanto è caduto in basso il SGGK?

Benji scosse il capo inferocito – Smettila Erika, la tua è solo rabbia nei confronti di Clare. -

- Oh… si! La piccola Clare! – Erika si rivolse alla giovane donna scuotendo il capo e bamboleggiando – Come ci si sente mia cara nel sapere che il proprio marito va a letto con un’altra donna? – chiese insultante, gli occhi verdi che sputavano veleno – Non ne sapevi nulla, vero? Tuo marito è l’essere più bastardo che io conosca. Chiedigli quante donne gli hanno scaldato il letto! Anche Liesel… era solo una delle tante. - Scosse il dito indice davanti al volto del campione, il volto stravolto da una smorfia di rabbia – Credi forse che ti ami? No! Ti metterà da parte come ha fatto con lei… come ha fatto con me. –

- Erika smettila! Sai benissimo che fra noi non c’è mai stato nulla! – la pazienza del SGGK sembrava essersi esaurita

- Non ti sei accorto che Liesel era anoressica! – lo accusò ormai in preda all’isteria 

Il capo bruno di Benji scattò all’indietro – Come fai a saperlo? – urlò, serrando le mani attorno alle braccia della donna. Scosse il capo come per schiarirsi le idee – I medici mi hanno detto che Liesel soffriva di questa malattia, solo dopo la nascita di Martine… - La comprensione si fece strada nella sua mente come un bagliore accecante – Lo sapevi! – esclamò furioso – Sapevi che Liesel era anoressica e non l’hai aiutata! – La scosse rabbioso – Perché non me lo hai detto? - 

- E perché avrei dovuto! – Erika schiumava di rabbia, cercando di divincolarsi dalla sua stretta ferrea – Cosa aveva fatto lei per me? –

Benji la lasciò andare disgustato ed Erika si rivolse a Clare, che era rimasta in silenzio fino a quel momento, scioccata dal comportamento dell’altra – Sai che Benji ti ha sposata solo per dare una madre alla bambina? Tu non conti nulla per lui! -

Si voltò verso Benji ma il SGGK la guardava come se fosse una creatura repellente. Per Erika fu come una frustata in pieno viso. La vergogna e l’umiliazione la fecero reagire forse nel modo peggiore

- Cosa penseranno la stampa e la tua preziosa mogliettina nel sapere che il portiere del Bayern Monaco, il famoso SGGK è un drogato e ha fatto morire la madre di quella piccola bastarda che si è portato a casa? -

Ciaff!

Benji, i fotografi, l’operatore e la stessa Martha Lewis rimasero di stucco nel vedere la mano sottile e affusolata di Clare scattare e abbattersi sulla guancia della donna senza un attimo di indecisione.

Sembrava una furia e per un attimo anche Erika, ebbe paura. Tenendosi con un mano la guancia colpita arretrò di un passo mentre Clare stava lì, di fronte a lei, le braccia tese lungo i fianchi e i pugni stretti come se fosse pronta a colpire di nuovo.

- Adesso stammi a sentire bene, signorina Langel – esclamò con gli occhi dorati che mandavano lampi - Gli insulti rivolti a me li sopporto perché sono una persona adulta ma – disse, scandendo bene le parole – indipendentemente da chi l’ha partorita Martine è mia figlia e se oserai ancora associare il suo nome alle calunnie che vai spargendo in giro ti converrà trovarti un posto dove nasconderti per bene perché io ti farò a pezzi! Mi hai sentita? –

Le ultime parole quasi le urlò e tutti i presenti si trovarono a trattenere il fiato fino a che Erika, finalmente ridotta al silenzio, non fece un piccolo cenno d’assenso col capo.

Senza rivolgere la parola a nessuno Clare girò sui tacchi e si avviò lungo il corridoio della clinica lasciandoli ammutoliti alle sue spalle. 

Non riusciva a credere di aver schiaffeggiato quella donna. E sotto gli occhi di Benji per di più!  

Gemette dentro di sé e fece per spingere la pesante porta a vetri che dava nel cavedio della clinica. Voleva stare sola e aveva bisogno di un attimo per ricomporsi, prima di affrontare Benji e i suoi genitori. Aveva i nervi a fior di pelle e si sentiva pericolosamente vicina al punto di rottura. Le insicurezze e le angosce che avevano seguito quell’incredibile notte le si scaricarono addosso come un fiume in piena, travolgendola.

Una grande mano bruna coprì la sua e la trattenne.

Clare alzò lo sguardo sul volto bello e impassibile del marito e sentì sciogliere dentro di sé tutta l’ansia e le emozioni che la scuotevano. Lacrime le spuntarono fra le ciglia imperlandole come tanti piccoli gioielli

- Aspetta – la voce di lui bassa e calda la trattenne – Usciamo un attimo. -

Clare annuì, troppo sconvolta per ribattere, e lo seguì all’esterno nel giardino della clinica, dove un roseto spoglio sembrava non poter resistere ai rigori del freddo inverno che l’attendeva. Disperata e piena di dolore Clare confondeva il proprio destino con quello del giardino disadorno.

