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Autore: Alkimia    16/08/2013    6 recensioni
***Seguito di STRANGER THAN YOU DREAMT IT *** Terza ed ultima storia della serie ***
L'abbraccio di Loki è fin troppo saldo, quasi prepotente, possessivo.
Nadia affonda il viso nel suo petto, gli allaccia le braccia dietro la schiena e sente di star tremando.
''Sarò io?'' si chiede. ''Dopo tutto quello che è successo, dopo tutto il male che è stato fatto, sarò io che giocherò il dio degli inganni, che lo tradirò e finirò per ucciderlo? ''

Un altro mese è passato dall'ultima disavventura degli Avengers. Nadia sta bene e si accinge a tornare in Italia. Loki, "graziato" da Thor, se n'è andato per la sua strada. Per gli eroi nessuna nube all'orizzonte, nessun nemico, nessuna minaccia... ma anche quando sembra tutto tranquillo, c'è sempre qualche ombra in agguato per chi ha incrociato la propria strada con quella del dio dell'inganno.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A waltz for shadows and stars'
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Capitolo diciassettesimo
What is left behind

 

Non è neppure l’alba quando Tony Stark entra nel suo studio personale.
Jarvis comincia efficiente  il suo resoconto mattutino.
«Muto» ordina subito l’uomo, avanzando con passi lenti verso la scrivania di vetro e acciaio al centro della stanza. Si avvicina con circospezione, come se ci fosse qualcosa che di punto in bianco possa saltargli in faccia.
Ha dormito qualche ora durante quella notte e non sa neppure lui come ha fatto.
Pepper ha provato a parlargli, ma non era pronto ad affrontare la questione. La questione, già.
Tony si sente profondamente egoista per il senso di delusione e rammarico che prova. Dovrebbe essere contento: se Nadia riesce a dimenticare tutto, a fare tabula rasa, sarà al sicuro per sempre e molte delle cose che quella ragazza ha vissuto sono cose brutte, cose che chiunque vorrebbe dimenticare.
Ma non ci sono solo gli orrori.
E Tony le vuole bene. Le vorrà sempre bene, è questo il problema.
Lui le vorrà un bene dell’anima e lei non lo saprà più.
Si siede alla scrivania, prendendosi la testa tra le mani e scompigliandosi i capelli. Venire a patti con l’idea che ci siano cose che sfuggono al suo controllo gli causa ancora dei problemi.
Per essere un genio, ci sono lezioni che proprio non riesce ad imparare.
Con quella questione in particolare ha bisogno di tempo. E si vergogna di essere triste per stesso, ma non può essere triste per Nadia, non fino in fondo.
La ragazza sarà libera. Loro si porteranno sempre dentro il rimorso di averla persa.
Forse, se le avessero dato retta quando aveva parlato dei suoi sogni… se l’avessero tenuta più d’occhio…
Tony Stark è un uomo pragmatico e sa che i se non hanno mai portato da nessuna parte. Niente porterà da nessuna parte in quel momento, nessun pensiero, nessuna congettura. Ma se lui potesse spegnere il cervello quando gli serve, la sua vita sarebbe stata molto più semplice.
Cerca di pensare con lucidità: quando la stavano imbarcando su quel volo per l’Italia, erano tutti sollevati all’idea che tornasse alla sua vita, lontano da lì, dai pasticci che comporta l’essere la mascotte del gruppo di eroi più forti del Pianeta.
Se solo l’avessero semplicemente lasciata partire…
Loki sarebbe morto, lei non ne avrebbe saputo mai nulla. E avrebbe avuto la bambina e di certo lassù sulle nuvole si sarebbero premurati di darle una mano. E sarebbe tornata a trovarli nelle vacanze, l’avrebbe vista corrergli incontro all’uscita di un aeroporto.
Lei avrebbe ricordato tutta la vita di essersi lasciata uccidere per salvare Pepper, di aver rischiato la vita per salvare lui quando il reattore Arc era andato in tilt. E ad ogni ombra che fosse comparsa sulla strada di quella ragazza, loro avrebbero potuto ricordarle quanto speciale lei fosse, quanto forte e coraggiosa potesse essere.
Se l’avessero lasciata partire, Loki sarebbe morto e niente di quello che è accaduto nell’ultimo mese si sarebbe verificato.
