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Autore: Ehybastaldo_    16/08/2013    6 recensioni
Ad opera compiuta, feci qualche passo indietro leggendo quei due nomi dentro un cuore, soddisfatta.
Louis mi affiancò, storcendo le labbra in una smorfia. Non gli piaceva?
"Cosa c'è?" Chiesi confusa.
Lui si avvicinò al disegno, cancellando il mio nome. Il mio cuore perse un battito.
Affondò anche lui due dita nella vernice e si avvicinò nuovamente alla parete, scrivendo qualcosa.
'LOUIS + PIZZA'
Ma che...?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Margherita.
Non ci conosciamo molto, è vero, se non per quelle volte
che abbiamo parlato per chat. Non ci conosciamo di persona, è vero 
anche questo. Ma mi è bastato quel poco tempo in cui abbiamo
chiacchierato per capire che sei una persona speciale.
Grazie.
 
 
HE'S A GENIUS.
 
Egitto.
Con tutti i posti nel mondo dove potevamo andare, mamma aveva scelto l'Egitto.
Aveva intenzione di abbandonarmi nel deserto?
In parte, ci stava riuscendo.
"Fai piano che a momenti rimetto." Parlai al cammello, che continuava ad ondeggiare ad ogni passo, facendomi quasi rimettere quello che mi avevano passato all'hotel dove alloggiavo per cibo commestibile.
Il cammello non mi diede ascolto, continuando a camminare alla stessa andatura, leggermente più distante dal cammello che trasportava mamma, troppo intenta a guardarsi in giro per notare la mia faccia viola per il malore allo stomaco.
Oltretutto, il sole era bruciente, l'aria era calda e si sfioravano quasi i 40°.
Ma come facevano gli egiziani a vivere in un simile posto? Forse, in realtà, ero io a non essere abituata a certe temperature conoscendo l'Inghilterra e il suo continuo freddo, anche d'estate.
Ma rimanevano 40°; sarei morta asfissiata da un momento all'altro.
Frugai nella tasca della borsetta dove tenevo la poca roba che avevo potuto portare con me, uscendone una bottiglietta d'acqua per dissetarmi un attimo.
La guida, in hotel, ci aveva avvisato dei vari sintomi, tra cui appunto la gola secca. Così stappai la bottiglietta e cominciai a deglutirne una buona quantità, fin quando il cammello non mi rovesciò quel poco che ne era rimasta sul fondo della bottiglia, addosso.
"Merda!" Imprecai, guardando la maglia bianca sudicia che lasciava trasparire il reggiseno che indossavo. Per fortuna -o no- gli altri erano più avanti e col caldo la maglia sarebbe asciugata prima del nostro arrivo a destinazione.
Ok, vedere le piramidi era stata una mia idea e ancora non ci credevo che mamma mi avesse ascoltato per una volta per tutto il viaggio.
Persa nei miei pensieri, non mi accorsi che il cammello si era stranamente fermato.
Gli diedi qualche calcio, sperando vivamente che si muovesse. Ma l'animale non mostrò nessun segno di cedimento e rimase fermo e mordicchiare chissà cosa.
"Mamma!" Provai a chiamarla, ma era troppo lontana per sentirmi.
Poi accadde tutto d'improssivo: il cammello si piegò sulle zampe anteriori, si abbassò vertiginosamente e facendomi perdere l'equilibrio, caddi in avanti.
"Ahio!" Mi lamentai.
Vuoi vedere che in tutto il deserto c'era un'unica pietra e l'avevo beccata in testa proprio io?
Massaggiai la parte lesa, maledicendo quel sasso messo lì. Ma non solo lui: anche il cammello che aveva deciso di buttarmi dalle sue spalle, forse stanco del mio peso.
"Sono la solita sfigata." Esclamai, abbassando lo sguardo e notando che quello che avevo colpito era tutto, tranne che una pietra.
Era qualcosa di rotondo e dorato, quasi si confondeva con la sabbia. Così mi guardai in giro prima di spolverarlo dalla sabbia e prendendo tra le mani.
"Ma... Cos'è?" Chiesi, come se da un momento all'altro il cammello potesse rispondere alla mia domanda.
