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Autore: Alektos    21/02/2008    8 recensioni
E se Molly notasse che uno dei suoi figli si comporta in modo un po' bizzarro?
Genere: Generale, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Weasley, Molly Weasley
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Grazie Ladyhawke per aver riesumato zia Muriel.

Grazie Rowena per aver betato la storia.

 

I SEI PUNTI FONDAMENTALI

 

Era quasi un anno che Molly scrutava Bill con aria sospetta. Non era più lui, in un certo senso lo trovava cambiato.

Subito aveva pensato al fattore lontananza, ma dopo giorni di riflessioni lo aveva scartato.

No! Lui era cambiato dopo essere tornato dall’Egitto.

Se qualcuno le avesse chiesto, però, in cosa, non avrebbe saputo rispondere.

Bill era il ragazzo premuroso e gentile di sempre: non si tirava mai indietro se c’era un lavoro da fare, rispondeva sempre “Sì!”, era responsabile e si comportava davvero da bravo fratello maggiore.

Eppure lo aveva trovato più di una volta in situazioni bizzarre.

Il campanello d’allarme arrivò un giorno di inizio settembre: i ragazzi erano già rientrati ad Hogwarts e Molly aveva notato che Bill era particolarmente nervoso. Lì per lì aveva pensato fosse colpa della situazione: la guerra era in pieno svolgimento, i maghi più illustri scomparivano da un giorno all’altro e in giro per le strade la tensione si poteva toccare con la bacchetta. Ma, di punto in bianco, l’inquietudine era passata e tutto sembrava essere tornato nella norma, nemmeno Bill avesse avuto il ciclo.

La signora Weasley aveva liquidato il tutto con un’alzata di spalle, ma una mattina, circa un mese dopo, era andata in bagno e scrutando fuori dalla finestra lo aveva visto seduto in mezzo al prato davanti a casa; aveva indosso solo una felpa di cotone, i Jeans e le calze. Non si era infilato  nemmeno le ciabatte e la brina aveva bagnato i suoi calzoni; il vento gelido gli scompigliava i capelli, che stranamente erano sciolti, senza che lui battesse ciglio. A Molly bastò immaginarsi nella stessa situazione per rabbrividire, eppure il ragazzo non si curava di nulla, preso com’era a fissare il nulla davanti a sé.

Molto tempo dopo era rientrato in casa, a dopo aver salutato distrattamente i genitori, si era diretto in camera sua, sempre sotto lo sguardo vigile e indagatore di Molly, che per una volta si era dimenticata di minacciare il figlio per via dei suoi capelli troppo lunghi. Per tutta la giornata non si era fatto vivo e, alla richiesta di spiegazioni, aveva risposto con un paio di “Mmmh”, o “Ah-ha!”, senza aver assolutamente compreso la quanto gli veniva chiesto.

 

Il “Nulla davanti a sé” dell’esterno, probabilmente, si era trasferito sul soffitto della sua camera. Quella cosa, qualunque essa fosse, sembrava particolarmente interessante, tanto che Arthur, passando davanti alla camera del figlio, si era fermato e, dopo essersi coricato di fianco a lui che non se ne era minimamente accorto, aveva osservato per cinque minuti buoni il soffitto: dopo aver constatato che c’erano solo travi e ragnatele con i relativi occupanti, uscì dalla stanza con un sonoro “Bah!”

Bill, nel mentre, era sempre rimasto disteso nella stessa posizione, immobile, con le braccia dietro la nuca e una radice  di liquirizia in bocca, incurante del mondo.

Ebbene, anche Arthur, per la gioia della sua consorte, se ne era convinto: c’era qualcosa che non andava.

Ma come fare a spiegarlo a Bill? O a chiedere spiegazioni?

In fin dei conti, lui lavorava tutto il giorno o per la Banca o per conto dell’Ordine della Fenice e, quando rincasava, dava una mano a sua madre; era raro persino che uscisse dopo cena.

 Come c’era da aspettarsi, la conversazione che tentarono di avere con il ragazzo non andò bene: dopo vari tentativi di spiegargli il problema, senza successo, lui li aveva guardati entrambi, e apparentemente scocciato, aveva ricordato loro che il discorso ape-fiore gli era già stato spiegato al meglio via gufo, all’epoca della sua prima fidanzatina, quindi si era nuovamente rinchiuso in camera sua, lasciando i genitori a crogiolarsi nell’imbarazzo.

A ben pensarci, la risposta di Bill non c’entrava assolutamente nulla con quanto detto dai suoi genitori: la sua tattica di sviamento aveva funzionato alla perfezione.

