Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: HuGmyShadoW    22/02/2008    1 recensioni
E' una vita davvero fantastica, quella dei Tokio Hotel... Fra concerti, interviste, passaggi da un albergo all'altro, non hanno quasi il momento di riposare. Ma ecco che un giorno, proprio a Bill Kaulitz càpita l'incontro più importante della sua vita, che da quel momento, non sarà più fantastica: sarà meravigliosa, unica ed inimmaginabile. Non mancheranno però gli intrighi, le cospirazioni, le passioni e le gelosie... Perchè la vita, in fondo, non è mai solo rose e fiori....
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


“È successo davvero...”.
Jade era stesa a pancia in su sul letto, ancora vestita. Accarezzò con le dita distratte la coperta candida, toccando i disegni astratti di quelle stesse lenzuola che solo poche ore prima si erano scaldate di un bacio da troppo tempo desiderato.
“Qui... Proprio dove sono io adesso... È successo veramente...”, ricordò ancora una volta la ragazza fissando immobile il soffitto, persa nei suoi pensieri.
Si drizzò lentamente a sedere, stringendosi le gambe al petto. Osservò la finestra, ancora buia, mentre al contrario, la luce della lampada sul comodino (“Quella stessa lampada!!”) le illuminava debolmente il viso delicato.
“Io... e Bill Kaulitz...”, rifletté ancora Jade, cercando di accettare la realtà. Quel nome cominciò a ripetersi nella sua mente:
“Bill Kaulitz... Bill Kaulitz... Bill Kaulitz...”.
Le morbide guance della ragazza presero ad avere una sfumatura scarlatta, stavolta non per merito della abat-jour arancione. La giovane si trattenne a stento dall’urlare, e si buttò immediatamente sui soffici cuscini, affondando il viso e nascondendovi uno strillo.
Rimase lì, nel buio e al fresco per qualche minuto, poi fece piano capolino dalla stoffa candida, in cerca di aria fresca. Respirò profondamente, e riappoggiò il volto accaldato al guanciale tiepido. In poco tempo, si ritrovò a fissare di sbieco la porta della stanza da letto.
“A solo due porte di distanza c’è lui... Mi basterebbe aprire questa, attraversare il corridoio, abbassare la maniglia dell’entrata del salottino e...”.
Nella sua mente si formò quasi automaticamente un’immagine, che Jade si scoprì ad arricchire di particolari e dettagli addirittura insignificanti quella dolce scena. Dopo un po’ però, quando la ragazza ebbe finito di ricostruire minuziosamente il viso angelico di Bill, un caldo rossore le iniziò di nuovo a salire lento dal collo fino ai capelli, interrompendo ogni sua logica.
Jade mugolò e immerse di nuovo la faccia fra i morbidi guanciali.


“Non ci credo... Non può essere vero...”.
Bill era allungato (per quanto possibile prima di avere il colpo della strega) sul divanetto del salotto, a pancia in giù e con le braccia in avanti che sporgevano ciondolanti dal bracciolo.
Teneva il mento appoggiato al bianco cuscino che da poco aveva prelevato dalla sua camera da letto, e manteneva lo sguardo fisso sulla porta chiusa, perso nel vuoto.
Osservando le molteplici venature del legno, ripensava e rimuginava sui fatti accaduti qualche ora prima, a solo un corridoio di distanza.

Si era appena fatto la doccia, aveva asciugato e piastrato quasi maniacalmente i suoi morbidi capelli scuri e si era spogliato, facendo decisamente più attenzione del solito ai suoi gesti consuetudinari, arrivando perfino a piegare con cura maglie e jeans e a preparare gli abiti per il giorno dopo.
Dopodiché, si era gettato sul divano, portandosi però quasi immediatamente una mano allo stomaco e sbuffando forte: non era ancora guarito dalle ferite inflittegli qualche giorno prima dai suoi tre aggressori.
“Se li incontro di nuovo, devo ricordarmi di andare a denunciarli...”, prese mentalmente nota Bill. Ci pensò su un po’. “... Con Saki...”, concluse.
Soffermandosi anche solo su queste inutili constatazioni e tentando di rimanerci aggrappato il più a lungo possibile, aveva trascorso quasi un’ora girandosi e rigirandosi, incapace di trovare pace.
Stanco, quando ormai le sue difese e le sue palpebre avevano cominciato ad abbassarsi, eccolo: il pensiero tanto temuto e tanto agognato attraversò in un lampo la sua mente spossata, indisturbato, e lì vi si stabilì, come un chiodo fisso.

