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Autore: kymyit    16/08/2013    2 recensioni
Grandi cose stanno per accadere alla WW Academy. La sorella del terribile Ivan Braginski, Natalia torna dai suoi fratelli... dall'oltre tomba! Chi l'ha uccisa? Riuscirà il russo a salvare la vita della sorella maggiore e a proteggere il suo "schiavetto" Toris? Ludwing riuscirà a vincere le elezioni e diventare il rappresentante degli studenti o Alfred e gli Alleati la spunteranno? Fine? Macché! Un altro fantasma torna a tormentare due ex studenti e il loro rapporto incrinato. Questo ed altro ancora in quest'assurda fan fiction!!
Genere: Drammatico, Comico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lituania/Toris Lorinaitis, Russia/Ivan Braginski, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: Cari lettori, con ritardo immenso, vi porto il nuovo capitolo di questa fic. E' stato un periodo di scarsa ispirazione per le fic già in corso. Mi mancavano le parole, le idee per collegare i fatti che già avevo in mente. Spero di aver fatto un buon lavoro con questo capitolo. E spero di riuscire a finire questa storia, manca pochissimo alla fine, oserei dire tre o quattro capitoli. Due dei quali saranno un happy ending e un bad ending. Personalmente sono più per gli happy ending, ma questo genere di storie quasi chiede di essere concluso "male".
Speriamo bene, buona lettura ^_-



Capitolo 10: Amami, fratello



Quando l’urlo di Elizaveta aveva riempito il silenzio, Roderich si era precipitato da lei, col cuore in gola. E la terrificante visione che gli si presentò davanti nella quasi totale mancanza di luce, gli gelò il sangue nelle vene.
Elizaveta stava di fronte ad una ragazza armata di ascia, già una scena spaventosa di per sé. L’atmosfera però era schiacciante, deprimente, terrificante. Era come avere il corpo schiacciato fra due pareti invisibili, come essere trafitto da mille aghi fatti di brividi. Lo stomaco e le budella si contrassero violentemente e l’istinto di sopravvivenza gli gridava forte “SCAPPA, RODERICH!!”
Bella marciava macabramente verso Elizaveta, Mathias e Lukas, illuminata dal chiarore spettrale della luna che filtrava dalle finestre. L’ungherese indietreggiò ancora, trattenendo a stento l’impulso di urlare in preda al panico ancora una volta, la mano premuta contro il petto, per rassicurare il proprio cuore impazzito di non essere stata ferita.
Non ancora.
Mathias aveva smesso di ridere.
Non era uno scherzo, era troppo spaventoso, troppo innaturale per esserlo.
Istintivamente spostò Lukas dietro di sé col braccio.
Bella agitava l’ascia come il più innocuo dei giocattoli e ghignava maleficamente. Potevano udirle mormorare parole per lo più incomprensibili, biascicate, aggrovigliate e sibilanti come serpi. La sua voce riecheggiava tutt’intorno. Non era umana, non era Bella, era una voce d’oltretomba carica di odio che reclamava vendetta tramite il sangue.
-Non gli importa nulla… a loro non importa nulla… - la voce si sovrapponeva, sdoppiata, parole su parole in una cacofonia da incubo -E adesso noi ci prendiamo… ci prendiamo quello che vogliamo, senza che c’importi di loro… -
-Che cosa sta succedendo qui?- domando l’austriaco agli altri due ragazzi (li conosceva di vista). Il più alto rimase in silenzio, deglutendo di tanto in tanto. L’altro gli lanciò prima un’occhiata, come a studiarlo, poi riprese a guardare la ragazza belga che tagliava l’aria con ampi fendenti impazziti.
-E’ posseduta da uno spirito.- disse semplicemente.
-Uno spirito?- ripeté meccanicamente l’austriaco. Con quella visione terrificante innanzi agli occhi, a udire quella voce sovrannaturale, la sua gola si era seccata, il suo cervello pareva aver smesso di funzionare, annullato dall’orrore e dall’assurdità della situazione. La semplice affermazione del norvegese non fece che confermare ciò che i suoi occhi vedevano già, ciò che la sua mente aveva già percepito, ciò che il suo corpo già temeva. Eppure a udire quelle parole sentì come un peso schiacciargli il cuore.
-Uno spirito attaccato al mondo.- ripeté Lukas mentre con l’ennesimo fendente, Bella strappò un lembo del vestito di Elizaveta che urlò di nuovo, per poi tentare la fuga a rompicollo.
Era atterrita.