Benji si chinò su di lei, prendendole il volto fra le mani e affondando quel suo sguardo fiero e orgoglioso nelle iridi dorate. Lacrime a lungo trattenute le rigarono il volto, bagnandogli le mani. La vide tremare al suo tocco.

- Stai bene? – chiese preoccupato, scandagliando il viso della moglie

Lei fece un debole cenno con il capo. Non poteva andare avanti in quel modo. Non poteva vivere giorno dopo giorno quell’altalena di sentimenti e contraddizioni. Come resistere alle cattiverie di Erika e della gente quando non aveva alcuna certezza sui sentimenti di lui? Che cosa fare, quando rimaneva rinchiuso nel suo solitario e assoluto mutismo escludendola dalla propria vita e dai propri pensieri?

Benji non le consentiva di avvicinarsi al suo cuore e l’incertezza era peggio che un esplicito rifiuto.

- Voglio andare via. – Le parole di lei furono solo un debole sussurro ma Benji le udì e vide l’espressione sconvolta dei suoi lineamenti. Comprensivo le fece scivolare un braccio attorno alla vita, sorreggendola leggermente

- Va bene, non preoccuparti. Ti porto a casa. Tornerò in clinica più tardi. -

- No. – il sussurro di Clare si fece più deciso e la ragazza alzò gli occhi, ad incontrare lo sguardo denso e profondo dell’uomo, come se volesse imprimersi nella mente le fattezze asciutte del suo volto.

Le sarebbe quasi venuto da ridere se non fosse stato per l’assurda tragicità della situazione: era irrimediabilmente e follemente innamorata di suo marito, Benjiamin Price, il Super Great Goal Keeper della Bundesliga e della nazionale giapponese e lui le stava lacerando il cuore come se fosse fatto di fragile velina.

Pregò di avere coraggio… per una volta sola nella vita.

- Voglio andare via da te. -

Le sue parole lo colpirono peggio di un pugno sul viso. Trattenne il fiato, il volto impietrito. Le braccia si tesero lungo il corpo irrigidito, le mani spasmodicamente serrate a pugno, fino a farsi sbiancare le nocche.

Ma Benjiamin Price era abituato a parare i colpi più imprevedibili… anche quelli della vita.

Tutti finiscono con l’andarsene e allora è meglio andare via per primi e non voltarsi mai indietro.

Anche lei se ne stava andando…

E lui aveva bisogno di lei.

Quel pensiero lo scosse fino in fondo all’anima come una scarica elettrica.

Si sentì smarrito ma il suo orgoglio gli fece ricacciare indietro quella sensazione di fastidio che per un attimo gli aveva punto gli angoli degli occhi. Gli sembrava che un macigno gli si fosse posato pesantemente sul cuore. Non poteva lasciarsi andare… scoprirsi… rendersi vulnerabile.

Annuì seccamente, il volto accuratamente inespressivo dietro una maschera di gelida indifferenza.

Clare ingobbì bruscamente le spalle, schiacciata dalla sua freddezza. Sedette sul sedile della Jaguar come imbambolata. Non vedeva nulla di fronte a sé: era come se un velo nero le fosse calato improvvisamente sugli occhi. Sentiva freddo.

Era finito. Il loro matrimonio… ogni possibilità. Era davvero finito tutto.

Non si accorse neppure che Benji era salito in auto e guidava alla volta di Ville Rose.

Scesero dall’auto senza neppure sfiorarsi, come due estranei. Il salotto a pianterreno era illuminato da quella stessa tersa luce che brillava all’esterno, immerso in un silenzio irreale.

Clare si sentiva svuotata di ogni energia, come una bambola di pezza che, priva di un sostegno, si affloscia miseramente a terra priva di un’anima. Gli voltò le spalle e fece per avvicinarsi alle scale e salire al piano di sopra. Non sapeva cosa avrebbe fatto, dove sarebbe andata…

Stava andando via…

- Mi hai detto che mi amavi. -

Le parole gli uscirono da sole dalle labbra, senza che Benji fosse riuscito a trattenerle.

Clare si voltò e lo guardò scioccata – Non è vero! -

- Lo hai detto – ribatté lui implacabile – la scorsa notte, quando hai fatto l’amore con me. -

Clare lo guardò per un istante, sentendosi sconfitta e umiliata – Si, ti ho detto che ti amavo e sta pur certo che quella è stata la prima e ultima volta. – Cercò di sostenere lo sguardo inflessibile dell’uomo - Era il mio regalo d’addio. -

- Non puoi andare via. -

Clare lo fissò incredula – Pensi che un ordine come questo possa bastare? – Scosse la testa sconfitta, mentre il peso di quell’amore sconsiderato le gravava addosso in tutta la sua devastante portata - Io non posso restare… Ho dato quello che avevo da dare. -

Lui rimase in silenzio come se cercasse le parole

– Ti amo – disse infine con voce esitante.