Tony guarda il proprio riflesso sbiadito contro il vetro della finestra e pensa che sì, se avesse saputo di star scegliendo tra Nadia e il dio dell’inganno non avrebbe esitato un solo istante a decidere chi dei due lasciare affondare.
È un eroe, ma non ha l’anima candida, non è senza macchia e senza paura.
Anzi, ha paura adesso, ora che lo sguardo cade sull’oggetto che è appoggiato al margine della scrivania: l’album di fotografie che Nadia gli aveva regalato per il suo compleanno, rilegato in pelle rossa con i bordi dorati. Dentro, le loro foto di Venezia e altri scatti che si sono aggiunti nei mesi che Nadia ha trascorso a New York.
Altri scatti erano destinati ad aggiungersi, ma adesso non ce ne saranno più.
Tony lo afferra e lo spinge verso di sé, lo sfoglia soffermandosi con attenzione su ogni scatto e quando lo solleva per guardare meglio, la foto di lui e Nadia abbracciati cade sul piano della scrivania.
«Devi solo imparare ad accettarlo» dice la voce di Pepper sull’uscio della porta – chissà da quanto è lì. «Devi solo pensare che il fatto che lei non lo ricordi non cancella tutto questo».
Tony annuisce. Sì, forse pian piano si convincerà che è vero.
«Signore». La voce robotica di Jarvis trilla nel silenzio che si è venuto a creare. «Il capitano Rogers, il dottor Banner, l’agente Barton, l’agente Romanoff… e anche il signor Thor e la dottoressa Foster ora sono alla sua porta»
«Oh, magnifico! Adesso vi vengono anche gli attacchi di insonnia in contemporanea» esclama Pepper scuotendo la testa.
«Ehi, chi è che mi ha consigliato di fare un tentativo con questa faccenda del gioco di squadra?» la rimbecca lui. «Falli entrare, Jarvis e metti in caldo il caffè»
«Certamente, signore».
Dall’ingresso della casa, la voce del robot domestico guida gli altri verso lo studio.
«Ehi, Robin Hood, spero che tu abbia centrato il bersaglio nonostante la vodka abbia potuto sortire qualche effetto collaterale…» esclama Tony alla vota di Barton, il primo a comparire sulla soglia.
«Non l’abbiamo bevuta, la vodka. Non abbiamo fatto in tempo» risponde questi con una smorfia, seguita da un sorriso.
Beh, se non altro, qualcosa di buono da tutta quella storia ne è venuto fuori.
Thor e la dottoressa Foster non hanno l’aria di aver dormito molto invece e non per ragioni piacevoli. Maciste deve essere ancora in preda ai propri sensi di colpa e Tony, per quanto sia ancora arrabbiato per il fatto che non gli abbia detto dell’esistenza di quella fiala maledetta, non ha voglia di infierire: Thor ha perso la sua battaglia personale perché ha definitivamente perso Loki e, per quanto poter depennare Nosferatu dal proprio stato di famiglia non sembri un brutto affare, Tony riconosce che deve essere stato un brutto colpo. Inoltre se Loki non è con Thor e contro di lui e quindi contro tutti loro… ma ha idea che Bambi non si farà vivo per un po’. Per un bel po’, e ora tutti loro lo conoscono meglio, conoscono le sue debolezze e sanno che c’è qualcosa di vagamente somigliante a un cuore sotto quegli strati di cuoio e velluto.
Un giorno forse lo combatteranno di nuovo, e lo sconfiggeranno.
«Qual è il piano?» domanda Steve Rogers, avvolto in una felpa grande come una mongolfiera.
«Ah, perché, dovrebbe essercene uno?» gli fa eco Banner, sbadigliando.
«Dobbiamo metterci d’accordo su come e quando informare Fury» osserva la Romanoff – perché la vecchia cornacchia ancora non conosce la storia per intero, no, questa volta lo hanno tenuto fuori, quella era la loro giornata, loro e della ragazza.
«E decidere cosa fare di Loki» conclude Barton.
Pepper ha ragione, c’è un che di inquietante in questo loro dividersi il discorso come se fossero i sette nani.
«Ho il sospetto che Loki sarà già lontano a quest’ora» osserva Tony. «È proprio questo il punto, ragazzi, non c’è un piano»
«Ma…» tenta di obiettare Barton.
«Il caffè è pronto, signore» annuncia Jarvis.
Tony sospira e fa un mezzo sorriso. «Beviamoci una tazza di caffè caldo. Eh, a proposito, ve le ho mai fatte vedere le foto di Nadia?».

