Allora eccoci al vero ultimo capitolo.
Solo due parole, come sempre. Perché così vi faccio suspance =P
No, scherzo. Ho davvero qualcosa da dirvi.
Tengo tantissimo a questa canzone, l’adoro. È forse una delle mie
preferite. E non solo. Quando stavo iniziando a pensare a questa storia, la
stavo ascoltando. E pensavo a quanto fosse perfetta per Ron ed Hermione.
Pensavo che mettesse un po’ insieme ciò che lui vorrebbe dirle. Non so perché,
ma mi dava questa impressione: vedevo perfettamente e chiaramente Ron dire
queste esatte parole ad Hermione.
Spero che il finale non vi deluda, mi terrorizza questa idea!
Siate il più sincere possibili, ma senza crudeltà, per favore **
Preparate i fazzoletti… (No dai, non fa piangere =P)
Vi adoro =)
Capitolo 10.02
Urla e qualcosa di più.
We all walk down the street my love
we carry pain and we carry scars
we carry everything we love
we carry the girls we met in bars
we carry guilts and remorse
for all them fucked up things we done
and we carry on
we carry on
til our caring days are gone
when we blaze out past the burroughs
to a place where time forgot
I see the leaves are even changing
and my stomach starts to drop
Your face is in the moon
Still I try to find my rock
And now you live down by the river
And my key don’t fit your lock
I can make it better
I know I can
I can make it better
I’ll give everything I have
I can make it better
try and forget the pain
I can make it better
Has it really been that long
since u told me bout the war
yeah a thousand nights of blisters
and probably a thousand more
Id speed you from the city
in a stolen taxi cab
Id be wreckless on the LIE
Untill it starts to scab
Well Id tell you all bout those good
things in your life
and when I fail Id say I love u and ask u
to be my wife
we could live out by the water
where its always summertime
Id love u even after
all your scars are mine
when we blaze out past the burroughs
to a place where time forgot
I see the leaves are even changing
and my stomach starts to drop
your face is in the moon again
But still I try and find my rock
now you live down by the river
and my key don’t fit your lock
I can make it better
I know I can
I can make it better
Ill give everything I have
I can make it better
Try and forget the pain
I can make it better
Well be together again
{the girl with the scar- Fun Lovin’
Criminals.}
Ron.
Ovviamente
so che è una cattiveria. La più grande cattiveria che mi poteva venire in
mente. O forse no. Ma i suoi occhi non si riempiono di lacrime, non questa
volta. Le si scolpisce in volto un’espressione livida, furente, glaciale. I
capelli morbidi e ricci che le ricadono sulle guance, le labbra tremanti che
non trovano nulla con cui colpirmi con altrettanta forza.
Non
diventa rossa, non perde la calma.
Per la
prima volta, vedo in lei la stessa adolescente davanti ad un compito
scolastico: fredda e distaccata, razionale, intelligente.
Mi osserva
dall’alto al basso, come se fossi caduto troppo in basso, troppo per lei.
Troppo persino per essere guardato in faccia. Ha un sopracciglio alzato, in
segno di ironia e strafottenza. Nei suoi occhi si specchiano le nuvole plumbee
che riempiono il cielo sopra di noi.
Poi si
volta su se stessa e riprende a camminare, come se non fosse mai stata
interrotta.
-Mione,
io…
-Io, Io,
Io. Ma certo, Ronald. Cosa c’è? Hai bisogno di una mano per finire questa
frase? Il tuo repertorio di cattiverie va rimpolpato?
-No,
veramente…
-Non
posso nemmeno ricordarle tutte, quelle che mi hai detto. Vediamo… forse posso
provare a ricordarne qualcuna…
-Non, io…
-“ci
credo che non ha degli amici”. Questa me la ricordo bene. Strano, poi, che sia
diventato proprio tu mio amico. Perché l’avrai mai fatto? E perché sei ancora
qui? Sai che non sono mai riuscita a spiegarmelo? Mai. Non cosa ci fosse di
tanto orribile in me che tu non potessi sopportare, ma cosa ci fosse di
evidentemente abbastanza valido da farti restare al mio fianco.
