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Autore: AmaleenLavellan    14/08/2013    4 recensioni
Uno ghigna, l'altro sorride. Uno è pericolo, l'altro è sicurezza. Uno se n'è andato, l'altro c'è sempre stato.
Con uno era fiamme, ardore, lacrime e frustrazione. Con l'altro è dolcezza, delicatezza, sorrisi, sentirsi amata. Ed ora che si trova su un filo sospeso nel vuoto, Elizaveta deve decidere se tuffarsi nel buio o tornare a rifugiarsi al sicuro, in una teca che la protegge da qualsiasi passione...
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ebbene sì, sono tornata.
Dopo tutto questo tempo, sono ancora qui, con un nuovo capitolo. 
Spero che leggiate ancora questa storia con piacere, nonostante in continui ritardi... mi dispiace davvero, ma so che mi sopportate :)
Vi amo <3



Entro in casa a piccoli passi, con esitazione, come se fossi una ladra. In effetti, è proprio questo che sono: una ladra. Ho rubato a Roderich il suo amore, la sua casa, anni della sua vita che avrebbe potuto dedicare a chiunque altro, a qualcuno che ricambiasse davvero il suo sentimento.
"Roderich?" lo chiamo, imponendo a me stessa di non sussurrare, mentre attraverso il salotto guardandomi intorno.
Immediatamente, la sua figura compare attraverso la porta della cucina; sembra quasi più piccola del solito, non ha quell’ aria di imponenza che lo caratterizza. Quando si avvicina a me, leggo nei suoi occhi un sentimento di vergogna che mi stupisce.
“Mi dispiace per prima, amore mio. Ti chiedo scusa. Mi hai frainteso: io non volevo assolutamente offenderti, stavo solo dicendo che quelle persone potrebbero colpire qualche altra ragazza indifesa, quindi non volerli denunciare è-
“Roderich, aspetta”, dichiaro, cercando di bloccare il fiume delle sue parole. Non posso lasciarmi ammaliare dalla rassicurante armonia delle sue parole. Per un attimo, dentro di me sento che questo è tutto un grandissimo sbaglio, che sono un mostro a ferire i sentimenti di un uomo che mi ha dato così tanto e che mi ama così tanto, l’uomo a cui devo la vita. Ricaccio indietro quella voce con tutta la forza di cui sono capace e, con la testa abbassata sotto il peso della vergogna che sento, lascio andare quelle parole che segnano il punto di non ritorno.
“Dobbiamo parlare”.
 
Le sopracciglia di Roderich si corrugano con gravità, mentre i suoi occhi vengono oscurati dal velo della preoccupazione. Mi siedo con cautela, come se perfino l’usufruire dei mobili di questa casa, questa casa che ho sempre definito nostra, mi rendesse una sfruttatrice; Roderich imita il mio gesto immediatamente.
Sento il cuore battere con un ritmo sempre più frenetico contro la cassa toracica, così forte che sembra voglia sfondarmi il petto; ne sento il rimbombo sordo nelle orecchie, copre qualsiasi altro suono. Chiudo gli occhi per un istante, ispirando a fondo.  So che le parole che Roderich mi rivolgerà saranno un colpo che non sono pronta a sopportare: mi feriranno l’anima, lacerandomi l’orgoglio; perché a moltiplicare la forza delle sue parole ci sarà la consapevolezza che sono io ad aver sbagliato, io dalla parte del torto. Sono io l'antagonista della nostra storia, ed è esserne cosciente è ciò che fa davvero male: sono io ad avergli mentito e sarò io a ferirlo, lui, l’uomo che mi ama così tanto; per questo, non reagirò a nessuna delle sue parole. Accetterò le sue accuse e subirò a testa bassa i suoi insulti, con umiltà, perché so che ha ragione, che me li merito. Gli devo almeno questo.
Cerco di ignorare il calore che mi sta avvolgendo l’intero corpo in una morsa, e comincio a parlare.
“Roderich io… ti devo confessare una cosa. Ti-ti ho mentito. In questi due anni, ho… mentito a me stessa e te. Me ne accorgo solo ora e di questo ti chiedo scusa”.
Osservo con orrore le dita di Roderich, prima in tensione, abbandonarsi come senza vita sulle sue ginocchia, aprendosi come se si fossero lasciate sfuggire qualcosa di necessario. Questo è il momento che temo di più, perché è quello della realizzazione: quello in cui Roderich processa le mie parole, si rende conto del loro vero significato. Tengo lo sguardo basso, non per paura, ma per il senso di vergogna che mi attanaglia il petto, mi pesa direttamente sul collo impedendomi di alzare la testa.
Cosa mi hai fatto, Roderich?
Sono sicura che se fosse stata qualsiasi altra persona avrei sparato la mia sentenza senza troppi problemi, eppure con lui è diverso. Ha la capacità di piegarmi in due, cambiarmi completamente, trasformarmi in una bambina che sperimenta per la prima volta l’umiliazione dopo aver preso un brutto voto a scuola e aver visto la delusione sul volto del padre.
 