La guardai attentamente e scoppiai a ridere da sola: sembrava un oggetto simile alla lampada di Aladino, il cartone che avevo amato da piccola.
Mi guardai in giro, prima di posare nuovamente lo sguardo sullo strano oggetto.
Cosa avevo da perdere? Ormai ero in mezzo al deserto da sola e senza un goccio di acqua con me. Dovevo pregare che un bravo beduino mi avesse rapito solo per portarmi in un posto al fresco.
Ricordavo anche che la guida ci aveva avvisato di non farci incantare dai bei laghi che avremmo visto durante il tragitto. Non c'erano fonti di acqua in quel percorso, sarebbe stato il caldo a giocarci dei brutti scherzi.
Sospirai prima di strofinare il polso sul metallo stranamente fresco per poi aspettare qualche secondo col fiato sospeso.
Niente. Non un genio, non un topo o uno scarafaggio uscì dalla lampada. Così risi, gettandola alle mie spalle mentre mi alzai dalla sabbia bollente.
Scossi la testa, mentre ripensavo a quanto fossi stupida. Io e la mia fantasia che andava oltre il normale.
Provai ad accarezzare il cammello, sperando di convincerlo ad alzarsi e riportarmi almeno in hotel. Ma l'animale non mi voleva ascoltare.
Sbuffai sonoramente, posando le mani sui fianchi.
"Hai bisogno di aiuto?" Mi chiese qualcuno, e prima che capissi chi fosse stato a parlare, incosciamente risposi.
"No. Tanto se non si alza, gli tiro un calcio..."
Un momento! Ma chi aveva parlato?
Pensai che fossi diventata pazza, che avevo preso un'insolazione e che il cammello avesse preso a parlare. Ma quando mi voltai, la figura di un uomo barbuto mi stava sorridendo amichevolmente.
Urlai spaventata, facendo perfino girare lo sguardo del cammello dalla mia parte. Ma continuò a ruminare senza problemi chissà cosa.
"Chi sei?" Presi la mia borsa, lanciandogliela contro, colpendolo in pieno.
"Aho! Ehy, vacci piano signorina! Prima mi svegli dal mio sonnellino e poi mi lanci pure gli oggetti addosso?" Si lamentò, pulendosi dalla sabbia.
Svegliato? Ma a chi se ero sola? Di sicuro, era un miraggio.
"Chi sei?" Chiesi d'improvviso, ancora scossa dall'immensa potenza di un miraggio. Non pensavo si potesse arrivare a tanto.
A meno che...
"Sono Darren, il genio della lampada." Mi sorrise, indicando la lampada che avevo lanciato poco prima non molto distante da me.
Scoppiai a ridere sonoramente, piegandomi quasi in due dalle risate.
Un genio. E l'avevo chiamato io!
"Che hai da ridere?" Mi rimproverò quello alzando leggermente il tono.
Smisi di ridere, puntando lo sguardo nei suoi occhi chiari.
"E sentiamo... A questo punto io potrei esprire un desiderio, giusto?" Dissi sicura, sapendo che quell'uomo mi stava semplicemente prendendo per il culo. Infatti scosse la testa.
"Tre. Puoi esprimere fino a tre desideri." Rispose.
Sbarrai gli occhi, non sapendo più come controribattere. E ora?
Mi avvicinai al signore che indossava una strana maglia bianca col colletto arrotondato e il bordo che finiva dritto dentro i pantaloni blu chiaro. Ma la cosa peggiore erano i sandali ai piedi; più che altro il riccio che aveva nella punta. Mi dovetti trattenere dal ridere, ancora.
Gli pizzicai un braccio, e questo balzò sul posto.
"La vuoi finire di farmi male?" Si lamentò, fulminandomi.
Provai a fare lo stesso su me stessa. Ma non mi svegliai.
Allora era tutto vero!
"Prova." Mi suggerì il genio... O quello che era, incitandomi a dire il mio primo desiderio.
Come avevo pensato prima, a questo punto, non avrei avuto nulla da perdere.
Ci pensai attentamente, mentre una goccia di sudore rigò il mio volto. Mi affrettai a recuperare un fazzolettino nella borsa, toccando per sbaglio il tasto del mio cellulare, che non prendeva ovviamente nemmeno una tacca, e un sorriso curvò le mie labbra.