Lei provò un immenso fremito di gioia. Era un miracolo, un dono incredibile. Lei voleva…

Era incredibile.

Una profonda fitta di dolore la dilaniò quando si rese conto di quanto era stata ingenua a credere a quella semplice risposta. Deglutì – Come è conveniente. –

Benji imprecò sottovoce - Conveniente? Non ho mai detto “ti amo” a nessuna donna prima d’ora. Conveniente? Non è conveniente. – Fece un profondo respiro cercando di riacquistare un minimo di lucidità ma le parole gli uscirono disordinate dalle labbra – Credevo di poter controllare tutto, che le emozioni semplici non fossero da me. Mi ritenevo superiore agli altri quando li vedevo così persi dietro ad una donna. Julian, Philip… perfino Holly. – Fece una pausa e scosse il capo come per riordinare le idee - Da quando sei entrata nella mia vita hai completamente stravolto ogni schema che mi ero prefissato, facendo apparire banali le mete che mi ero proposto di raggiungere. Improvvisamente il calcio non occupava più ogni mio pensiero, ogni energia. Nessuna vittoria, nessun successo sono importanti se posso dividerli con te. Hai portato troppe cose: Martine, la riappacificazione con i miei genitori, l’allegria, la tua dolcezza. Mi hai regalato emozioni e fatto scoprire tesori che neppure sapevo di possedere e mi hai convinto a condividere quel poco che avevo da dare. – Affondò lo sguardo negli occhi dorati di lei senza esitazioni - Non posso pensare di passare la mia vita lontano da te. -

Tacque e tenne lo sguardo fisso su di lei, come se fosse l’unico legame ad impedirle di andare via.

Aveva capito ormai da tempo che Clare era il catalizzatore delle sue giornate. Lui, che si era sempre arroccato in posizione di difesa, ritraendosi di fronte ad ogni coinvolgimento, aveva un bisogno disperato di lei, del suo appoggio, del suo sostegno… del suo amore.

Clare non riusciva a credere alle sue parole… le aveva desiderate per troppo tempo! Ma la luce negli occhi di Benji era reale, sincera e piena di una folle emozione. Abbassò lo sguardo, non potendo a sostenere l’intensità di quelle iridi traslucide che sembravano leggerle nel cuore… non riuscendo a controllare tutto l’amore che aveva dentro e che minacciava di traboccare.

Per Benji fu come un rifiuto.

Irrigidì la mascella e le passò accanto, il volto livido, sfiorandole appena il braccio, nella fretta di mettere quanta più distanza possibile tra lui e quella donna che gli stava devastando il cuore.

Fu quel lieve tocco a scuotere Clare.  

Lui le aveva mostrato tenerezza, collera, comprensione, asprezza e la promessa di un’eterna sopportazione. Si voltò di slancio e fissò le ampie spalle dell’uomo sentendosi sconcertata e gioiosa… e cominciando a sperare.

I suoi passi si mossero veloci dietro di lui, le sue braccia si sollevarono e le dita affusolate di lei si posarono sulla schiena rigida del campione costringendolo a fermarsi. Benji trattenne il fiato e si irrigidì al quel tocco lieve, mentre sentiva quelle stesse mani cingergli i fianchi stretti, circondarlo e posarsi sul suo torace proprio all’altezza del cuore, mentre la fronte e il seno di lei venivano a contatto con la sua schiena nel più intimo degli abbracci. Sentì il corpo flessuoso di Clare aderire al suo completamente e le sue labbra posargli un bacio tra le scapole.

Gemette e si voltò immediatamente fra le sue braccia, chinandosi e cingendola impetuosamente in una stretta che le mozzò il respiro, affondando il volto nell’oro dei suoi capelli

- Clare… Clare… -

Lei sospirò, mentre le lacrime le scorrevano libere sulle guance bagnando il viso di lui.

- Dimmelo ancora… - sussurrò sfiorandogli la nuca in una carezza, il viso rischiarato da un sorriso

I profondi occhi neri sempre così sicuri e fieri erano ora illuminati da quella luce che solo Benjiamin Price da sempre possedeva - Resta, Clare. – mormorò sollevandola e stringendola forte a sé – Guarda… - disse fissandola in volto – Sono pazzo di te. -  

Lei si strinse contro il suo corpo possente, cingendogli le mani dietro la nuca, e la sua bocca morbida sfiorò le labbra di lui per un breve e delizioso istante – Dovrai passare la tua vita a ripetermelo – fremette, piena di felicità.

