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Autore: Altair13Sirio    15/08/2013    1 recensioni
"Mi era stato assegnato un incarico: dovevo uccidere un uomo che aveva fatto una predica contro i Templari.Quando si è presentato il momento l’ho ucciso! Il fatto è che me ne sono pentita subito!" Fiora Cavazza racconta del suo ultimo incarico da Templare e il perchè del suo tradimento. Dopo di quello, la sua vita sarà finita... Forse. Dopo essere stata salvata da un Assassino da morte sicura, Fiora comincierà una lotta tra lei e i Templari, e uno di questi potrebbe venirne coinvolto più di quanto potrebbe mai pensare. L'uomo che non fallisce mai, il Templare perfetto, sempre avvolto nel mistero. Colui che non crede a ciò in cui crede. Colui che vive la sua vita lontano dalla vita stessa. Il Lupo. "Mi dispiace per Fiora… Non avrà modo di migliorare la sua vita…"
Tutti combatteranno la loro battaglia. Fiora, Il Lupo, Ezio, Severino, Emiliana... Le convinzioni più forti vacilleranno. Chi sceglierà ciò che è giusto? E chi sceglierà ciò che crede giusto?
"E’ tenace… Non vuole morire…"
"Non morirò per mano di un Templare! "
Assassin's Creed - Rebirth -
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Ezio Auditore, Il Lupo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Assassin's Creed: The Rebirth'
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Il Capitano era sul suo cavallo grigio e salutava la folla con un braccio alzato. Tutta la piazza era gremita di persone. I tetti erano ricoperti di soldati armati di archibugi. Attorno al capitano c’erano la Ladra, su un altro cavallo, il Mercenario con la sua spada larga alla cintura, e il Nobile, ingobbito, con lo sguardo torvo rivolto verso la folla. Non lontano c’erano i due Arlecchini che facevano degli spettacoli con i coltelli, per divertire dei bambini e altri spettatori. Il Frate era nascosto dietro le colonne del Pantheon. Il Carnefice era seduto su una panchina, lontano dalla folla. Il Grassatore era in mezzo alla gente, e si guardava intorno circospetto. Il Cerusico stava curando un paziente su una barella. Il Fabbro stava battendo alcune armi con il suo martello in una bottega lì vicino.
Una figura incappucciata osservava la scena da lontano, nascosta nell’ombra… Cominciò a camminare. Il suo passo era lento, ma pesante; come se ogni passo celasse una rabbia inarrestabile. Si sorprese vedendo che nessuno lo aveva attaccato, ancora, quando uscì alla luce. I civili si spostavano, al suo arrivo, riconoscendolo. Lui, inarrestabile, camminava con lo sguardo fisso verso il Capitano. Due guardie si accorsero di lui. Scattò col polso ed estrasse il pugnale. Si scansò a sinistra, per poi infilare il pugnale nello stomaco della prima guardia. Poi infilzò la seconda guardia con la lama celata nel fianco e la uccise.
Continuò a farsi strada tra la gente. Raggiunse la fine della folla, dove cominciava la fila di soldati che facevano la guardia. Uccise altre due guardie con il pugnale e la lama celata, aprendosi un varco. Scattò col polso e ripose il pugnale. Si fermò al centro della piazza, dove sei guardie lo accerchiarono, tenendogli puntate le lance alla testa. I Templari lo fissarono.
Donato rise sprezzante. Scese da cavallo e disse:<< Il Lupo! Mi fa piacere che tu sia venuto qui, quest’oggi. >> Rise di nuovo. << E so anche perché sei qui! >> Si voltò alzando il braccio, indicando il tetto del Pantheon. Il Barbiere e la Cortigiana apparvero sul bordo. Lui la teneva ferma, col rasoio puntato alla gola. Il Lupo non si potè trattenere dal ringhiare. Fiora tentava di divincolarsi, ma Baltasar era più forte di lei. << Ma sei stato ingenuo! >> Disse Donato. Rise. << Perché io non sono Baltasar: e non faccio accordi con i traditori! >> Continuò. << Ucidetelo! >> Le guardie stavano per ucciderlo con le lance. Quando spinsero le lance, Il Lupo si abbassò, si voltò tenendosi in equilibrio con la mano destra e spinse in avanti la lancia della guardia che aveva davanti. La lancia trapassò il petto della guardia dietro di lui. Prese la lancia di quest’ultima e uccise la guardia disarmata. Dopo girò la lancia sopra di se, e uccise le altre guardie. I soldati si accasciarono a terra, agonizzanti. Donato mandò due guardie a cavallo, ad ucciderlo. Il Lupo lanciò la lancia verso la guardia alla sua destra, spingendola via. Poi schivò la spada della guardia alla sua sinistra, scattò col polso e gli saltò addosso. Lo fece cadere da cavallo e gli trapassò la gola. Si rialzò con la lama celata sporca di sangue e fissò Donato.
<< TEMPLARI!!! >> Chiamò il Capitano. Faustina scese da cavallo ed estrasse la sua mezza forbice dalla manica. Fra’ Ristoro premette il bottone del suo pugnale e uscì alla luce del sole. Silvestro armeggiò col suo braccio meccanico e si accostò a loro. Rocco estrasse la sua spada. Auguste uscì dalla bottega in cui stava lavorando. Malfatto uccise il paziente che stava curando e si unì agli altri. Lanz uscì dalla folla facendosi strada tra le persone. Caha e Cahin impugnarono i coltelli e andarono ad aggregarsi. Il Carnefice si alzò dalla panchina su cui era seduto ed estrasse la sua ascia.
Donato, circondato dai Templari, estrasse la sua spada e ne saggiò il filo con le dita, sorridendo. La puntò contro Il Lupo, ma ebbe una faccia sorpresa. Tutti i Templari sembravano sorpresi. Il Lupo non capì perché. Si guardò intorno e si stupì di vedere alla sua destra Ezio Auditore, che gli lanciava uno sguardo amico, Emiliana Santi, che fissava i Templari con indifferenza, Marco Melozzi che lo guardava in volto interrogativo, Ulrico Ursini, Giovanni Guglielmi e Tullio Tagliapietra, che estraevano le loro armi. Alla sua sinistra invece c’erano Orfeo Occhionero, che lo rassicurava con un sorriso, Fabiola Fornari, sempre sorridente, Severino Stornello che stringeva gli antibracci, Luca Lombardi che estraeva le armi e Paolo Simoni che guardava torvo i Templari.
Donato assunse uno sguardo sprezzante. << Se ci attaccherete Baltasar De Silva ucciderà Fiora Cavazza! >>
<< Io non mi preoccuperei di quello… >> Rispose Ezio. Il Lupo ancora non si era ripreso dallo stupore.
<< Ma che diavolo stanno facendo là sotto? >> Si chiese Baltasar.
<< Perché fai questo, Baltasar? >> Chiese Fiora.
<< Perché non posso più fidarmi né di te, né del Lupo! Non mi lascerò prendere dalla compassione ancora una volta! >> Rispose il Barbiere puntandole la lama alla gola.
<< Sei un mostro, Baltasar! Sei solo un mostro! >> Urlò Fiora.
Una figura in bianco comparve alle spalle di Baltasar e lo colpì con la sua lama celata al fianco. Baltasar perse l’equilibrio e cadde. Riuscì ad aggrapparsi al bordo appena in tempo per non cadere. Vide la figura incappucciata che teneva Fiora per un fianco, per evitare che cadesse. << Già… >> Disse Severino Sabelli. << Proprio un mostro… >> Mise il piede sulla sua mano e lo spinse giù. Baltasar urlò, mentre cadeva nel vuoto. Il terrore e la sconfitta nei suoi occhi.
<< Non temere, Fiora: ora ci sono io. >> Disse Severino. Fiora ansimava ancora. Non riusciva a credere che ora era libera. Si sporse per vedere il suo vecchio mentore cadere nel vuoto.