“Cosa vuoi dire con questo?” mi domanda, lentamente. La sua voce è flebile, intrisa di incredulità.
“Che io… io non ti ho mai davvero amato, Roderich. È questa la verità, e mi dispiace averci illuso per così tanto tempo”.
“Amore, se è per la discussione di prima, ti ho già chiesto scusa. Può capitare a volte di esplodere in questo modo, ma basta parlarne con calma per sistemare tutto. Non saltare a conclusioni affrettate, per favore”.
Scuoto la testa, massaggiandomi una tempia con la mano.  “Non è per quello, affatto; è una conclusione a cui sono arrivata dopo una lunga riflessione. Ti chiedo di ascoltare ciò che ho da dire, per favore, perché sento ogni parola”.
“Guardami in faccia. Guardami in faccia e ripeti quello che hai detto. Me lo devi”, afferma. La sua voce è una lama di puro ghiaccio, incrinata irreparabilmente dal dubbio, dal tradimento, dal dolore.
A quelle parole, alzo la testa, rivolgendo lo sguardo verso di lui. Gli occhi di Roderich, di solito così vivi e splendenti, sono ora più opachi, coperti da un velo di lacrime che si rifiutano di fuggire, mentre le sue labbra stanno tremando... No, non sono le se labbra, ma il suo corpo: la sua intera essenza sembra essere scossa da brividi di terrore. La vista mi fa orrore. Ho ribrezzo di me stessa, per aver creato una sofferenza simile in lui. Eppure non distolgo lo sguardo, non fuggo dallo spettacolo penoso che mi trovo davanti: glielo devo. Roderich ha ragione, è il minimo che possa fare.
Prendo un respiro profondo e, insieme a quel piccolo sbuffo d'aria, cerco di buttare fuori anche quella vocina che mi sta sussurrando suadentemente di lasciar perdere, di scusarmi e tornare come prima, perché sto sbagliando, perché sto facendo del male alla stessa persona che mi ha salvato la vita.
Ma devo restare concentrata, non posso lasciarmi sedurre. Non questa volta. Devo farlo per me, e per lui.
 
"Roderich, io provo per te un sentimento- no, mi correggo, un affetto molto profondo, questo te lo posso giurare. Ma per quanto profondo e radicato in me... Non è amore, e l'ho capito solo ora; solo oggi ho avuto la conferma di ciò che pensavo".
"Elizaveta, tutto questo è assurdo. Stai vaneggiando".
"Ascoltami, ti prego! Quando ci siamo incontrati, io... Non ero nient'altro che un involucro vuoto. Ero a pezzi, inutile, usata e poi buttata via, come un giocattolo rotto. Ero disgustata non solo dal mondo, ma soprattutto da me stessa. Mi facevo schifo. E bevevo, bevevo fino a stare male, perché nell'alcol rivedevo lui, la sua immagine, e potevo illudermi che fosse ancora accanto a me. Era il mio tutto, capisci, e quando se n'era andato... Non mi era rimasto niente, nemmeno di me stessa. Ero un cadavere mantenuto in vita da quel poco di cibo che mi costringevano a mangiare. Mi stavo lasciando morire, lentamente, trascinando la mia esistenza giorno dopo giorno".
Rivolgo lo sguardo verso l'alto, per un attimo, nel tentativo di ricacciare con forza quelle lacrime che ancora minacciano di scendere, quando ripenso a quel maledetto periodo. "E poi sei arrivato tu." Mi lascio sfuggire un sorriso amorevole, comparso d'istinto a incurvare le mie labbra, "Sei arrivato tu e mi hai salvato la vita. Mi hai raccolto, hai lavato via con dolcezza tutto lo sporco che mi sentivo addosso, mi hai leccato le ferite. Mi hai fatto sentire di nuovo, per la prima volta, una persona - non una donna, ma una persona, capisci? La mia vita con te ha raggiunto una stabilità, ho ritrovato la pace, mi sono sentita di nuovo amata e coccolata, come una bambina, e di questo ti questo ti sono e ti sarò sempre grata. Eppure... Eppure, in un certo senso, è proprio questo il problema che sta alla base del nostro rapporto. Noi non siamo mai stati davvero amanti, Roderich: eroe e fanciulla che gli è debitrice, padre e figlia che gli deve la vita, questo sì, ma mai, mai davvero innamorati".
A queste parole gli occhi di Roderich, che sono rimasti vitrei fino a questo momento, sembrano animarsi di una luce nuova, e devo sbattere le palpebre varie volte come davanti a un miraggio, quando, senza credere ai miei occhi, noto che sulle sue labbra si è disegnato un impercettibile sorriso. Sta sul serio capendo quello che gli sto dicendo? La sua reazione è al di fuori di ogni mia aspettativa.
Sembra quasi sollevato di sentirmi parlare in questo modo.
Cerco di ignorare la cosa, e parlo a lungo, tanto a lungo che il sole comincia a tramontare oltre le case in lontananza. Roderich mi ascolta in silenzio, guardando fisso davanti a sé con quella strana luce negli occhi, mentre gli racconto di come il mio senso di debito nei suoi confronti abbia reso sterile il nostro rapporto, e come mi abbia impedito di esprimere al meglio me stessa nella mia pienezza nel corso di questi anni. Quando ho finito di parlare, cerco gli occhi di Roderich con lo sguardo; lui mi osserva, concentrato ma apparentemente rilassato, senza parlare.
 
