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Autore: P u l c e    15/08/2013    4 recensioni
" [...] Sebastian si scansò e mostrò una figura esile a terra e lui si avvicinò.
Una ragazzina. Una ragazzina dai lunghi boccoli di nero pece, e una pelle candida e pura che sembrava riflettere la luce della luna. Aveva un aspetto angelico. Gli occhi chiusi ad impedire qualsiasi contatto visivo o la visione del colore delle iridi. Allungò una mano, esitante e sfiorò la pelle morbida al tatto.
Non era sicuramente proveniente dalle basse periferie. Quella ragazzina aveva sangue nobile quanto se non di più di lui."
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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"Il suo cuore era un cristallo affilato come una lama,
che strideva con il suo bell'aspetto da fiore appena sbocciato.
Se un uomo l'avesse toccata senza fare attenzione...
...avrebbe finito per sanguinare..."


"This is me for forever

One of the lost ones

The one without name

Without an honest heart as compass[...]

...Walk the dark path

Sleep with angels

Call the past for help

Touch me with you love

And Reveal to me my true name."

[Nemo_Nightwish]




X.

Prologo




Le cose immutabili sono inutili e insignificanti. Prive di qualsiasi cambiamento, le vite si tramutano in una noia tale da poter essere paragonata alla morte. Un' esistenza vuota e spenta, senza colore.

- Per questo noi invidiamo gli umani. Loro possono tramutare la propria vita, presi dai mille imprevisti, si illudono di poter essere padroni dell'esistenza per poi essere soppressi dalla signora Morte; ma nonostante tutto vanno avanti, quasi come piccole delle api lavorano per una Regina inesistente. -

Aster si alzò dal trono, con un'espressione inespressiva, fredda e distaccata, come un Signore doveva essere. Ma qualcosa era cambiato.

Nel mondo perennemente invariato, per la prima volta c'era un cambiamento.

Chi non lo conosceva poteva rimanere pietrificato davanti a quella freddezza che emanava, quel viso annoiato che guardava dall'alto al basso chiunque incontrasse. I capelli neri, erano seta preziosa che nascondeva quei cristalli lucenti, dal colore dell'ametista grezzo e brillante. Quanti si erano piegati ai suoi piedi ammirando quelle pietre preziose, che mai avevano dato un accenno di ammirazione, di rimprovero o di qualsiasi altra emozione. Solo noia e un'infinita irritazione davanti alla Terra a cui apparteneva.

Ma quel giorno no. Quel giorno quell'indaco aveva una nota diversa, che accendeva come non mai il suo sguardo. Nessuno l'avrebbe notato, se non chi gli era stato accanto per tutti quei secoli e che spalancando gli occhi verdi venne preso da un brivido di panico.

Guardò il suo Signore accarezzare il fiore del colore dei suoi occhi.

Wialyh. Il fiore eterno che si nasconde sotto un aspetto delicato ed indifeso e divora intere bestie attirandole con il suo canto e il suo profumo.

- Che cosa ci sarebbe di male? Le cose immutabili sono monotone, dico bene?- la voce profonda e cristallina riuscì a far tremare qualcosa dentro di lui. La coscienza immensa e onnipotente venne a contatto con la sua. In quel modo lui percepì la sua eccitazione e seppe che qualcosa di grandioso si stava compiendo e ogni intento di razionalizzare il suo Re divenne inutile e minuscolo, davanti a quell'essenza eterna.

-E così il tempo scorre tranquillamente mentre la ruota del Destino comincia lentamente a muoversi.-


**


Il profumo delle neve era fresco e avvolgente, l'uomo rabbrividì, mentre con le mani fece attenzione a non far cadere quel fagotto così piccolo, mentre pensava a quanto potesse essere fragile un essere vivente.

Quei piccoli occhi blu non smisero un solo minuto di osservarlo, silenziosi e profondi.

Mentre piccoli cristalli di cristallo scendevano e il sole tramontante riluceva dorato tra gli alberi di Saint' Awiel. La residenza della Signora del Nord si faceva sempre più lontana ed i muscoli di Bhreow scattavano veloci nella neve, ma sempre più affaticati.