E così, eccolo: Bill Kaulitz, disteso ma non rilassato, osservatore silenzioso delle sue più meravigliose e recenti memorie.
Rimase quasi un’ora a fissare quella porta senza occhi e senza orecchie, troppo stanco per andare ad aprirla, ma non così spossato da addormentarsi.
All’improvviso, qualcuno bussò:
-TOC TOC!-.
Bill si tirò in piedi all’istante, sentendosi il cuore gonfio e i piedi di piombo. Si avvicinò, un po’ insicuro.
-TOC TOC!!!-.
Chiunque stesse dall’altra parte (e il ragazzo un’idea ce l’aveva...) era veramente insistente.
Infine si decise. Allungò una mano appena tremante, deglutendo, e afferrò il freddo metallo della maniglia. Trattenne il respiro, poi l’abbassò e la spinse lentamente...

Un lampo colorato gli passo accanto, lasciandolo interdetto, e qualcosa di molto simile ad una specie di coda a ciuffi lo frustò leggermente sul viso.
Bill, stupito, rimase immobile con una mano sulla maniglia, fissando con una leggera apprensione l’oscurità nella quale era sparita la cosa.
Dall’ombra, una voce concitata, familiare, che però non riuscì a riconoscere perché ansimante, gli sibilò:
-Chiudi la porta!-.
Il ragazzo obbedì, sforzandosi di penetrare con lo sguardo la fitta cortina di buio al centro della stanza.
Dopo che la serratura ebbe scattato, lasciò cadere il braccio penzoloni lungo i fianchi, e stringendo i grandi occhi nocciola a fessura, continuò a fissare l’oscurità impenetrabile, dalla quale provenivano gli ansiti di un individuo che prendeva fiato.
Si cominciò ad avvicinare lentamente, con la bocca un po’aperta, pronto ad urlare in caso di necessità.
Quando fu accanto al divano, poco prima del cono d’ombra, si fermò. Tese una mano in avanti, cercando di toccare qualcosa che potesse rivelargli chi, o cosa, fosse la creatura che era entrata come se niente fosse nella sua stanza.
Improvvisamente, qualcosa di pesante gli calò sulla spalla.
Bill sussultò violentemente. Ebbe un tuffo al cuore, che per un momento arrestò i battiti, e indietreggiò, terrorizzato, incapace di emettere alcun suono, ma la sua gamba urtò il bracciolo del divanetto. Il ragazzo perse l’equilibrio e cadde all’indietro, mordendosi accidentalmente la lingua, senza però staccare lo sguardo dalla scura figura che avanzava minacciosa e forse letale verso di lui.       
Chiuse gli occhi.