 

*

 

«Non ci sarai quando mi sveglierò, vero?»
«Quando ti sveglierai non ti ricorderai di me, Nadia»
«Ho ragione, quindi: te ne sarai… andato…»

 In questo sogno non c’è niente di spaventoso.
Non ci sono ombre strane o colori distorti, non c’è niente che se ne sta annidato nel buio.
E l’attimo di paura che ha colto Nadia quando ha aperto gli occhi su quella visione onirica sparisce. E lei si dimentica che è un sogno, abbandona quella consapevolezza come in una sorta di anestesia mentale.
Forse perché l’incanto che ha creato quel sogno è grande.
Forse semplicemente perché ha bisogno di farlo.
Sbatte le palpebre più volte e alla fine, quando mette a fuoco lo scenario al di sotto della terrazza è già fermamente convinta di star vivendo qualcosa di vero, di reale.
Reale è il vento che soffia e porta odore di mare, reale è il cielo macchiato da poche nuvole che cambiano forma per quello stesso vento.
Reale è quel senso di tranquillità che si respira. Almeno fino a quando…
Il pianto acuto spezza il silenzio e Nadia si affretta a tornare dentro.
La casa è una mansarda stretta tra i calli del sestriere di San Polo, non molto lontana dal Ponte di Rialto e dal Canal Grande. Costa cara, ma con il successo che le sue foto stanno riscuotendo può permettersela.
Dentro è piena di scatoloni non ancora svuotati, dai quali spunta qualche cornice che racchiude sue vecchie fotografie.
Sul pavimento vicino alla culla, ci sono ancora i fogli delle istruzioni per montarla e un cacciavite a stella.
Le pareti odorano di pittura fresca.
Sua madre ha insistito perché la trapuntina della culla fosse rosa. Nadia odia il rosa, ma non importa, i suoi genitori adorano la nipotina e lei ha lasciato fare.
Sua figlia piange, agita le braccine minute e sottili. Lei la solleva e se la stringe al petto. Le dita minuscole e fragili si chiudono attorno a un lembo della sua maglietta e lei bacia la fronte della piccola.
Odora di latte e sapone, come tutti i neonati. E come tutti i neonati, i suoi occhi hanno quel colore indefinibile e acquoso.
Nadia canticchia sommessamente Heros di David Bowie.
«I-I will be king, and you, you will be queen. Though nothing will drive them away… We can beat them-just for one day! We can be heroes-just for one day! Oh-ooooh uiii caaaan be iiirooos, giast uan deeei!».
La bambina smette di piangere.
«Brava la mia lucertolina» dice la ragazza, cullandola per qualche secondo.
Quando alza lo sguardo c’è Loki sulla soglia della porta della stanza.
Loki in tenuta asgardiana – non le sembra che il particolare stoni, del resto quella dannata montagna di tessuto indistruttibile gli dona parecchio.
Perché Loki è un dio, è fatto per esserlo e per rimanerlo, qualsiasi cosa accada. E a lei va bene così.
Nadia volta la piccola verso di lui e glielo indica con uno sguardo.
«Theeere’s a staaarmaaan waiting in the skyyy!».
Giusto per rimanere in tema.
«Come tu riesca a calmarla starnazzando resta un mistero» borbotta Loki, strabuzzando gli occhi.
«Ma è Bowie! Oh, non farmi rispondere come ti risponderebbe Tony»
«No, lui sta bene dove sta: dall’altra parte dell’oceano»
«Come se non sapessi che da un momento all’altro potrei trovarmelo sul terrazzo, con l’armatura e tutto il resto… e poi a lucertolina piace zio Tony, vero lucertolina? Eh?».
La bambina pigola in quello che a Nadia sembra un sincero cenno di assenso. Come potrebbe non piacerle Tony?
Loki alza di nuovo gli occhi al cielo e sospira. Poi si avvicina e accarezza delicatamente la fronte rosea e liscia della piccola, segue con la nocca dell’indice la curva paffuta della sua guancia perfetta e vellutata.
«Sai, dovresti superare il panico da ‘ommioddio non farmela toccare, potrei romperla’ e prenderla in braccio» borbotta Nadia.