"Lo so! So il mio desiderio!" Urlai, alzando le braccia al cielo in segno di vittoria.
"Dimmelo." Mi avvisò l'uomo. Sorrisi.
"Vorrei essere a Londra, nella mia amata città, al fresco." Dissi felice.
Il genio sorrise di rimando, sussurrando parole che non capii, finendo poi con lo schioccare le dita. Tutto attorno a me diventò biancò. Mi sentii terribilmente leggera e per un momento pensai di esser svenuta.
Poi di nuovo la luce, ma meno accecante di poco prima, e sotto di me non c'era più la sabbia, ma bensì l'asfalto scuro, tipico delle strade.
Un clacson attirò la mia attenzione, e quando alzai lo sguardò confusa, notai una macchina sfrecciare nella mia direzione all'impazzata.
I miei muscoli si irrigidirono, non trovavo la forza per alzare i piedi e darmela a gambe. Avevo i minuti contati.
Serrai gli occhi e mi chiusi a scudo dietro le mie braccia, come se queste mi avrebbero davvero protetto.
Poi sentii stringermi, un bruciore al braccio sinistro e un urlò mischiato al clacson di prima.
Riaprii gli occhi, ritrovandomi stesa sul marciapiede con addosso un bellissimo ragazzo che respirava a fatica.
"Stai bene?" Mi chiese sinceramente preoccupato.
Stavo bene fino ad un minuto fa, quando pensavo che un misterioso ragazzo mi avesse salvata. Stavo bene finchè non avevo riconosciuto Louis Tomlinson, ovvero la persona che mi aveva evitato un incidente.
"Ti prego dimmi qualcosa." Insistette il ragazzo, mentre una folata di gente cominciava a circondarci per vedere come stavamo.
Il trauma la stava avendo meglio di me.
"Parlami!" Urlò a quel punto Louis, facendomi scattare sul posto.
"Pesi." Dissi solamente.
Corrucciò la fronte, poi sorrise e si alzò, porgendomi una mano per fare lo stesso.
Non ci credo, un componente della mia band preferita mi stava stringendo la mano, oltre che avermi salvato la vita!
"Louis, da questa parte." 
Come il ragazzo chiamato in questione, anche io voltai lo sguardo verso l'uomo che l'aveva chiamato, accecandomi con dei flash che illuminarono la strada.
"Merda." Imprecai, mentre mi coprii gli occhi con le mani.
"Scusa, devo andare." Quando un omone alto due metri e un palazzo passò un braccio su Louis, questo scomparve dietro una folla di gente che ora non gli interessavo più, non prima di aver raccolto delle buste di cartone rovesciate per terra. 
Si voltò un paio di volte, ma non lo riuscii a vedere per bene a causa della folla.
Louis William Tomlinson mi aveva salvata, parlata, aiutata, e adesso non avevo nemmeno un suo autografo. Questa è sfiga!
Mi guardai in giro... Forse non tanto!
Ero a Londra, la mia amata Londra!
Sorrisi soddisfatta, pulendomi il pantalone strappato per la caduta e cominciando a camminare sul marciapiede.
"Allora, come primo desiderio ti è piaciuto?" Mi ritrovai il genio al fianco e per poco non urlai.
Se mi avessero visto con quel tizio vestito in malo modo per le strade, mi avrebbero portato al circo, posto in cui doveva stare lui.
Come a leggermi nel pensiero, parlò ancora.
"Solo tu mi puoi vedere." Mi spiegò.
Voltammo l'angolo, quando mostrai finalmente attenzione allo strano tizio.
"Potevi farmi apparire su un marciapiede, invece di farmi rischiare la vita." Lo ammonii.
"Secondo desiderio?" Mi chiese, come se non avesse capito il rimprovero da parte mia. O forse si era reso conto del grande errore che aveva fatto e non voleva ammetterlo, se ne vergognava.
In ogni caso, non volevo farmi sfuggire questa opportunità; così, ci pensai bene.
Secondo desiderio. Mmmh...
In realtà c'erano molte cose che avrei voluto fare, come per esempio andare in America, o che ne so... Far passare la giornata più brutta della vita ad Amanda, la stronza della mia scuola.
