Lily ripensò a quello che
era successo poco prima, mentre
Emmeline, Remus e Dora discutevano su cosa fare.
Quando l’aveva
visto, era stato difficile non saltargli addosso e ammazzarlo seduta
stante.
Lo aveva aspettato per
quasi un’ora, preoccupata per l’avvertimento di
Remus, e lui si era fatto vedere solo in quel momento, con una faccia
da angioletto che non faceva altro che invogliarla a prenderlo a
schiaffi.
All’inizio era
solo scocciata e continuava a guardare l’orologio per paura
di fare tardi all’incontro con Emmeline. Poi aveva cominciato
a mordicchiarsi le unghie, cercando di ricordarsi che odiava James
Potter e non doveva assolutamente sentirsi così preoccupata
per lui.
Quando aveva sentito dei
passi, si era immediatamente voltata. Potter stava attraversando il
corridoio adiacente. Ma non andava da lei, bensì verso il
ritratto della Signora Grassa, a poca distanza da lì.
Evidentemente aveva preso un passaggio segreto per fare prima.
«Ehi!»
esclamò Lily, dirigendosi a grandi passi verso di lui.
Potter si girò verso di lei; sul suo volto c’era
un misto di sorpresa e di qualcosa che al momento non seppe bene
identificare. Solo più tardi capì che quello era
disgusto. «Si può sapere dov’eri?
È da un’ora che ti aspetto!»
Potter
sbuffò, per poi continuare a dirigersi verso il ritratto.
Lily
s’irritò ancora di più. Gli si diresse
contro a grandi passi.
«Mi spieghi
perché non sei venuto?» chiese, a denti stretti,
parandosi contro il ragazzo.
«Ho i miei
buoni motivi» replicò Potter. Fece
un’espressione così fredda che Lily quasi
sussultò, riuscendo comunque a mantenere
un’espressione abbastanza furiosa. «Ora, se non ti
dispiace, entro in Sala Comune a posare i libri e poi vado a cenare in
santa pace».
Potter la
aggirò. Lily, spazientita, gli afferrò un
braccio, esclamando: «No, adesso mi
spieghi…»
Lui si liberò
con uno strattone che la fece indietreggiare di un paio di passi.
«Non toccarmi,
lurida Sanguesporco» esclamò Potter fra i denti.
Lily spalancò gli occhi e Potter, approfittando
dell’effetto sorpresa, si diresse, ghignando, dentro la Sala
Comune.
Era rimasta così stupefatta che non era nemmeno riuscita ad
arrabbiarsi. Era quasi scappata via di corsa, ma le lacrime erano
sopraggiunte prima che riuscisse a rifugiarsi nell’aula vuota
come sperava. Si era quindi abbandonata contro il muro, cercando di
calmarsi. Emmeline era arrivata poco dopo e Remus e Dora erano comparsi
dopo cinque minuti, apparentemente arrivando dal corridoio che portava
all’ufficio del preside.
Era diverso da com’era stato con Severus. Con lui aveva avuto
dei segni. Aveva cominciato a intuire che qualcosa era cambiato.
Con Potter no.
Che fosse contro il razzismo e la discriminazione era per lei una
certezza, un’ancora che le faceva capire che, anche se
insopportabile, era comunque migliore di molte altre persone in quella
scuola d’idioti. Lui tentava sempre di parlarle, continuava a
invitarla nei posti più improbabili – di solito a
Hogsmeade, ma era arrivato anche a chiederle di incontrarsi in Guferia,
nelle serre e nella Foresta Proibita – e,
considerò solo in quel momento, riusciva a non farla
deprimere.
Non era mai stata completamente triste per più di un paio di
giorni consecutivi. Poi, immancabilmente, arrivava uno degli scherzi
dei Malandrini; quel tipo di scherzi che lei apprezzava e la facevano
ridere, non il genere di crudeltà che facevano a Severus e
agli altri Serpeverde – che ormai, tuttavia, cominciava anche
a sopportare, data la crudeltà crescente con cui la
trattavano.
Si era resa conto solo in quel momento che James era uno dei pochi
motivi per cui riusciva a stare a scuola senza doversi sentire
inadeguata in ogni momento. E lei lo aveva sempre trattato malissimo.