- Oh, lo farò. – Benji si chinò leggermente facendole passare un braccio sotto le ginocchia, tenendola stretta a sé, e impedendole di toccare terra con la punta dei piedi. Le sfiorò l’orecchio con le labbra, mordicchiandole leggermente il lobo delicato e spedendole una serie di brividi lungo la schiena – Lo farò ogni notte… e ogni giorno, fino a che non mi dirai di smettere. -

Lei rise tra le lacrime, nascondendo il volto contro il suo collo robusto e giocando a fargli il solletico con il naso, mentre Benji si avviava lungo il corridoio che portava all’estremità della villa. Entrò nel salone da ballo con la moglie in braccio, chiudendo con una spallata la porta. Prese a girare su se stesso, mentre la risata di Clare scioglieva la tensione e i timori che li avevano attanagliati lasciando il posto ad una serenità benedetta. La luce meravigliosa che attraversava i vetri cattedratici formava una morbida scia di colori, bagnandoli di un lieve tepore. Erano due creature ultraterrene, perdute nel loro incantesimo personale e nessun bacio o abbraccio appassionato avrebbe potuto evocare l’amore con altrettanta eloquenza come la mano bianca di Clare fiduciosamente intrecciata alla stretta tenace di lui. 

Le dita di entrambi scivolarono sui bottoni e le cerniere degli abiti, che cedettero sotto le loro mani formando un mucchio disordinato ai loro piedi, mentre i colori scorrevano sui loro corpi in un caleidoscopio, illuminando ogni morbida curva, ogni convessità, ogni solida distesa.

I capelli di Clare fluirono come un rosso torrente infuocato tra le mani di Benji, sprigionando il profumo di rose bianche che lo avvolse come un sogno ormai ricorrente. Era lei, l’aveva tra le braccia, e sarebbe rimasta per sempre parte sé. Le sue mani si colorarono delle sfumature della pelle di Clare, mentre i loro corpi si cercavano e si accoglievano, come due splendidi esseri divini, rilucenti di oro, porpora e avorio, uniti dal chiarore abbagliante in una pozza di luce.

Non c’era esitazione nei loro gesti, né rimorso, né solitudine… solo un infinito, travolgente desiderio.

Come avevano potuto esistere fino ad allora separati? Il loro cuore aveva fatto una scelta…

Fili di luce sciolti, brillanti in luminose spirali si avvolsero intrecciandosi, per poi separarsi e sciogliersi nell’ombra, confondendosi fra parole intelligibili e sussurri acquiescenti, per poi tornare ad erompere sfolgoranti, perforando le tenebre, tra frasi d’amore appena mormorate.

Era l’estasi. Il dolce fondersi di due respiri, il confondersi di due profumi.

L’abbandono e la rinascita.

Che cosa succede quando il destino incrocia due vite così diverse mescolandole? Quando due strade, fino ad un certo punto distinte, per qualche incomprensibile disegno si sfiorano e, toccandosi, diventano una sola?

Si arriva a percepire la reale profondità di noi stessi e seguendo le invisibili tracce del cuore ci si trova inspiegabilmente ad amare… così tra un respiro e l’altro.

Al di la di ogni cosa.

- Ti amo! Ti amo tanto! – mormorò Clare contro il suo viso, facendo scorrere le dita lievi sui tratti abbronzati del volto del marito.

Benji si aggrappò come un naufrago al bagliore splendente che vedeva nelle iridi ambrate di lei, rese dense dal desiderio, mentre le sfiorava velocemente le labbra quasi ad assaporare e trattenere quelle poche preziose parole. Scoprì che il mondo era davvero più bello visto attraverso quegli occhi dorati che scintillavano di gioia riflettendosi nei suoi.

Si sentì umile e beato di fronte al dono di lei.

- Ti amo Clare. Non so se sarà sufficiente… ma ti amo di tutto l’amore che posso. -

 

 

 

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EPILOGO

 

Barcellona – Spagna,  maggio 2002

 

- Maledizione, sono dentro da più di tre ore! -

Oliver Hutton, giunto da pochi mesi in Europa e neo-promosso capitano del Barcellona, stava scalpitando di fronte alla porta della sala parto della clinica dove Patty era stata ricoverata. Lanciò uno sguardo all’amico, comodamente seduto su uno dei divanetti della sala d’attesa, ricevendone in cambio uno sguardo comprensivo. Sbuffò e riprese ad andare impazientemente avanti e indietro per poi fermarsi di nuovo di fronte alla porta ed emettere un lungo sospiro rassegnato.

Una mano grande e forte gli si posò sulla spalla in un gesto consolatorio.

- Vieni a sederti. Non è andando avanti e indietro che lo farai nascere prima. -

Holly sollevò lo sguardo ad incontrare quello scuro e penetrante di Benji Price sotto la visiera del suo immancabile cappello e per un attimo invidiò all’amico la sua calma olimpica e il suo proverbiale sangue freddo.