Ma perchè dovevo far impazzire lei e non divertire me?
Il grande poster dei One Direction attaccato come cartellone pubblicitario proprio sulla strada, me lo suggerì.
"Portami da Louis Tomlinson." Scandii bene ogni parola, chiudendo gli occhi e aspettando che il tunnel bianco passasse in fretta. Soffrivo di vertigini, e tutto quel bianco mi dava un senso di nausea, come se fossi in cima ad un palazzo.
Prima di riaprire gli occhi, sentii le dita dell'uomo schioccare, in seguito ad aver pronunciato qualcosa sottovoce.
Riaprii gli occhi solo quando una musichetta attirò la mia attenzione.
Ero in una casa, un salotto per l'esattezza. Era grande, ben ordinato e coordinato. I mobili di legno, tutto in stile antico, tranne per la tv al plasma accesa in fondo alla stanza, dove c'era un canale di musica a tutto volume.
Quando sentii un rumore, seguito da risate, mi tuffai letteralmente dietro il divano bianco della stanza.
Alzai appena la testa, sbarrando gli occhi quando delle persone entrarono nel -loro- salotto.
"Mi immagino già il titolo: Louis Tomlinson salva vita ad una giovane ragazza... E poi scappa!" Scoppiò a ridere Harry, che io riconobbi come Harry Styles.
Ero in casa dei One Direction?
Ne ebbi la conferma quando una chioma bionda entrò nella sala, seguita da un ragazzo con la sigaretta tra le labbra. Niall e Zayn.
"Lascialo stare Harry. Non vedi che faccia che ha?" Si intromise Liam. Si c'era anche lui al fianco di Louis, che teneva stranamente lo sguardo basso.
"Che faccia ho?" Solo allora Louis alzò lo sguardo, puntandolo in quello di Liam che alzò semplicemente le spalle.
"Lo sguardo." Lo prese in giro, forse non sapendo come definirlo, in realtà.
"Terzo desiderio?" caddi a terra, tappandomi la bocca con entrambe le mani per non emettere rumore. Poi calò un silenzio tombale.
"Cos'è stato?" Riconobbi la voce di Harry, più rauca e bassa in confronto alle altre quattro.
"Proveniva da dietro il divano." Alla voce di Niall, riconosciuta grazie al suo accento irlandese, il mio cuore cominciò a battere forte.
Cosa dovevo fare?
Mi rimaneva un desiderio, quello che avrebbe determinato le cose. Io volevo stare con i One Direction, andare ad un loro concerto, passare una giornata con loro!
Ma dovevo anche tornare in Egitto, da mamma che, solo una volta arrivati a destinazione, forse si sarebbe accorta della mia presenza, dandomi per dispersa.
Sentii dei passi avvicinarsi a me con più urgenza.
Articolai una frase velocemente, sperando che il genio mi stesse ascoltando.
"Voglio essere la ragazza di Louis Tomlinson per qualche ora, poi voglio andare a casa." Dissi tutto d'un fiato.
Chiusi gli occhi, sentendo lo schiocco delle dita del genio, immaginando il bianco di quello strano tunnel.
"Marghe? Che fai stesa sul pavimento? Ci hai fatto prendere un colpo!" Risate.
Riaprii gli occhi e "Eh?" Esclamai confusa.
Come facevano a sapere il mio nome? Come?
"Ho capito io. Si nascondeva perchè non vuole aiutarti a pitturare la stanza!" Alzò un dito al cielo, Niall, come se avesse avuto ragione.
Peccato che io... Un momento!
"Cosa?" Caddi dalle nuvole.
Louis allungò una mano, esattamente come aveva fatto poco prima in strada, aiutandomi ad alzarmi. Accettai l'aiuto e mi misi dritta davanti ai ragazzi.
Ok, mancava poco che ricadessi sul pavimento, stavolta svenendo, più che altro.
"Davvero non vuoi aiutarmi a pitturare la stanza?" Louis assunse una faccia da cane bastonato, allungando perfino in labbro inferiore, intenerendomi.
"Io..." 
"Che fidanzata sfaticata che hai!" Si lamentò Harry, prima di buttarsi pesantemente sul divano e cambiare canale della tv.
Mi strozzai con la mia stessa saliva, ripetendomi quelle parole in testa.
 