"Beh", dice alla fine, dopo una lunga pausa, "se è tutto qui, non vedo di cosa preoccuparsi".
 
Strabuzzo gli occhi, sbattendo le palpebre velocemente per la sorpresa.
 
"Come scusa?"
 
Tutto questo non ha senso.
 
Che diamine sta dicendo?
 
"Se è questo il motivo che ti spinge a farmi questo discorso, posso stare tranquillo. È solo una fase di confusione, passerà presto, amore mio. Supereremo tutto questo insieme”.
Detto questo, appoggia una mano sulla mia, con delicatezza, stringendo gentilmente. Osservo quelle dita pallide senza capire, come se dietro alle sue parole ci fosse un significato nascosto che mi è precluso.
Cosa vuoi dire, Roderich?
"Roderich, non credo tu abbia capito cosa sto dicendo. Non voglio più stare con te. Voglio andarmene".
La brutalità delle mie stesse parole sembra schiaffeggiarmi in pieno viso, ma non posso fare altrimenti. Devo essere certa che Roderich abbia capito il senso del mio discorso.
"Oh, Elizaveta, l'ho capito questo. Non so chi ti abbia messo questa strana, ridicola idea del debito in testa, ma appena ti renderai conto che sono tutte sciocchezze tornerai qui, e saremo felici così come lo siamo sempre stati. È solo questione di tempo", afferma, con un sorriso sicuro. Scosto la mano dalla sua, come reazione istintiva: forse non si rende conto di quanto è stato offensivo nei miei confronti.
"No, Roderich", dichiaro, incatenando gli occhi ai suoi, "Non tornerò. Non sono sciocchezze, sono cose su cui ho riflettuto a lungo, come ti ho già detto. Perché non capisci?!"
 
"Dimmi, c'è un altro?"
 
"Che cosa?"
 
Roderich fa una pausa, e poi ripete la domanda, più lentamente, come se non potessi capire. "Ti ho chiesto se c'è un altro uomo nella tua vita".
Scuoto la testa, passandomi una mano tra i capelli, lasciandomi sfuggire un sospiro frustrato, e al tempo stesso rassegnato, dalle labbra. "No, nessun altro".
"Allora posso stare tranquillo. Finché nessuno ti porterà via da me non ho bisogno di preoccuparmi. E non c'è nulla che tu possa dirmi per convincermi del contrario, assolutamente nulla; sei chiaramente scossa in questo momento e non ti rendi conto delle cose che dici. Quindi prenditi pure una pausa, se la reputi necessaria: io sarò qui ad aspettarti, per tutto il tempo di cui avrai bisogno".
 
