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Autore: AleJackson    13/08/2013    4 recensioni
Elisa è stata uccisa dal suo vecchio fidanzato, che non aveva mai accettato la loro rottura.
Ora lei gli scrive una lettera dal Limbo, così da liberarsi dall'ultima cosa che la tiene ancorata alla Terra.
La rabbia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicato a MooneyDora Efp, la bella beta di questa One Shot.
Grazie per esserci.
Tu e la tua fissazione per le virgole.





Non so ancora se sarò un angelo




Ehilà Fabrizio,

Come te la passi? Io non tanto bene, ma è così che funziona la vita, è un cerchio infinito.

Ti ho scritto per dirti una cosa…sei un coglione.

Oh non è quasi divertente questa cosa? Sto seguendo lo schema preciso della maestra quando alle elementari ci diceva che una lettera si scriveva presentandosi, rivolgendo le
domande di cortesia e scrivendo “Ti ho scritto per dirti…” e continuare.

Wow, sarebbe fiera di me, ora come ora.

Non so da dove cominciare, davvero. Forse dovrei partire dall’inizio, ma sarebbe banale e –modestia a parte- io non lo sono mai stata. Per cui parliamo della fine.

Mi hai ucciso.

Dirlo (o scriverlo, quello che ti pare) è ancora scioccante…Sono morta.

E che cazzo, pensavo sarebbe stato diverso!

Immaginavo sarebbe successo tra almeno una cinquantina d’anni, dopo aver sbrigato le mie faccende, dopo essermi sposata, dopo aver avuto dei figli. Magari avrei chiuso gli occhi
per sempre nel mio letto caldo, in una casa col giardino che puzzava un po’ di vecchio, ma che mi piaceva. Perché sapeva di casa.

Non in uno stupido e sporco vicolo a diciannove anni, con ancora tutta la vita da vivere e una famiglia a cui dire addio. Una famiglia che forse non saprà mai come sono morta.

Spero che lo sappiano, ti auguro di passare il resto dei tuoi miseri giorni in una cella sovraffollata come quelle tanto carine che ci sono qua vicino.

Ti piacerebbe, eh? Tu che non riuscivi neanche a vedere un film intero al cinema perché ti annoiavi dopo cinque minuti. Ah! Piccolo appunto, tanto ormai posso dire quello che voglio.

Eri un rompicoglioni e questo era il motivo per cui non avevi manco un amico! Ecco, l’ho detto. Ora che mi fai? Mi insulti su Ask?! Vediamo se rispondo…azz,  mi sa che mi hai uccisa, non posso. Peccato!

Adesso, però, cerchiamo di analizzare il perché l’hai fatto. Dopotutto non mi sembra di aver fatto così schifo come ragazza, vediamo…

Sì, ti sto prendendo in giro. So perfettamente perché l’hai fatto, ma mi sembrava il momento giusto per rivivere la nostra relazione! Facciamolo, su. Magari così ti ricordi di come stavi bene con me e ti vai a buttare da un ponte. No, è? Non ti va giù il suicidio, hai troppa paura di cosa ci sarà dopo? Fai bene. Per quanto ne sai potrei esserci io pronta a spaccarti quella faccia da mulo che ti ritrovi.

Sì, sì. Anche se non hai un corpo puoi sentire il dolore quando uno ti picchia…Che ti stia prendendo in giro anche ora? Può essere, ma tanto tu non puoi saperlo! Sfigato. Sappi che sto ridendo malignamente.

Adesso penserai: “Io, sfigato? Ma è lei che è morta!” e invece no, patatino. Sono proprio alle tue spalle con una mannaia per le mani…Ahahah col cervello che ti ritrovi ti sarai pure girato per controllare. Illuso.

Dai, sto divagando. Cosa stavo dicendo? Ah sì. Non mi sembra che la nostra relazione abbia fatto tanto schifo.

Stavamo insieme da…quanto? Due anni? Merda, è un casino di tempo se ci pensi. Soprattutto quando sei morta a diciannove anni. Sì, Fabrì, sto guardando te!

Lo sai che mi ricordo la prima volta che ti ho visto? Sì, sì. Proprio così. Scommetto che tu non sapevi nemmeno quando era il nostro anniversario, però non stiamo parlando di questo, per cui…

Era Settembre, tu hai sempre odiato quel mese. Lo so. Non sai quando farà caldo e quando farà freddo, le prof sono ancora in stato di :”Muahahahah facciamo pagare a queste povere anime i mesi passati a cazzeggiare!” che per la cronaca non è affatto vero…Va be’, basta bugie. Dicevo…Era Settembre e stavo entrando a scuola stile pazza isterica perché ero un quarto d’ora di ritardo, indovina chi altro era in ritardo? Sì, tu dolcezza! Ci scontrammo stile macchine che si distruggono l’una sull’altra. Banalissima scena dale cadono i libri, lui glieli raccoglie e si innamorano quando si guardano negli occhi.