Quell'essere umano, un'anima innocente, l'ennesima, dopo la guerra tra i Cavalieri e i Signori.

Ma l'unica in grado di spezzare e ristabilire il contatto tra due mondi che ora andavano a rovianrsi l'uno contro l'altro.

I denti si chiusero in una morsa dolorosa mentre la bambina guardava i suoi occhi.

«E' per il vostro bene.» disse, come se quegli occhi potessero capirlo.

Sapeva che tutto ciò aveva un senso, eppure non poteva che sentire la spina del senso di colpa perforargli il petto, il freddo metallo dell'arma fece contrasto con il rivoletto di sangue che sentì scendergli lungo il collo.

«Cosa pensi di fare?»
Il familiare tono arrogante quasi lo fece sorridere.

Tenne forte a sè il fagotto.

« La porto lontano da qui. »

Guardò con attenzione quegli occhi dorati, dove scorse la stessa nota minacciosa della voce.

« E tu pensi che te lo permetterò?»

Sospirò.

« Presumo di sì.»

« Ma davvero? La tua ennesima illusione ha un qualcosa di toccante, ma, mi spiace contraddirti, sei distante dalla realtà.»

Si preparò a combattere di nuovo, ma era fiacco e debole. E tenere una bambina in braccio non era di certo un punto a suo favore.

Guardò con attenzione la divisa, mentre il Wialyh brillava con tutto il suo bagliore nel mantello del compagno traditore. Nei suoi occhi la furia cieca e l'ambizione brillavano come oro liquido.

Era solo un ragazzo eppure le sue mani si erano imbevute di troppe gocce di sangue. Così le proprie.

Ma non c'erano parole per lenire quel dolore incolmabile, le parole come fallimento e morte hanno un odore e delle radici più resistenti di qualsiasi altra pianta del Regno.

« Cosa diavolo...?» lo sentì bisbigliare.

Fu sul punto di chiedere il perché di quell' esclamazione, quando un'energia entrò prepotente in lui, prendendolo alla sprovvista.

Era sinuosa e innarrestabile.

« Ha dei poteri insoliti. Ricordano molto... » disse il suo avversario, con gli occhi pieni di desiderio.

Fu un momento e lo sguardo che il Cavaliere gli scoccò gli fece capire che era arrivato alle sue stesse conclusioni.

« I poteri del Primo. » completò.

Un altro bagliore nei suoi occhi e fu chiara la vera natura di quella creatura.

C'era stato un tempo in cui era loro il comando della terra, lo aveva letto e sentito nelle leggende che si tramandavano i vecchi, quando lui era ancora giovane e inconsapevole. Quando non era ancora un servo della Signora del Nord. Schiavo, senza vita.

Quelle storie narravano di un incantatore che era riuscito ad ottenere il Primo Potere, il Potere Assoluto dell'essere; si sussurrarava proprio in quei secoli che egli fosse rivissuto in quella stessa terra, e avesse seminato un suo seme, per il bene della gente che lui amava. Il secondo, dopo la sua caduta.

Lui tornerà, Aster.

Lo sguardo si soffermò ora sulla bimba che dormiva placidamente, indisturbata da quella battaglia appena iniziata.

- Non la porterai via a me. La voglio. Lasciala a me.-

Quella voce mellifua e piena di persuasione, come un bambino che vuole il nuovo giocattolo.

Il suo vecchio allievo aveva imparato bene la lezione dell' oratoria, quasi quanto come la lezione della spada.

Era incredibilmente resistente, e lui invece troppo stanco.

Proprio ora che era ad un passo dalla verità.

Chiuse gli occhi addolorato, mentre comprendeva la fine della sua vita e cercava il mondo di preservare quella della creatura.


*



L'aria incandescente era irrespirabile, il mondo vomitava sangue e dolore, la pioggia scivola tra i corpi morti, cercando di dare un inutile alito di sollievo al Mondo Terreno.

Gli eserciti dei Cavalieri del Sud si muovono contro la Capitale, i Signori del Nord rispondono, difendendendo la loro posizione.

Non c'è vincitore. Non c'è gioia.