Baltasar si schiantò a terra, dietro i Templari. Non si mosse. Uscì dalla sua gola solo un lungo e lento verso. Respirava affannosamente e non si muoveva. Cominciò a perdere sangue. Tossì e sputò sangue. Malfatto stava per andare ad accertarsi delle sue condizioni, ma Donato gli urlò di fermarsi. << Non possiamo permettere che ci rallenti! >> Malfatto non sapeva che fare. Ristoro gli intimò di tornare al suo posto con uno sguardo. Baltasar rimase lì a tossire, e a guardare Severino sul tetto del Pantheon.
I Templari partirono alla carica. Gli Assassini partirono per contrastarli. Al centro Il Lupo e Donato. Le spade nelle mani pronte ad essere usate. Il Lupo corse incontro a Donato, saltò e abbassò la lama celata tentando di colpire il Templare. Le due fazioni si scontrarono, e ognuno si ritrovò a combattere.
Ezio contro Ristoro, Orfeo contro Lanz, Emiliana contro Rocco, Fabiola contro Caha, Paolo contro Auguste, Severino contro Cahin, Giovanni contro Silvestro, Luca contro Malfatto, Tullio contro il Carnefice, Marco e Ulrico lottavano contro delle guardie. Il Lupo incrociava la sua spada con Donato.
<< Ti senti così potente, ora che ci sono gli Assassini? >> Chiese Donato scagliando un fendente da sinistra. Il Lupo si abbassò e attaccò le ginocchia del Templare. << Non gli ho chiesto niente! Sono venuti di loro iniziativa! >> Donato schivò indietro e abbassò la spada con forza sulla testa del Lupo. Quello si lanciò in avanti, sotto le gambe del Capitano, e, con una capriola, si rialzò pronto ad attaccare il suo avversario. << Pensavi davvero che mi sarei arreso? >> Chiese Il Lupo affondando la spada nell’aria. Donato parò girandosi e abbassò la spada del Lupo con la sua. << Davanti a Fiora in pericolo non avresti mosso un dito: perché hai fatto così? Non sapevi degli Assassini! >> Il Lupo attaccò Donato con la lama celata al volto. Quello indietreggiò fissando la punta della lama con timore. << Sapevo che Baltasar avrebbe indugiato nell’uccidere Fiora. >> << Avrebbe potuto non farlo. >> << Ma lo ha fatto! >> Disse Il Lupo ataccando Donato alla testa.
Ezio aveva appena colpito Ristoro con un calcio allo stomaco, quando il vecchio frate lo aveva tagliato col pugnale al braccio. Lui aveva indietreggiato, aveva fatto una capriola all’indietro e si era portato lontano da Ristoro. << Sei un combattente abile, Ezio, ma noi Templari siamo di più, e vinceremo la guerra! >> Disse Ristoro scagliandosi su di lui. Ezio indietreggiò e parò con la spada. << E’ vero che siete di più, ma noi siamo più affiatati! Vuoi dirmi che non ci sono contrasti tra di voi? Ho visto il tuo sguardo, quando Baltasar è caduto dal tetto, e non mi è sembrato affatto dispiaciuto! >> Rispose Ezio facendo scivolare in alto il pugnale del frate, che rise. << In effetti non dovrei essere contento di ciò, ma sono stato proprio io a consigliare di far salire Baltasar lassù… >> << Tutto questo perché…? >> Chiese Ezio. << Il potere, Ezio! Il potere che non riesco ad avere da anni sarà mio, una volta vinta questa battaglia! Baltasar è sempre stato un fratello scomodo, e non mi è mai andato a genio, nonostante la sua abilità e le sue conquiste per i Templari! Da quando c’è lui sono sempre stato considerato inferiore, antico! >> E tentò di colpire Ezio al fianco. << E poi è troppo buono! >> Ezio parò con la lama celata e graffiò la mano del frate, tagliando il suo guanto destro. << Questi sentimenti non esistono da noi Assassini! >> Ristoro prese il braccio dell’Assassino e lo lanciò girando su sé stesso. << Tutti gli uomini sono così! Tutti provano l’odio, la rabbia, l’invidia… Puoi nascondere questi sentimenti, ma non disfartene, Assassino! >> Ezio atterrò con agilità e si rimise in piedi con un balzo. << Voi Assassini non siete da meno! >> Ezio rispose:<< E’ vero. Noi non siamo diversi dagli altri… Ma diversamente dagli altri, noi agiamo diversamente! >> << Che bel gioco di parole… >> Disse Ristoro. << Fa proprio ridere! >>
Emiliana stava inseguendo Rocco Tiepolo, che dopo averla lanciata in aria, era fuggito, sguinzagliandole contro molte guadie, che lei aveva ucciso con facilità. << Scappi da una donna, bastardo? Sei solo un codardo! Fermati e paga per i tuoi crimini! >> Rocco si fermò strisciando gli stivali e sollevando un polverone. Sollevò la spada e tentò di colpire Emiliana con un fendente trasversale dal basso verso l’alto. Lei scattò indietro, piegandosi e potè vedere la lama della spada passarle davanti al viso. Si fermò e lo fissò con odio. Lui ricambiava con uno sguardo sprezzante. << Perché sei così infuriata con me? >> Emiliana si infuriò. << LO SAI!!! TU HAI UCCISO LA MIA FAMIGLIA!!! >> Rocco chiese mantenendo la calma:<< E tu come fai a saperlo? >> Emiliana lo guardò come per dirgli che non erano affari suoi, e si lanciò su di lui. Lui rise e parò il suo attacco. << E’ stata Fiora, vero? Te lo ha detto lei! >> << Sta’ zitto!!! >> << E ti sei fidata? Dovete essere davvero degli ingenui… >> << Non mi sono fidata! Ho seguito l’istinto! >> Cercò di giustificarsi l’Assassina. << Io non mi fido dei Templari, e non mi fiderò MAI!!! >> << Oh, certo. >> Disse Tiepolo allargando le braccia. << Non ti fidi, ma sei qui per salvare loro la vita… >> Emiliana lo fulminò con lo sguardo. Si lanciò su di lui con la furia di un leone.
<< Allora, Occhionero, come ci si sente a combattere al fianco di un Templare? >> Chiese Lanz dopo aver incrociato il pugnale con la cinquedea di Orfeo, e dopo avergli immobilizzato il braccio tenendolo fermo sotto la spalla. Orfeo tentò di liberarsi, ma non ci riuscì, e allora rispose abbassandosi e stendendosi sulla schiena. Spinse Lanz con le gambe e lo lanciò in aria. Si rialzò e disse:<< Non è più un Templare: è un uomo normale con un passato da Templare che ora vuole solo salvare una donna! >> Lanz atterrò con grazia e sorrise. << Forse siete un po’ troppo ingenui… >> Puntò il pugnale contro Orfeo. << E continuando così non sopravvivrete a lungo! >> << Così come, dando speranza agli altri? >> Chiese Orfeo scattando verso il suo avversario.
Fabiola stava cercando di colpire Caha, l’Arlecchina, che saltava da una parte all’altra e schivava tutti i pugnali che lei le lanciava. << La vuoi smettere di scappare e cominciare a combattere lealmente? >> Urlò dopo che la Templare aveva schivato il settimo coltello che l’Assassina le aveva scagliato contro. Saltò su una bancarella e si appese a una trave che usciva da un muro. La guardò a testa in giù, con un sorriso largo quanto l’intera faccia. << Guarda che non sei divertente; fai solo irritare! >> Caha saltò giù e diede un calcio a Fabiola, colpendola dietro la testa. L’Assassina cadde a terra. Si rialzò e si lanciò sulla Templare, che saltò in alto e atterrò alle sue spalle. Fabiola si voltò e puntò l’antibraccio verso Caha, che smise di sorridere. Premette il grilletto sull’antibraccio e sparò una pallottola che tagliò l’aria. Caha si piegò indietro per riuscire a schivarlo, tanto che dopo essersi abbassata, per rialzarsi dovette fare una capriola all’indietro. Fabiola approfittò dell’istante in cui la sua avversaria era distratta e le diede una gomitata sulla guancia, non appena si rialzò. Caha indietreggiò tenendosi la guancia. Dalla sua bocca uscì un rivolo di sangue. Caha si pulì con la manica e guardò Fabiola arrabbiata. << Ah! Finalmente hai smesso di ridere! >> Disse Fabiola estraendo la sua cinquedea dentellata. Caha tirò fuori il suo coltello e saltò verso l’Assassina.