Peccato che i libri caddero a te, fui IO a raccoglierti e l’unica dei due ad innamorarsi fui io.

Come? Beh, sono sempre stata attratta dal masochismo.

Beh, in realtà aiutava il fatto che avessi un anno più di me, fossi altissimo (ai tempi ero fissata con quelli alti) e portassi una maglietta dei “30 Seconds to Mars”. Non mi servivano altri motivi per prendermi una cotta.

Da quel giorno cominciai a stalkerarti…leggermente. Okay, ti seguivo dovunque tu andassi e a momenti sapevo quante volte andavi  in bagno. Avevo quindici anni e una cotta stratosferica per lo sfigato quale eri, capiscimi.

Poi dopo quasi un anno di fissazione decisi che il seno mi era cresciuto abbastanza perché tu potessi rispondere affermativamente ad una mia richiesta di appuntamento. Sì, bello.

Te lo chiesi io. Non ricordi la tua enorme cafoneria quando mi guardasti con aria indecisa, come se ne avessi altre mille in fila, e affermasti sorridendo come un cretino? Io me lo ricordo benissimo. Perché ai tempi pensai che quello fosse il momento più bello della mia vita.

Che cazzata paurosa. Non che la mia vita sarebbe durata poi tanto ancora, ma il diploma ti supera di sicuro, patatino.

Continuo a ripetere a random che la mia vita non è durata molto, in fondo. Spero che tu sia arrivato a capire che è per farti sentire in colpa, ma con quella poltiglia grigia che ti ritrovi non ne sono del tutto sicura.

Il nostro primo appuntamento poi…Mi portasti a bere una Coca-Cola in una pizzeria zozza, pagasti tu, questo te lo concedo, ma non è che avessi preso più di tanto. Temevo di prendermi il tifo mangiando la roba che usciva da quella cucina.

Potrei continuare a raccontare scene e eventi che accaddero in seguito, come quando ci mettemmo insieme davanti ad un’edicola dopo che tu avevi comprato un giornalino il cui numero era dedicato interamente alle band rock, ma sinceramente non ne ho voglia.

Il punto è solo uno. Ti amavo, o almeno lo credevo. Non mi importava che tu fossi uno sfigato, uno stupido, un impedito.

Eri tutte queste cose, ma eri anche sincero, amavi le mie stesse cose, eri dolce (quando volevi) e mi capivi. Quasi sempre. Cioè a volte.

Va beh, sorvoliamo.

Eravamo felici, cazzo. Due anni non sono pochi. Perché hai dovuto rovinare tutto?!

E con questo non intendo “perché hai dovuto rovinare tutto ammazzandomi?!”, quando l’hai fatto era già tutto rovinato da parecchio tempo.

Credo che il momento in cui è crollato tutto sia stato quando ho scovato i giornaletti porno, oppure quando hai cominciato a scordarti il mio compleanno, ma anche quando ti avevo chiesto se quella gonna mi ingrassava e tu mi hai risposto che ero io che dovevo perdere dei chili, non era la gonna. Sì, lì ci sono rimasta abbastanza male.

Hai superato il limite quando hai dato della troia a mia sorella di tredici anni perché aveva fatto una battuta sulle tue scarpe. Che, mi tolgo quest’ultima soddisfazione, erano orrende.

Non è stato qualcosa di preciso, ma piano piano mi sono accorta che quando ti guardavo non mi batteva più forte il cuore e se pensavo che fossi cretino non pensavo più “è cretino, ma è dolce”, ma solo la prima parte.

In sostanza? Un bel giorno ti ho mollato. Avevo fatto qualcosa di male? No. Avevo le miei buone ragioni e anche se non fosse stato così…avevo diciannove anni, cazzo. Facevo quello che volevo in fattore amore.

Tu, però, non eri tanto d’accordo. Cominciasti ad urlare, cominciasti a dirmi che ero una puttana, mi afferrasti il braccio così forte che per un momento temetti che me lo volessi staccare, ma non fu così. Mi lasciasti e cominciasti a spaccare tutti soprammobili, usai quel momento di distrazione nei miei confronti per uscire dalla porta.

Come potei, però, non sentire quel tuo orribile: “Elisa, se ora esci da quella porta io ti ammazzo. Te lo giuro!”

Strabuzzai gli occhi, spaventata. Ma non potevo credere che l’avresti fatto davvero ed avevo paura a tornare dentro, così corsi fino alla macchina per poi partire.

Non diedi peso alle tue ultime parole.

Che cogliona gigantesca.

Per un periodo non demordesti, continuasti a mandarmi messaggi su facebook, ma anche in bacheca sputtanavi te stesso e me con inutili dichiarazioni che io prontamente bannavo.