Proprio lei!
Lei era forte, aveva praticato molte arti marziali e sapeva cavarsela nel combattimento all’arma bianca. Ma di fronte a tali elementi sovrannaturali, di fronte all’ignoto, le qualità umane sono sufficienti?
Certo a mani nude non avrebbe potuto fare nulla. Se doveva morire a causa dello spirito di una mocciosa psicotica, almeno voleva mettere le mani su una bella arma e potersi difendere.
Maledisse Gilbert e si maledisse a sua volta per essersi fatta coinvolgere.
Lei che c’entrava?!
Che diavolo c’entrava in quella storia?
“Maledetto Beilschmidt!” urlò dentro di sé.
-Attenta!- gridò Roderich.
Elizaveta si voltò.
Non c’era nessuno.
Rimase stupita a fissare il vuoto, poi capì e contemporaneamente -Sopra di te!- la voce di Gilbert sopra la sua testa si sovrappose a quella di Roderich. Elizaveta alzò il capo e vide Bella piombare su di lei, con l’ascia sollevata oltre la testa, pronta a calare come la mannaia di un boia sul suo corpo indifeso.
“Sono morta.” pensò Elizaveta, mentre il tempo pareva rallentare il suo corso, rendendo l’attimo dell’affondo ancor più terrificante. Ma prima che la lama raggiungesse la sua pelle, prima che il suo sangue zampillasse impazzito da una qualsiasi ferita, qualcuno la afferrò per le spalle e la gettò a terra, rotolando con lei per sfuggire al corpo mortale.
Elizaveta sentì un gemito di dolore represso e si accorse solo quando tutto il mondo smise di girare che a salvarla da morte certa era stato Roderich.
I due, ansimanti, si misero a sedere e guardarono nervosamente in direzione della ragazza bionda. Quella tentò un secondo attacco verso di loro e fu Elizaveta, a tentare di fare scudo al suo ragazzo, anche se lui tentò disperatamente di prendere il suo posto, non poteva, non voleva permettere che qualcuno le facesse del male, che le strappasse la vita. Non se lui poteva fare qualcosa per opporsi.
L’ascia non calò mai su di loro.
Elizaveta aprì gli occhi e si voltò appena. Anche Roderich rimase meravigliato di primo acchito nello scoprire che la terribile arma era stata bloccata a mezz’aria prima di poter sferrare il colpo definitivo.
Da Mathias.
Il danese sogghignò sprezzante, facendo forza con le braccia per reggere il confronto col fantasma e col corpo che si era scelto. Strinse le mani sul manico dell’ascia che aveva raccattato a sua volta in una seconda bacheca in vetro e fece peso col proprio corpo per respingere l’altra.
Si chiese come fosse possibile che una possessione potesse rendere una ragazza così forte e sudò freddo, sapendo di non poter reggere ancora per molto.
-Siete ancora imbambolati?- domandò sogghignando rivolto ai due che, alle sue spalle, assistevano alla scena sbalorditi. Roderich fu il primo a scuotersi e si alzò in piedi a fatica, aiutando la ragazza.
“Grazie” voleva dirgli lei, ma le parole le morirono in gola quando sentì qualcosa di caldo e umido gocciolare sulla pelle nuda.
-Oh mio Dio!- esclamò -Roderich!-
L’austriaco strinse i denti, deciso a non lasciarsi sfuggire neppure il minimo gemito di dolore.
L’ascia di Bella l’aveva ferito alla schiena, forse non era una ferita mortale, ma era profonda e dolorosa. La ragazza posseduta li osservava come incuriosita, poi tornò alla carica, verso di loro, scaraventando Mathias contro la parete con una potente onda d’urto.
Si scagliò contro i due innamorati con ferocia e Gilbert urlò, tentò di trattenerla, si aggrappò al suo corpo tentando di entrare anche lui in Bella, di scacciare lo spirito di Natalia. Ma non vi riusciva, lo spirito assetato di vendetta e carico d’odio della defunta lo ricacciava all’esterno, era sfuggevole, travolgente, la sua rabbia respingeva ogni cosa intorno a lei.
Ma lui era sempre stato testardo, veramente tanto testardo, e non si fermò ai primi due tentativi. Doveva continuare a provare, doveva fermarla assolutamente, doveva salvare Roderich!
Elizaveta strinse il fianco del suo ragazzo tentando di non fargli troppo male e lo sorresse, aiutandolo a scappare via. Voltandosi appena per gettare un’occhiata al macabro spettacolo di Natalia che si contendeva il corpo di Bella De Vries con Gilbert.
