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Autore: Nymeria90    13/08/2013    3 recensioni
– Di che cosa hai paura, Shepard?-
Fissò il cielo sopra di lui e all’improvviso le stelle parvero spegnersi, oscurate da un’ombra scura, enorme, dalla forma vagamente umana.
L’ombra nel cielo guardò giù, verso di lui, dentro di lui, si sentì invadere da un’oscurità che gli ghiacciò l’anima.
Chiuse gli occhi e quando li riaprì, un istante dopo, non c’era più nulla.
- Di cosa ho paura mi chiedi?- sussurrò con voce roca mentre qualcosa dentro di sé si contorceva, implorandogli di tacere, perché solo così avrebbe potuto dimenticare. Non lo ascoltò: – C’è un’unica cosa che mi fa paura: l’eternità.-
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashley Williams, Comandante Shepard Uomo, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Alexander Andrej Shepard'
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Canada, Vancouver, 2186
 
Siamo arrivati, tenente.-
Il portellone della navetta si aprì e il tenente James Vega scese, riparandosi gli occhi dal riverbero del sole. L’aria arroventata della pista lo colpì come un maglio, togliendogli il respiro.
- Da questa parte, Vega. – lo chiamò un ufficiale in piedi accanto ad un’astroauto parcheggiata poco lontano.
Vega corse verso il veicolo, più per sfuggire al calore insopportabile che per reale desiderio di raggiungere il militare; nulla l’avrebbe dissuaso dalla convinzione che si trovava sulla Terra per punizione e l’uomo di fronte a lui era l’artefice di quella condanna.
Quando salì sulla navetta l’ufficiale l’aveva già messa in moto e fu con gratitudine che Vega accolse la frescura dell’aria condizionata. Erano anni che non tornava sulla Terra ma era certo che quella fosse un’estate eccezionalmente calda; aveva sempre immaginato il Canada come un parco giochi per pinguini e orsi polari, non era normale che facesse così caldo!
- Hai fatto buon viaggio, tenente?-
Vega grugnì con un’alzata di spalle – Dove stiamo andando?- chiese, mettendo bene in chiaro che i convenevoli erano sprecati con lui.
L’ammiraglio David Anderson gli lanciò un’occhiata penetrante – Al QG dell’Alleanza.-
- Avrebbe potuto farmi fare un giro della città prima di spedirmi in prigione.- commentò, con una punta di sarcasmo.
Anderson superò un’astroauto in panne – Te l’ho già detto, tenente: niente prigione per te. Non questa volta, anche se dopo il casino che hai fatto su Omega te lo meriteresti.- lo rimproverò.
James appoggiò la fronte al finestrino, assaporando il ricordo della rissa su Omega: aveva dato a quei Batarian una lezione memorabile.
Avrebbe preferito che Anderson non si intromettesse, doveva permettergli di finire ciò che aveva iniziato, forse alla fine i Batarian gli avrebbero fatto la pelle, erano in tanti e persino armati, ma ne avrebbe portati un po’ all’inferno con sé. Il dolore e la morte non gli facevano paura, non gliel’avevano mai fatta, ma l’idea della gabbia lo terrorizzava. Rimasto solo con se stesso avrebbe avuto solo il ricordo degli amici che aveva perduto e degli innocenti che non era riuscito a salvare a tenergli compagnia.
Scosse il capo, scacciando quei pensieri dalla mente. Pensava a Fehl Prime e alla nave dei Collettori tutte le notti, non voleva cominciare a pensarci anche di giorno o sarebbe finito come suo nonno, con un cappio attorno al collo e una bottiglia di rhum nello stomaco: una fine infame per una vita infame. Lui si rifiutava di finire così. Aveva passato tutta la vita cercando di togliersi di dosso la puzza di miseria che suo padre e suo nonno gli avevano iniettato nelle vene insieme al loro sangue.
- Con tutto il rispetto, signore, la vita del secondino non fa per me.- sibilò, mentre il veicolo svoltava bruscamente a sinistra, infilandosi tra i palazzi.
Anderson ghignò – Non ne dubito.-
- E allora perché ha scelto me? Immagino ci sia una fila di piccoli ufficiali zelanti che non vedono l’ora di fare il loro dovere.- fece una smorfia – L’idea di vedere il comandante Shepard agli arresti deve aver mandato in fibrillazione mezza Alleanza.-
- Tu non credi che si sia meritato questo trattamento?- domandò Anderson, impassibile.