Solo rabbia e sofferenza, cicatrici che la Madre porta con sé da secoli, sopportando in silenzio i colpi dell'uomo e del suo avversario.

Giuramenti spezzati, alleanze tradite.

La Grande Guerra era terminata da dodici anni, eppure il risentimento che le creature portavano dentro di sé era talmente ingente che si poteva respirare ancora quell'aria di ostilità tra la gente delle due Terre.

L'era del Tiranno era costata molte morti e molti conflitti. Occhi rossi come il fuoco e alcuna pietà contro chi gli si opponeva.

Quando i due eserciti si erano scontrati nessuno avrebbe potuto prevedere un simile genocidio.

L'enorme quantità di sangue che era stata versata, a causa di una sola persona. Di un Demonio di cui si persero completamente le tracce.

Ovviamente c'è chi mormorava che fosse morto, ucciso da uno dei suoi compagni o per mano avversaria e chi invece sosteneva che no, era ancora vivo e vagava per il Regno del Sud, in cerca di nuovi adepti.

L'Onorabile Raphael Cloud Eoin Von Engel, primo genito ed erede alla sucessione alla famiglia dei Signori più stimata e potente dell'epoca, si era appena ritirato nelle sue stanze, dopo aver tenuto un incontro con gli Ambasciatori delle quattro Terre, e dopo essere riuscito ad arrivare ad un compromesso sull'affare della scuola della Vera Croce. L'istituto più prestigioso di ogni altro, che dava la possibilità ad ogni Regno d'educare i combattenti e prossimi reggenti, con metodi eccellenti e rispettosi ad ogni necessità degli studenti, nonostante le sue rigide regole di comportamento, era anche la più amata dal popolo giovane che anelava ad avere un posto in quel edificio grandioso. L'unica e grandiosa scuola che riuniva Cavalieri e Signori sotto la stessa dimora, dopo secoli di divisione.

Ed il compromesso era lui.

Lui che non aveva mai avuto a che fare con adolescenti e che li aveva sempre a malapena sopportati nella sua fanciullezza, si ritrovava ad essere Preside di una scuola dove combattimenti e ripicche erano all'ordine del giorno. Dove gli Scholarus, che fossero creature della notte o del giorno, erano costantemente oggetti delle chiacchiere delle cortigiane di ogni Regno, strada e casa.

Lui che odiava le chiacchiere, e gli adolescenti.

Si passò una mano fra i capelli biondi, esausto e spossato dalla lunga e difficile giornata ed amareggiato dalle conclusioni della vicenda. Fece appena in tempo a distendersi sul letto che la voce di Isabel Le Clerc, la custode, nonché sua allevatrice, lo chiamò con una nota di urgenza che le aveva sentito poche volte prima d'allora. Quando aprì la porta della sua camera, notò i lunghi capelli neri scomposti e il fiato grosso per la corsa forsennata, e capì che la sua giornata non era ancora finita.

- Ditemi signorina Isabel, cosa è accaduto di così importante per farla erompere nella mia stanza con così poca grazia?- la nota di minaccia con cui si rivolse all'allevatrice, sembrò non turbare la donna che probabilmente non la ritenne degna della sua attenzione.

- Ero nella mia stanza quando ho visto un'ombra improvvisa nel cortile, mi sono precipitata a vedere cos'era successo. Credevo fossero i soliti infantili giochi dei ragazzini, invece ho trovato...- la sua voce si allarmò nel guardare l'espressione del suo padrone estenuato dai suoi incarichi.

- Cosa avete trovato?- la sfumatura di curiosità nei suoi occhi spronò la custode ad andare avanti.

- Seguitemi, vedrete coi vostri occhi.-

Raphael fece per protestare, ma era consapevole che la donna non l'avrebbe lasciato riposare in pace finché non l'avesse accontentata. A cosa serviva diventare Princeps, se poi dovevi stare agli ordini dei tuoi sottoposti?

Sbuffò e obbedì alla richiesta della custode, dopotutto, lei non era una semplice subbordinata, ma la donna che l'aveva da sempre affiancato nelle imprese più dure, le doveva almeno il massimo di rispetto.