Paolo e Auguste colpirono i loro martelli con forza immane. Indietreggiarono tutti e due. Auguste sorrideva per aver trovato un avversario degno. Paolo ansimava e non distoglieva lo sguardo dal nemico. << Sei un avversario abile, Paolo Simoni. Non ti piacerebbe stare dalla parte giusta? >> << Non dire stronzate, Auguste Oberlin! >> Rispose aspro Paolo. Auguste fece come di spolverare il manico del martello. << Eppure sono certo che si sentiresti come a casa, tra di noi. Saresti un Fratello perfetto… >> Paolo si infuriò. << Voi non cercate Fratelli, ma pedine che vi obbediscano senza discutere gli ordini: ecco cosa cercate! >> Auguste fece una smorfia di disapprovazione. << Purtroppo sei anche dannatamente perspicace… >> Paolo si infuriò e si lanciò su di lui.
Severino aveva appena menato un fendente in aria con la sua spada, e Cahin lo aveva schivato piegandosi. Aveva poi sfruttato la sua situazione per colpire il nemico con una capriola all’indietro. Severino perse la spada e si ritrovò a dover schivare gli attacchi incessanti del giullare. La sua maschera era un sorriso eterno, e lui voleva tanto togliergliela dalla faccia, giusto per distrarlo un po’… Cahin lo tagliò al braccio, e Severino cominciò a perdere sangue. Si teneva il braccio destro col sinistro, e intanto, indietreggiava. Si ritrovò con le spalle al muro, e, non sapendo cosa fare, aspettò l’attacco del Templare. Il coltello che Cahin impugnava nella mano sinistra sibilò nell’aria. Severino schivò a sinistra e il coltello si incastrò al muro. Diede un calcio alla mano destra del Templare, che rimase vulnerabile. Severino alzò la mano destra e tirò la mascherà. Cahin urlò e si coprì il viso, una volta persa la maschera. Si inginocchiò e lo guardò con odio. Severino vide il viso di un giovane proveniente da oriente sfigurato da una lunga cicatrice che andava dalla fronte al labbro, sfiorando l’occhio sinistro. << Questa cicatrice mi è stata fatta da uno di voi molto tempo fa… E da quando io e mia sorella siamo stati arruolati dai Templari ho cominciato a indossare quella maschera, e ho giurato che avrei ucciso tutti gli Assassini che avrei incontrato! E’ con quella maschera che posso vivere come un semplice arlecchino di giorno e mietere vittime di notte! QUINDI DEVI RIDARMELA!!! >> Severino scattò, mentre Cahin si rialzava per prenderlo. << Dovrai prima acchiapparmi! >> Disse. L’Arlecchino si lanciò verso l’Assassino con la furia di una belva.
Giovanni aveva colpito il “gomito” del braccio sinistro di Silvestro Sabbatini. La spada non aveva scalfito il metallo e per poco non rimaneva incastrata. << Davvero bravo… >> Disse il Templare ruotando la spalla. Si avventò su Giovanni puntando alla sua gola con le “dita”. Giovanni schivò il fendente e chiese:<< Perché servi ancora i Templari? Dopo quello che Cesare ti ha fatto… >> Silvestro non lo fece finire attaccando un’altra volta. << Sta’ zitto! Io sono un Templare! Per il mio errore ho pagato, e quello è un episodio chiuso! >> Giovanni sapeva di aver toccato un tasto dolente, e continuò:<< Tu hai paura di loro! >> Rise. << Di chi stai parlando? >> Chiese Silvestro infuriato e perplesso allo stesso tempo. << Di Cesare e di tutti gli altri Templari! >> Rispose Giovanni col sorriso di un bambino che si stava divertendo un mondo. Silvestro si infuriò e urlò menando fendenti col braccio. << COME TI PERMETTI, BASTARDO?! IO SONO SILVESTRO SABBATINI, E NON HO PAURA!!! NON AVRAI ALTRE OCCASIONI PER RIDERE DI ME!!! >> Giovanni saltò indietro e cominciò a schernirlo.
<< Allora, Cerusico, com’è uccidere persone che dovresti salvare? >> Chiese Luca, dopo aver fermato Malfatto che stava per infilargli la sua siringa nella gola. << I pazienti vengono da te per essere curati, non per essere uccisi! >> Disse. Malfatto non rispose, e continuò a fissare l’Assassino. << Sono certo che anche tu, un tempo, curavi la gente come gli altri medici, ma hai smesso di farlo perché uccidere era più divertente, giusto? O forse non volevi più aiutare il prossimo? >> Malfatto continuava a non rispondere. << O forse il motivo è che i Templari ti offrivano più soldi! Sì, deve essere questo il motivo per cui lavori per loro! >> Malfatto spinse via Luca e lo fissò intensamente. << Riesco quasi a vedere i tuoi occhi avidi di quel denaro sporco che guadagni! >> Malfattò scattò in avanti e tentò di colpire l’Assassino, ma la rabbia lo fece deconcentrare, e Luca schivò a sinistra. Lo colpì nello stomaco e lo spinse indietro. Malfatto cadde a terra dolorante. << Brucia la verita, eh? >> Chiese sorridente Luca. Malfatto si alzò. Lentamente si portò la mano alla maschera. La tolse, e il suo viso fu investito dalla luce del sole. Un uomo dai capelli rossi coperti dal cappello, la barba tagliata e gli occhi verdi, con delle occhiaie profonde. Uno sguardo sofferente negli occhi. Luca lo guardava come per dire: “ti ascolto”. << Un tempo ero un medico… Alcuni pazienti riuscivo a salvarli… Altri… Molti altri, morivano… Hai idea di cosa significhi? La gente viene da te per farsi salvare, e tu non riesci a curarli… Le minacce di vendetta delle famiglie… Le speranze infrante… A che serviva curare pazienti, se sarebbero morti, prima o poi? Caddi in depressione e non ne uscì mai. Non sapevo più fare il mio mestiere. Tutti i pazienti che venivano da me morivano. Poi mi trovarono i Templari, e mi diedero una speranza: la speranza di poter fare qualcosa di buono per la comunità! >> Disse il medico. << ”Di buono”? >> Ripetè Luca. << L’ordine è tutto! In una società governata da persone che sanno farsi obbedire tutto va per il verso giusto! Ma non se il popolo fa di testa sua: la gente ha bisogno di qualcuno che li comandi e li trattenga! >> Finì Malfatto. Luca era davvero sorpreso. << Non riesco a credere che crediate veramente alle cazzate che dite, voi Templari… >> Malfatto si rimise la mashera. << Dopo essere diventato un Templare cominciai a provare piacere nell’uccidere la gente… Soprattutto le donne! >> Disse. Luca era inorridito. Un uomo che prova piacere nell’uccidere non è normale. << Li trovavo e li uccidevo. A volte col veleno… Altre volte fingevo di curarli e poi li squartavo… >> << Mi fai schifo, Malfatto… >> Disse Luca con sguardo dispiaciuto. Malfatto si preparò a difendersi. << Puoi pensarla come vuoi… Almeno finchè non vincono i Templari! >> Luca inarcò la schiena e puntò la lama verso il Cerusico. << Non vincerete finchè rimarrà anche un solo Assassino sulla faccia della Terra! >>
Tullio parava i colpi del Carnefice con difficoltà, nonostante fossero della stessa massa e armati in modo simile. La differenza era che, al contrario del Templare, lui si controllava a menare fendenti con l’ascia, per evitare di perdere l’equilibrio, il suo avversario metteva tutto sé stesso in ogni fendente. Inoltre la sua ascia era più corta di quella di Tullio, e ciò gli permetteva più mobilità, anche se avrebbe dovuto avvicinarsi di più per combattere. Tullio parò un colpo puntando l’ascia verso il nemico, e questa blocò perfettamente l’arma nemica, che si incastrò. Tullio non sapeva come poteva essere possibile, e il suo avversario era stupito quanto lui. Cominciarono tutti e due a tirare le armi verso di loro, senza risultati. << Come mai combatti in questo modo? Così avventato… >> Chiese Tullio. Il Carnefice rise. << In combattimento bisogna dare sempre il massimo, altrimenti non si sopravvive! >> << Ma come diavolo pensi di vincere senza neanche un po’ di tattica? >> Chiese Tullio. << Tattica? >> Tullio girò su sé stesso e lanciò via il Carnefice, che perse l’ascia. L’Assassino posò l’ascia e staccò quella del Templare. La impugnò con la mano sinistra e disse:<< Ora non potrai più “dare il massimo”! >> Il carnefice rise. << Pensi che mi faccia scoraggiare? >> Tullio si lanciò sul Templare con le due asce nelle mani, pronto a porre fine al duello.