'Che fidanzata sfaticata che hai!'
 
Fidanzata. Mi aveva appena detto che ero la fidanzata di Louis Tomlinson?
"Intanto io ne ho una!" Ribattè Louis passando un braccio sopra le mie spalle.
Lui. Io. Oddio! Non ci posso ancora credere!
Poi mi schiarii la voce.
Tranquilla Margherita, respira regolarmente, fai smettere di battere così forte il cuore e fai come se fosse una cosa normale.
Perchè essere la fidanzata di uno dei tuoi idoli è una cosa che capita tutti i giorni, certo.
"Io volevo dire che prima dovrei mettermi qualcosa di più comodo." Dissi, sentendomi di nuovo in soggezione quando cinque paia di occhi si posarono su me.
"Che problema c'è? Vuoi una guida per andare in camera tua?" Disse ancora Harry, quasi sprezzante.
Volevo dire sì, visto che non conoscevo la pianta della casa, ma mi limitai a sventolare una mano con nonchalance.
"Tu hai fatto la spesa per oggi?" La buttai lì, come se lo conoscessi da una vita.
Il ricciolino strauzzò gli occhi, prima di lasciar cadere la colpa addosso a Niall.
"Doveva farla lui!" Lo indicò con l'indice, al che il biondino sobbalzò e iniziò una guerra di parole tra i due.
"Và a cambiarti. Ti aspetto in camera mia." Mi sussurrò appena Louis all'orecchio, talmente sensuale che dei piccoli brividi mi percorsero per tutta la spina dorsale.
Dovevo muovermi. Non sapevo quanto tempo mi avrebbe dato il genio.
Salii al piano superiore, seguita da Louis che mi sopparsò quando mi fermai a guardare le innumerevoli porte. Mi lasciò un bacio sulla guancia, avvertendomi che ci saremmo visti subito dopo essermi cambiata, richiudendosi dentro la terza porta.
Ma era un labirinto o cosa quella casa?
Prima di trovare la stanza giusta, ovvero quella più ordinata e sicuramente curata da una mano femminile, passarono un pò di minuti. Forse prima di trovarla avevo aperto cinque o sei porte!
Aprii l'armadio, stupendomi di tutti i vestiti che c'erano. Per non parlare delle scarpe, sotto.
Presi una semplice salopette di jeans e una maglia bianca da mettere sotto. Indossai anche delle converse ed uscii dalla stanza, ricordando perfettamente dove si trovasse Louis.
Abbassai la maniglia della porta, sentendo canticchiare Louis le note dei Coldplay.
La stanza era completamente bianca, non c'era nemmeno un mobile e il pavimento era tappezzato da fogli di giornale. In un angolo, c'erano tre barattoli di vernice, oltre i pennelli sparsi poco più in là.
"Louis." Lo richiamai e lui si voltò al mio richiamo.
Mi sorrise. Talmente era bello che avrei potuto cominciare a fare salti di gioia, seguiti da ruote e capriole per la stanza.
"Aiutami." Disse solamente, facendomi entrare completamente nella stanza, richiudendo la porta alle mie spalle.
"Cosa devo fare?" Chiesi. Non che non avessi capito cosa avremmo fatto, però non sapevo da dove cominciare.
Louis prese un barattolo di vernire verde acqua e lo posò ai miei piedi, finendo poi col passarmi un pennello.
"Ecco a te. Inizia dalle parti basse, così io farò quelle alte." Mi spiegò.
Afferrai l'oggetto e sospirando presi il barattolo tra le mani. Che il lavoro abbia inizio.
 