«Non è panico e poi… ah, nelle tue braccia è assai più al sicuro» replica lui, scuotendo la testa.
«Sì, come suo padre, del resto» mormora la ragazza con un sorrisetto malizioso.
Loki finge di non cogliere. E comunque, è bellissimo da vedere mentre guarda sua figlia.
«Solo, mi chiedo, perché tu debba chiamarla con soprannomi astrusi, dal momento che ti sei tanto impegnata nel trovarle un nome degno».
Oh, certo. La bambina si chiama Frida, un nome che proviene dal norse antico e che significa “pace”, “amore”, ma anche “protezione” o “difesa”.
Ai nonni paterni è piaciuto tantissimo.
Quando Nadia la appoggia sul materasso e la copre con la trapuntina rosa, Frida riprende immediatamente a dormire beata.
Amore. Perché l’amore che ha permesso che venisse al mondo ha avuto un prezzo enorme che continua ad essere pagato giorno dopo giorno.
Pace. Perché quell’esserino è il motivo dell’armistizio tra Loki e Midgard. Tra Loki e Thor. Tra Loki e se stesso.
Protezione. Perché è nata sotto l’ala protettiva degli “eroi più forti del pianeta” e della Patria Eterna.
Ora che la piccola ha ripreso a dormire c’è di nuovo silenzio. E sullo sfondo di quel silenzio c’è la voce di Venezia che arriva soffusa.
Il dio dell’inganno cinge la vita della ragazza con un braccio, l’attira a sé e la bacia come se non la vedesse da anni.
La bacia sempre in quel modo, pensa Nadia sorridendo contro le sue labbra.
Loki la stringe tanto forte da sollevarla da terra, lei si aggrappa alle sue spalle.
«Il letto non sono riuscita a montarlo» dice lei, tra un bacio e l’altro.
Da una porta aperta si vede la sagoma di un materasso poggiato sul pavimento.
«No, immagino che sia un lavoro da uomini. Potresti chiamare Thor, sarà lieto di aiutarti» bofonchia il dio, trascinandola fino al materasso e lasciandola cadere tra le lenzuola spiegazzate.
«Questi dannati vestiti… dovrebbero sparire così come appaiono» sospira la ragazza, armeggiando con la cintura di cuoio.
L’importante è che in qualche modo spariscano, alla fine.
Le mani di Loki si muovono sul suo corpo con familiarità, lasciando una scia di brividi. Le sue labbra ripercorrono quelle stesse strade, con pazienza, e poi di nuovo le mani, a lasciare graffi leggeri, a imprimerle sulla pelle il ricordo che lei è sua.
Quando Nadia avverte le dita di Loki dentro di sé, lo costringe ad alzare il viso e a guardarla.
L’amore del dio dell’inganno non è fatto per la dolcezza, è lui che impone il ritmo di quel loro aversi, ed è un ritmo serrato, esigente, senza respiro.
C’è tempo, dopo, per respirare, per il languore delle carezze lente e stanche sulla pelle sudata.
Nadia gli appoggia la testa sul petto e resta lunghi minuti in silenzio. Sta per assopirsi e quando le palpebre si chiudono lentamente ha come l’impressione che un sipario stia calando sulla sua vita.
Scatta seduta e spalanca gli occhi, come a trattenere ogni scampolo di quella vita che adesso sembra fuggirle dalla mente.
«Loki!» esclama, colta da un improvviso panico.
Il dio si puntella sui gomiti e allunga un braccio a cingerle le spalle.
«Loki, che succede?».
Non ci sarai quando mi sveglierò, vero?
Le parole le sembrano venire da un ricordo che non sapeva di possedere. Ma i suoi ricordi le appaiono quanto mai confusi.
«Non sta succedendo niente» dice lui, passandole una mano tra i capelli.
Nadia ha voglia di piangere. Sente che in qualche modo è una menzogna, e lui è il dio dell’inganno e le sue bugie hanno sempre un valore particolare.
«Loki ho paura…».
Lui la spinge di nuovo contro il suo petto, la stringe cullandola come lei cullava la loro bambina poco prima. Per un attimo si sente meglio.
«Sssh, ora dormi» sussurra il dio.
Nadia chiude gli occhi, obbediente.
Pensa che va tutto bene. Va tutto meravigliosamente bene.