- Non saresti così calmo se la dentro ci fosse Clare e tu ti trovassi nei miei panni – borbottò nervosamente, seguendo il portiere a malincuore e andandosi a sedere accanto a lui.

Benji spinse indietro la visiera del cappello appoggiandosi comodamente allo schienale del divano e stendendo davanti a sé le lunghe gambe – Probabilmente non riuscirei a stare fermo dall’agitazione – ammise con un sorrisetto ironico dipinto sul bel volto abbronzato. Poi vedendo il volto di Holly farsi cupo cercò di rassicurarlo – Vedrai che andrà tutto bene. Se ci fossero stati dei problemi Clare sarebbe venuta a chiamarti. -

Il capitano annuì sconsolato e per un po’ rimasero in silenzio ad ascoltare i rumori indaffarati nel personale della clinica che si affaccendava per i corridoi.

Benji guardò fuori dalla finestra il piccolo parco fiorito sul retro dell’edificio, riflettendo sui doni che la vita gli aveva portato in quell’ultimo anno.

Lui e Clare erano partiti per Barcellona tre giorni prima, dopo che Patty aveva telefonato all’amica verso la metà di aprile, ricordandole la promessa che le aveva strappato quando ancora si trovavano a Kanagawa.

Avevano prenotato i biglietti dopo che il Bayern Monaco si era matematicamente assicurato la vittoria del campionato con ben due settimane di anticipo dalla fine e Benji era rimasto piacevolmente sorpreso nello scoprire che suo padre, ormai ristabilito, era venuto ad assistere alla partita in compagnia di Clare. Con orgoglio paterno William si era congratulato con il figlio, sotto lo sguardo fiducioso di Clare, e lo aveva abbracciato fuori dagli spogliatoi al termine dell’incontro.

I flash dei fotografi avevano lampeggiato selvaggiamente, quando Benji aveva sollevato la moglie sopra di sé, condividendo con lei la gioia per la vittoria, mentre entrambi ricordavano divertiti un abbraccio simile e ben più imbarazzato al termine della partita con la Thailandia, quasi un anno prima.

Erano una coppia molto ammirata e, dopo l’episodio della clinica, i giornali di gossip, compreso quello di Martha Lewis, avevano passato al setaccio le loro vite. Tuttavia l’atteggiamento pacato di Clare di fronte a quelle intrusioni invadenti, l’amore per Martine e la sua cieca fiducia nel marito avevano creato una sorta di scudo protettivo contro i pettegolezzi e alla fine anche coloro che si erano dimostrati più pervicaci si erano dovuti arrendere all’evidenza: il SGGK, la sua giovane moglie e la figlioletta non avevano alcun tenebroso segreto da nascondere ed erano una famiglia felice a tutti gli effetti.

Quando il Bayern Monaco aveva vinto la finale di Champions League e lui aveva sollevato al cielo la “coppa dalle grandi orecchie” in una delle vittorie più importanti della sua carriera di calciatore si era sentito colmare il cuore di un’intensa soddisfazione vedendo la sua splendida moglie applaudirlo in piedi dalla tribuna. L’incontro si era concluso ai rigori dopo due faticosissimi tempi supplementari e, aver parato i tiri avversari facendo esplodere l’entusiasmo dei tifosi, lo aveva consacrato nell’olimpo dei portieri. Era il miglior portiere d’Europa e la vittoria del campionato in Bundesliga era stato solo il coronamento di un anno d’oro.

- Sono stati fatti sicuramente tanti errori in passato – gli aveva detto Clare, la sera in cui avevano festeggiato la vittoria della coppa dei campioni – Ma adesso è il tempo di rimediare. Non vuoi dare ai tuoi genitori solo una possibilità? – gli aveva chiesto speranzosa, mentre egli la teneva fra le braccia dopo aver fatto l’amore.

Quel discorso lo seccava a morte, e Clare l’aveva capito da come aveva alzato gli occhi al cielo, ma con testarda tenacia lo aveva convinto alla fine ad accogliere il suo suggerimento.

Ancora dubbioso era rimasto molto sorpreso, quando Catherine si era offerta immediatamente di occuparsi di Martine durante il loro viaggio in Spagna. I suoi genitori si erano installati a Ville Rose il giorno prima della loro partenza e li avevano riempiti di raccomandazioni, come una qualsiasi coppia di nonni apprensivi. A lui era parso un po’ strano essere oggetto di tali preoccupazioni dopo essere stato abituato a badare a se stesso fin da quando era ragazzino ma lo sguardo sollecito e adorante di Clare gli aveva fatto rimangiare la battuta ironica che gli era salita alle labbra.  

Prima di partire avevano festeggiato, in concomitanza con la sua vittoria, il primo compleanno di Martine e la bambina, che ormai trotterellava sicura per casa, aveva mandato in visibilio Clare chiamandola mamma per la prima volta.