Marco e Ulrico erano circondati da guardie, e si davano le spalle. Ognuno dei due impugnava una spada con la mano destra, mentre nella mano sinistra tenevano la lama celata scoperta. Un soldato si lanciò su Marco, questo schivò a destra e Ulrico lo uccise alzando la spada di lato. Un’altra guardia saltò verso Ulrico con un coltello levato in alto. Questo gli trapassò la testa con la spada prima ancora che lo raggiungesse. Poi lo afferrò con l’altra mano e lo scagliò verso una barriera di soldati che correva verso i due Assassini. Quelli caddero a terra rovinosamente e Marco saltò su di loro per finirli. Ulrico lanciò un pugnale ad una guardia che correva verso di lui, si voltò per tagliare la gola a un’altra guardia alle sue spalle. Marco saltò indietro e si mise al fianco di Ulrico. Questo unì le mani. Marco mise un piede su di esse. Ulrico lo lanciò in alto, nel bel mezzo dei soldati, che cominciò a uccidere. Ulrico andò dall’altro lato. Pochi istanti dopo si ritrovarono insieme di nuovo, dandosi le spalle. << Che scocciatura, eh Marco? >> Chiese Ulrico. L’amico rise. << Sembrano non finire mai… Ma non c’erano altri Templari, prima? >> << Che vuoi dire? >> Chiese Ulrico uccidendo una guardia. Marcò sparò a un soldato e indietreggiò. << Mi ricordavo che c’erano anche Lia De Russo e Gaspar de la Croix. Dove sono? >> Ulrico saltò e tagliò la gola di un soldato. <> Disse. << In quanto a Lia… >> L’Assassino lasciò la frase a metà, come volendo dire di non saperne nulla. Marco uccise una guardia attraversandogli il petto con la spada e si guardò intorno. << Ma… Non c’era anche la Ladra, oggi? >> Ulrico si voltò a guardarlo interrogativo. Si guardò intorno. Nella piazza erano presenti tutti gli Assassini, tranne Severino che era sul tetto con Fiora, i Templari e molte guardie della città, di cui Donato Mancini era capitano, ma di Faustina Collari neanche l’ombra… << Forse è fuggita all’inizio della battaglia… >> Disse dando poca importanza alla cosa.
Severino e Fiora erano sul tetto del Pantheon e osservavano la scena dall’alto.
<< Non ti preoccupare. >> Disse lui. << Ezio sa quello che fa; Il Lupo ne uscirà senza neanche un graffio! >> Fiora annuì fiduciosa. Tornò a guardare il campo di battaglia. La situazione sembrava molto disordinata, ma non era grave. Gli Assassini se la stavano cavando egregiamente, ma c’era un dettaglio che la inquietava…
<< Faustina! >> Esclamò. << Dov’è finita? >> Chiese cercandola per il campo di battaglia. Severino scrutò la piazza. << Se fosse scappata? >> Fiora scosse la testa. << No… Quella donna prova piacere nell’uccidere, e la battaglia la rende pazza! >> Disse preoccupata. << Non abbandonerebbe mai uno scontro. >> Severino scrutò di nuovo la piazza. << E non sapere dov’è mi mette in ansia… >> Finì angosciata.
Severino sentì come una folata di vento alle sue spalle. Si voltò e sentì un dolore acuto alla schiena, dalla zona lombare fino alle spalle. Fiora si voltò e lo vide cadere in avanti, nel vuoto. Urlò il suo nome. Si voltò e vide Faustina Collari far roteare la sua mezza forbice col dito. Sul viso un’espressione di estasi e follia. Fiora estrasse il ventaglio e lo aprì.
<< Sembra che siamo giunte alla fine… >> Disse Faustina allargando le braccia. Diede uno strattone alla mezza forbice per pulirla. Il sangue di Severino schizzò via dalla lama.
<< Puttana… Non mi farò uccidere da una come te! >> Esclamò Fiora fuori di sé.
<< Che bel complimento, fatto da una come te! >> Rispose Faustina, che si lanciò su Fiora con un sorriso enorme.
Severino stava cadendo. Straziato dal dolore, tirò le cordicelle del paracadute che portava sulle spalle. Purtroppo aveva preso troppo slancio, e ne fu avvolto. Il paracadute si strappò. Come Baltasar De Silva, si schiantò a terra, e rimase lì, immobile, rantolante, a guardare il cielo. Ora capiva come ci si sentiva a cadere nel vuoto dopo aver tentato di aprire un paracadute. Gli venne da ridere, perché era la stessa cosa che era successa al Lupo, solo che, in quel momento, non c’era niente da ridere…
Sentì qualcosa muoversi verso di lui. Con orrore vide Baltasar De Silva, sporco di sangue e tremante, un’espressione disperata e rabbiosa allo stesso tempo sul viso, gli poggiava il rasoio sulla gola. Severino tentò di muoversi, ma non ci riuscì, e Baltasar gli tagliò la gola. Dopodichè, morì. Un fiotto di sangue uscì dalla gola dell’Assassino, e Severino perse i sensi.
Il Lupo aveva notato la caduta di Severino, come tutti, del resto, e attaccò Donato.
<< Chi c’è sul tetto? >>
<< Che vuoi che ne sappia? >> Rispose Donato parando la spada. << Io non ho dato nessun ordine! >>
<< E’ stata la Ladra, vero? E’ l’unica assente! >> Disse Il Lupo. Sapeva di avere ragione, ma avrebbe preferito di no. Faustina era terribile in battaglia, e non sapeva se Fiora avrebbe potuto tenerle testa. Donato rise. << Sei troppo intelligente per credermi, vero? >> << Dunque l’hai mandata tu! >> Esclamò Il Lupo spingendo indietro il Templare. << No. Ha deciso di testa sua! >> Disse rispondendo alla spinta. << Ha sempre mostrato questa capacità di pensare con la sua testa… >> Il Lupo si infuriò. Come si permetteva di pronunciare il suo motto? Lui, un Templare – un uomo che non sa vedere oltre i suoi fini – che parla di pensare con la propria testa?
<< E tu credi di pensare con la tua testa? >> Chiese Il Lupo. Donato si fermò per un istante. Il Lupo lo fissava con disgusto. << Certo! >> Rispose con un sorriso sprezzante. << No, non è vero. >> Disse Il Lupo atono. << Sei solo un fantoccio che crede di agire per qualcosa di grande, ma che mira solo a un obiettivo, il resto non importa! >> Donato si irritò. << E quale sarebbe questo obiettivo? >> Il Lupo rispose con noncuranza. << Non sono un indovino, ma conoscendoti, direi che è essere il più temuto uomo sulla Terra. >> Donato sollevò lo sguardo. << Vuoi il potere di un dio. >> Il Lupo sorrise. Sapeva di aver detto la verità. Donato, da prima incupito, si mise a ridere.
<< Sei un vero genio, Lupo! >> Disse avanzando con la spada in mano. << Peccato che morirai oggi! >> << Ti piacerebbe, bastardo! >> Rispose Il Lupo andandogli incontro.