Percorsero velocemente il giardino della sua residenza invernale ed arrivarono alla fontana, davanti la quale un ragazzo dai capelli dorati osservava il fratello con le braccia incrociate sul petto in una posa aggraziata, e uno sguardo pieno di compassione.

Sebastian Dietrich Von Engel era il Princeps più ammirato e anelato dalle cortigiane d'ogni regno, i sagaci occhi turchini, che da tempo avevano impresso l'ironia del padrone e le movenze leggiadre e sinuose, avevano fatto sospirare più di una signorina dell' Accademia della Vera Croce.

- Persino mio fratello è accorso al richiamo di Isabel? Me ne stupisco.- disse beffardo il ragazzo che riuscì a strappare un sorriso stanco dal fratello maggiore.

- Che succede, Seb?- chiese dolcemente e con curiosità.

Sebastian si scansò mostrando una figura esile a terra e lui gli si avvicinò, cauto ma incuriosito.

Una ragazzina. Una ragazzina dai lunghi boccoli di nero pece, e una pelle candida e pura che sembrava riflettere la luce della luna. Aveva un aspetto angelico. Gli occhi chiusi ad impedire qualsiasi contatto e la visione del colore delle iridi. Allungò una mano, esitante e sfiorò una sua mano morbida al tatto.

Non era sicuramente proveniente dalle basse periferie. Quella ragazzina aveva sangue nobile quanto se non di più di lui.

Ma, da dov'era arrivata?

Le si accucciò vicino, per poter meglio analizzare la creatura misteriosa che si trovava davanti.

Non era ancora donna, ma i tratti erano molto delicati, segno che poco mancava all'età della pubertà.

Le toccò la pelle, era fredda ma senza alcun dubbio umana, al suo tocco caldo la ragazza emise un lieve lamento.

Senza dire altro se la caricò sulle spalle.

- La porteremo all'Orfanotrofio, ha bisogno di un posto dove stare.- disse.

Isabel però lo guardò contrariata.

- Il cielo l'ha mandata a voi, non potete essere così indifferente e freddo davanti a una creatura così indifesa! Che educazione vi ho imposto ragazzino? - il ringhio che uscì dalle labbra della donna fu decisamente furioso. Gli occhi verdi lo guardavano con freddezza, aspettando pazienti la sua prossima mossa.

L'ebbe vinta, com'era chiaro fosse: era troppo stanco, ed aveva voglia solo di poggiare la testa su un qualcosa di morbido, secondariamente parlando, non aveva la minima intenzione di litigare con Isabel, soprattutto se furibonda e cocciuta come dimostrava d'essere in quel momento.

- Molto bene, la porteremo a casa dunque.- decise in un sussurro. - Domattina chiama il dottor Owen, così potrà visitarla; ora vi prego cortesemente di lasciarmi ritirare nelle mie stanze.-

Lo sguardo acceso di vittoria e di entusiasmo della sua allevatrice riuscì a farlo sospirare di sollievo.

- A quanto pare ho una nuova sorella!- esclamò divertito Sebastian.

Lui si limitò a passarsi una mano fra i capelli esasperato, mentre con l'altro braccio sorreggeva la ragazzina.

- Visto il tuo ardore, te ne occuperai personalmente Seb.- decise lui.

E passando la bambina al fratello, si allontanò a grandi passi dal giardino, diretto alle sue stanze dove si sarebbe potuto finalmente godere la sua, anelata, dormita.


**



Catene. Fredde e dolorose. Anche se pesavano ed erano fastidiose, ancora non riusciva a comprendere.

Sapeva che voleva ritornare da quegli occhi dorati e preziosi, dal richiamo di quelle labbra rosse e perfette, che la chiamavano sempre con una dolcezza e una gentilezza che le faceva vibrare le corde dell'anima.

-E così il tempo scorre tranquillamente mentre la ruota del Destino comincia lentamente a muoversi.-

La voce profonda e sconosciuta le penetrò la mente, fino a rimbombare nel suo essere più profondo; non capì se fosse una donna o un uomo che le parlava, era priva di qualsiasi inflessione e continuava a riecheggiare nella sua testa.

Chi sono? chiese alla voce.