Dopo l’episodio della clinica Erika aveva smesso di tormentarli e il presidente del Bayern Monaco, venuto a conoscenza del comportamento inqualificabile della figlia l’aveva convinta a lasciare la Germania per un po’ e a fare un lungo viaggio.

A febbraio Clare aveva esposto insieme a Andrew Binder una ventina dei suoi quadri, riscuotendo un ampio consenso di critica e a tutt’oggi, tra la casa, Martine e le mostre a cui partecipava, poteva davvero dirsi una donna molto impegnata.

Il ritratto della “Bambina con il gomitolo” era ritornato al suo posto, sopra il settimanale della loro camera da letto, dove entrambi potevano ammirarlo nelle lunghe mattinate di lunedì, quando rimanevano a letto più a lungo del solito, godendosi un po’ di riposo. Dopo avergli sciorinato davanti una serie incredibile di suoi ritratti e averlo costretto a posare immobile, Clare era riuscita anche a penetrare anche nel sancta sanctorum del suo studio e adesso un dipinto, quasi a grandezza naturale, che lo vedeva impegnato in una delle sue spettacolari parate, campeggiava sopra il caminetto, di fronte alla vetrina ricolma di trofei.

E tra poco più di un mese ci sarebbero stati i Mondiali…

Benji guardò il volto del capitano della nazionale giapponese e si rese conto che mai come in quel momento la mente di Holly si trovava lontano mille miglia dal calcio, tutta concentrata su quella creatura al di la della porta, che lottava e si affaticava per dare alla luce suo figlio.

Patty e Clare avevano pianto di gioia quando finalmente avevano potuto riabbracciarsi al terminal dell’aeroporto invaso dai turisti e Patty gli era apparsa raggiante nel largo pre-maman azzurro cielo.

Lo aveva salutato con un sorriso allegro e si era battuta un leggero colpetto sul ventre teso – Siete arrivati appena in tempo. Il dottore ha detto che il mio campione potrebbe nascere da un momento all’altro. -

E mai delle parole erano state più profetiche.

Mentre la futura mammina riposava sotto lo sguardo apprensivo di Holly, lui e Clare avevano giocato a fare i turisti, sfruttando l’occasione del soggiorno a Barcellona per fare quella luna di miele che avevano a lungo rimandato. Clare era rimasta estasiata di fronte alla Sagrada Famìlia, la splendida opera incompiuta di Gaudì e aveva ammirato la meravigliosa Cattedrale in gotico catalano, sorta sul punto più alto della città vecchia. Ma la pacchia era durata poco perché prima dell’alba del terzo giorno un Oliver agitatissimo li aveva svegliati in albergo, comunicando loro che Patty era entrata in travaglio. 

Si erano precipitati in clinica e Clare non aveva più lasciato per un solo istante la mano dell’amica.

Erano dentro da un sacco di tempo e anche Benji iniziò ad avvertire un sottile inquietudine. Scoccò un’occhiata furtiva all’orologio a muro appeso, mentre Holly gli stava seduto accanto immobile, i gomiti sulle ginocchia e la testa bruna fra le mani. 

Improvvisamente la porta si aprì con una spinta e Clare, infagottata in un camice di cotone verde, uscì togliendosi la mascherina, con un’espressione raggiante sul volto.

Holly si alzò in piedi di scatto seguito da Benji, catapultandosi verso di lei, le gambe improvvisamente deboli per l’emozione

- Clare… -

- E’ nato! – Il sorriso di lei era radioso – E’ un maschietto e pesa più di tre chili! -

Oliver le afferrò le mani tra le sue, l’espressione del viso stravolta dall’euforia – Ma… ma è meraviglioso! Io… lui…Patty… -

- Patty sta bene, vai da lei! – lo rassicurò al colmo della gioia

Holly si precipitò dentro la sala dove un’infermiera con l’aria di una virago lo bloccò, costringendolo ad indossare camice e mascherina, prima di potersi avvicinare alla moglie e al figlioletto urlante.

Sentendo il braccio del marito cingerle le spalle sostenendola, Clare lo abbracciò felice, circondandogli la vita stretta, e strofinando il viso contro il suo petto possente. Sentì Benji ridere dell’espressione frastornata e stupefatta del compagno di squadra.

- E’ proprio impazzito – commentò aiutandola a togliersi la cuffia e a slacciare i nodi sul retro del camice – Non l’ho mai visto così stralunato. -

Clare ridacchiò battendogli un leggero colpetto sul braccio muscoloso – Non ha un’espressione molto diversa dalla tua quando tieni Martine in braccio. – lo prese in giro.

Benji assunse una finta aria offesa – Non è vero! – negò decisamente. Poi addolcì il tono e strizzò l’occhio alla moglie – O forse, sì. -

Clare rise e poi, mano nella mano, si avvicinarono al vetro della nursery, dove un’infermiera mostrò loro il neonato, cercando di tenere a bada un Oliver che si sbracciava  eccitato e fuori di sé dalla gioia.