Fiora era stata ferita alla guancia, e aveva ricevuto un calcio sullo stomaco. Faustina rideva come una matta, e sembrava non fare caso al filo della lama del ventaglio di Fiora, che a volte le sfiorava la testa, e lei non faceva nulla per schivarlo. Per lei infliggere danni era tutto!
Fiora era esausta, e non sarebbe finita finchè una delle due non sarebbe morta – dunque, non presto.
<< Non ti arrendi ancora, Fiora? >> Chiese Faustina tagliando l’aria sopra la testa di Fiora. Lei si abbassò per evitare la lama, ma la Ladra fu rapida e, dopo essersi abbassata, le diede un calcio in viso che la fece balzare indietro. Fiora si tenne una mano sulla bocca, dolorante. Faustina non le diede respiro; si alzò e le saltò addosso. Fiora si sdraiò e la spinse via, sperando che cadesse dal tetto, ma non andò così: la Ladra si aggrappò al bordo e si tirò su. Era di nuovo in piedi, mentre Fiora non si era neanche tolta la mano dalla bocca. Si alzò a malapena. Faustina sorrise nel vedere che la sua avversaria non si era ancora arresa. Adorava le persone dalla forte volontà. Scattò verso Fiora con la mezza forbice puntata al petto della donna, pronta a ucciderla. Fiora si scansò di lato e diede una gomitata nella schiena alla Templare. Faustina fu spinta indietro dal colpo e perse l’equilibrio. Era un’occasione che non si sarebbe più presentata! Fiora girò il ventaglio nella sua mano destra e tagliò il fianco sinisto della Ladra. Questa trattenne un urlo di dolore. Si voltò levando il braccio sinistro, e colpì Fiora, facendola cadere a terra. Nei suoi occhi c’era il terrore. Si toccò la ferita con la mano sinistra, e la osservò con interesse e una punta di divertimento. Cominciò a tremare, e poi si mise a ridere silenziosamente. Fiora si teneva alla larga da quella pazza.
<< E’ così, dunque? E’ così che accade? Quando vieni ferita e perdi sangue ininterrottamente? Uccidere porta alla morte… Tutte le anime che ho stroncato ora stanno rivendicando la mia vita… >> Girò lentamente la testa verso Fiora e la guardò con un sorriso mesto. << Non è così? >> Fiora si alzò furiosa e le puntò il ventaglio contro. Si lanciò su di lei e menò un fendente da destra a sinistra. Faustina, la mano insanguinata, schivò il ventaglio e immobilizzò Fiora prendendole le mani. Le abbassò e avvicinò il suo viso al suo. Ora c’era un sorriso folle, su di lei, e mentre parlava sembrava essere impazzita. << Vuoi uccidermi, Cortigiana? Ma qualcuno un giorno ucciderà te! E’ la vita, e non ci puoi fare nulla! Ma se fuggiamo possiamo salvarci e sopravvivere! Mettiamo da parte l’odio e scappiamo dall’ira dei nostri sicari!!! >> Fiora non capiva più nulla. << Sei pazza?! >> Chiese dando uno strattone alla Templare, che fu spinta indietro. Ora nei suoi occhi c’era il vuoto. << Ciò che dici non ha senso! >> Esclamò Fiora. Faustina rise. << Hai ragione… In fondo io sono solo la tua nemica! Perché dovremmo mettere da parte le ostilità? >> Urlò e si avventò su Fiora. << NON MORIRO’ OGGI!!! >> Fiora tentò di fermare la furia di Faustina, ma era piuttosto confusa. Quella donna era pazza, e quello che aveva detto non aveva alcun senso. Sollevò il ventaglio, puntando alla gola. Anche Faustina puntava alla gola dell’avversaria. Ci fu un istante in cui nessuna delle due donne vide più nulla. Fiora aveva tagliato la gola di Faustina molto in profondità, ma Faustina aveva ferito Fiora al petto, proprio sopra al cuore. Tutte e due caddero a terra. Sanguinavano. Faustina aveva uno sguardo vuoto, mentre Fiora era incredula. Non riusciva a credere che sarebbe morta sul serio! Aveva lottato con tutte le sue forze, e ora stava morendo. Tra le sue dita sentiva ancora il ventaglio coperto di sangue.
Se me lo avessero detto non ci avrei creduto… E’ troppo ingiusto! Pensò tristemente. Tutto questo per morire. Tutti quanti si sono fatti in quattro per proteggermi e io sono morta in un attimo… Il Lupo. Lui ha perso tutto, per me… Dagli occhi di Fiora cominciarono a scorrere delle lacrime. E io non gli ho detto che lo amo.
Il Lupo aveva appena ferito Donato al fianco, che ora faticava a combattere. Il Lupo sapeva che sarebbe riuscito a sconfiggere il Templare, ma solo se non si sarebbe distratto! Bastava un attimo e sarebbe potuto morire!
<< Sei così insistente… >> Disse Donato che tentava di schivare gli attacchi. << Sai che la tua cara Fiora sarà di sicuro morta, a quest’ora? >> << ZITTO!!! >> Urlò Il Lupo. Colpì la spada di Donato con tanta forza da farlo barcollare.
<< RIDAMMI LA MIA MASCHERA!!! >> Urlò Cahin, mentre Severino correva via da lui. << D’accordo, tieni… >> Disse Severino arretrando e lanciandogli la maschera. Cahin la afferrò con sguardo avido e fece per mettersela sul viso. Ma Severino fu rapido come una volpe, e lo infilzò al fianco con la spada. Cahin rimase nella posa in cui era per qualche secondo. Poi la sua espressione mutò in terrore. Severino, con il rimpianto che sentiva sempre quando uccideva qualcuno, scattò col polso e gli trapassò la gola. L’Arlecchino cadde a terra. Lo sguardo perso nel vuoto. Severino gli posò la maschera sul volto. << Requiescat in pace. >> Disse.
Caha, che stava combattendo contro Fabiola, si distrasse, vedendo il fratello cadere sotto i colpi dell’Assassino. Urlò il suo nome, ma lui era morto. Respinse Fabiola, che si stava avventando su di lei, e corse verso il fratello. Severino non la fermò. Si accasciò sul corpo del fratello e cominciò a piangere. Strattonava il suo corpo inerte, parlava una lingua sconosciuta e singhiozzava. Severino assistette a quella scena pietosa. Fabiola si avvicinò con gli occhi sgranati.
<< Lo sapevo… Sapevo che non avremmo mai dovuto unirci ai Templari… >> Si rivolse ai due Assassini. << Glielo avevo detto di non farlo… Che tutto questo non avrebbe portato nulla di buono… >> Abbracciò il fratello. << E ora… >> Si perse d’animo. Tolse la maschera al fratello. Si tolse la maschera dal viso e le sue lacrime le rigarono il volto, portando via il trucco. Severino e Fabiola si guardarono senza sapere cosa fare. << Uccidetemi. >> Disse Caha. << E’ per questo che siete qui, no? Io non voglio vivere senza mio fratello. >> Severino guardò triste Fabiola, che ricambiò lo sguardo. << Requiescat in pace. >> Sentenziò. Caha baciò il fratello. La uccise con la lama celata, in fretta. Severino si alzò e rilassò il polso. Aveva negli occhi uno sguardo mesto. << Quanto odio fare questo genere di cose… >>
Ezio aveva inseguito Ristoro dentro al Pantheon. << Fermati, Ristoro! Affrontami! >> Il frate si voltò. << Sei molto insistente, Ezio. >> Sorrise beffardo. << Non dovresti scappare dalla battaglia. >> Ezio rispose al sorriso. << Ma perché rifugiarsi qui? Non ci sono vie di uscita… >> Ristoro annuì. << Volevo farti sentire una cosa… >> Disse. Ezio lo guardò interrogativo. Il Templare sollevò un dito e puntò verso il tetto. Il tetto era aperto, e si sarebbero potuti sentire i rumori dello scontro che stava avendo luogo lì fuori, se ci fosse stato uno scontro… Ezio lo capì. << Faustina avrà già vinto. >> Disse fra’ Ristoro con un sorriso perfido. Ezio si buttò addosso a lui, furioso. Il frate lo infilzò nel fianco col pugnale. Ezio si accasciò a terra. Ristoro uscì fuori.
