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Autore: KikoChan    16/08/2013    4 recensioni
Margherita è una diciannovenne italiana andata a vivere a Londra.
Le piace scrivere di uno strambo uomo dello spazio, mentre sta seduta in un parco a lei caro, finché in un tardo pomeriggio piovoso questo strambo uomo si presenta a lei, incredula.
Dopo aver dato un'occhiata al quadernino, il Dottore è confuso quanto lei.
Cosa sta succedendo?
Genere: Avventura, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Jack Harkness, Nuovo personaggio, TARDIS
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mi risvegliai. Era tutto buio, distinguevo solo la luce della luna che filtrava da una finestra di legno semi aperta.
Ero sdraiata su un materasso non molto comodo. Scorsi una luce fioca provenire da quella che sembrava una porta socchiusa.
Restai ancora un po’ immobile nel letto a rimettere in ordine le idee; mi sentivo davvero frastornata.
“Cos’è successo all’angelo?” pensai. “Sono viva, giusto?”
Mossi le gambe per testare la mia ipotesi. “Si, si. Le gambe ci sono. Sono viva. Ma dove sono?”  pensai sempre più confusa.
Mi misi a sedere, mi girava tutta la testa.
Mi cadde l’occhio sulla biancheria del letto. Era bianca, normale, quasi ottocentesca.
Gli occhi si abituarono un po’ al buio  riuscii a scorgere qualcosa di più.
Accanto al letto c’era un comodino di legno e sopra vi era una copia sgualcita della Bibbia.
Mi alzai frastornata e mi accorsi di non avere i miei vestiti, ma una sottoveste bianca e lunga più o meno fino alle ginocchia, le maniche lunghe aderivano ai polsi.
“Ma che cavolo...?” pensai.
Senza fare rumore andai verso la porta dalla quale proveniva la luce.
Vidi che era socchiusa, ma non riuscivo a vedere niente. Così la spinsi con delicatezza e entrai.
C’era un uomo seduto di spalle ad una scrivania in legno, la camicia azzurra e i capelli neri e corti, un po’ spettinati.
Lo guardai meglio e ricollegai gli avvenimenti.
“Capitano?” dissi confusa.
“Meno male, sei sana e salva. Aspettavo che dicessi qualcosa, credevo non mi riconoscessi dopo quello che è successo.” Disse con una punta leggera di allegria nella voce.
Si voltò, sorrise e mi fece cenno di avvicinarmi.
Esitai un attimo. Non ci capivo niente.
Guardai l’ambiente circostante.
Vi era una grande mappa appesa alla parete sotto la quale si trovava la scrivania, a destra, subito vicino alla sedia su cui era Jack, vi era una libreria, zeppa di libri impolverati. Alla sinistra vi era un semplice attaccapanni in legno, con la giacca del capitano sopra.
La luce proveniva da un piccolo lume ad olio posato sulla scrivania di Jack.
Ero sempre più confusa, mi sembrava di essere davvero  nell’ottocento.
“Si, la sottoveste ti dona molto.” Disse d’improvviso, sempre sorridendo.
Arrossii per l’imbarazzo e finsi di  guardarmi intorno.
Io non sapevo niente di lui, non è mai apparso nei miei racconti.
“Allora, ti avvicini o no?” disse toccando una sedia che prima non avevo visto.
Mi feci coraggio e mi andai a sedere vicino a lui, ad ogni passo esaminavo i suoi occhi azzurri. Continuavo a sentirmi strana. Ero in una stanza con un perfetto sconosciuto, che probabilmente, mi aveva spogliata per mettermi quella sottoveste.
Mi sedetti sulla sedia e lo guardai. Il suo sorriso si fece più ampio.
“Bel modo di conoscerci, vero?” disse allegramente e con fare ammaliante.
“Dove siamo? E i miei vestiti?” replicai diffidente.
“Siamo nell’Inghilterra dell’Ottocento, i tuoi vestiti sono ad asciugare e, prima che tu me lo chieda, si ti ho visto in biancheria intima. Quel reggiseno viola è davvero carino!”
Mi portai una mano sul viso per pensare.
“Ok, sorvoliamo la parte del reggiseno. Di chi è questa casa?”
“Era una delle basi del Torchwood, l’hanno dovuta abbandonare in seguito ad un attacco dei cyberman, ma ora è sicura.” Disse guardandomi stranito.
“Capisco. Il Dottore?”
Non rispose, mi fissò soltanto.
