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Hermione Granger!

Ti sei mai chiesta perché il tuo nobile gatto avesse una preferenza funesta per quell’infido topo grigiastro e spelacchiato, o giovane strega?

Ragazza da tutti stimata, alunna brillante, anima pura e coraggiosa… non puoi certamente avere come compagno un gatto persiano qualunque.

No, no, no.

Lo sai per quale motivo sono rimasto così a lungo in quel sordido negozio di Diagon Alley invecchiando i miei riflessi e lasciando smorzarsi di foltezza e sfumature il mio magnifico pelo fulvo?

Perché ogni cliente che abbia varcato quella porta e fatto suonare il campanellino prima di te non era alla mia altezza.

Proprio così.

Come puoi dubitare della mia buona fede, del mio intuito, della mia intelligenza?

Ho tollerato il nome Grattastinchi, ho accettato di scendere dal mio piedistallo.

Sì, tutto questo per te.

Ma non puoi chiedermi di ignorare qualcuno che ha bisogno d’aiuto.

Se i tuoi occhi non sono abbastanza buoni da riconoscere il vero dal falso questo non mi riguarda e farò in modo di non permetterti d’intaccare il mio fiero orgoglio da cacciatore.

Ti perdono.

Lo faccio perché riconosco l’inevitabile inferiorità del pensiero umano, nonostante l’acutezza che ti contraddistingue solitamente e che avevo personalmente rimarcato il giorno che mi hai portato via con te.

Ad ogni modo non pretendere che io accetti d’esser rimproverato per qualcosa che non ho fatto.

Criminale.

È un pericoloso criminale questo essere che si nasconde dietro un’innocua e –debbo ammetterlo- appetitosa forma topesca.

Che tu lo accetti o no, aiuterò il cane nero perché ne ho percepito l’aura chiara e onesta, e forse un giorno tu capirai e potrai perdonarti il terribile errore che hai commesso sgridandomi e offendendo la mia perizia nell’investigare questo essere insulso.

Ad ogni modo Peter Minus è un topo morto, e questo è un serio avvertimento.

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Hermione strinse al petto Grattastinchi, senza riuscire a smettere di guardarlo negli occhi: due monete d’oro incorniciate da un morbido pelo rossiccio e crivellate da fini feritoie scure che lasciavano passare la luce del mondo per non lasciarla uscire più.

Quell’aria intelligente nascosta da un muso appiattito l’aveva stregata, se ne era proprio innamorata.

Gli arti curvi dell’animale lo rendevano meno regale di un qualsiasi altro gatto, ma quell’andatura zoppa e felpata era la sua in un modo così intimo e inafferrabile che per lei aggiungeva solo altra bellezza al suo aspetto e al suo sguardo intelligente, altro amore a quello che provava per lui.

Nonostante le accuse di Ronald e l’effettiva sparizione di Crosta non riuscì in cuor suo a non perdonarlo.

Quel gatto era davvero un essere supremo, fuori dal comune, e la caccia –anche se la preda era il roditore del suo migliore amico- non era che una delle sue molteplici ed eloquenti dimostrazioni di abilità.