“Quell’impiastro… ” le venne quasi da piangere, ma si contenne.
-Presto, dobbiamo fuggire.- disse fra i denti accelerando il passo quanto poteva.
Lukas nel frattempo era corso da Mathias.
-Stai bene?- gli domandò chinandosi su di lui.
-Potrei stare meglio.- ammise quello massaggiandosi la testa -Magari con un bacino.-
Lukas ignorò quell’ultima frase e lo aiutò a tirarsi su, per poi seguire l’altra coppia lungo il corridoio buio, accompagnati dalle urla dei due spiriti in lotta e della povera Bella.


-Che sta succedendo adesso ?- domandò il danese, serio in volto, ma il norvegese non gli diede spiegazioni, lo trascinò via con sé.
Solo lui ed Elizaveta, a quanto pareva, potevano percepire le strazianti urla del fantasma misterioso che stava tentando di rallentare il passo della ragazza.
Lukas non era sicuro di chi fosse, forse lo conosceva di vista. Era un po’ da tutta la sera che avvertiva la sua presenza e lo scorgeva qua e là. Non aveva indizi sufficienti per avere chiaro il quadro della situazione, ma chiunque avrebbe capito che quello spirito doveva provare gli stessi forti sentimenti dell’altro, per poter sempre tornare all’attacco. Solo che a differenza dell’ammorbante emozione che percepiva al di sotto della rabbia, quello spirito emanava impetuose ondate di un sentimento caldo, più puro, ma non meno travolgente.
Lukas si sentì stringere il cuore nel petto e, scambiandosi fugacemente un’occhiata con i tre compagni di fuga, intuì che anche per loro era lo stesso.
Era davvero penoso però che tutto ciò che accadeva alle loro spalle potesse essere compreso, se non del tutto almeno in parte, soltanto da lui e dalla ragazza.
Ed era penoso anche sentire l’energia dello spirito difensore affievolirsi sempre più, affaticata, come la luce di una candela ormai agli sgoccioli, eppure testarda e combattiva.
Roderich non poteva sapere che Gilbert lo proteggeva, ma i flussi energetici avevano pervaso l’atmosfera, e lui poté comunque avvertire quelle emozioni contrastanti sulla sua pelle.
E senza capire bene perché, pianse.




Bella non era totalmente incosciente. Pur ridotta ad un misero burattino, poteva sentire, poteva vedere. E in quel momento ciò che aveva visto la faceva sentire gelosa, pazzamente gelosa, furiosa.
Quel ragazzo aveva quasi sacrificato la vita per salvare la sua ragazza.
Quello spirito che la ostacolava, a sua volta desiderava salvare quel ragazzo, a costo di scomparire.
Ancora si gettava su di lei, lottava contro lo spirito che la possedeva senza curarsi di sé.
E quel tizio piccoletto e insieme all’altro…
Quei ragazzi si amavano, era evidente, chiaro come il sole, anche se lo dimostravano davvero poco. Avrebbero dato la vita l’uno per l’altro, indifferentemente dal fatto di essere corrisposti o meno, mentre lui…
Suo fratello, avrebbe avuto il coraggio di farlo?
-Non lo farebbe.- le disse ferma Natalia.




Abel De Vries sbarrò gli occhi quando accadde.
Quando vide alla luce delle lampade d’emergenza quegli studenti sbalzati via da una potente esplosione d’aria. Un boato tremendo, distruzione, niente fiamme.
Colpiti da un inesistente scoppio, Roderich, Elizaveta, Mathias e Lukas, furono sbattuti nel salone della festa, fra le grida terrorizzate della scolaresca.
E poi apparve lei.
Abel non poteva credere ai suoi occhi. Bella cavalcava la forza d’urto dell’aria, quasi volava sospinta dalla stessa potenza del suo potere maligno. Col viso contorto in un’espressione di goduria mefistofelica, piombò nella sala, generando il caos.
Gli studenti urlavano e fuggivano urtandosi fra loro come topi disperati che tentano di abbandonare una nave ormai condannata.
-Bella!- la chiamò -Bella!-
Nessuno avrebbe potuto udirlo in mezzo a quella folla delirante in preda al panico, ma lei lo fece.
Si voltò di scatto verso di lui, con un gesto così secco da fermargli il cuore.