Degli occhi color malva occuparono la luce che l'aveva investita fino a quel momento. Non c'era nè spazio né tempo in quel luogo, solo quegli occhi.

Non è poi così importante, non credi? Che scopo avrebbe il tuo viaggio altrimenti?

Sentì la fronte corrugarsi.

Quale viaggio?

La voce rise lievemente e non rispose.

Poi improvvisamente la luce si fece accesa e insopportabile, così come il calore che la pervadeva. Le sembrò di bruciare, ma guardandosi le mani intatte capì che era tutto nella sua mente.

Poi un ultimo colpo letale al cervello e tutto si fece buio.

Buongiorno, Eireen.

E cadde nell'oblio.

La consapevolezza d'esistere la colpì prima d'ogni altra cosa. Ancor prima della sensazione piacevole che sentì nel derubare l'ossigeno a quella stanza per riempirsi i polmoni di aria fresca.

Capì di essere viva e essere cosciente, ma quello era tutto.

Non aveva nient'altro. Pensò a dei luoghi che potevano ricordarle qualcosa, ma niente. Nemmeno quella stanza e quel letto morbido in cui era sdraiata.

Si guardò attorno per appendersi a qualche ricordo della sua vita, ed ebbe un instante di perplessità: non riconosceva nulla di ciò che apparteneva a quel luogo.

L'aria cominciò a diventare pesante e un senso di angoscia la prese, impedendole di respirare. Più cercava di ricordare più il suo corpo e la sua mente si riufiutavano di collaborare.

Poi un solo ricordo le balenò alla mente, senza che lei lo volesse, senza che lei lo cercasse. Delle labbra color rubino pronunciavano con un tono dolcissimo due parole.

Buongiorno Eireen.

Eireen.

Se lo passò fra le labbra per capire se le apparteneva. Lo ripeté una, due, tre, dieci volte finché non cominciò a sentirlo familiare.

Eireen. Sentiva in qualche modo che le apparteneva.

Si alzò dal letto ed ebbe la sensazione che qualcuno la stesse osservando.

Degli occhi turchini e incuriositi la studiavano da lontano. Con un spalla appoggiata allo stipite della porta ed una gamba incrociata all'altra, c'era un ragazzo dai capelli dorati e lisci che la guardava con curiosità e stupore. Dalla divisa nera e dalla postura elegante capì che era una persona decisamente di alto rango sociale.

- Eireen, così è questo il vostro nome. Carino.-

Lei rimase immobile e annuì in silenzio.

Il ragazzo si avvicinò, sorridendole rassicurante.

- Non dovete temere, non ho intenzione di farvi del male. Come potrei farne ad una fanciulla?-

La porta della camera si spalancò improvvisamente, facendola sobbalzare.

- Ah, così è sveglia, finalmente.-

Quando l'Onorabile e più giovane Direttore dell'istituto Vera Croce fece la sua, indelicata, comparsa, Eireen sentì un grande imbarazzo percorrerle la schiena.

Raphael Von Engel era in completo da sera nero, pronto per uscire ad una delle tante feste politiche.

Gli occhi del colore dell'indaco avevano un'espressione di lieve irritazione, solita scorgere nel suo volto e un'aria tenebrosa, tipica di chiunque detenga una posizione abbastanza alta da aver imparato a farsi rispettare suscitando timore revelenziale con la sola presenza fisica.

Uno sguardo indagatore a lei e un'occhiata ammonitrice al ragazzo che le stava porgendo la mano e se ne andò.

- Che comportamento riprovevole.- sentì urlare una donna dai corridoi.

- Vi prego di perdonarlo, signorina Eireen. Il comportamento rozzo di mio fratello è prova che lo avete lasciato senza parole. -

Il ragazzo s'inchinò con una grazia non umana.

- Sebastian Von Engel, al vostro servizio, lady Eireen.-

Lei rimase interdetta, indecisa sul da farsi. Doveva inchinarsi anche lei? Abbassare il capo? Sorridere, forse?

Decise che l'ultima opzione era la più consona quindi modellò le labbra in un sorriso forzato e poco credibile, tanto che Sebastian si mise a ridacchiare amabilmente.

- Scusatemi, ma siete davvero...insolita. -

Insolita.