“Non ti chiedi come facciamo ad essere nell’ottocento? Non mi sembra normale.”
Pensai un attimo. Io non sapevo niente di lui, ma lui non sapeva niente di me. Eravamo nella stessa situazione.
“Io... conoscevo già gli angeli.” Dissi esitando.
“Spiegami.” Fece lui incuriosito.
Spiegai a Jack tutta la storia del quadernino. Lui mi guardò confuso.
“Tu hai scritto del Dottore... ma per caso hai scritto anche di qualche suo compagno?”
“L’unica compagna nelle mie storie è stata Rose Tyler, ma di lei non ho scritto molto... come se fosse scomparsa da un giorno all’altro.”
Jack si drizzò e sbarrò gli occhi.
“Rose Tyler...?”
“Si.”
“E’ realmente esistita. E’ scomparsa improvvisamente perché il Dottore l’ha dovuta...”
Esitò un attimo.
“Lo so, l’ha dovuta chiudere in un universo parallelo per salvarle la vita. Lo dice in un dialogo in una delle mie storie...” dissi confusa quanto lui.
“Hai scritto di Rose Tyler ma non di me, come se tu avessi già conosciuto il Dottore, Rose, gli angeli e tutto il resto, ma non avessi conosciuto me.”
“E’ strano...” dissi
“Già.”
Restammo un attimo in silenzio.
“Ma come mai sono viva? Come mai sei qui?”
“Sono arrivato in tempo per distruggere l’angelo, è stata l’unica cosa che sono riuscito a fare.”
“Ma... il Dottore? Perché lui non è qui?”
Mi guardò dolcemente. “Il mio trasporto basta per una persona sola, lui me lo ha impostato in modo che seguisse la tua scia. Siccome il Tardis non ci può raggiungere subito perché si distruggerebbe l’universo, dobbiamo aspettare almeno 24 ore per mandargli un messaggio e farci trovare.”
Mi morsi il labbro pensierosa.  Jack aggrottò le sopracciglia.
“Cos’è successo con l’angelo?” disse serio.
“Non...non lo so.” Sospirai. “Ha iniziato a parlarmi nella testa, dicendo che il collegamento era già nella mia memoria...diceva di conoscermi...” iniziò a farmi male la testa.
Mi portai le mani sulle tempie e strisi gli occhi. Il viso sorridente del Dottore mentre guardava il tramonto mi venne in mente.
Gemetti per il dolore e mi accovacciai sulla sedia, Jack si alzò e si accucciò vicino a me. “Tutto bene?” disse mettendomi una mano sulla schiena.
Il dolore passò. Annuii frastornata.
Alzai gli occhi e i nostri sguardi s’incrociarono.
“Dunque... lui ti comunicava tramite collegamento psichico.” Disse senza aspettarsi risposta. “Dobbiamo assolutamente trovare il Dottore.” Continuò alzandosi e andando verso la scrivania.
“E come faremo?” dissi
“Non ne ho idea. Ma ce la faremo.” Mi guardò sorridente e speranzoso.
Il mio sguardo si fece preoccupato.
“Andiamo, piccola! Sono il Capitano Jack Harkness! Posso tutto!”
Sorrisi e poi scoppiai a ridere.
“Che situazione strana!” dissi sempre ridendo.
“Finalmente sei di buon umore!” disse Jack sorridendo.
Tornai seria.
“Dunque ti piace il mio reggiseno?”
“Si, decisamente!”
“Maniaco. Come ti sei permesso di spogliarmi?”
Restò un attimo in silenzio. Risi di nuovo. “Sto scherzando! Grazie per avermi salvata.”
“Dovere.”
Ci fu un momento di silenzio.
“Come mai ti trovavi nel parco dove eravamo io e il Dottore?” chiesi incuriosita.
“Ero alla Unit, quando le mie attrezzature sono impazzite. Siccome io e il Dottore siamo amici di vecchia data... “ sorrise “Sono corso da lui, solo che, insieme a lui, ho trovato te e gli angeli. E ammetto che avrei preferito trovare solo te.” Rise un po’.
“Come facevi a sapere che sono italiana?”
“L’accento la dice lunga.” Disse facendomi l’occhiolino.
D’un tratto sentimmo un urlo, poi uno schianto.
Ci guardammo sopresi e senza dirci niente ci avviammo entrami verso la porta. Jack mi prese per mano e mi guidò fuori.
Quello che si presentava alla nostra vista, nel cuore della notte, era spaventoso.
  
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