-Io…
-Sei
arrivato a pensare che il mio gatto avesse mangiato il tuo stupido topo vecchio
e malato. E io sapevo che non era così. Ma ho finto che fosse vero e ti ho scongiurato di perdonarmi. Perdonare ME, come
se la colpa fosse stata mia. Come se fossi stata io in persona ad inghiottire
il tuo stupido ratto malato. E se solo Grattastinchi l’avesse mangiato davvero!
Sarebbe stato meglio, no?
-Mione.
-Forse
dovrei chiedere a tua sorella. Sono certa che lei se le ricorda, tutte le
scenate che mi hai fatto, perché ogni volta veniva a consolarmi. A dirmi di
lasciar stare, che eri un idiota, e ti sarebbe passata. Era vero. Ti passava. E
io ero riammessa nella tua vita, fino a che non ti svegliavi di nuovo con le
palle di traverso. E PUNTUALMENTE era colpa mia!- si rimette ad urlare, mentre
io arranco dietro di lei, tentando di trovare le parole giuste per farla
smettere di urlare.
-Ma forse
mi sono sognata tutto. Anzi ovviamente deve essere così. Io ero una pazza
visionaria e tu, poverino, venivi frainteso da me.
-No,
veramente, io non avrei…
-Ma poi
eri anche così dolce! E le estati passate insieme alla Tana? Lì eri così
gentile, e ci divertivamo da soli a chiacchierare tutta la notte! E se avevo
bisogno c’eri sempre!
-Perché…
-Perché
sono una scema. IO sono una scema! Avrei dovuto sbatterti la porta in faccia
fin dal primo momento, tu patetico sciocco arrogante…
-Pensi
che per me sia stato…
-Io
rischiavo per te. Ho incantato McLaggen ai provini di Quidditch così che
vincessi tu. Io! Ti rendi conto? Io, che nella vita prenderei un voto
bassissimo sapevo che per te era così importante che avrei rischiato qualunque
cosa per…
-TU COSA?
-Ma sì,
ti sconvolge tanto? Tu non eri un bravo portiere. Ma eri il mio migliore amico.
E l’unica cosa di cui avevi bisogno per essere un bravo portiere era guadagnare
un po’ di sicurezza. Di questo avevi bisogno e questo volevo darti, sicurezza.
-Tu mi
hai mentito! Visto? Tu mi hai mentito!
-Avresti preferito sapere? Davvero?
-Certo!
-Sei tu a
mentire. A non capire. Mai.
-Quante
altre volte hai finto di avere l’incarico di…
-Ti sei
comportato malissimo con Harry quando il suo nome è uscito dal Calice.
Malissimo! Hai creduto che lui ti avesse imbrogliato solo perché non hai
fiducia in niente e in nessuno! Ed eri GELOSO di lui! È ridicolo. Capisci che è
ridicolo? Lo capisci ora che non hai più la testa di un bambino di 7 anni
convinto che l’amico gli abbia rubato l’orsacchiotto?
-Era una
questione tra me e Harry…
-No…! Ma
sai perché Harry ha potuto capito che eri solo un bambino complessato? Perché
Io gliel’ho spiegato!
-Menomale
che ci sei tu a capirmi così bene! E allora se hai capito sempre tutto così
bene perché…
-Perché
cosa?
Perché siamo qui ad urlarci contro? Qui,
oggi, che in teoria dovremmo essere degli adulti? Adesso. Diglielo, Ron. Dille
cosa avrebbe dovuto capire da sola.
Dille il
perché ti di questo litigio, il perché di tutti i vostri litigi.
Dille il
perché di quei bronci e quei cattivi umori.
Dille
perché ti sei arrabbiato quando è andata al ballo con Krum.
Dille
perché ti sei arrabbiato perché ha baciato Krum.
Dille
perché non sei andato alla festa di Lumacorno con lei.