Osservarono emozionati quell’esserino tutto rugoso che strillava, paonazzo in volto, e Benji fece una smorfia

- Certo che se continua così… povero Holly! -

Rimasero per alcuni istanti in silenziosa adorazione di quella piccola creatura e poi andarono a salutare Patty. La neo–mamma era aveva il volto affaticato ma sui suoi lineamenti splendeva una tale gioia che pareva rischiarare l’intera stanza 

- Avete visto il mio campione? – chiese non appena ebbero messo piede nella stanza – Non è un amore? -

Benji annuì e le strinse affettuosamente la mano, mentre Clare baciava la guancia dell’amica – Sei stata bravissima. Hai fatto un bambino bellissimo. – sorrise dolcemente - Holly è fuori di sé dalla gioia, adesso è di là a fare impazzire le infermiere -

Patty roteò gli occhi con un espressione buffa sul volto minuto

- Mandatemi qui quello scapestrato e poi andate a riposarvi. Sarete stanchi. -

Si salutarono e uscirono ma, quando Clare fece per richiudere la porta alle sue spalle, la voce di Patty la trattenne ancora un istante

- Adesso tocca a te. – le disse con un sorriso salutandola con la mano – Dai a mio figlio un compagno con il quale possa giocare a calcio. -

Clare sorrise a sua volta con un piccolo cenno d’assenso, chiudendo la porta e portando già un prezioso segreto sepolto nel cuore.

 

Benji uscì dal bagno con addosso solo un accappatoio di spugna bianco, i capelli umidi per la doccia, il petto leggermente bagnato. Quando erano usciti dalla clinica, con la promessa di ritornare il giorno dopo, avevano lasciato il capitano della nazionale nipponica in adorante contemplazione della moglie e del neonato.

Dopo aver girovagato un pochino avevano pranzato in un delizioso ristorante, il “Butafumeiro”, dove avevano assaggiato i mariscos i crostacei cucinati secondo le ricette tradizionali e la famosa crema catalana, e alla fine Clare aveva insistito per fare una passeggiata nel parco non lontano dal Ritz, il lussuoso e riservato albergo in stile Regency che avevano scelto per il loro soggiorno spagnolo.

Si erano seduti su una delle tante panchine, come una qualsiasi coppia di innamorati, godendosi il sole in tutta tranquillità, e avevano trascorso il resto del pomeriggio immersi in una idilliaca serenità.

Adesso la luce rosata del tramonto illuminava morbidamente la stanza e Clare, seduta a gambe incrociate al centro del letto matrimoniale della loro suite, era intenta a fare scorrere la spazzola nei lunghi capelli biondi, districando i nodi e lisciando i riccioli. La camicia da notte senza maniche formava una nuvola stuzzicante attorno alla sua figura e Benji si trovò ad ammirare il sottile gioco di trasparenze che arricchiva il tessuto, svelando lo splendido corpo della moglie. Si lasciò cadere alle sue spalle, sfiorandole la spalla nuda con un bacio e aspirando l’inconfondibile profumo di rose bianche della sua pelle.

Clare sorrise e mise da parte la spazzola, scuotendo leggermente i lunghi capelli biondi. Si girò fra le sue braccia e posò il capo sulla spalla massiccia, accarezzandogli una tempia. Stettero in silenzio a godersi la gloriosa luce di quel tramonto spagnolo, mentre la mano di Benji le lisciava gentilmente un braccio e le sue labbra le sfioravano la fronte in baci lievi.

Clare sorrise serena. Quell’ultimo anno aveva portato così tanti cambiamenti nella sua vita: Martine e Benji. La sua famiglia. Sembrava quasi che il destino, seguendo i suoi misteriosi disegni, le avesse imposto di andare lontano per trovare coloro che amava. Tutte le incomprensioni che erano nate fra loro nei primi tempi del matrimonio avevano piano piano lasciato il posto ad un amore smisurato che era andato rafforzandosi sempre di più.

Benjiamin Price era un uomo complesso, ostile a volte, e vivere con lui non era affatto semplice. L’amava infinitamente senza alcuna incertezza, collocando lei e Martine al primo posto nei suoi pensieri, colmandola di attenzioni, e Clare era immensamente grata al destino per aver messo sulla sua strada quell’uomo a volte silenzioso e impenetrabile, capace, tuttavia, di illuminare la sua anima con la stessa limpida chiarezza di una torcia accesa nell’oscurità.

