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Autore: Lory402    14/08/2013    1 recensioni
Non importa se per Amore, dovere o cosa, dopo aver ascoltato il preside fino alle prime luci del mattino, Harry ha solo bisogno di sfogarsi.
*Ambientata nell'ultimo capitolo del quinto libro.
'Perché anche dopo la più feroce delle tempeste arriva la calma...'
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
- Questa storia fa parte della serie ''Harry Potter e l'Ordine della Fenice''
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Penultimo capitolo del libro, ultima facciata, ultime due righe:
« Ti sarai forse chiesto perché non ti ho nominato prefetto... Confesso... di aver pensato... che avevi fin troppe responsabilità sulle spalle ».
Quando Harry alzò lo sguardo, vide una lacrima scivolare sul viso di Silente e scomparire dentro la lunga barba d'argento.

« NON M’INTERESSA! » Si era alzato in piedi con tanta foga da scaraventare la sedia dietro di lui a terra, e aveva sbattuto le mani sulla scrivania del suo preside così forte da far tremare il possente legno e traballare gli oggetti.

Quella lacrima era stata troppo.

Respirò profondamente, fino ad assumere una parvenza di calma che sapeva non avrebbe retto per molto. Strinse e rilasciò i pugni. Ancora una volta e poi ancora.

Le seguenti parole uscirono dalle sue labbra come un lungo e cupo sibilo.

« Scusi, professor Silente, sono sicuro che tra qualche giorno riuscirò ad essere sufficientemente indignato dal suo ‘aver pensato’. Purtroppo, al momento, non m’importerebbe neppure se fosse Millicent Bulstrode il prefetto Gryffindor. » Harry si voltò, raccolse la sedia con calma e lentamente si diresse alla porta, afferrò la maniglia, prima di ricordarsi dell’ultima volta che aveva provato.

« Posso uscire? » domandò con voce pacata. Il preside non riuscì a dire niente, annuì leggermente alle spalle del ragazzo e, quando il moro fece forza, la porta si aprì.

Il giovane percorse le scale magiche fino al gargoyle in pietra, che si spostò.

A quel punto… basta trattenersi.

Corse, corse come se avesse l’entrata dell’Inferno alle spalle, come se quello fosse l’ultimo istante concessogli per fare qualsiasi cosa. Si ritrovò davanti all’arazzo di Barnaba il Babbeo senza poter neppure immaginare come fosse riuscito a raggiungerlo. Nondimeno, ne approfittò. Camminò velocemente di fronte al muro spoglio per tre volte, pensando unicamente a quel furore che gli si agitava nelle viscere e al suo bisogno di sfogarlo.

Quando il massiccio portone gli si presentò innanzi, lo spalancò. Non perse tempo a notare l’arredamento spoglio, tirò fuori la bacchetta dalla tasca e urlò.

Gridò con tutto il fiato che aveva, fino a raschiarsi la gola, attingendo al dolore sordo nel suo petto per alimentare la rabbia.

Quella stessa furia malsana, che non pensava aver covato così alacremente, gli permetteva di scagliare incantesimi che neppure immaginava di conoscere… Che non conosceva.

Lampi di luce dai colori freddi e cupi lasciarono la sua bacchetta in rapida successione, senza che dalle sue labbra uscissero nulla più di ringhi rabbiosi.

Sirius era morto, Cedric era morto, i suoi genitori erano morti, e tutto questo a causa sua.

Voldemort voleva lui. Solo lui! E per questo degli innocenti erano morti. Ma, cosa più importante, nessuno glielo aveva detto! Nessuno, tra tutti coloro che si professavano suoi amici o suoi alleati, aveva pensato di avvertirlo, o anche solo di dirgli qualcosa di diverso da: ‘calmati, stai esagerando’.

« Maledizione! » gridò ancora. Un verso animale provenne direttamente dalla sua gola, al solo ricordare.

Passarono i minuti, e Harry crollò a terra. La bacchetta ancora salda in pugno, le gambe stese sul pavimento freddo e la schiena poggiata mollemente alla parete. Ansimava pesantemente e gli sembrava di non riuscire ad aprire gli occhi. Quando però sbatté le palpebre fino a riassestarsi la vista, desiderò non averlo fatto. Si guardò intorno. Non poteva davvero credere che fosse stato lui a creare tutto quello… tutta quella… distruzione.

Si rese conto, per la prima volta da quando era entrato, cosa la Stanza contenesse. Mura di pietra. Era circondato da mura di pietra ormai crollate, annerite e spezzate, a causa del suo potere. Era stato lui a ridurre tutto in quelle misere condizioni. Senza accorgersi neppure dei colpi che lasciavano la sua bacchetta, aveva distrutto un labirinto che lui stesso aveva evidentemente evocato come bersaglio.