Se non fossi io la protagonista di questa tragicommedia, probabilmente riderei fino a star male dalla comicità della situazione. L'eroina egoista e il suo compagno cocciuto che, imperterrito, continua a ripetere "tu mi vuoi" nonostante lei lo abbia abbandonato. Che stia cercando di convincersene con tutta la forza della sua disperazione, che si stia sforzando di illudersi? No, non Roderich. Crede davvero con tutto se stesso in ciò che sta dicendo, e la cosa è tanto assurda da risultare ridicola. Del resto, io cosa posso fare in tutto questo? Che potere ho sulla sua mente, che opera in maniera completamente opposta rispetto alla mia? Un sospiro rassegnato sfugge al mio controllo.
"Non mi credi, se ti dico che non ti amo?"
"No, Elizaveta".
"Allora non ho nient'altro da dirti".
Mi alzo pesantemente, come se fossi stremata dopo una lunga battaglia , e Roderich mi segue subito.
"Ci vediamo in giro", prendo un profondo respiro, chiudendo gli occhi per un secondo. "Grazie per tutto quello che hai fatto per me. Se mai avrai bisogno di un'amica, per qualsiasi cosa, io ci sono. Addio, Roderich".
Ignoro volutamente il "quanto sei melodrammatica" che Roderich sussurra con un affettuoso sorriso di scherno e mi avvicino a lui, per poggiargli a fior di labbra un bacio sulla guancia, rapido e leggero come una farfalla che si posa su un fiore. Il tempo sembra quasi arrestarsi, teso da quell'atmosfera di solenne sacralità che caratterizza gli addii, mentre volto le spalle a Roderich e oltrepasso la soglia di questa casa - casa mia.
 
So di star ponendo la parola "fine" a questo volume durato due anni, così come so che sto lasciando indietro tutto ciò che fino ad ora sono riuscita a conquistare: la pace, la sicurezza, il tenue calore che riesce a sanare ogni ferita.
Tutto questo mi mancherà, eppure... eppure non mi importa. Io ho bisogno di quelle ferite, ho bisogno di sentirne il sapore di sangue sulla lingua. Rivoglio il caos, rivoglio le grida, rivoglio le corse a perdifiato e le canzoni cantate a squarciagola; rivoglio le risate che ti fanno piegare in due, rivoglio la potenza delle passioni lasciate libere di scorrere, quelle che graffiano e stravolgono e ti attraversano come un'ondata dalla testa ai piedi, rivoglio la brezza della libertà più pura, che ti soffia nel cuore e ti spinge la schiena, accarezzando un paio di ali invisibili per librarti in aria.
Rivoglio tutti questo, tutto ciò che ho abbandonato di mia volontà per compiacere il mio fidanzato.
 
Ed è per questo che mi chiudo la porta alle spalle, accarezzata dal fantasma delle labbra di Roderich che mi bacia la mano.




Ed eccoci qui,  finalmente  questo capitolo è arrivato.
Dopo un anno da quando ho postato l'ultima volta, sì. 
Sì, so di fare schifo.
Sì, so di aver perso molti lettori a causa dei miei ritardi.
No, non so cosa farci. Io giuro che cerco di fare del mio meglio, ma ogni volta mi riduco in questo modo. Quindi fare promesse che non so se manterrò mi sembra inutile, o sbaglio? 
Spero vi piaccia il capitolo, anche se non è lungo come mio solito... Volevo racchiudere la discussione tra queste due teste dure  in un unico capitolo, e con il prossimo dare il via alla nuova vita della nostra amata Liz. Dal prossimo capitolo le cose si fanno interessanti! 
Nota importante, quindi ATTENZIONE!  Dopo una luuunga riflessione, ho deciso che quel mini spin off di WILY, quello di cui ho già parlato alla fine di qualche capitolo che non ricordo, lo posterò sulla mia pagina facebook, IvyTheMoonBlossom - EFP; questo perché è troppo corto per farne una One-Shot ma è narrato da un POV che non è quello di Liz, ma esterno, quindi non vorrei inserirlo all'interno di questa storia. Quindi ISCRIVETEVI ALLA PAGINA :D (no, non mi sto facendo pubblicità, assolutamente) Comunque sono seria, se volete leggerla, o rimanere aggiornati su quando posto e sulle mie nuove ff oppure volete semplicemente parlare con me di qualsiasi cosa, passate dalla pagina :) Vi risponderò subito, promesso!  Grazie mille :)

Grazie a tutti voi che leggete ancora e ancora mi sopportate...
E grazie in anticipo a coloro che mi lasceranno una recensione, dato che i vostri commenti sono gli unici motivi per cui posto storie su questo sito invece di tenerle ad ammuffire su una pagina word o nella mia testa <3

Vi amo tutti, nessuno escluso.

Al prossimo aggiornamento,
Ivy

   
 
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