-Eccolo!- diceva una voce -Eccolo! Adesso vedrai che non gli interessa di noi! Lo vedrai! A nessuno interessa di noi, vero FRATELLONEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE?-
Il grido acuto ruppe i vetri delle finestre, i bicchieri, le brocche, le lampade. Tutto ciò che di fragile c’era, esplose in mille frammenti ricadendo sulle teste degli studenti.
A quell’urlo agghiacciante successe il silenzio per pochi attimi.
Poi gli studenti tentarono nuovamente la fuga, se possibile con più foga che in precedenza.
Eccetto alcuni.
Ivan e Toris erano sulle scale in quel momento.
Uno dei lampadari era quasi caduto addosso al più giovane e Ivan, seppur terrorizzato, aveva avuto la prontezza di afferrarlo per il polso e trascinarlo verso di sé, contro il muro. L’aveva protetto col suo corpo frapponendosi tra lui e il groviglio di candele di vetro che fino a quel giorno avevano illuminato quell’androne. In silenzio, meditando sul da farsi, fissava la giovane figurina al centro della sala distrutta con dipinto sul volto un malcelato terrore. Strinse i denti, mentre il sudore freddo gli colava lungo le tempie.
-Ivan?- Toris lo chiamò diverse volte -Ivan, sei ferito… - gli disse e gli asciugò il sangue dalla fronte.
-Non è nulla… - fece quello.
Era vero. Non era che un taglietto, il dolore era insignificante. Probabilmente anche se l’avessero tagliato a metà, in quel momento non avrebbe né sanguinato né sofferto, impietrito com’era dalla paura e dalla rabbia.
Toris aveva rischiato di morire.
Di nuovo.
Come doveva sentirsi se non incazzato a morte?
Voleva tanto che Natalia la smettesse, ma aveva paura di affrontarla. Se però l’avesse fatto tempo addietro forse… forse lei sarebbe stata ancora viva.
Forse nulla di tutto quello sarebbe mai accaduto e Kat’ja sarebbe stata bene.
-Devi andartene… - disse piano, a voce così bassa che Toris la percepì a stento.
-No… - disse piano -Non posso lasciarti così… -
-Vattene… - disse fermo.
-No.- rispose Toris, ancora più deciso, per poi vacillare di fronte all’occhiata omicida del russo.
Quell’occhiata omicida.
-N-no… - rispose scuotendo il capo. -E non… non mi convincerai così… mi fa più paura quella... - indicò Bella che continuava a spazzare via chiunque e qualunque cosa si trovasse sul suo cammino con le sue onde d'urto. Una di queste prese Abel in pieno, schiantandolo contro una colonna.
-Perciò anche se poi te la prenderai, io adesso starò qui.- concluse il castano, con un debole, stupendo sorriso dipinto sulle labbra.
Ivan tacque. Avrebbe voluto dirgli che quando tirava fuori il coraggio diventava davvero stupendo, ma non ne ebbe il tempo. Perché Bella si stava accanendo contro Abel De Vries, contro suo fratello, e nessuno tentava di fermarla, tutti erano troppo terrorizzati per pensare a lui.
-Avevi promesso!- urlò la ragazza, scagliando nuovamente il corpo del fratello contro la colonna, come un sacco di sabbia colpito da un pugile particolarmente forte.
-Ma tu non mantieni mai le promesse! Devi fare tutto come vuoi tu, non pensi mai a me! T’importa di me?!-
-B-Bella… -
-Stai zitto!!-
In quel momento, era lei, Bella ad agire.
Era lei a sfogarsi delle ingiustizie che aveva subito. Lei che aveva finto di perdonare, in realtà c’erano momenti in cui aveva desiderato prendere Abel per i capelli e spaccargli la testa contro il muro.
Se non gli avesse voluto davvero bene, forse l’avrebbe fatto.
Ma i fratelli e le sorelle litigano e si trovano spesso in disaccordo, più spesso di chiunque altro. I loro desideri omicidi, però, a volte sono semplicemente enfatizzazioni momentanee della loro rabbia.
Bella non avrebbe mai desiderato uccidere suo fratello. Non davvero.
Desiderava solo dargli una lezione esemplare, ma non…
Non così.
Abel la fissava, bianco in volto, il suo corpo muscoloso non poteva nulla contro la forza di quel figurino aggraziato che lo sollevava per aria come un fuscello e stringeva, stringeva…
Abel tentò di allargare la presa delle sue dita contro la gola, ma senza successo.
Agitò le gambe per scalciare, ma nulla. I suoi calci, Bella non li sentiva neppure. Lo fissava, il volto contratto in una smorfia furiosa mista al dolore e continuava a stringere.