Vega sospirò. Un tempo aveva visto in Shepard un eroe, un modello da imitare e poi aveva visto quello stesso eroe cadere, inabissarsi. L’eroe era morto e risorto, come la leggendaria fenice. Ma invece di quel fantastico uccello dalle ceneri del comandante Shepard si era innalzato un corvo portatore di morte. O almeno questo era quello che i media volevano far credere alla gente comune; ma James Vega non si considerava un uomo comune.
- Shepard ha salvato molte vite. - mormorò, tenendosi sul vago. Non sapeva ancora se fidarsi o meno di Anderson.
- Ma ne ha uccise altrettante.-
Vega deglutì. Anche lui aveva ucciso molte persone, con la sola differenza che, alla fine, non aveva salvato nessuno.
- Certi uomini possono essere puniti solo con la frusta e la prigione, per altri è sufficiente la memoria di ciò che hanno fatto. Se Shepard è l’uomo che credo che sia, sta già scontando la sua pena e non esiste tribunale che possa condannarlo ad una peggiore.-
L’astroauto accostò davanti a uno splendido palazzo in vetro: il QG dell’Alleanza. Guardandolo, Vega ebbe l’impressione di osservare un edificio modernissimo immortalato in una foto in bianco e nero. L’umanità tentava di elevarsi oltre le stelle ma non riusciva a liberarsi da quel passato grandioso che la teneva ancorata alla sua Terra.
L’ammiraglio Anderson spense il motore e lo fissò, senza tradire la minima emozione – Hai appena risposto alla tua domanda.-
- Quale?-
- Non ho bisogno di qualcuno che sorvegli Shepard.- Anderson curvò le labbra in un pallido sorriso – Ho bisogno di qualcuno che lo protegga. Per questo ho scelto te.-
Vega si accigliò – Proteggerlo da cosa?-
Shepard aveva molti nemici, questo lo sapeva bene, ma non aveva mai avuto bisogno di una guardia del corpo. Era in grado di proteggersi da solo.
Anderson scese dal veicolo, invitando il tenente a seguirlo.
- Da se stesso, Vega. Devi proteggerlo da se stesso.-
Continuava a non capire, ma decise di lasciar perdere. Forse le cose sarebbero diventate più chiare una volta incontrato il famigerato comandante.
Si asciugò le mani sudate sui pantaloni mentre seguiva Anderson all’interno dell’edificio, l’idea d’incontrare Shepard lo faceva sentire irrequieto; un tempo avrebbe dato la mano destra per potergli parlare solo per qualche istante. Per molti anni il comandante Shepard era stato il suo idolo, il più grande soldato mai esistito. Ma, dopo Fehl Prime, non c’era stato più posto per gli idoli nella sua mente. Si era arruolato convinto che la guerra fosse solo un gioco, certo che alla fine il mondo lo avrebbe acclamato come un eroe. La guerra lo aveva preso, mangiato e risputato, deridendo i suoi sogni di gloria e grandezza. Non c’erano eroi nel mondo degli uomini. Né Shepard, né il capitano Toni, né James Vega.
Passarono gli innumerevoli controlli di sicurezza e salirono le scale per raggiungere il settore destinato al confinamento degli ufficiali accusati di reati militari. Non c’erano celle, ma solo semplici alloggi dotati di ogni comodità, dove gli accusati erano confinati fino alla soluzione del processo. Ovviamente gli “ospiti” erano sotto costante sorveglianza e ogni contatto con l’esterno era loro precluso. Non fu difficile trovare l’alloggio di Shepard: era l’unica stanza occupata.
I due uomini che sorvegliavano la porta si misero sull’attenti quando Anderson si avvicinò – Riposo, soldati.- ordinò l’ammiraglio con un lieve cenno della mano – Devo parlare con Shepard.-
Il soldato più alto, con la mascella squadrata e i capelli rasati, diede un’occhiata ai video di sorveglianza sul suo factotum – Sta ancora dormendo, signore.-
Anderson gli rivolse uno sguardo di gelida indifferenza – E la cosa dovrebbe importarmi? Buttatelo giù dal letto, per la miseria, non è qui in villeggiatura!-
I due uomini si scambiarono uno sguardo preoccupato, infine il mascellone fece una smorfia e annuì. Vega non avrebbe saputo dire se temevano di più l’ira dell’ammiraglio o quella del loro prigioniero.