I secondi passarono... Il giovane attese, ma nulla successe.
Infine, una voce, stavolta facilmente riconoscibile, lo chiamò:
-Ehi!-.
Bill riaprì piano un occhio, poi li spalancò tutti e due: Tom, finalmente illuminato dalla fioca luce della luna, lo stava fissando dall’alto in basso, sbalordito, con le mani sui fianchi, in attesa di una risposta.
Il moretto era quasi più esterrefatto di lui:
-...E-eri tu?!-, domandò incredulo, raddrizzandosi e accomodandosi più composto.
Il rasta gli si sedette subito accanto, sbuffando, e ancora un po’affannato, abbandonò la testa sullo schienale chiudendo gli occhi per un po’.
Riprese fiato qualche secondo, poi si voltò a guardare Bill con un’espressione incredula sul volto sudato, rilucente nel pallido bagliore proveniente dalle finestre:
-Certo che ero io! Chi pensavi che fosse?!-, e riabbandonò il capo contro il divano.
Bill mosse per un po’ la lingua dolorante, ignorando la domanda retorica di suo fratello. Il suo percing argentato brillò come una minuscola lucciola nella stanza in quasi totale penombra. Poi il giovane chiese al fratello, che si stava infine riprendendo:
-Ma che hai fatto? Come mai sei tornato così tardi? Ti è successo qualcosa?-, assumendo un tono di voce mano a mano sempre più acuto.
Tom appoggiò i gomito allo schienale e asciugandosi il viso disse a mezza voce, lo sguardo assorto fisso sul soffitto:
-Tu non hai idea di quanto diligente sia Saki...-.
-...Lo so... E questo che c’entra?! Eri andato al parco da solo, giusto?-.
-Appunto! Saki ha visto che uscivo dall’albergo senza guardia del corpo e mi ha inseguito per mezza città! Ho dovuto fare il giro del globo per seminarlo! Meno male che mi aveva perso di vista prima che arrivassi all’incontro con Giusy, se no finiva male... Per lei...-, affermò con un ghigno il chitarrista.
-Ah, giusto, com’è andata? Si è arrabbiata? E adesso?! Cosa farà? Manderà un killer a...?-.
Tom lo interruppe prontamente:
-Lo vuoi sapere o preferisci continuare a farti i film da solo?!-.
Bill tacque all’istante.
-Oh, finalmente! Be’...-. E Tom si lanciò nella più dettagliata possibile descrizione dell’incontro con la diabolica donna dai capelli dorati.
L’espressione di Bill continuava a mutare con il ritmo e le cadenze del racconto: ansiosa, sorpresa, preoccupata, sollevata, poi di nuovo angosciata, e ancora sollevata.
Tom raccontò tutto, dall’arrivo al parco, alla conversazione con Giusy, al suo congedo, il deciso: -Non farti più vedere...-, mentre si avviava all’uscita.                    
Quando però arrivò a questo punto, si fermò. Abbassò gli occhi e si morse il labbro inferiore: non era sicuro di voler informare il fratello dell’invito di Giusy a chiamare un’altra possibile preoccupazione. Mentre rifletteva, fece scivolare inconsciamente una mano nella larghissima tasca dei jeans. Le sue dita sudate si strinsero sul bigliettino colorato. Decise di mantenere per sé quella piccola, fondamentale informazione, almeno per il momento. Sospirò, tornando a guardare il volto di Bill, in evidente attesa, e concluse:
-E questo è tutto... Non credo troppo da preoccuparsi per quella balorda... Se solo prova ad avvicinarsi alla porta d’ingresso dell’hotel si ritroverà immediatamente con il muso a terra, almeno due chilometri più indietro, gentilmente sospinta e accompagnata da un bel calcio in...!!-.
-Sì, lo so, per noi non c’è problema, siamo più che al sicuro, probabilmente...-, esclamò Bill, interrompendo una volta per tutte le ipotetiche pianificazioni di distruzione di Tom. -...Ma... e se Giusy se la prendesse con la nostra famiglia? I nostri amici? O...-, e il moretto lanciò una breve occhiata alla porta. -... Con quelli di Jade?-.
Il rasta rimase in silenzio. Bill aveva ragione. Lui aveva sempre ragione.
Finalmente Tom, fissando negli occhi il fratello, sussurrò:
-Non possiamo fare nulla... Dobbiamo solo pregare di essere noi e noi soltanto nelle sue mire...-.
-Ma Giusy ha detto che...!!-.
-... E avere speranza, oltre a tanta, tanta fortuna...-, mormorò deciso il rasta, un po’ meno sicuro, però, verso la fine della frase, mettendo fine a quella discussione che avrebbe portato solo dubbi ed angosce.
I due gemelli rimasero diversi minuti in silenzio, a fissare il tappeto in direzioni, entrambi ad occhi bassi, persi nei loro pensieri.
All’improvviso, Bill si illuminò in volto, e mentre un timido sorriso cominciava ad allargarsi sulle sue guance piacevolmente rosate, alzò lo sguardo scintillante verso il gemello e annunciò con voce tremolante dall’emozione:
-Tom... Anch’io dovrei dirti una cosa...-.