Va tutto meravigliosamente bene.
La ragazza si sveglia con quella precisa consapevolezza e non sa esattamente perché.
Pensandoci, sente la testa un po’ appannata, probabilmente la sera prima ha bevuto troppo… sia dannato il signor Stark e la sua mania di trascinarla dietro per party e altre amenità!
Magari lui lo fa per gentilezza, perché ha paura che lei possa annoiarsi, ma proprio non capisce che lei non è fatta per quel genere di cose.
Nadia si mette a sedere e si guarda attorno. Il letto è disfatto come se ci abbia dormito più di una persona… ma per quanto potesse essere brilla, è certa di non essersi portata a casa nessuno la sera prima. Non si è portata a casa nessuno, in generale, da quando è lì. Un po’ perché non è propriamente a casa sua, un po’ perché ha avuto altro a cui pensare, il suo lavoro, ad esempio – quando il signor Stark non se la trascinava dietro in posti dei quali a lei interessava poco o niente tanto che non riesce neppure a ricordarli bene. Come quel palazzo mezzo vuoto dove hanno incontrato quell’uomo di colore poco simpatico, Farry, Furry o qualcosa del genere. Neppure sa perché Stark l’abbia portata con sé quella volta.
Ma Stark è un tipo strano…
Quando si stropiccia il viso con le mani, si accorge del segno sul polso destro, una striscia di pelle segnata, come se avesse tenuto troppo a lungo l’orologio. Ma quello non è il braccio dell’orologio. Deve essersi addormentata con qualche pezzo di chincaglieria, probabilmente uno di quelli che le ha dato Sara e adesso il ninnolo è andato perduto tra le lenzuola.
Nadia tasta le coperte, ma non c’è traccia di bracciali.
Spera di non aver perso niente. Dopo, si dice, controllerà meglio quando rifarà il letto.
«Che ore sono?» mugugna al nulla davanti a sé.
«Le dieci e quarantatré minuti, signorina»
«Oddio!». La voce dall’accento metallico la fa sobbalzare.
Strizza le palpebre e solo dopo qualche secondo si ricorda di… Jarvis, il robot-maggiordomo invisibile. Le ha sempre fatto tremendamente impressione, in tutti quei mesi non si è mai abituata ad averlo tra i piedi – nelle orecchie, anzi.
Presa dal panico per la voce invisibile, si è completamente dimenticata dell’orario. Le undici e quarantatré?! Come ha fatto a dormire tanto?!
Scatta in piedi, schizza in bagno come una furia, a lavarsi e vestirsi. Non ci prova neppure a truccarsi, non c’è tempo.
Quando le sembra di avere un aspetto minimamente presentabile, corre al piano di sopra per ricevere gli ordini del giorno, a meno che Stark non voglia defenestrarla per l’orario indecente.
Non puoi essere la fotografa ufficiale di Tony Stark e non essere del tutto, completamente, totalmente efficiente come uno dei suoi robot.
Quando bussa alla porta dell’attico dove abitano i padroni di casa, la porta si apre automaticamente e lei si fionda nella casa.
«Mi dispiace, signor Stark! La sveglia non deve aver suonato… o forse io non l’ho sentita, in ogni caso sono desolata!» dice tutto d’un fiato, piombando nel grande salotto.
Si accorge che c’è troppa gente in quel salotto. E che tutti la stanno guardando perplessi.
Beh, cominciare la giornata con due figure di merda al prezzo di una è un record persino per lei.
E quelli sono… oh. Oooh!
Sara creperebbe di invidia se sapesse che si è trovata nella stessa stanza con gli Avengers, a respirare la loro stessa aria, a guardarli in carne, figaggine e ossa.