Il Lupo colpì Donato alla schiena col dorso della spada. Quello cadde a terra. Ormai era ricoperto di ferite. Perdeva sangue dal fianco, la sua armatura era ammaccata sul petto e aveva dei tagli sul viso, uno molto profondo sulla guancia sinistra. Il Lupo aveva un taglio sulla fronte, dalla quale era uscito del sangue che, dopo essergli passato sopra all’occhio destro, gli era arrivato fino al mento. Sembrava essere molto stanco. Si teneva un fianco, alla quale era stato ferito. I vestiti erano imbrattati di sangue, in parte suo, in varie parti del corpo.
<< Sei pronto a morire, vecchio? >> Chiese.
Donato cercava di indietreggiare, ma era troppo stanco, e fissava Il Lupo con un espressione di pietà. << Per favore, Lupo… Siamo amici da tempo… >>
<< Noi non siamo amici! >> Scandì Il Lupo prendendolo dal colletto. Scattò col polso. << Che il padre della comprensione ti guidi! >> Disse. La lama celata calò giù veloce, e gli trapassò la gola. Tutto tremò, il terreno cominciò a sparire, e Il Lupo si sentì trasportare in un luogo lontano…
Si ritrovò in un luogo impossibile. Una stanza enorme – forse infinita – dal colore azzurro chiaro, dove passavano nubi che lo investivano. Era lontano dalla battaglia, e non sentiva più nessun suono. Era in ginocchio, e davanti a lui c’era Donato, sdraiato, morente.
Rise. << Alla fine mi hai ucciso, Lupo… >> Il Lupo si avvicinò a lui, e lo fissò con asprezza. << Ma non sai che hai condannato tutti voi! >> << Cosa? >> Chiese Il Lupo tenendo la testa a Donato, come per farlo parlare. << Ho ordinato a Ristoro di fuggire e tornare a Castel Sant’Angelo, se fossi dovuto morire, e raggiungere Lia De Russo, che aspetterà lui per attivare il Frutto dell’Eden su di voi! >> << Il Frutto dell’Eden?! >> Esclamò Il Lupo. Donato sorrideva sprezzante. << Vi farà perdere ogni ricordo di tutto questo! A voi, agli Assassini, alle persone che oggi erano in piazza… >> Il Lupo aveva ormai capito che era questione di tempo, e sarebbero diventati tutti servi dei Templari. Donato rise. << Voglio proprio vedere come farai… Il Lupo… >> Si accasciò a terra e morì.
<< Bastardo… >> Disse sprezzante Il Lupo. Non riusciva a credere che quell’uomo gliel’avesse fatta un’altra volta. Ora doveva andare…
Tutto tornò come prima. Era in mezzo al campo di battaglia. Ristoro era appena uscito dal Pantheon, e guardava incredulo Il Lupo di fronte al corpo di Donato. Cominciò a correre. Dal Pantheon uscì anche Ezio. Si teneva il fianco con una mano. Doveva essere ferito, ma la corazza lo aveva protetto abbastanza da salvarlo.
<< EZIO!!! >> Chiamò Il Lupo. << SEGUI RISTORO!!! NON FARLO ARRIVARE AL CASTELLO!!! >> Ezio diede una veloce occhiata a Ristoro, poi annuì e si mise a correre dietro di lui. Il Lupo si ricordò cosa doveva fare, e si mise a correre… Mentre correva si fermò a guardare il corpo di Baltasar De Silva accasciato su quello di Severino Sabelli. Gli si avvicinò e disse:<< Requiescat in pace, mentore… >> Guardò poi Severino. Fece per sentirgli il battito, ma quello gli afferrò la mano e lo guardò intendendo che non aveva bisogno di aiuto: aveva qualcosa di più importante da fare. Il Lupo capì cosa intendeva, e annuì. Lo rassicurò e si mise a correre… 
Tullio diede un fendente con la sua ascia al ventre del Carnefice, che schivò saltando indietro. Allungò il braccio su cui teneva l’altra ascia e la puntò al viso del nemico, che fermò prendendogli il braccio. Tullio si divincolò e attaccò con la sua ascia al viso del Carnefice, per farlo indietreggiare, ma questo afferrò il manico dell’arma e, girando su sé stesso, gliela strappò dalle mani, e gliela puntò contro. Tullio la fermò con l’altra ascia che aveva in mano. Le due armi si incastrarono di nuovo. Il Carnefice era distratto: Tullio scattò col polso destro e colpì il nemico al viso, uccidendolo. Il Carnefice cadde a terra. Tullio raccolse la sua ascia e gettò l’altra sul corpo del Templare, dicendo:<< Requiescat in pace. >>
Giovanni parò il “braccio” di Silvestro con il suo pugnale. Silvestro era ormai infuriato. Attaccava con furia e senza fermarsi mai, ma le sue mosse erano diventate più prevedibili. << Che ti succede? Non ti sembrano un po’ patetici, questi attacchi? >> Chiese. Silvestro ringhiò. << Forse stai per cedere? >> Il Templare liberò il braccio dal pugnale e lo alzò in alto, per poi abbassarlo con tutta la sua ira. Giovanni si gettò a terra, scattò i polsi e infilò le lame nel “braccio”, incrociandole. Poi diede uno strattone verso l’esterno e la protesi di Silvestro si spezzò. La parte con le “dita” cadde a terra, e Giovanni la raccolse, mentre il pezzo dal gomito in su rimase attaccato alla spalla del Templare. << Dev’essere proprio fastidioso, un aggeggio del genere… Ora come ti senti, Silvestro Sabbatini? >> Chiese l’Assassino. Silvestro cominciò ad arretrare con in volto un’espressione di orrore. Giovanni scatto il polso e lo uccise. << Requiescat in pace. Ora la tua paura non ti perseguiterà più. >>
Orfeo ansimava, non era portato per la battaglia, e perdeva sangue dalla spalla destra, dove Lanz lo aveva tagliato con pugnale. Parò un attacco del Templare con la cinquedea e mirò al fianco destro con la lama celata. Lanz saltò sulle spalle dell’Assassino e si aggrappò alla sua testa con le ginocchia. << Ora sei mio! >> Esclamò sollevando il pugnale. Lo abbassò con forza. Orfeo ebbe poco tempo per pensare. Si abbassò fino a rimanere sdraiato sulla schiena. Lanz perse l’equilibrio e lui ne approfittò per spingerlò indietro con le gambe, facendo forza sulla schiena. Il Grassatore cadde a faccia in giù. Orfeo si obbligò a continuare, quindi si girò e saltò addosso a Lanz con la lama celata estratta. Lui si voltò e gli puntò il pugnale contro, ma non riuscì a fermare la spinta dell’Assassino, che si abbattè su di lui, lacerandogli la gola. Orfeo fu però ferito al petto. Emise un gemito e si spostò dal corpo di Lanz tenendosi il punto in cui era stato ferito. Si sdraiò e si mise a guardare il cielo. << Requiescat in pace… >> Ansimò.
Malfatto aveva tentato di pungere Luca molte volte con la sua siringa, ma era stato tutto inutile: il pericolo lo aveva reso molto cauto e raramente si scopriva. Ora il Templare stava cercando di pungere l’Assassino nel braccio. Luca aveva attaccato Malfatto al fianco, ma questo aveva schivato di lato, e ora aveva il suo braccio davanti agli occhi. Lo aveva bloccato e stava per calare la siringa, ma Luca tirò il braccio con forza e lo fece cadere. Malfatto perse la siringa. Si mise a cercarla. Senza era perduto. La trovò, ma luca ci posò il piede di sopra. << Non ho parole per esprimere il disgusto che provo nei tuoi confronti… >> Lo guardò sprezzante, come qualcosa che non meritava pietà o compassione. << Provi piacere nell’uccidere la gente, mentre come medico dovresti fare di tutto per salvarla. >> Luca premette sulla siringa, che si ruppe con un rumore di vetri infranti. << Mi fai schifo! >> Malfatto indietreggiò, ma era inutile. << Non lascerò in vita un simile mostro! >> Disse Luca. Scattò col polso e lo uccise. << Requiescat in pace, bastardo… Che tutte le anime che hai stroncato trovino la forza di perdonarti. >> Disse.