- Agli ordini, ammiraglio.- il soldato digitò il codice d’apertura della porta, la serratura scattò con un lieve sibilo e l’uscio scivolò di lato.
L’uomo prese un profondo respiro e, con un’espressione pavida che mal si addiceva ai suoi lineamenti marcati, entrò – Ci sono visite, Shepard. Sveglia!-
Vega seguì Anderson nella stanza in penombra, leggermente intimidito, il secondo soldato fece una smorfia – Faccia attenzione, ammiraglio, l’ultima volta che lo abbiamo svegliato ha steso il sergente con una scarica biotica.-
Vega deglutì, a disagio, mentre il silenzio di Shepard si faceva sempre più inquietante … dopotutto, si disse, quell’uomo era accusato di aver distrutto un portale galattico … forse era davvero il pericoloso criminale di cui tanto parlavano i media e chissà cos’aveva in mente di fare …
- Shepard!- chiamò di nuovo il sergente, con malcelato timore – L’ammiraglio Anderson è qui per parlarti.-
Silenzio.
D’istinto Vega portò la mano alla pistola … ma perché nessuno accende la luce?
L’ammiraglio Anderson sbuffò, attraversò la stanza a grandi falcate e schiacciò un interruttore; con un ronzio sordo le tende che oscuravano le finestre si alzarono, lasciando entrare nella stanza la luce del sole.
La stanza era piccola ma ordinata, con una splendida vista su Vancouver. Di fronte alla vetrata c’era un tavolino con un paio di sedie, un frigorifero, un piano di cottura, un divano a due posti e, soprattutto, nessun folle biotico acquattato dietro la porta, pronto a farli a pezzi.
Vega si rilassò e anche il mascellone parve riacquisire una certa padronanza di sé; scrollò le spalle e, sotto lo sguardo ironico dell’ammiraglio, attraversò a grandi passi la stanza chinandosi sull’ammasso informe di coperte che occupava il piccolo letto appoggiato contro la parete – Sveglia bell’addormentato!- sbraitò allungando la mano – Che cazz …!-
Il sergente sollevò la coperta, rivelando tre cuscini disposti per dare la parvenza di una forma umana: un trucco vecchio come il mondo.
L’uomo alzò il viso, pallido come un fantasma – Non c’è, signore.-
Anderson diventò paonazzo – Come sarebbe a dire “non c’è”?- ringhiò, con voce strozzata.
- Si rilassi, ammiraglio, ho rischia di farsi venire un infarto.-
Tutti si voltarono al suono di quella voce beffarda. Appoggiato alla soglia c’era un uomo sulla trentina, alto, coi capelli quasi rasati e un sorriso ironico sulle labbra. Il comandante Alexander Shepard sembrava divertirsi un mondo.
– Dove diavolo eri, Shepard?- abbaiò Anderson, furibondo.
Il comandante si strinse nelle spalle, entrando nella stanza con passo disinvolto, come se fosse appena rientrato da una passeggiata – Oh, un po’ qua, un po’ là. La Sunshine Coast è uno spettacolo al tramonto.-
- Tramonto?- la voce di Anderson era pericolosamente acuta – Sei stato fuori tutta la notte?-
- Così sembrerebbe.- estrasse qualcosa dalla tasca e lo lanciò al mascellone che, inaspettatamente, lo prese al volo: un mazzo di chiavi – Splendida moto, sergente. Non pensavo fossi un intenditore, ma devo ricredermi. Quella moto è un vero gioiello.-
L’uomo impallidì – Ha preso la mia moto?-
Shepard aprì il frigo e prese una birra – Le ho fatto fare una bella galoppata.- bevve un sorso – Però temo di averla lasciata in riserva, spero che non sia un problema.-
- Figlio di …-
- Sergente!-
Il mascellone s’irrigidì, portandosi sull’attenti, Anderson si piazzò davanti a lui, gli occhi di brace – Si può sapere come ha fatto quest’uomo a sfuggire alla vostra custodia, impossessandosi persino di un mezzo di trasporto?-
Anche l’altro soldato si era messo sull’attenti, accanto al compagno – Signore noi …-
- Non è colpa loro.- intervenne Shepard lasciandosi cadere sul divano, le lunghe gambe appoggiate al bracciolo – Sono io che sono maledettamente bravo.-
Vega non poté fare a meno di notare una punta di compiacimento nella voce di Shepard; aveva la netta impressione che i due soldati stessero pagando per un qualche affronto ai suoi danni.