Dille
perché aspettavi che lei si addormentasse prima di addormentarti tu in viaggio:
solo per guardarla dormire.
Dille
perché lei era l’unica a cui volevi dire del tuo nuovo lavoro.
Perché
sei andato con sua sorella.
Perché
volevi disperatamente che non partisse.
Che hai
passato giorni e giorni accanto al suo corpo inerme attendendo che si
risvegliasse.
Che
mentre Malfoy la torturava sentivi dentro un dolore mai provato prima.
Che
avresti vomitato lumache per sempre per difenderla dalle accuse di stupida
gente che non aveva il diritto di giudicarla.
Che
vederla pietrificata è stata la cosa più tremenda della tua vita e che a volte
ancora sogni il suo viso di pietra, intento ad osservare gli occhi di un
mostro.
Spiegale
il motivo per cui sei stato con Lavanda, sopportando una ragazzina che odiavi
solo per dimostrare che potevi anche tu.
Spiegale
che cosa volevi dimostrare.
Spiegale
a chi volevi dimostrarlo.
Spiegale
il motivo per cui ha passato tante estati alla Tana.
E
quell’estate a Grimmuld Place.
Raccontale
come ti piaceva vederla impegnata a pulire una mensola infestata per ore e ore,
con il labbro inferiore morso dai suoi piccoli denti bianchi.
Apri la bocca,
Ron, e urlale addosso quello che merita di sentire.
E
vincerai questa lite. Oh, sì. La vincerai. L’ammutolirai davvero con una sola
frase: perché non hai capito che cosa provo per te?
Finalmente
vincerai uno scontro. Non avrà parole per ribattere.
Magari
fuggirà e non la sentirai mai più.
Ma non
importa. Sarà stata una buona causa. Sarà stata una battaglia vinta per
qualcosa. Per lei, contro di lei.
Diglielo
Ron.
Apro la
bocca, e la richiudo.
-Certo.
Come sempre lanci le bombe e poi non stai lì a raccogliere le macerie. È questa
la tua tattica, no? Rompi, ma non paghi mai.
-Non sono
io quello che scappa senza lasciare traccia di se.
Fa un
verso di trionfo. –Sapevo che mi avresti attaccato con questa tesi! La
crudelissima Hermione Granger che se ne va e abbandona il suo amico d’infanzia!
Perché a te non vanno bene le spiegazione che ho ripetutamente dato. Io sono
una bugiarda, giusto? Quindi non posso aver detto la verità!
Le sue
urla si sono fatte roche e stanche. Persino la sua maschera di durezza sta
crollando, lasciando il posto ad un’espressione sempre più addolorata. La
pioggia che ha preso a scivolare su di noi sembra far sciogliere il suo riparo
ad ogni goccia.
-Una
bugiarda! Una cattiva persona, bugiarda, permalosa, io…
-Vuoi
giurarmi che te ne sei andata per fare del bene? Per ritrovare te stessa?
-Se ti
giurassi di sì, mi crederesti?
Dovrei
crederle. Ma sarebbe troppo doloroso pensare che non l’abbia fatto per scappare
da me. E insieme meraviglioso. Mi renderebbe meno importante. Ma anche meno crudele,
per qualche strano motivo che non ho, davvero, capito… -Vorrei.
Si volta
ancora e fa qualche passo. È entrata nella foresta. I rami sempre più scuri
coprono il cielo scuro, un ombra strana le si disegna sul volto, i ricci umidi
la rendono più selvaggia. Il profumo di sottobosco è intenso e acerbo, doloroso
nella realtà quanto vivido nei ricordi, reso più intenso dalla pioggia che
cade, pigramente.
-Non
potresti mai capire.
-Potrei
provarci.
Scuote il
capo, un sorrisino le accarezza le labbra.
-Ci ritroviamo
sempre ad urlare.
Sospiro.
–Sì.
-Mi è
mancato. Urlare con te.
Sorrido.
–Davvero?
-Mi sei
mancato. Tu.
-Non è
vero.