* * *
 
"Che stai facendo?" Alzai appena lo sguardo, sorridendo a trentadue denti, porgendo poi il foglio di giornale accartociato a Louis.
"Indossalo." Dissi felice della mia opera.
"Come?" Assunsi una faccia da cucciolo bastonato, usando la sua stessa arma.
Ok, aiutare Louis non era stata una buona mossa, visto che solo dopo dieci minuti mi ero stancata e avevo lasciato perdere tutto, cominciando a giocare con i fogli di giornale in avanzo e usando la mia immaginazione, facendo degli origami.
E l'ultimo era un classico.
"Devo indossarlo per forza?" Chiese lui, sapendo che non l'avrebbe avuta vinta, proprio come era successo poco prima quando mi aveva chiesto di aiutarlo in qualche modo.
Annuii convinta, sperando di averlo convinto.
E così fu.
Louis indossò il cappellino di carta che avevo fatto con tanto amore e impegno.
"Ti sta bene!" Esclamai soddisfatta, notando gli occhi azzurro cielo di Louis roteare al cielo. Che pazienza ci vuole con me!
"E sai cosa ti farebbe stare meglio?" Chiesi con un filo di astuzia nella voce.
Il ragazzò aggrottò la fronte, aspettando che gli dessi spiegazioni.
Affondai un dito nel barattolo di vernice e lo passai sul naso di Louis, che al gesto sobbalzò.
"Ah, la metti così?" Non mi diede il tempo di scappare che, tra le risa, mi bloccò con una mano, affondando l'altra nella vernice e pasticciandomi il volto di verde acqua.
"Non è valido, tu mi hai bloccato." Mi dimenai io, sperando di liberarmi per scattare la mia vendetta.
"E tu mi hai fatto indossare un cappellino di carta." Rispose a tono lui, prima di scoppiare a ridere.
Era piacevole la sua compagnia, il tempo sembrava volare a vista d'occhio.
"Va bene... E' orrendo! Ma su te, tutto diventa perfetto." Ammisi, abbassando lo sguardo e notando la punta delle converse macchiata di pittura.
Solo allora Louis mi lasciò andare, sussurrando appena quelle parole che tanto sognavo la notte.
"E' per questo che mi sono innamorato di te."
Si era innamorato di me? Come? Quando?
Di sicuro non ricordava chi fossi, dove abitassi. Sapeva solo che mi chiamavo Margherita, e tutto questo solo perchè avevo espresso un desiderio.
"E so che hai una voglia matta di scrivere su quel muro i nostri nomi." Alzai lo sguardo, sorpresa.
Come faceva a sapere che morivo dalla voglia di mettere il suo nome, seguito dal mio dentro un cuore?
"Mi leggi nella testa?" Chiesi quasi preoccupata.
"Forse." E mi passò un barattolo di vernice. "Fammi vedere cosa sai fare."
Affondai due dita nel barattolo, avvicinandomi alla parete ancora completamente bianca, cominciando a scrivere il nome di Louis in modo ordinato.
Erano rare le volte che mi impegnavo a fare qualcosa per bene, doveva essere felice di quello che stavo facendo.
Ad opera compiuta, feci qualche passo indietro leggendo quei due nomi dentro un cuore, soddisfatta.
Louis mi affiancò, storcendo le labbra in una smorfia. Non gli piaceva?
"Cosa c'è?" Chiesi confusa.
Lui si avvicinò al disegno, cancellando il mio nome. Il mio cuore perse un battito.
Affondò anche lui due dita nella vernice e si avvicinò nuovamente alla parete, scrivendo qualcosa.
 