Gli occhi di Anderson si assottigliarono pericolosamente – Voglio un rapporto completo sulla mia scrivania entro questa sera e se quello che leggerò non mi piacerà vi assicuro che sarete degradati. Per il momento siete esentati dal servizio.- Shepard finì di bere la sua birra con ostentata soddisfazione mentre il mascellone lo fissava con uno sguardo carico d’odio – E ora andatevene. Non voglio più vedervi.-
Non se lo fecero ripetere due volte e, dopo un breve saluto, sparirono fuori dalla stanza.
Vega rimase piantato al suo posto, indeciso sul da farsi, non voleva assistere ad un’altra scenata ma, all’improvviso, Anderson scoppiò a ridere –Ricordami di non farti mai incazzare, Shepard. Posso prendere una birra?-
Shepard annuì ma la sua espressione si fece dura – Hanno mancato di rispetto alla mia squadra, ammiraglio, e questo io non posso tollerarlo.-
Anderson lo fissò intensamente – Mi ricordi tuo padre. Birra, tenente?-
- Grazie, ammiraglio.- afferrò con gratitudine la birra che gli veniva lanciata: stava morendo di sete.
- È il mio nuovo gorilla?- domandò Shepard guardandolo per la prima volta, anche se James aveva la netta sensazione che lo stesse valutando da quando era entrato.
- Scommetto che andrete d’accordo.- affermò l’ammiraglio lanciandogli un’occhiata ironica – Avete la stessa allergia alle regole.-
- Lo prendo come un complimento, ammiraglio.- borbottò Vega, bevendo un sorso.
Shepard gli sorrise, solo in quel momento Vega si accorse di quello che strideva nell’allegria di Shepard: era fasulla, costruita a puntino. Non c’era nulla di naturale in quei sorrisi che non riuscivano a coinvolgere gli occhi.
- Lo è, tenente …?-
- Vega. - tese la mano – Tenente James Vega.-
Shepard annuì, stringendogli la mano – Molto piacere, James.-
- Hai rischiato grosso, Shepard.- l’espressione bonaria era scomparsa dal volto dell’ammiraglio – Se ci fosse stato qualcun altro al mio posto saresti finito in isolamento.-
Shepard si alzò dal divano e si mise davanti alla vetrata, ogni parvenza di giovialità era scomparsa dal suo viso, lasciando il posto ad una durezza che Vega aveva intravisto spesso allo specchio. Era il volto di un uomo che aveva attraversato l’inferno e ne era uscito ricolmo di odio – L’Alleanza non ha ancora chiara una cosa e forse nemmeno lei, Anderson: sono qui perché l’ho voluto. Potrei andarmene in qualsiasi momento …- fece un gesto eloquente, come per ricordargli quello che era appena successo - … ero libero fino a dieci minuti fa, potevo sparire, ma non l’ho fatto. Sono qui perché il mio onore me lo impone, sono qui perché ho distrutto una colonia e tutti i suoi abitanti. So bene quali sono le mie colpe: non ho bisogno di una cella che me le ricordi.-
Anderson non trovò niente da replicare, si avvicinò al comandante, gli posò una mano sulla spalla e strinse forte.
Vega sentì un calore sconosciuto da qualche parte, nel petto, e raddrizzò impercettibilmente le spalle. Su Omega, quando quei Batarian avevano sputato sul nome di Shepard, aveva perso la testa, li aveva aggrediti semplicemente per farli tacere, per non sentire più le loro parole. Aveva difeso quell’uomo sconosciuto perché aveva una storia smile alla sua, fatta di innocenti sacrificati in nome di un bene superiore, difendere Shepard era stato come difendere se stesso.
Ma ora Shepard era davanti a lui, duro e solitario come uno scoglio in mezzo a un mare in tempesta, una solitudine che conosceva troppo bene, una durezza che lui stesso sentiva sulla pelle e nel cuore.
Quell’uomo condivideva le sue stesse colpe, i suoi stessi affanni e se era una tempesta che dovevano affrontare, perché non farlo fianco a fianco?
Erano scogli in mezzo al mare, duri e stremati, ma non più soli.
  
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