«Oh… ehm… io… salve» farfuglia, restando impalata in mezzo al grande open-space.
«Nadia! Buongiorno» trilla la signorina Potts. C’è qualcosa che sembra forzato nel suo sorriso, ma è adorabile e perfetta come sempre. Le posa una mano sulla spalla e la guarda come si guarda un bambino con la varicella per assicurarsi che non abbia più pustole.
E dopo sembra voglia abbracciarla, ma si trattiene.
«Buongiorno, signorina Potts…» risponde la ragazza, arrossendo. «Io chiedo  scusa di aver disturbato. Me ne vado subito. Signor Stark, se serve sa dove trovarmi… ma immagino che lei abbia altro da fare… qualcosa di molto molto figo da fare».
Oh, e questa da dove l’è uscita?!
«Nadia, respira. Vuoi un caffè?»
«No, grazie, signor Stark»
«Sicura di non…  ehi, come mi hai chiamato?...».
La ragazza si morde il labbro. Non capisce cosa abbia fatto che non va.
«Signor Stark. È il suo nome…». Forse in presenza dei colleghi si fa chiamare Iron Man?
Tony Stark la guarda con un’espressione che sembra quella di un cucciolo abbandonato sull’autostrada. È uno sguardo che in qualche modo le fa male, ma lei non riesce a capire perché.
Il bellissimo ragazzo biondo che deve essere Captain America – al secolo Steve Rogers – si alza in piedi e guarda verso di lei con un sorriso che farebbe venire primavera in anticipo.
Nadia vorrebbe liquefarsi e gocciolare fuori di lì, ma se uscisse di lì non potrebbe godersi quello spettacolo del tutto esclusivo. Quanti possono dire di essere piombati nel bel mezzo di un meeting tra i Vendicatori?
«Lei deve essere la signorina Berton» dice Steve Rogers con misurata galanteria. «Tony ci ha parlato di lei».
E a me tutto il mondo ha parlato di voi.
«È un onore fare la sua conoscenza». Rogers si allunga verso di lei e le tende la mano.
«Capitano, sono… uhm, lusingata».
La stretta di Rogers non è salda e stritola-dita come aveva pensato, è leggera, amichevole, e lui non sembra l’eroe austero dall’aria aggressiva come nelle immagini sui muri o nelle assurde action-figures.  
Gli Avengers si presentano uno ad uno. Manca solo Thor… certo, sperare di conoscere anche un super-figo dio di un altro mondo è un po’ troppo.
«È stato davvero un piacere incontrarvi. Penso che non mi laverò la mano per una settimana… ma davvero, dovete scusarmi per il mio ingresso un po’ rocambolesco» conclude la ragazza dopo il giro di presentazioni.
«A noi piacciono le cose rocambolesche! E tu sei molto… rocambolesca. Tremendamente rocambolesca» dice Stark.
Nella lingua dei geni miliardari sciroccati probabilmente quello è una specie di complimento.
«Sssì, ok. Grazie, signor Stark. Vi lascio alle vostre cose, ho già dato troppo disturbo».
Nadia fa per voltarsi, ma una voce la trattiene.
«Signorina Berton, scusi, scusi…».
La ragazza si volta e si trova faccia a faccia con Bruce Banner. Che per essere il tizio che si trasforma in Hulk è un uomo sorprendentemente basso e… carino. Non solo carino di aspetto, sembra davvero carino come, boh, come qualcosa di tenero.
«Mi dica»
«Si sente bene?» chiede Banner.
Lei lo guarda perplessa. «Mai stata meglio. Grazie…».
Forse i supereroi sono un po’ tutti sciroccati.
«Permette?» chiede ancora l’uomo.
Nadia non sa cosa le ha chiesto, ma non lui non le dà tempo di rispondere. Le prende il viso con le mani e le solleva le palpebre, guardandole le pupille.