Auguste aveva attaccato Paolo al costato, e ora l’Assassino non riusciva più a respirare bene. << Buon riposo, Polo Simoni! >> Urlò saltando. Paolo era stanco e non sarebbe riuscito a schivare l’attacco del Fabbro. Auguste tirò su il martello e lo abbassò con tutta la forza che aveva in corpo. Avrebbe fracassato il cranio di Paolo, ma l’Assassino sollevò il suo martello e deviò la traiettoria dell’arma nemica. Auguste fu trascinato dalla sua stessa furia, e rotolò a terra. Si alzò con difficoltà, e Paolo gli sparò a una gamba. Quello si accasciò a terra. Paolo si avvicinò ansimante. Il Fabbro si teneva il punto in cui la pallottola lo aveva colpito, e guardava Paolo con rabbia. << Credo di non voler riposare ancora, sai? >> Disse l’Assassino ansimando. << Ma tu mi sembri molto stanco. >> Scattò il polso e uccise Auguste Oberlin. << Requiescat in pace, Auguste Oberlin. >> Disse.
<< Sono davvero insistenti, non trovi, Marco? >> Chiese Ulrico. I soldati continuavano ad attaccarli e nessuno sembrava volersi arrendere. << Resisti, Ulrico. >> Rispose l’altro. << Sembra che stiano diminuendo. >> << Oh, non ne dubito! Ne abbiamo uccisi così tanti che ormai avranno dovuto richiamare quelli fuori città! >> Scherzò Ulrico. Saltò addosso a un soldato e lo scaraventò verso un gruppo di guardie armate di lancia. Marco lanciò una bomba fumogena e uccise tutti i soldati che ne furono distratti. Ulrico diede un pugno in faccia a una guardia e prese al volo Marco, che gli era corso incontro. Lo fece roteare e lo lanciò nella mischia. << Dovremmo cominciare a prendere la cosa un po’ più seriamente… >> Disse uccidendo una guardia alle sue spalle senza neanche voltarsi. << Io credo che dovremmo cominciare a prendere tutto più seriamente! >> Rispose Marco dopo essere saltato addosso a due guardie. Ulrico rise alla sua battuta, e sparò a un bruto che stava per attaccare l’amico.
Emiliana era ferita alla gamba sinistra, al ginocchio, e perdeva sangue dal labbro, dove aveva ricevuto un pugno. Inoltre Rocco Tiepolo le aveva procurato una ferita profonda sopra al sopracciglio destro, e il sangue le era colato nell’occhio. Così continuava a combattere con un occhio solo, e Rocco le era scappato. Ora stava approfittando della sua temporanea cecità per sorprenderla. << Merda! Dove diavolo si è nascosto quel bastardo? >> Si chiese arrivata in un vicolo vuoto, dove lo aveva visto sparire. << Una signorina come lei non dovrebbe esprimersi così! >> Disse una voce alle sue spalle. Era Rocco Tiepolo, e la aveva sollevata da terra. Le aveva poi tappato la bocca e le impediva di respirare. << Forse dovresti imparare ad essere meno irruenta. >> Le disse. Emiliana tentò di divincolarsi, ma Rocco la teneva stretta in una morsa e le veniva difficile anche il più piccolo movimento. Era furiosa. Non sarebbe dovuta cadere nel suo tranello! E la colpa era tutta sua, perché, come aveva detto Rocco, era stata troppo irruenta.
Rocco si sentì tirare l’abito. Si voltò con sguardo interrogativo e vide di fronte a sé Severino Sabelli. Aveva strappato la cappa e l’aveva usata per fermare l’emorragia al collo. Lo guardava furioso. Aveva le lame celate estratte e stava per colpire il Templare. Rocco fece per parare Emiliana davanti a sé, ma Severino lo ferì alla spalla destra, e poi cadde a terra. Rocco urlò, e lasciò la presa su Emiliana, che scattò col polso destro e infilò la sua lama nel fianco di Rocco. Lui urlò di nuovo, e lei si liberò. Si voltò e si gettò su di lui urlando con tutta la furia che aveva in corpo. Gli lacerò il collo con la sua lama celata. Rocco Tiepolo cadde a terra, e morì. Emiliana si alzò ansimante. << Requiescat in pace, bastardo! >>
Era strano… Aveva aspettato quel momento da quando i suoi familiari erano stati uccisi, e ora era passato così in fretta… E lei non si sentiva diversa da prima… Sentiva la calma; sentiva l’appagamento per aver raggiunto l’obiettivo che aveva da molto tempo; ma non sentiva altro. Anzi: ora sentiva come un vuoto, dentro di sé. Non si era mai preoccupata di nulla, se non dei suoi nemici. Aveva finalmente scoperto che era stato Rocco Tiepolo ad aver eliminato la sua famiglia, e finalmente aveva vendicato la loro morte, ma era triste: triste perché aveva capito che la sua vita era finita! La sua vita non aveva più senso! Si era unita agli Assassini principalmente per trovare Tiepolo e porre fine alla sua vita, ma voleva anche proteggere il popolo! Questo proposito le era entrato nella testa ora! Prima non lo aveva mai considerato più di tanto.
Il suo sguardo cadde su Severino, accasciato a terra, ferito e rantolante. Si buttò su di lui e preoccupata. << Severino! Che cosa ti è successo? Come hai fatto ad arrivare fin qui con una ferita del genere? >> Chiese allarmata scostandogli la cappa dal collo. Lui tossì. Emiliana si spaventò. << Aspetta qui! >> Disse. << Vado a cercare aiuto! >> Emiliana si alzò e tornò nella piazza, a cercare qualcuno per medicarlo, o per portarlo al sicuro.
Come se potessi andare da qualche parte… Pensò Severino. Rimase lì, solo, con il cadavere di Tiepolo accanto. A quel punto svenne di nuovo. Aveva fatto il suo dovere, e ora poteva anche andare…
Sul tetto si sentiva forte il vento. Il Lupo era riuscito ad arrampicarsi, e si era mostrato a lui uno spettacolo terribile: Fiora era sdraiata a terra, coperta di ferite, il ventaglio sotto la mano aperta, e poco lontano da lei c’era Faustina Collari, morta. Lo sguardo vuoto verso il cielo. Aveva la gola tagliata e non si muoveva. Aveva ancora la mezza forbice in mano. A terra, lontano da lei, c’era il suo cappello. Doveva esserle volato durante il combattimento, o prima, perché non era sporco di sangue, a differenza degli indumenti delle due donne. Lo raccolse e si avvicinò a Faustina. Le passò le dita sugli occhi, chiudendogleli, e dicendo:<< Requiescat in pace. >> Poi posò il cappello accanto a lei e si rialzò. Si diresse verso Fiora. Aveva il viso bagnato, segno che aveva pianto. Era ferita sopra il cuore e in molti altri punti. Aveva ancora il ventaglio in mano, come Faustina. Il Lupo si rattristò a vederla in quelle condizioni. Sperava di dover essere l’unico a dover finire in quelle condizioni…
<< Sono venuto a prenderti, Fiora. >> Sussurrò. Le cinse la vita e la sollevò. Il suo corpo inerte sembrava senza vita, ma non voleva perdersi d’animo. Se avrebbe fatto in fretta, avrebbe potuto salvarla! Cominciò a camminare, per scendere da lì e portarla all’Isola Tiberina, da qualcuno che la potesse curare.