 

Passò del tempo: la situazione peggiorò subito dopo le vacanze di Natale, durante le quali Ginny si  lamentò almeno un paio di volte che il suo fratellone preferito era entrato nella sua camera credendola la propria.

A cena, una sera come tante altre, Arthur stava raccontando la sua giornata in ufficio parlando del Ministro che era sempre più preoccupato, e degli Auror che erano sempre più nervosi per come si stavano mettendo le cose. Ad esempio, Kingsley con Tonks: lui le aveva fatto un appunto, una sciocchezza, e lei gli era quasi saltata alla gola.

“Anche io l’ho vista un po’ stressata negli ultimi tempi”, aveva esordito Molly, prima che il marito continuasse elencando nuovi provvedimenti, inutili, che sarebbero stati presi per difendere la gente dai Mangiamorte.

A metà dell’elenco Bill si era alzato per ritirarsi in camera sua sotto lo sguardo basito di Molly e di Charlie, senza aver toccato cibo.

Dallo choc, la signora Weasley non era riuscita a dire nulla: aveva passato i successivi minuti a fissare il piatto pieno di patate al forno, come se fosse una vittima della guerra.

Il giorno seguente, uguale. Piatto pieno.

“Bill, devi mangiare qualcosa: guardati, stai dimagrendo!”

Il ragazzo, l’aveva guardata con aria di chi capisce ma non ha alcuna intenzione di prestare ascolto.

“Non mi va”, aveva risposto, “Non ho fame.”

E quelle parole, per Molly erano state come una pugnalata al petto; dopo di che, aveva iniziato ad inseguirlo per tutta la casa, chiedendogli cosa non andasse, senza desistere per diversi giorni. Finalmente, quando Bill riprese a mangiare, si mise l’anima in pace.

Fortunatamente per lui, la guerra stava entrando nel vivo e l’Ordine era coinvolto in scontri sempre più violenti e pericolosi quindi Molly non si accorse di tutti i gufi che giornalmente arrivavano a casa e che , per tutto il tempo libero, Bill rimaneva chiuso nella sua stanza. Fu un periodo anche abbastanza calmo sotto il punto di vista dei suoi comportamenti bizzarri.

La signora Weasley si risvegliò improvvisamente quando una domenica pomeriggio, anziché rimanere in casa, Bill aveva deciso di uscire.

Panico.

La guerra era in corso, e la sera c’era il coprifuoco, ma lui, al posto di  starsene al sicuro in casa, usciva.

“Ma è proprio necessario che tu esca?”

“Ho una vita anch’io e non voglio stare rinchiuso qui per dar soddisfazione a Voldemort.”

Colpita e affondata. Era sempre stata lei ad usare quelle parole, ma di norma i suoi figli facevano l’esatto opposto di quello che diceva.

“Tranquilla, sarò a casa per cena..”

E così fu.

Dopo svariate domande sul dove era stato, perché, come, e soprattutto con chi, alle quali non aveva ottenuto risposta, la sera, Molly vide il figlio bere da un bicchiere e contemporaneamente, Charlie piegarsi dal ridere sulla sua sedia.

Il bicchiere era vuoto.

Tutti cercarono di non dare peso alla cosa, ma quando, pochi giorni dopo Bill diede a Molly quattro risposte diverse, nel giro di pochi minuti, ad una domanda banale come: “A che ora torni?”, la signora Weasley non poté fare finta di nulla ancora una volta.

Rimasta da sola in casa e assicuratasi che figli e marito fossero arrivati tutti sani e salvi al lavoro, grazie a quel suo strano orologio, si prese dieci minuti per pensare alla situazione.

Inutile dire che non ne venne a capo. In un momento normale avrebbe già risolto questo dilemma da tempo, anzi, probabilmente non sarebbe stato nemmeno un problema per lei, ma, con la guerra in atto, pensare anche ad altre cose era molto difficile.

 

Il periodo tanto atteso era arrivato! Colui che non deve essere nomiato era morto!

Harry aveva sconfitto Voldemort, quasi tutti i Mangiamorte erano stati arrestati e portati ad Azkaban.

Ormai, da quella battaglia era passato più di un mese e la vita, finalmente, scorreva serena  e tranquilla.

O almeno così credeva Molly…

Veramente lo credeva anche Bill, tanto che si era tranquillamente coricato su una sdraio a sonnecchiare mentre sua madre, seduta lì vicino, travasava alcune piante.