- Scusatemi voi, è solo che...sono un poco confusa. Non riesco a ricordare nulla della mia...Vita passata.- quando parlò vide Sebastian spalancare gli occhi stupito e arrossire lievemente, prima di nascondersi in una maschera di cortesia e gentilezza.

- Per Dio! Non potete ammaliarmi con quegli occhi e quella voce, altrimenti potrei cadere ai vostri piedi, lady Eireen.- disse in un sussurro un poco imbarazzato.

Lei distolse lo sguardo e si scusò, suscitando l'ennesimo sorriso.

- Va tutto bene. Vedrai che riuscirai a capire chi sei.- il sussurro dolce con cui lo disse fu lenitiva per l'angoscia che le aveva preso il petto.

Dopo poche carezze da parte del ragazzo che l'abbracciò gentilmente, il suo cuore riuscì a trovare quel poco di pace che le serviva per riuscire a riflettere.

- La vostra famiglia è molto potente, vero?- chiese stando attenta a scegliere le parole.

La sua cautela fece sorridere il ragazzo.

- E' piuttosto importante sì. Ma non dire vostra, come se voi non ne faceste parte. Oramai siete la mia sorellina acquisita.-

Stavolta fu lei a spalancare gli occhi sorpresa.

- Ma io...Non so chi sono...-

- A maggior ragione, nel caso voi non doveste ricordare la vostra provenienza, sarà più semplice ignorare ciò che fu. E poi,- Sebastian le sorrise amichevolmente, - ho sempre desiderato una sorella minore! Anche se non speravo di averne una così bella!- e le fece l'occhiolino.

Lo strano tepore che riusciva a farle provare quel ragazzo le fece pensare che probabilmente no, non sarebbe stato così spiacevole dimenticare e ricominciare così, pian piano, con delicatezza. Come il gambo di un fiore spezzato che piantato a terra ritrova quanto necessario per continuare a crescere. Così avrebbe fatto anche lei.

- Posso farvi un' altra domanda?- chiese poi.

- Solo ad un patto però.-

Lei incrociò quegli occhi cristallini e allegri.

- Che voi diate del tu a me e io possa dare del tu a voi.-

Il districato insieme di parole pronunciate dal ragazzo la fecero ridere e lui si unì a lei.

- D'accordo.- acconsentì.

Poi d'improvviso Sebastian la prese per mano e la portò a visitare la casa, le fece vedere il salotto, la sala da ballo, la sala di ricevimento, le camere e la cucina, dove gli inservienti la guardarono incuriositi, poi si fermarono sul balcone del salotto, dove finalmente lei poté accomodarsi sul divano nero che da subito le era parso comodo; la pelle morbida e fresca che l'accolse non tradì le sue aspettative, fu lì lì per socchiudere gli occhi quando una dolce armonia si sparse nell'aria. Un suono melodioso che veniva dal pianoforte nero a coda dietro di lei e dalle mani di Sebastian che alzò garbatamente lo sguardo azzurro cielo su di lei fermando la sinfonia che terminò con un arpeggio soave.

- Devi ancora pormi la tua domanda.- disse.

Lei annuì, non voleva essere ripetitiva perciò non glielo aveva ricordato ed era finita con il dimenticarsene.

- Perché fate tutto questo per me? Insomma, non sapete nemmeno chi sono.-

Il sorriso solare che lui le rivolse sembrò accecarla di luce e contagiarla di allegria.

- Perché non avremo dovuto? Dubito che tu abbia come obiettivo quello di ferirci, visto lo stato in cui eri due giorni fa. E anche se avessi l'intenzione di colpirci, dubito tu possa riuscirci. L'obiettivo iniziale era quello di portarti all'Orfanotrofio della Pietà, dove avresti avuto cure e saresti stata abbandonata a te stessa. Ed a lady Isabel non garbava l'idea che un delizioso bocciolo di rosa come te, finisse in un luogo così squallido e triste. Ringrazia la tua bella pelle chiara, piccolo bocciolo.-

Il tono di Sebastian si soffermò ironico sul vezzaggiativo usato nei suoi confronti dalla donna che le aveva risparmiato una vita meschina e disagevole.