Il fatto di averlo capito solo in quel momento le fece quasi ribrezzo,
se ne vergognò. Conosceva così poco i sentimenti
umani? Aveva proprio bisogno di certe scosse per capire?
Si chiese se fosse per quello. Era colpa sua quel repentino
cambiamento? Lo aveva insultato e rifiutato tanto che lui, alla fine,
aveva deciso di vendicarsi?
Poi capì che non poteva essere così. James
avrebbe potuto benissimo odiare lei, e in quel caso avrebbe potuto
anche accettarlo, ma dandole della “lurida
Sanguesporco” aveva pienamente dimostrato tutto
ciò che provava per ogni suo “simile”.
Considerando che James ed Emmeline andavano d’amore e
d’accordo – e che una volta erano anche stati
insieme – questo non poteva dipendere solo dal comportamento
scorretto della Rossa.
Ci penso su.
«Credi sia stata la Mason?» chiese a Remus, senza
riuscire a trattenersi. Gli altri la guardarono, un po’
stupiti. «Potter mi ha riferito quello che gli hai detto alla
fine della lezione di lunedì».
Remus ci pensò un attimo mentre Emmeline guardava a turno i
due, perplessa. Dora le fece un sorrisetto che doveva risultare
innocente.
«Penso di sì» disse infine il
licantropo. «Anche se non sono sicuro di come abbia
fatto».
«In ogni caso, credo sia meglio andare a prendere James e
portarlo in un posto sicuro» commentò Dora,
sbrigativa.
«Sono d’accordo. Voi?» fece Remus. Lily
ed Emmeline annuirono, anche se quest’ultima pareva un
po’ confusa. «Allora è meglio se
io…»
«Tu ed io andiamo in Sala Comune a cercarlo» disse
Lily. «Mentre Emmeline e Dora vanno in Sala Grande, in caso
Potter sia ancora a cena».
La fissarono.
«Sempre che vi vada bene, ovvio» aggiunse la Rossa,
anche se lo sguardo diceva ben altro. Alla fine, gli altri tre
annuirono. «Bene».
Lily prese Remus per un braccio e lo trascinò via. Dora
guardò Emmeline, sorpresa, che fece spallucce.
«Dovranno dirsi qualcosa» commentò
Emmeline, per poi prendere la strada per la Sala Grande. Mentre Dora la
seguiva, pensò che, molto probabilmente, riguardasse il loro
segreto. Qualche giorno prima sarebbe stato un disastro mentre ora
accelerava solo un po’ le cose.
Con nel cuore solo la preoccupazione verso James, le due ragazze si
diressero verso il piano terra.
Mary era, come suo solito, stesa sul letto di Sirius a sfogliare una
rivista di Quidditch, controllando i prezzi e le caratteristiche delle
nuove Nimbus e Tornado, mentre il suo ragazzo le accarezzava i capelli
e discuteva animatamente con Potter su quando dovessero essere i primi
allenamenti. Peter era in un angoletto a mangiare. Frank e Alice, molto
probabilmente, erano ancora in Sala Comune a chiacchierare ma presto
sarebbero saliti anche loro. Di solito accadeva sempre così,
nel fine-settimana: tutti i Grifondoro del loro anno si radunavano
nella piccola stanza dei maschi e passavano la sera a parlare,
scherzare e affatturarsi.
Intanto, Potter continuava a proporre date e orari impossibili e Sirius
combatteva strenuamente per avere allenamenti subito dopo le lezioni e
a metà settimana, così da distrarsi
(«Ma chi è che si allena di domenica? E alle sette
del mattino, per giunta!» «Noi, se vogliamo vincere
la Coppa»). La ragazza, ogni tanto, interveniva pigramente,
con considerazioni che cercavano di aiutare Sirius. Dopotutto, anche
lei non aveva voglia di svegliarsi alle sei.
Alla fine, stanca e spossata dalla settimana che si stava concludendo,
chiuse la rivista e si voltò verso Potter mentre il discorso
veniva spostato ad altri argomenti.
«… Non ho visto Lunastorta a cena» stava
commentando Sirius. «Però mancava anche Dora,
quindi probabilmente saranno insieme in qualche angolo della scuola a
fare Merlino-sa-cosa».