'LOUIS + PIZZA'
 
Ma che...?
"Louis!" Pestai un piede per terra, sconcertata, mentre la sua risata riecheggiò per la stanza vuota.
Irritata, ma divertita al tempo stesso grazie alla sua risata cristallina, affondai stavolta completamente la mano nella vernice, spruzzandola dopo nella direzione di Louis, che lo investì in pieno.
"Che hai fatto?" Sembrò sorpreso da quel gesto, ma si riprese immediatamente afferrando l'intero barattolo con entrambe le mani, puntandomelo minacciosamente contro.
"Non ti azzardare!" Lo minacciai con un dito puntato al petto.
"Oppure?" Strizzò un occhiolino, facendomi capire che non aveva paura ad usarlo contro me.
Mossi i piedi per la stanza, correndo lontana da Louis, provando a sfuggire dalle sue grinfie. Ma la stanza non era tanto grande, tanto che Louis mi coprì di vernice poco dopo.
I miei capelli avevano cambiato colore e ora gocciolavano sul pavimento, con sottofondo la risata di Louis.
"Questa me la paghi." Digrignai a denti stretti.
"Che paura." Sventolò le mani all'altezza delle nostre teste, fingendosi spaventato.
Reagii d'istinto, abbracciandolo e strusciandomi sul suo corpo come meglio potevo, facendogli cadere il barattolo di vernice che ancora avev tra le mani.
"No. No. No." Si lamentò lui, ormai troppo tardi.
"Oh, sì invece!" Continuai a stritolarlo in un abbraccio, fin quando lui non si dimenò e mi spinse via facendomi indietreggiare, barcollando.
Andai a sbattere contro la scala che aveva usato per le fare le parti alte, e quando alzai la testa, notai che la scala stava ancora traballando, segno che da lì a poco mi sarebbe caduta addosso.
Chiusi violentemente gli occhi, mentre aspettai che mi arrivasse addosso. Ma prima di tutto, sentii due braccia avvolgermi ed infine l'impatto tra la mia schiena e il pavimento.
Quando riaprii gli occhi, Louis mi intrappolava tra il peso del suo corpo e il pavimento, gettatosi addosso a me per salvarmi dalla scala che ora giaceva sul pavimento qualche passo più lontano da noi.
Eravamo a pochi centimetri di distanza e il suo respiro caldo e irregolare sfiorava la mia pelle chiara. Alzò una mano, spostando una ciocca di capelli caduta disordinatamente sugli occhi in seguito alla caduta, sorridendomi.
"Sei destinata a cacciarti nei guai... E io prontamente a salvarti." Sussurrò ad una spanna dalle mie labbra.
Aggrottai la fronte.
"Potrei cominciare a pensare che sei tu a cercare i guai solo per essere salvata dal sottoscritto. Lo fai dal primo momento in cui ti ho conosciuta, ed è proprio per questo se ora siamo qui."
Un grande senso di colpa mi investì: non sapevo come ci eravamo conosciuti -anche se una vaga idea adesso ce l'avevo-; non sapevo se avevamo avuto il nostro primo appuntamento, ne come me l'aveva chiesto; non sapevo se avevo dovuto combattere con i paparazzi, se avevo fatto pazzie e salti mortali per non essere immortalata in articoli non graditi; non sapevo che sapore avevano le sue labbra, se l'avessi mai baciate, se ne avevo avuto subito dopo bisogno.
Ma non ci voleva molto per scoprire l'ultimo punto, perchè le labbra di Louis si posarono sulle mie, facendomi mancare il fiato per una manciata di secondi.
La sua lingua cercò l'accesso nella mia bocca, accesso che non tardò ad arrivare, cominciando ad intrecciarsi con la mia.
Aveva un sapore di fragola e sapevo che ne sarei diventata dipendente da ora in poi.
Ci staccammo dal bacio solo per riprendere fiato, mentre Louis rotolò al mio fianco, stringendo la sua mano nella mia, sorridendomi.
Il mio sguardo guizzò per tutta la stanza, riuscendo a leggere ancora una volta quella scritta al muro, anche se adesso al posto del mio nome -ben visibile- c'era la scritta 'Pizza'.
Sorrisi.
"Marghe... Marghe... Marghe..." Mi voltai verso Louis che continuava a sussurrare il mio nome in modo sensuale. Talmente tanto che chiusi gli occhi.
 