Il respiro non gli si era ancora stabilizzato, le punte dei capelli, ancor più spettinati del solito, erano imperlate di sudore, aveva gli occhi sgranati e la bocca spalancata in un muto lamento. Gli occhiali a terra da qualche parte… Ancora non capiva…

Che cos’era stato? 


« NON M’INTERESSA! » Si era alzato in piedi con tanta foga da scaraventare la sedia dietro di lui a terra, e aveva sbattuto le mani sulla scrivania del suo preside così forte da far tremare il possente legno e traballare gli oggetti.

Quella lacrima era stata troppo.

Respirò profondamente, fino ad assumere una parvenza di calma che sapeva non avrebbe retto per molto. Strinse e rilasciò i pugni. Ancora una volta e poi ancora.

Le seguenti parole uscirono dalle sue labbra come un lungo e cupo sibilo.

« Scusi, professor Silente, sono sicuro che tra qualche giorno riuscirò ad essere sufficientemente indignato dal suo ‘aver pensato’. Purtroppo, al momento, non m’importerebbe neppure se fosse Millicent Bulstrode il prefetto Gryffindor. » Harry si voltò, raccolse la sedia con calma e lentamente si diresse alla porta, afferrò la maniglia, prima di ricordarsi dell’ultima volta che aveva provato.

« Posso uscire? » domandò con voce pacata. Il preside non riuscì a dire niente, annuì leggermente alle spalle del ragazzo e, quando il moro fece forza, la porta si aprì.

Il giovane percorse le scale magiche fino al gargoyle in pietra, che si spostò.

A quel punto… basta trattenersi.

Corse, corse come se avesse l’entrata dell’Inferno alle spalle, come se quello fosse l’ultimo istante concessogli per fare qualsiasi cosa. Si ritrovò davanti all’arazzo di Barnaba il Babbeo senza poter neppure immaginare come fosse riuscito a raggiungerlo. Nondimeno, ne approfittò. Camminò velocemente di fronte al muro spoglio per tre volte, pensando unicamente a quel furore che gli si agitava nelle viscere e al suo bisogno di sfogarlo.

Quando il massiccio portone gli si presentò innanzi, lo spalancò. Non perse tempo a notare l’arredamento spoglio, tirò fuori la bacchetta dalla tasca e urlò.

Gridò con tutto il fiato che aveva, fino a raschiarsi la gola, attingendo al dolore sordo nel suo petto per alimentare la rabbia.

Quella stessa furia malsana, che non pensava aver covato così alacremente, gli permetteva di scagliare incantesimi che neppure immaginava di conoscere… Che non conosceva.

Lampi di luce dai colori freddi e cupi lasciarono la sua bacchetta in rapida successione, senza che dalle sue labbra uscissero nulla più di ringhi rabbiosi.

Sirius era morto, Cedric era morto, i suoi genitori erano morti, e tutto questo a causa sua.

Voldemort voleva lui. Solo lui! E per questo degli innocenti erano morti. Ma, cosa più importante, nessuno glielo aveva detto! Nessuno, tra tutti coloro che si professavano suoi amici o suoi alleati, aveva pensato di avvertirlo, o anche solo di dirgli qualcosa di diverso da: ‘calmati, stai esagerando’.

« Maledizione! » gridò ancora. Un verso animale provenne direttamente dalla sua gola, al solo ricordare.

Passarono i minuti, e Harry crollò a terra. La bacchetta ancora salda in pugno, le gambe stese sul pavimento freddo e la schiena poggiata mollemente alla parete. Ansimava pesantemente e gli sembrava di non riuscire ad aprire gli occhi. Quando però sbatté le palpebre fino a riassestarsi la vista, desiderò non averlo fatto. Si guardò intorno. Non poteva davvero credere che fosse stato lui a creare tutto quello… tutta quella… distruzione.

Si rese conto, per la prima volta da quando era entrato, cosa la Stanza contenesse. Mura di pietra. Era circondato da mura di pietra ormai crollate, annerite e spezzate, a causa del suo potere. Era stato lui a ridurre tutto in quelle misere condizioni. Senza accorgersi neppure dei colpi che lasciavano la sua bacchetta, aveva distrutto un labirinto che lui stesso aveva evidentemente evocato come bersaglio.

Il respiro non gli si era ancora stabilizzato, le punte dei capelli, ancor più spettinati del solito, erano imperlate di sudore, aveva gli occhi sgranati e la bocca spalancata in un muto lamento. Gli occhiali a terra da qualche parte… Ancora non capiva…

Che cos’era stato?




 
 E quEjsdhfjd 

 
E questo è un 'missing moment'.
Le storie sono 4, la serie è conclusa, questa si inserisce tra 'Pane Imburrato' e 'Per Vendetta con Soddisfazione'.
Buon Ferragosto a voi!

Fate felice un'autrice in crescita, lasciate una recensione!
Lory
 

  
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