Il corpo di Faustina rimase lì…
Ezio saltò su una cassa e si aggrappò a una trave. Ci salì sopra e saltò su un tetto. Da lì vedeva Ristoro scappare molto in fretta. Doveva fermarlo prima che arrivasse a Castel Sant’Angelo, altrimenti sarebbero morti tutti! Si mise a correre, saltando da un tetto all’altro. Ristoro sapeva di avercelo alle costole, ma non si voltava per non perdere tempo. Cercò di infilarsi in un vicolo stretto, dall’altra parte della strada su cui correva Ezio. Lui saltò su un altro tetto e continuò a seguirlo. Ristoro svoltò a destra e uscì dal vicolo. Ezio si ritrovò davanti solo una piazza. Saltò per raggiungere il Frate: non c’era tempo per cercare un altro tetto. A quel punto Ristoro si aggrappò a un montacarichi. Ezio tentò di aggrapparsi a lui prima che salisse, ma rischiò di farsi schiacciare dal peso che portava il montacarichi. Cominciò così a seguirlo da terra. Sapeva, però, che sarebbe dovuto scendere, prima o poi. Gli era difficile capire cosa pensava quell’uomo dalla mente così contorta, anche col suo dono.
Continuò a seguirlo per tutta Roma. << Non ti stanchi mai, Ezio? E’ impressionante come riesca a correre per tanto tempo con quella ferita… >> Disse a un certo punto il Templare. Ezio rispose emettendo uno sbuffo:<< Non è la prima volta che vengo ferito, e questa non è neanche tanto profonda, dato che la corazza mi ha salvato la pelle… >> Ristoro rise. << E pensare che questa è la seconda volta che accade… >> Continuò l’Assassino. << E’ grazie a quell’armatura, dunque? In effetti sembra molto resistente. Chi te l’ha forgiata? >> Ezio rise alla domanda del Frate. << Nessuno. Era in un sotterraneo. Appartenne all’Assassino Bruto. E’ la seconda armatura che mi salva la vita in questo modo. >> << Prima non ce l’avevi? >> << Già! L’armatura che avevo precedentemente è andata perduta durante l’attacco a Villa Auditore. Immagino tu sappia di cosa sto parlando! >> Disse Ezio rabbuiato. << Oh, mi dispiace! >> Disse Ristoro con falsità.
Ormai erano quasi arrivati al castello. Ezio doveva fermare Ristoro, che era sceso dai tetti dopo aver superato un arco. Ezio era stato rallentato più volte da delle guardie, ma le aveva sempre liquidate in fretta.
Ristoro stava attraversando il ponte Sant’Angelo, ed Ezio era alle sue spalle. Come passavano la gente si levava di torno. Alcuni civili incitavano Ezio a raggiungere il Frate, perché molte persone appoggiavano gli Assassini, e Ristoro era ben conosciuto come un poco di buono, e nonostante fosse un frate, neanche la Chiesa era riuscita a coprire tutto quello che lui aveva fatto… Nemmeno i soldati si paravano fra loro.
Ristoro sembrava chiamare qualcuno nel castello, ma non sembrava accadere nulla…
<< Quella puttana… E’ troppo stupida! Starà aspettando il mio arrivo… Sarebbe stato meglio, ma lei non sa usare la Mela come me… Dunque preferisce aspettare me, per evitare di sbagliare qualcosa, ma così rischieremo troppo!!! >> Imprecò tra i denti Ristoro. Ezio si era accorto che c’era qualcosa che non andava. Doveva raggiungere il Frate prima che arrivasse sul tetto, dove sembrava guardare.
Ristoro mandò alcune Guardie Papali a fermare Ezio. Questo sparò alla prima, poi lanciò un pugnale nella fronte alla seconda guardia. La terza guardia gli corse incontro con la lancia puntata contro. Ezio saltò, afferrò la lancia, spinse la guardia con i piedi, girò la lancia e la uccise colpendola sul viso. Poi la lanciò verso Ristoro, che stava entrando nel castello. Questo si abbassò e schivò la lancia, salvandosi per pochi centimetri. Ezio tornò all’inseguimento. Ristoro entrò nel cortile attraverso il cancello interno. Ordinò alle guardie di abbassare le sbarre. Queste cominciarono a scendere lentamente. Ezio si costrinse ad andare più veloce, scattando in avanti. Restavano trenta centimetri di spazio. Si gettò a terra, e, con una capriola entrò nel cortile. Si rialzò, cogliendo gli sguardi di stupore delle guardie, che cominciarono a urlare. Sparò alla guardia a sinistra e lanciò un pugnale a quella alla sua destra. Riprese l’inseguimento. Ristoro entrò nel castello, sbattendo la porta in faccia ad Ezio. Si voltò, dopo aver constatato che la porta non si sarebbe aperta, e si accorse di essere circondato da guardie ben armate. Si guardò intorno per cercare una via di fuga, ma l’unica via di fuga era il muro: infatti l’obiettivo di Ristoro era il tetto. Allora Ezio comicniò ad arrampicarsi. Le guardie gli urlarono di scendere, ma lui non li ascoltò. Alcuni soldati armati di balestra cominciarono a sparargli contro, ma lui non si arrestava. Ogni piccola fenditura nel muro era un passo in avanti! Stava per arrivare in cima: doveva arrampicarsi sull’ultimo muro! Due guardie gli si pararono d’avanti e lui le uccise con le lame celate. Arrivato in cima, dove si innalzava l’asta che teneva la bandiera. Vide Lia De Russo, con in mano il Frutto dell’Eden, che aspettava Ristoro. Stava per saltarle addosso, quando da una botola uscì il Frate.
<< Perché diavolo non hai utilizzato subito la Mela?! >> Chiese infuriato.
<< Stavo aspettando te! Avrei rischiato di colpire anche te, se non fossi stato accanto a me! >> Si giustificò la Trafficante.
<< Ezio Auditore in persona mi è alle calcagna! >> Eslcamò Rsitoro adirato. Le strappò la Mela dalle mani e si arrampicò sull’asta. Lia lo seguì. Ezio balzò verso di loro. Ristoro lo vide e il suo viso perse tutto il colore di prima.
Erano quasi in cima all’asta, e senza pensarci neanche un attimo, spinse giù Lia De Russo, che cadde urlando, sperando che potesse rallentare Ezio. Lui tentò di schivarla e si lanciò su Ristoro in preda all’ira.
Scattò col polso e attaccò il Templare, che utilizzò il Frutto dell’Eden. Un lampo giallo ne uscì, ma Ristoro era distratto, e il lampo mancò Ezio e colpì Lia, che svenne mentre cadeva. Ezio allungò il braccio sul viso di Ristoro, ma il Frate spostò la testa a sinistra, e lo ferì sulla parte destra del viso: la lama tagliò dalla mascella fino alla fronte, passando per l’occhio.
Ristoro perse la presa, e cadde urlando. La Mela gli scivolò dalle mani. Ezio tentò di lanciarsi per prenderla, ma non ci riuscì. Cadendo posò un occhio su Lia De Russo. Vide una donna, non una Templare. Quel lampo doveva averle cambiato qualcosa dentro… Ebbe un’idea folle. Si lanciò per afferrarla! La prese per un braccio e si aggrappò con tutte le sue forze al parapetto. Guardò in basso e vide Ristoro cadere, sbattere contro i parapetti, contro le travi, precipitare giù e finire inerte nel Tevere. Il Frutto dell’Eden cadde in acqua con lui, e finì in fondo al fiume, a causa del suo peso.
<< Requiescat in pace… >> Disse rivolto a fra’ Ristoro. Diede un’occhiata al punto in cui era caduto il Frutto dell’Eden e pensò: Meglio così… Nessuno dovrebbe avere un simile potere…
Ezio guardò Lia De Russo, inerte, addormentata, penzolare attaccata al suo braccio. Con uno sforzo enorme la tirò su, e la fece sdraiare a terra, dopo essersi issato su, ovviamente. La guardò preoccupato, come se ora avesse un cucciolo a cui badare, e non era poi tanto diversa la situazione…
<< Direi che ce l’ho fatta… >> Disse mettendosi le mani ai fianchi e guardandosi intorno. Guardò di nuovo Lia. << Ahhh… >> Sospirò. << Gli altri come la prenderanno? >> 

   
 
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