- Grazie.- il suo sussurro vibrò di gratitudine e di emozione.

Il fratello minore dei Von Engel si limitò a fare le spallucce e a sorriderle per l'ennesima volta.

Quando invece Raphael fece il suo secondo ingresso, fissando il suo sguardo violetto su di lei, la sua agitazione dapprima svanita, aumentò; inutile dire che la presenza del fratello maggiore le metteva soggezione.

- Buonasera Raf, come è andata quest'oggi?- disse accogliente il fratello, ricevendo un'occhiataccia di risposta dal parte del Princeps, prima che quest'ultimo cedesse al fare amabile dell'altro per crollare sulla poltrona proprio accanto a lei, che con un balzo saltò a sedere.

- Come al solito. Ho chiamato il dottor Owen in modo che venga a controllare la ragazza.- disse freddo, fissandola.

- Si chiama Eireen, non essere scortese con lei.-

Lei serrò le labbra per non rispondere male all'arroganza di quell'uomo a suo parere fin troppo sicuro di sé, lui dovette capire i suoi pensieri dall'espressione che non riuscì a trattenere e scoppiò a ridere. La caduta del primo stelo della maschera.

E' imprevedibile.

Quando la fissò e poggiò la sua mano calda e grande sui suoi capelli, spettinandoli ancor più di quanto non lo fossero prima, sentì il calore scenderle dalla testa fino il petto.

- Hai ragione. Ti chiedo scusa, piccola. Ho avuto una giornata estenuante, perciò ti prego di perdonare le mie maniere scortesi.-

Lei annuì silenziosa, incerta se dargli del tu o del lei, dopotutto emanava l'aria di autorità e riverenza che persino il vento sembrava intimorito di soffiare tra i suoi capelli dorati.

- Fantastico.- disse entusiasta.

Lo sguardo color malva l'accolse con una gentilezza velata di curiosità.

Mi ricorda tanto il sole.

Quando lo sguardo dei due si fissò su di lei, capì di aver espresso i suoi pensieri ad alta voce.

Con un sorriso allegro e il più sereno possibile, rispose a quel silenzio, cercando di nascondere l'imbarazzo, gli prese lentamente una ciocca dei lunghi capelli biondi ammirandoli con stupore da vicino.

- Guarda, - disse alzando il ciuffo davanti agli occhi stupiti dei due, - brillano come il sole.-

Per un momento Raphael rimase zitto e impassibile, l'espressione neutra e indecifrabile, gli occhi puntati ancora sui suoi.

Poi improvvisamente si alzò, e per un attimo lei ebbe l'impressione di vedere il suo viso candido arrossato, prima che uscisse sbattendo con furia la porta del salotto.

Sebastian scoppiò letteralmente a ridere, mentre lei, costernata abbassò lo sguardo.

- E' la prima volta che vedo mio fratello così imbarazzato. Dovrò senza dubbio dare qualche lezione di approccio con il gentil sesso a quel prete mancato.- disse facendole l'occhiolino per tranquillizzarla.

- Non è da tutti riuscire a mettere in difficoltà Raphael.-

Fece per porgere nuovemente la sua costernazione quando la porta, che poco prima era stata sbattuta con violenza, si aprisse con la stessa brutalità, facendo comparire il fratello maggiore e alle sue spalle un uomo piuttosto anziano dalle mani nodose e grandi, occhi marroni e un sorriso gentile.

- Buonasera dottor Owen.- lo salutò Sebastian.

- Buonasera, signorino Sebastian. Sono venuto a controllare la salute della piccola creatura debilitata, che a vista d'occhio sembra stare molto meglio.- la voce era calma e pacata, le ricordò molto la superficie dell'acqua ferma, limpida ma pronta ad incrinarsi non appena un soffio di vento l'avesse sfiorata.

- Se voi gentiluomini vogliate scusarmi, avrei bisogno di visitare la paziente in privato e necessito anche di un poco di liquore.-

Il dottore le si avvicinò, mentre i due ragazzi se ne andavano per darle l'intimità richiesta da Owen.

- Allora, bimba, qual'è il vostro nome?- chiese garbato mentre le poggiava due dita sul polso.