Il suo atteggiamento ombroso si era gradatamente smussato mano a mano che Clare aveva riversato allegria e amore nelle loro vite ma capitava ancora che la giovane moglie lo scoprisse a guardarla intensamente, con una vena di sofferenza nei brillanti occhi scuri, quasi temesse che lei potesse andarsene da un momento all’altro, lasciandolo solo. Accadeva che, a volte, la notte, lui la cercasse nel loro grande letto matrimoniale e la prendesse con un’urgenza e una passione nate da un tormento mai sopito, mosso dal bisogno di un contatto, della serenità che solo lei sembrava in grado di trasmettergli.

Intrecciò le dita a quelle di lui e come sempre si stupì della diversità della loro carnagione, mentre sollevava lo sguardo ad incontrare quegli occhi neri e magnetici che tanto amava

- Devo dirti una cosa… - iniziò annegando lo sguardo in quelle liquide profondità, mentre un sorriso giocoso le illuminava l’angolo degli occhi. Al cenno di assenso di lui, gli sfiorò le labbra con un bacio

- Aspetto un bambino… -

Lo sentì irrigidirsi contro di sé e vide il suo volto cambiare espressione, gli occhi illuminarsi di una gioia profonda. Si sollevò a sedere prendendole il viso fra le mani – Mio Dio… Clare… - mormorò con voce spezzata. La strinse fra le braccia come se fosse fatta di fragile porcellana e le fece scivolare una mano sul ventre piatto, sfiorandolo reverente, gli occhi umidi di commozione – Sei sicura? Come ti senti? – la interrogò con foga  

Lei annuì piena di gioia – Mi hanno dato i risultati delle analisi a Monaco cinque giorni fa e sto benissimo. – disse rassicurandolo.

Benji aggrottò la fronte – Perché non me lo hai detto prima? -

Il volto della moglie si aprì in un largo sorriso birichino – Perché, tiranno come sei, mi avresti impedito di partire e di essere al fianco di Patty come le avevo promesso. -

Il SGGK sbuffò – Tiranno… Ma senti un po’! – Il suo viso assunse un fiero cipiglio – So io quello che è meglio e d’ora in avanti, signorina, farai in modo di avere cura di te stessa. -

Lei gli lanciò un occhiata obliqua – Vedi… e poi dici di non essere un despota. -

Lui la attirò nuovamente fra le braccia affondando il volto trai morbidi capelli di lei – Se potessi ti terrei sotto una campana di vetro - le disse piano chinandosi a baciarla.

Clare rise e scosse il capo – Oh, no! Niente campane di vetro. Io voglio vivere con te, starti accanto. Sono piuttosto resistente, sai? – disse strofinandosi sensualmente contro di lui.

Benji gemette, accarezzandole la schiena nuda - Sei una piccola strega, lo sai, vero? – mormorò con un luccichio malizioso negli occhi scuri

Lei sopirò felice - Sarà bello dare a Martine un fratellino o una sorellina – continuò con aria sognante – ma devi promettermi che, anche quando avrò il pancione, mi dirai che sono sempre il tuo amore. - 

Lui le prese le labbra in dolci baci indugianti - Grazie – mormorò piano contro le sue labbra – Grazie per il figlio che mi darai. -

Clare gli sorrise, gli occhi d’ambra preziosa colmi di luce. Gli posò una mano sulla guancia ben rasata incontrando il suo sguardo

- Ti amerò per tutta la vita. -

Ci fu un silenzio e poi lui chiese - Tutto qui? –

Lei si scostò di scatto a guardarlo indignata a le braccia di lui la avvolsero improvvisamente e la tennero stretta.

- Lasciami andare – protestò lottando – Sei il più arrogante, borioso… -

- Ssst – sussurrò lui teneramente – Stavo scherzando. -

- Non è un argomento su cui scherzare. – ribatté lei placata, facendogli scivolare le braccia attorno al collo

- Non sapevo cosa dire… e quindi io… - si interruppe e l’attirò più vicina – Non sapevo cosa dire. -

Clare lo guardò con gli occhi colmi d’amore. Quando Benji si confondeva o si emozionava lo nascondeva dietro quella maschera che lei ormai conosceva così bene

- Devi dire “ Ti ringrazio, Clare. Mi rendo conto che sono un vero mascalzone, arrogante e pieno di sé ma ti prometto che farò del mio meglio per contraccambiare”. -

Si aspettava che lui si mettesse a ridere ma Benji era incredibilmente serio quando le sfiorò le labbra con un bacio. Intrecciò lo sguardo a quello incredibilmente dorato di lei, sapendo di avere tra le braccia la cosa più importante per lui: la sua stella del destino, la sua adorata Clare.

Pensò ai due bimbi lontani: l’una in Germania, che avrebbero presto riabbracciato, e l’altro ancora i viaggio e sentì una profonda serenità invadergli l’anima e il cuore.

La strinse a sé baciandole le labbra sorridenti e teneramente dischiuse

- Non ci sarà mai un momento della mia vita in cui io non ti amerò. -

 

 

FINE

 

  
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