-Sì, è
vero. Mi è mancato tutto di te. Ridere, scherzare, parlare. I nostri segreti e
le cose che abbiamo affrontato insieme, nonostante tutto. I tuoi capelli rossi
e i tuoi occhi da bambino e le tue orecchie che diventano paonazze. Harry mi è
mancato. Ginny mi è mancata. Ma tu…- sospira. –Sei tu da cui volevo
tornare. Ogni… Eri tu a mancarmi più di tutto e più di tutti. Tu.
Non posso
trattenere un sorriso.
Tronfio.
Intenerito.
Innamorato.
Un
sorriso.
-Anche le
urla, sai.- Continua. Sospira pesantemente. –Questa cosa che facciamo.
Rinfacciarci le cose, ferirci, essere cattivi. E poi comunque continuare
volerci bene, in qualche modo incomprensibile… anche questo. Forse soprattutto
questo. Mi era mancato così tanto…
-Non
urlavo contro qualcuno da mesi.
-Già,
nemmeno io. Contro Cassie non urlavi?
-No, mai.
-Avevi
paura di ferirla?
-Non
sapevo come avrebbe reagito.
Ride.
–Dovremmo essere meno cattivi l’uno con l’altra, io e te.- Le trema un
po’ il labbro. Vorrei prenderlo tra le labbra e stringerlo forte trai denti.
-Tiri
fuori il peggio e il meglio di me. L’hai sempre fatto.- Bisbiglio.
Sorride
stancamente. –Allora ho anche io una specie di pregio, e puoi aggiungere
un difetto alla lista.
-è una
lista di cui non mi sono mai curato poi tanto.
Silenzio.
Ci
fronteggiamo, senza più urla né fretta. L’aria adesso è più leggera, bagnata,
c’è un sapore di tranquillità che non avevo mai sentito, tra noi. Una sorta di
affettuosa rassegnazione, che ha placato ogni elettrica tensione. Una folata di
vento le porta un riccio sulla guancia, su cui si appiccica per l’acqua, e io
vorrei catturarlo con le dita, sentire il calore morbido della sua guancia al
tatto.
Prenderla
per mano e dirle di non essere triste, non più.
Non ti
ferirò più.
…Intenzionalmente.
-Non lo
sposare.
Scuote la
testa.
-No.
Si sposta
il riccio dal viso e indugia a lungo con la mano, come per nascondersi dai miei
occhi, ora che non ha più una maschera.
Non sa
che non può nascondersi.
Non ha
mai potuto, ne mai potrà.
-E
ripartirai?- la voce mi trema appena, e le note distrutte di questa frase che
da tempo volevo farle risuonano patetiche e tristi nel silenzio ovattato e
pieno di vita della Foresta Proibita. Il luogo delle lontane volte in cui
abbiamo infranto la legge della scuola e messo a rischio la nostra vita.
Nonostante la paura. E forse proprio perché avevamo paura.
-Non lo
so. Dipende.
-Da cosa?
Sospira.
-Da te.
L’aria mi
viene aspirata dai polmoni.
-Perché?
I suoi
occhi si lanciano nei miei. Sono allegri, forti, sfrontati, timorosi,
eloquenti.
Il cuore
mi si fa pesantissimo in petto, ogni battito un dolore. E poi si avvicina a me,
lenta, un sorriso incerto ma coraggioso sulle labbra. E allora il mio cuore si
fa leggerissimo, quasi inconsistente. Potrei prenderlo tra le mani e farlo
volare via. Consegnarlo a lei, anche se già le appartiene.
Le prendo
una mano, e lei la stringe forte. Mi sorride.
Non c’è
più molto che possiamo dirci.
Tranne
una cosa.
-Resta.
E
finalmente, dopo averlo tanto sognato, semplicemente, la bacio.
Taci.
Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove sui mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
sui ginestri folti
di coccole aulenti,
piove sui nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
l'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione
Odi?
La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come un foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta,
ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancora trema, si spegne,
risorge, treme, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontane,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove
su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.
(la
pioggia nel pineto. D’Annunzio.)