-Davvero? Non ci credo!! E quando è successo?-, domandò euforico il chitarrista, sporgendosi verso il moretto sorridente.
-Be’... Subito dopo che siamo tornati dallo shopping... Circa all’ora dell’incontro con la ‘balorda’...-, rispose Bill con la luce negli occhi e nel viso; adesso niente avrebbe più potuto intaccare il suo buonumore. Nemmeno Giusy.
-Wow... Quindi lei c’è stata, no?-.
-Sì! È davvero meraviglioso! È una svolta, un nuovo inizio, uno stupendo...!!-.
-Certo certo... Te la sei fatta?-.
-...Tom! Vergognati! Ma ti pare che già al primo bacio...?!-.
-Appunto! Meglio agire subito, no? Metti che poi lei si stufi di te!-, ribattè il rasta, malizioso.
Bill non replicò, imbronciato, incrociò le braccia sul petto magro, e sporgendo in fuori le labbra, si infossò ancora di più nel  divano. Tom sorrise, e si alzò, stiracchiandosi rumorosamente. Aprì la porta e fece per tornarsene in camera, quando, appena prima che fosse fuori, la voce del fratello lo raggiunse, bassa ed indispettita:
-Non è ancora pronta... Io comunque ci ho provato, è lei che non ha voluto...-.
Tom ridacchiò piano, e con un quasi impercettibile: -Notte...-, uscì, e fece scattare definitivamente la serratura.


Stanza 329. Tom entrò, si levò frettolosamente maglia, jeans, fascia e cappello, rimanendo in boxer, e si gettò sul letto senza disfarlo, con ancora una risata sulle labbra.
Rimase così a pensare a suo fratello e a Jade svariati minuti, poi il sorriso scivolò lentamente via dal suo viso, sostituito dalla sorpresa: era felice. Era felice per loro. Non era dispiaciuto, deluso, affranto o sconsolato. Era... contento.
Si tirò a sedere: forse era un punto di svolta anche per lui. Forse si stava dimenticando di lei, nonostante il suo viso popolasse ancora i suoi sogni.
Sollevato da un enorme peso, un altro sorriso si aprì sulle sue labbra, illuminando la stanza semibuia.
Tom fissò l’orologio sul comodino: le sei meno dieci. Aveva fatto proprio tardi. Ma d’altronde, quel giorno era un altro giorno vuoto, lo avrebbe sicuramente passato a dormire fino alle due. Parlando con Bill non si era quasi accorto di com’era volato il tempo, era rimasto da lui quasi due ore.
Il ragazzo si passò le mani sugli occhi, stanco, quando un’idea lo bloccò.
Rimase a fissare i suoi jeans, gettati alla bell’e meglio su una sedia, per qualche minuto, poi si alzò e vi frugò nelle tasche finché non riuscì a trovarlo. Lo strinse tra le dita, leggermente tremanti dall’eccitazione, poi si buttò di nuovo sul letto, a pancia in giù.
Prese il telefono, e alla flebile luce del mattino appena iniziato, digitò sulla tastiera dieci piccoli numeri, portando poi subito la cornetta all’orecchio.
Attese, e nel frattempo si mise a giocherellare con il foglietto, quasi illeggibile dopo tante torture.
Forse Tom sperava quasi che il numero non fosse corretto, che l’apparecchio non squillasse, o che semplicemente gli buttassero giù la linea dopo essersi presentato.
Ovviamente, il numero era esatto, e lo squillo del telefono lo fece sobbalzare, risuonando nella sua mente:
-TUUUUT... TUUUUT...-.     

________________________________________________________________________________________________________________________

ANTICIPAZIONI: Nei prossimi capitoli vedremo le prodezze ginniche del nostro Tomi alle prese con una guardia del corpo, un albero e un davanzale... XD
Inoltre, ci saranno sdolcinatezze a non finire fra Bill e Jade, e... forse una nuova minaccia minerà l'armonia di questo momento?
Tutto, nei prossimi capitoli!!!!!!!!!!! ^ - ^




   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: HuGmyShadoW