"MARGHERITA EVANS, SVAGLIATI!" Un grande scossone per le spalle mi obbligò ad aprire gli occhi.
Non c'era più il tetto bianco di una stanza. Non c'era più Louis al mio fianco. Non c'era più la vita che avevo sognato.
"Si è svegliata! Si è svegliata!" Mi massaggiai la testa, mettendomi seduta e fulminando mia madre con lo sguardo.
"Cos'è successo?" Riuscii solamente a chiedere, mentre mia mamma cominciava a fare l'acrobata per il deserto.
"E' caduta dal cammello e ha sbattuto la testa contro questa." La guida che ci aveva accompagnati per il deserto tutto il giorno, mi mostrò quella che sembrava una lampada. Quella lampada.
"Ah. Quindi sono svenuta?" Chiesi in conferma.
La guida annuì, mentre sorridendo mi aiutò a rimettermi in piedi. 
L'ho già detto che odio l'Egitto?
 
 
UNA SETTIMANA DOPO.
 
"La ringrazio signora Evans, adesso me la vedo io con sua figlia." Alzai gli occhi dal mio libro appena riconobbi la voce di Giorgia, la mia migliore amica.
Questa entrò in camera mia e si buttò pesantemente sul mio letto, solo dopo aver richiuso la porta della mia stanza a chiave.
"Beh?" Chiesi confua da tutto quel silenzio.
"Come beh! Tu incontri Louis Tomlinson e non mi dici nulla?" Disse lei seriamente.
Scoppiai a ridere, per poi ritornare subito seria, balzando dal letto.
Un momento. Io non le avevo detto nulla del sogno, della lampada, di niente!
"Tu come lo sai?" Chiesi stupita.
Ero ritornata a casa da soli due giorni, stremata. Non avevo nemmeno voglia di mangiare, visto il vuoto che mi sentivo. Ma rimaneva il fatto che non avevo raccontato a nessuno del sogno, di Louis.
"Come lo so? In pratica lo sa tutta l'Inghilterra!" Gettò una rivista sul mio letto.
La presi tra le mani, e mentalmente lessi l'articolo.
 
'Louis Tomlinson, noto cantante, salva vita a giovane ragazza sconosciuta da una morte certa.'
 
L'articolo parlava di me, anche se il mio nome non c'era, il giorno in cui Louis mi aveva salvata dall'auto che sfrecciava davanti ai miei occhi. E più leggevo quelle parole, più il sorriso curvava le mie labbra.
E se l'incidente era stato immortalato così, ci doveva essere per forza quella scritta sul muro di camera sua. E chissà se anche lui si ricordava di me, come io mi ricordavo di lui... Delle sue labbra.
Magari la mia sfortuna per una buona volta aveva chiuso un occhio, lasciandomi in pace e farmi essere felice almeno per una volta.
"Posso tenerlo io?" Abbracciai il giornale gelosamente, mentre Giorgia annuì.
Non poteva darmi notizia migliore. Avrei ritagliato quella foto dove raffigurava me e Louis e l'avrei conservata a lungo.
"Però fattelo dire: tu sei un genio!" Sorrisi all'affermazione della mia amica, e girando lo sguardo altrove risposi.
"No. Lui è un genio." Posai lo sguardo sulla lampada che mi ero portata dall'Egitto riposta su una mensola della mia camera.
E chissà se Louis mi avesse cercato.
 
 
EHIOOOOOOOOOOOOOO
Buonsalve, sono sempre io ad intasare questo fandom :)
Questa os è nata casualmente in seguito alle lamentele di mia cugina.
Sì, mia cugina di 10 anni mi ha costretto a vedere con lei Aladino e visto
il risultato, credo che non sia stata una brutta idea, in fin dei conti.
 
Anyway, vi è piaciuta un pochino?
L'ho scritta di getto e sono felice di averla dedicata ad una persona importante
:)
 
Fatemi sapere, ci tengo davvero molto. E' una delle poche os che mi piace
davvero.

Trovate i miei contatti nella bio :)
 
 
Ps. scusate se ci sono errori. La rileggerò presto e la sistemerò.
 
Pps. non ditemi di farci su una fanfiction... Ci ho già
pensato da sola e davvero ancora non so che fare ewe
 
Sofia
   
 
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