-E’ colpa tua, fratello. Colpa tua.- farfugliava -Perché m’illudi, perché non mi vuoi bene.-
La ragazza rivolse una fugace occhiata verso Ivan, che rimase in silenzio, stringendo Toris a sé con maggior forza.
L’olandese non comprese il perché del gesto della sorella, ma non ci badò molto. Avrebbe voluto dirle che non era così, che era pentito di tutte le promesse non mantenute, del suo comportamento tirchio e infantile, troppo egocentrico per vedere oltre se stesso e i propri desideri, avrebbe voluto dirle molte cose, ma era condannato a morire in silenzio.
Finché una pioggia di fini cristalli bianchi non sommerse Bella.
Completamente.
Lei lanciò un grido acuto, lasciò la presa e cadde a terra, contorcendosi, urlando, imprecando e maledicendo chiunque fosse l’artefice di quel gesto. La sua voce echeggiava nella sala con maggiore potenza, sotto gli occhi sbalorditi dei pochi incoscienti rimasti a guardare.
Ivan e Toris stavano ancora sulle scale. Al primo piano, di fronte all’entrata, c’erano Ludwig e Feliciano, accanto a loro Kiku. A piano terra, Elizaveta, Roderich, Mathias e Lukas spiavano la situazione nascosti dietro alcune colonne, feriti ed esausti. Roderich perdeva parecchio sangue dalla schiena, sul pavimento una piccola pozza di sangue s’allargava a vista d’occhio.
Bella continuava a gridare, mentre Natalia s’aggrappava disperatamente al suo corpo per non esserne respinta, ma invano.
In quel momento, quando fu vulnerabile, Gilbert tornò alla carica.
L’afferrò sotto le braccia e la trascinò via dalla ragazza.
Nonostante quei cristalli bianchi sparsi tutt’intorno, però, Natalia era comunque molto forte, a causa dell’ammorbante sentimento che la teneva ancorata al mondo dei vivi e lui si rese conto immediatamente che non avrebbe potuto fare nulla contro di lei.
“Solo rallentarla, tutto qui. Poi posso solo sperare.” Pensò e, voltandosi verso il gruppo alle sue spalle, disse, sogghignando -Addio.-
Elizaveta si morse le labbra e Roderich, lui spalancò gli occhi, perché per la prima volta, dopo tanto, tanto tempo, lo vide.
-Gil… bert… - sussurrò appena.
-Addio, Roderich.- disse quello ancora, sorridendo, perché voleva rassicurarlo.
Andava tutto bene, tutto, a meraviglia.
Sapeva mentire che era una bellezza.
-Siate felici.- aggiunse, infine.
Gilbert strinse Natalia con forza fra le proprie braccia intangibili, contenne la sua furia come meglio poté, ma di contro, usò tutta la sua energia residua e l’aria sopra di loro parve risucchiarli. Tutt’intorno si alzò un forte vento, un vento che non veniva da nessuna parte, che circondò i due e trascinò ogni cosa che incontrava sul suo cammino scaraventandola per la stanza. Volavano posate, bicchieri, frammenti di pietra, quadri, vetro, persino le persone rischiarono di essere trascinate in quel vortice.
-Gilbert!- urlò Roderich allungando le mani verso di lui.
“Siate felici.” Pensò nuovamente quegli, aggrappandosi con più forza a Natalia.
Si sentì felice a sua volta, perché l’aveva rivisto. Ed era in buone mani.
Ivan strinse Toris con forza a sé quando sua sorella invocò nuovamente il suo nome e lo maledisse per interminabili secondi, prima che il silenzio tornasse a regnare in sala.


L’unico rumore appena percettibile, fu quello della sostanza cristallina che come sabbia scivolava al suolo, dal secondo piano dell’accademia.
Là, appeso a una ringhiera, vi era un enorme sacco riportante la scritta inequivocabile “Salt” e, accasciati accanto ad esso, ansimanti sia per lo sforzo, sia per la paura, vi erano Alfred, Arthur e Francis.
-L’eroe… - mormorò Alfred esangue e rannicchiato in un angolino in posizione fetale -L’eroe ha trionfa… trionfato… -
Arthur tacque, lo guardò in silenzio, dovendo ammettere che quell’impiastro ne aveva fatta una giusta una volta tanto.
Però…
“Non è finita.” pensò l’inglese. “Non è finita.”
Il solo pensiero lo mandò in panico e, inconsciamente, cercò la mano di Francis.



Fine capitolo 10
   
 
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