“Allora”, iniziò Molly, quando vide che il ragazzo era intontito dal sonno e dal calore del sole al punto giusto, “Hai niente da dirmi?”

Bill scosse la testa.

“Sicuro?”, continuò la donna con tono pacato. Questa volta aveva avuto tempo di riflettere, era più lucida e tutti i tasselli si erano infilati al loro posto con una facilità incredibile.

“Sicuro”, rispose il ragazzo in modo svogliato.

Molly sogghignò, ma Bill non poté notarlo; lasciò passare giusto un paio di minuti, non troppi, non pochi. Infine, tornò all’attacco.

“E con la tua ragazza, come va?”

“Bene.”

Panico. C’erano trenta gradi quel giorno, ma Bill stava comunque sudando freddo. E molto.

Cercò di fare l’indifferente: in fondo era normale che sua madre notasse certe cose, ma non vi riuscì, così pensò di optare per il classico -Nega, nega a qualunque costo.-

“Allora, non mi dici nulla?”, infierì la donna.

“Cosa vuoi sapere?” Per non essere torturato ulteriormente, abbandonò il suo piano, rassegnato.

“In primo luogo, perché non mi hai detto nulla. Ci ho pensato, e credo che la cosa vada avanti da un bel po’.”

Già, ormai era quasi un anno…

“Scusa. So che avrei dovuto dirtelo, ma con la guerra in corso non volevo darvi ulteriori pensieri. So quanto sei apprensiva, e dirtelo avrebbe significato aggiungere una persona alle tue preoccupazioni.”

Era la verità. E soprattutto per questo motivo la sua ragazza aveva acconsentito a non dire nulla.

“Ma adesso la guerra è finita…”, incalzò la donna un po’ offesa.

“Lo so, e infatti avevo in programma di dirtelo. Adesso non sarebbe un buon momento, ma se vuoi, una sera la porto qui.”

“Se voglio?”, urlò Molly. “Certo che voglio! Come mai non è un buon momento?”, chiese poi con un tono più controllato e curioso.

“Sai, ci stiamo assestando. Per colpa di quanto successo non abbiamo potuto avere un vero e proprio rapporto, così stiamo cercando di recuperare. E vogliamo vedere come andranno le cose.”

Il tono con cui lo aveva detto a Molly era parso strano, ma non vi aveva fatto caso più di tanto. Guardò il figlio e sorrise.

“Non mi dici com’è? Il nome? Nulla?”

Bill scosse la testa.

“Nulla. Non voglio rovinarvi la sorpresa, se così la si può definire.”

Molly sbuffò. “E va bene, aspetterò. Ma ti do poco tempo per portarla a casa!”, lo ammonì.

“Posso chiederti come hai fatto?”

La donna si alzò e fece due passi verso casa. “Segreti di madre.”

In realtà, le era riuscito piuttosto facile: le era bastato ricordarsi dei Sei punti fondamentali che le aveva insegnato Zia Muriel. Non avevano funzionato una sola volta, erano completamente sconclusionati e senza senso, ma in quel caso le erano stati molto utili.

Bill era passato da un nervosismo iniziale, sintomo secondo Muriel di pre primo appuntamento, ad una dimensione ultraterrena tutta sua. Ergo, l’appuntamento era andato bene.

Poi c’era stato il periodo di panico, durante il quale non aveva mangiato: primo litigio. Anche quello, superato.

Infine, c’era stato un momento di sbandamento finale, durante il quale Bill era più distratto del solito, tanto da essere stato paragonato a Ninfadora. Ma per quel punto, non c’era da preoccuparsi: significava che stava andando tutto secondo i piani.

Molly si sedette in cucina ripercorrendo i passi del suo ragionamento. A conti fatti, i punti toccati erano cinque: pre primo appuntamento; primo appuntamento superato; fase di transizione distratta; primo litigio; seconda fase di transizione.

Ne mancava uno. Non aveva idea di quale fosse, non lo ricordava, ma molto probabilmente lo avrebbe scoperto con il tempo.

Con la bacchetta la signora Weasley accese l’acqua sotto al calderone ridacchiando tra sé e sé.

Mai e poi mai avrebbe immaginato che quei sei inutili e balzani punti fondamentali di Muriel le sarebbero tornati utili.

 

Tutte le volte che Bill entrava in cucina, Molly gli lanciava occhiate significative e a volte non si limitava solo a quelle.

“Allora? Quando?”

E matematicamente, tutte le volte, Arthur rideva sotto i baffi nascondendo la testa dietro alla Gazzetta del profeta, che non mancava mai di portarsi appresso.