Poi iniziasti a scrivermi su Ask cose come “perché hai mollato Fabrizio, lui non bastava più per sua maestà?” o anche “Brutta troia. Ora che sei di nuovo libera vorresti uscire con me?”.

Ovviamente era tutto sotto anonimo, ma ero sicura fossi tu. Chi altro poteva essere? Non avevi molti amici pronti a difenderti. Odiavo tutto ciò, il tuo comportamento da bambino di dieci anni, i tuoi insulti.

Nell’estate dopo il diploma cominciai a lavorare come commessa in un supermercato, non avevo idea di dove andare. Se fare l’Università o continuare a lavorare, forse mi sarei presa un anno sabatico dallo studio, anche se tutti mi dicevano che se facevo così non sarei mai tornata a studiare. Probabilmente avevano ragione, ma io non avrò mai il piacere di scoprirlo.

Perché? Perché? Vediamo…ah sì. Non respiro più e il mio corpo è chiuso in una cassa di legno nel cemento a decomporsi.

Yuppie!

Era un pomeriggio molto caldo quello in cui tu decidesti di agire. Stavo tornando a casa dal lavoro quando mi arrivò il tuo messaggio.

Ti devo parlare urgentemente, ti prego. Ti prego. E’ una faccenda seria. Vieni nel viale dietro al parco vicino alla farmacia. Ti prego. Elisa, ti prego.

Sembravi spaventato, molto. E una parte di me si sentiva ancora un po’ in colpa per averti fatto soffrire, anche se non ne avevo motivo.

Così andai. Ho ricordi confusi di quello che successe dopo, tu che mi spingevi in un vicolo, il tuo sguardo tra l’arrabbiato e l’addolorato. Le mie urla che non udì nessuno. Era l’una dopotutto, in giro non c’era nemmeno un cane.

Poi il coltello da cucina. Conficcato nella mia gola. Il sangue. Il dolore. Il buio. Poi questo posto…Qui è tutto molto strano, vedo le cose, ma non riesco a ricordarmi cosa vedo…Non so davvero come spiegarlo.

Poi ho visto carta e penna, ho indugiato un po’ e ho capito cosa dovevo fare.

Ti sto scrivendo questa lettera per due motivi, Fabrizio.

Il primo è perché l’unico modo con cui posso andare avanti. Scrivendo questa lettera e inviandotela mi sono liberata di ciò che mi ancorava alla Terra, dopo che tu l’avrai ricevuta io sarò libera.

Libera.

Che bellissima, sciocca parola.

Non so perché proprio tu, forse perché mi hai uccisa. Ma, sinceramente, avrei preferito dare l’estremo saluto ai miei familiari. Ma ok. E’ la vita…anzi, devo smettere di dirlo. Io non vivo più, dopotutto.

Il secondo motivo è che voglio che tu provi rimorso.

Voglio che tu comprenda appieno tutto ciò che hai fatto, voglio che tu soffra.

Ti odio,  Fabrizio. Ti odio come non ho mai odiato nessun altro.

Perché tu mi hai tolto tutto, mi hai tolto la possibilità di vivere, di scegliere. Di essere una persona vera.

A diciannove anni non hai vissuto nulla, ma quel poco che ho visto me lo voglio tenere stretto. Sarà tutto quello che avrò.

E di chi è la colpa? La tua. Non avevi nessun diritto! NESSUNO.

Non mi devo infuriare, non devo. Non te lo meriti.

Mi fai schifo, pervertito, sfigato, idiota e assassino. Ti auguro tutto il male di questo mondo, davvero.

Sto per finire questa lettera e un po’ ho paura…non so cosa ci sarà dopo. Forse dimenticherò tutto…e non voglio dimenticare. Perché ci sono anche state le cose belle, infondo.

Non voglio dimenticare.

Forse potrei continuare questa lettera all’infinito, ma sarebbe stupido. Non voglio neanche passare il resto della mia esistenza in un questo luogo.

Per cui credo sia ora di salutare…e sappi una cosa. Condividere le mie ultime parole proprio con te mi fa schifo. Ma il destino è spesso crudele e infame.

Beh…Anyway!

Mi mancheranno queste piccole cose, le frasi idiote, le risate con le amiche, la mia famiglia, forse anche lo studio…Ho detto forse! Mi sarei dovuta godere tutto ciò maggiormente quando potevo.

Ormai, però, è troppo tardi per avere rimorsi.

Addio Fabrizio.

E’ la fine, per davvero.

Ciao ciao,

 

Elisa.



P.S.: Mettici più tempo possibile a morire, per il tuo bene. Perché appena lo farai verrò a cercarti, sappilo. Ovunque tu sarai.
 
 

Note d'autrice: 

Storia scritta di botto durante una serata un po' strana.
Spero vi piaccia, la dedico -come scritto sopra- alla mia bella beta MooneyDora Efp e alle sue virgole <3
A presto gente!
Baci,
AleJackson!!! <3
 
 
  
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