- Eireen, signore.-

- Chiamatemi pure Owen, Eireen. Spero voi abbiate compreso la fortuna che vi è capita nel essere stata trovata da questi gentiluomini. Il Mondo Terreno non è un posto per anime innocenti e pure come la vostra. Non più almeno.- la sua voce misurata e schiettezza con le quali le aveva parlato le fecero capire che c'era qualcosa lì fuori che muoveva invisibili artigli nel buio e che lei in qualche modo era riuscita a sopravvivere.

Un fremito le percorse tutta la schiena.

- Quando l'Onorevole Raphael mi ha chiesto di curarvi la prima volta, avevate ferite lievi ma non vi svegliavate. Non eravamo sicuri che avreste passato la notte, perché eravate disidratata ed è solo per la vostra capacità eccellente di guarire che vi siete salvata. Quindi, non so che cosa sia successo e non credo nemmeno di volerlo scoprire, ma vi prego di stare attenta lady Eireen, questa Terra non è fatta per gli sprovveduti.- c'era una sfumatura di dolore nella voce dell'uomo che riuscì ad indurire la gentilezza che le aveva mostrato fino a quel momento.

Lei annuì silenziosamente, grata per quella sincerità che le era stata riservata.

- Molto bene. Credo quindi che la visita sia terminata, il vostro stato di salute è migliorato notevolmente. Permettetemi di rassicurarvi sulla vostra condizione: è probabile che abbiate perso la memoria per un grave trauma che avete ricevuto, ma non turbatevi troppo, a volte il nostro corpo agisce per il nostro meglio, quindi se non ricordate ciò che vi è successo suppongo sia un bene anche così. Qui nessuno avrà il coraggio di farvi del male, i giovani Von Engel sanno decisamente il fatto loro, affidatevi alla loro protezione, senza vergogna ma con onore. Sono certo che il vostro arrivo in questa casa che da tempo era troppo silenziosa, non sia un caso, ma un regalo del Destino, o di Dio. Ciò che voi preferite. Buona serata, signorina Eireen.-

La gentilezza che avvolgeva quelle parole la rese perplessa.

Quasi leggendo i suoi pensieri, il dottor Owen le rivolse un'ultima occhiata e chiudendosi la porta alle spalle sussurrò una frase intrisa di molte e indecifrabili emozioni.

- La guerra, il sospetto, portano ad anelare la pace e la gentilezza. E' solo nel momento in cui si perde che si capisce cosa è veramente importante.-

Il Destino, la gentilezza e la disperazione. Lei era legata a quel intricato disegno, dell'amaranto colore delle rose.

Spine e boccioli in un fiore dall'apparenza debole e traditrice. Quali intuizioni e pensieri erano frutto di un'illusione e quali di una realtà dimenticata?

Sentì la spossatezza prenderla e portarla lentamente in un luogo lontano, mentre il suono dei suoi pensieri la cullava dolcemente.


*


-Mio Signore.-

Sapeva che la sua espressione era di perplessità, ma nonostante tutto gli occhi del Re restavano immobili, come il loro padrone, aspettando pazientemente la sua domanda.

Guardò il viso della ragazza dai capelli color notte riflesso nello stagno davanti loro.

- Lei? E' lei?- chiese allibito.

Un lampo di sconosciuta provenienza balenò nello sguardo di un tramonto senza fine.

- Non ti stupire, mio caro Schoubert, dopotutto persino per far cadere un'intera fila di mattoncini, nel domino basta una sola pedina, no? Le persone hanno un grande potenziale e un grande impatto sull'ambiente attorno a loro.-

- Ma è poco più che una ragazza.- si lamentò lui, indignato.

- Pazienza, mio caro Schoubert. Il tempo ti mostrerà ciò che attendi.-

Finalmente l'uomo se ne stette zitto, mantenendo pur quell'espressione di pura incredulità.

Lentamente la ruota gira. Non c'è Dio che non provi un minimo di gelosia nei confronti di chi non ha davanti sé un tempo e uno spazio di eterna immutabilità.

Dormi, mia piccola. Pedina. Tu detieni le carte per mutare il Mondo. Abbine riguardo.

  
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