Negli ultimi giorni, però, il ragazzo sembrava essere ritornato in quella sua dimensione ultraterrena: non capiva nulla di quello che gli veniva detto e più il tempo passava più era facile trovarlo sul pero piuttosto che in terra. L’apice fu quando divenne anche nervoso.

In un tranquillo, ma non per tutti, dopocena alla Tana si levò un urlo.

“Bill!”

Il ragazzo, perso in chissà quali pensieri era uscito dal bagno, dopo aver fatto la doccia, con solo un asciugamano avvolto intorno alla spalle.

Accortosi di quanto aveva appena fatto era corso nella sua stanza. Adesso, oltre a quel problema, aveva anche traumatizzato una povera e forse non tanto innocente sorella minore.

Prima di riuscire ad andare fuori e Smaterializzarsi ne luogo del suo appuntamento, quella sera, Bill dovette rientrare in casa per ben quattro volte: in primis si era dimenticato il mantello, poi si era accorto di non avere la bacchetta. Rientrato in casa era uscito con la bacchetta, ma si era tolto il mantello, così era dovuto tornare indietro a recuperarlo. L’ultima volta non si era scordato nulla, ma aveva comunque voluto esserne sicuro.

Molly sorrise e scambiò un’occhiata eloquente con Arthur: forse quella sera sarebbe stata la volta buona!

Invece no. I progetti di Bill per la serata erano molto, molto diversi.

 

 


Quella povera ragazza era in preda alle convulsioni, non riusciva a smettere di ridere.

“Tu, hai fatto cosa?”, chiese, cercando di contenersi. Alcune lacrime le rigavano le guance.

Appena la crisi mista di isterismo e felicità si placò leggermente, lei rimase con le braccia intorno al collo di Bill, in silenzio.

“Allora?”, la esortò lui.

“Ti sposo solo se uscirai dal bagno, nudo, solo per me, in futuro.” Rise nuovamente, più per la gioia che per l’aneddoto in sé.

“Prometto che lo farò solo per te”, rispose facendola scostare leggermente, in modo da poterla guardare negli occhi, ma lei chiuse nuovamente la distanza che c’era tra loro con un bacio.


 

 

La mattina seguente, Bill quasi saltava per la casa e, non appena incontrò sua madre, le disse che a giorni avrebbe conosciuto la sua ragazza.

Visto che le giornate estive lo consentivano Molly, dopo cena, era solita sistemarsi in giardino per godersi la brezza estiva e dopo le parole del figlio, aveva avuto un motivo in più per scrutare l’orizzonte.

Una sera la sua pazienza fu premiata, una persona si era Materializzata alla Tana, ma con sua grande delusione risultò essere Tonks e non la ragazza di Bill. Era stata proprio Molly a dirle di passare a trovarla e adesso se ne era quasi pentita.

I quattro rimasero a parlare un po’ sotto al portico, e a Molly non sfuggì che la ragazza era stranamente nervosa. Bill, alzandosi improvvisamente dalla sedia, si offrì di andare in cucina a prendere da bere per tutti e la ragazza lo seguì, con la scusa di aiutarlo.

“Allora? Pensi che sia il momento buono?”, chiese entrando.

“Credo di sì… devo solo riuscirci.”

“Una cosa da nulla, vero?”

Bill prese i bicchieri dalla credenza proprio mentre Molly entrava in cucina e li passò a Tonks, che a sua volta li ripose ordinatamente su un vassoio. Come vide la madre a Bill cadde un bicchiere di mano che si andò ad infrangere sul pavimento, provocando una strana reazione in Tonks che però si limitò a riparare il malcapitato con un colpo di bacchetta.

Due più due, più due, a Molly fu tutto improvvisamente chiaro: rimase di sasso.

Sclero di Bill, più apparizione di Tonks, cucina, loro due insieme e lei che non combinava disastri, mentre lui sì.

Tutto ciò bastò a far quadrare i conti: la donna sbiancò e iniziò a balbettare parole incomprensibili fino a che  il ragazzo, preoccupato, la fece sedere.

“Tu!”, riuscì a dire, infine la donna indicando Tonks, che capì.

“Già, io”, rise la ragazza, felice che Molly ci fosse arrivata da sola; prese nervosamente tra le dita una ciocca di capelli rosa, mostrando involontariamente un brillantino sull’anulare sinistro, tenuto saldo da un cerchietto d’argento: in poche parole, un anello.

Improvvisamente, Molly si ricordò del punto sei di Zia Muriel e svenne: matrimonio.

  
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