Nadia ha idea che ad uno che se si arrabbia diventa un mostro dissennato di tre metri è meglio non fare domande, e lo lascia fare.
«Sì, sembra stare bene» conclude Banner, annuendo.
«Sì, grazie. Sembrava anche a me…».
«Signorina Berton». Stavolta è l’agente Barton a parlare. «Come sta Loki?».
La ragazza inarca un sopracciglio.
«Chi?».
I Vendicatori si scambiano uno sguardo.
«Ah, non era lei che aveva un gatto di nome Loki? Ci scusi, siamo in carenza da caffeina» dice l’agente figadapaura–Romanoff.
Nadia resta interdetta per un secondo. Aveva un gatto… ma non si chiamava Loki. Si stupisce di non riuscire a ricordare il nome del suo gatto, deve fare un enorme sforzo per far riaffiorare quel particolare dalla memoria.
«Avevo un gatto, a casa, a Venezia… si chiamava Casanova».
E che ne è stato di Casanova? Nadia non riesce a ricordarlo. Forse è stato molto molti anni fa. Il micio deve essersi smarrito e non è più tornato a casa, a volte capita.
«Bene, Nadia, grazie di essere passata… noi avremmo, staremmo… dovremmo…». All’improvviso il signor Stark sembra avere molta fretta di togliersela dai piedi, ma a lei continua a sembrare triste.
«Certo. Signori, è stato un vero piacere. Buona giornata».
Ascolta distrattamente i saluti dei Vendicatori, e mentre si avvia verso la porta, la signorina Potts la intercetta e la blocca, appoggiandole una mano sulla spalla.
«Tutto pronto per domani?» le chiede.
«Domani?». Nadia si sente un’idiota a non ricordare subito a cosa la donna si stia riferendo.
«Sì, domani, la partenza. Torni a casa, eri… così felice».
La ragazza si massaggia la tempia con aria stranita. Il ricordo riaffiora nella sua mente all’improvviso: certo, certo l’indomani partirà e tornerà a casa. Giusto.
È per questo che quel giorno non aveva impegni con Stark e lui non ha notato la sua assenza nella mattinata. Lei lì ha finito.
«Devo terminare di fare le valigie» dice.
«Ti serve una mano?»
«No, grazie, signorina Potts».
Perché diamine la compagna di Tony Stark, CEO delle Stark Industries, superdonna in carriera, dovrebbe aiutare lei a fare le valige?
«Ma posso chiederle, signorina Potts, se non sono troppo indiscreta, come mai il signor Stark sembra così giù?»
«Oh, è triste perché te ne vai. Lo siamo tutti».

 

 

 

 

 

__________________________________

 

Note:

L'album di foto che Nadia regala a Tony compare nel capitolo 17 della precedente fanfiction, se rammentate, vi dissi di tenere a mente quel particolare perché questa scena e comunque questo finale erano nella mia mente già da allora.

So che che la scena del sogno è quanto mai sadica (e anche dimostrazione evidente del mio disagio mentale XD), ma non ho resistito all'impulso di mostrare Loki e Nadia come tutti noi avremmo voluto vederli, almeno per un momento. Ovviamente lo ha creato Loki… se fosse un regalo fatto a se stesso o fatto a Nadia non c'è dato sapere, lo lascio alla vostra interpretazione.
Per il nome della bambina mi sono documentata. Trovate il riferimento QUI 
Vi ricordo che c'è un epilogo, lo posterò mercoledì. Quindi diciamo che non è ancora il momento di salutare questa storia e ringraziare tutti voi come meritate per avermi fatto compagnia.

Per domande, curiosità o altro: Profilo Ask

A mercoledì con l'epilogo ^^

   
 
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