«In realtà, anche tu lo sai, e molto
bene» disse Mary, con uno sguardo malizioso verso il suo
ragazzo che, dopo un primo sbalordimento, le diede un leggero bacio
sulla bocca.
«Be’, anche tu ne hai una certa
conoscenza» commentò Sirius. Entrambi risero.
«Vi dispiacerebbe piantarla, piccioncini? Date il
voltastomaco!» commentò Potter, ottenendo
l’appoggio di Peter.
«Già, come se tu, con Lily, non faresti anche di
peggio» replicò Mary, facendo ridere Sirius.
«A proposito, qualcuno l’ha vista prima di venire a
cena?»
Peter scosse la testa, in segno di diniego. Sirius fece una smorfia e
seguì l’esempio di Peter.
«No» disse semplicemente Potter.
«Avrà avuto da fare».
Sirius lo guardò, stranito, mentre Mary aggrottava la fronte.
«Come “avrà avuto da fare”?
Chi sei tu e che ne hai fatto del James che vuole sapere ogni singolo
spostamento della Evans?» chiese Sirius. Potter si
limitò a ridere, scrollando le spalle. Sirius
assottigliò lo sguardo. «Aspetta un
po’… non è che per caso tu e la Evans
state già insieme?»
James rise ancora di più, come se trovasse l’idea
assurda.
Sirius era ancora poco convinto, ma forse decise che il suo migliore
amico era diventato pazzo, quindi si astenne dal replicare, decidendo
piuttosto di stendersi sul letto accanto a Mary che, dal canto suo,
osservava ancora Potter, di nascosto.
Questo perché l’aveva visto chiaramente.
Nell’esatto momento in cui Potter rispondeva
“no”, i muscoli della mascella si erano leggermente
irrigiditi e aveva guardato con troppa insistenza Sirius negli occhi.
Segni. Dissimulati bene, ma che portavano a capire. Mary ne era sicura:
Potter aveva mentito e aveva visto Lily.
All’inizio trovò sospetto che il ragazzo non
avesse raccontato a tutti il suo incontro con la Rossa, disastroso che
fosse.
Poi pensò che, forse, Sirius avesse ragione e, una volta
tanto, Potter fosse riuscito a conquistare Lily, solo che lei gli aveva
detto di non dirlo a nessuno. Pensando a questo, Mary quasi rise. Era
praticamente impossibile. Eppure Potter aveva mentito…
Qualcuno bussò alla porta e, senza aspettare risposta,
aprì. Entrò proprio Lily, seguita da un
corrucciato Remus.
«Ehi, ragazzi! Parlavamo proprio di voi!»
esclamò Sirius, alzando una mano in saluto. I due lo
ignorarono completamente, lasciandolo spiazzato. «Sono
anch’io felice di vedervi» borbottò,
aggrottando le sopracciglia.
«James, ti dispiacerebbe alzarti e venire con noi?»
chiese Remus, con un tono stranamente autoritario. Mary lo
guardò, esaminando la sua espressione. C’era
qualcosa che non andava.
«In realtà sì, mi seccherebbe un
po’» replicò Potter, freddo e con un
sorriso che emanava sarcasmo e cattiveria. «E poi, credo di
avere meglio da fare che seguire un Mannaro e una
Sanguesporco… per esempio… non lo so, anche
semplicemente “dormire” sarebbe meglio».
Lily sussultò leggermente e fece un mezzo passetto indietro,
ma cercò lo stesso di tornare a un’espressione
quasi indifferente.
Sirius, Peter e Mary, d’altro canto, si girarono di scatto
verso Potter, stupiti. Sirius aveva la bocca spalancata in modo
alquanto ridicolo – Mary, in seguito, lo avrebbe preso in
giro a vita – e Peter aveva addirittura lasciato da parte il
cibo.
Mary, intanto, ancora sbalordita, osservava il volto di Potter nel
minimo dettaglio. Lo sguardo era freddo e deciso e osservava Remus
senza battere ciglio, noncurante di aver appena insultato
“l’amore della sua vita” e di aver
parlato ad alta voce del segreto di uno dei suoi migliori amici. Con
un’alta dose di disprezzo, per giunta.
«James, alzati» ripeté Remus a denti
stretti, questa volta come ordine. Potter scrollò le spalle.
«Be’, se lo dici con tanta
gentilezza…» Potter si alzò e si
diresse, mani in tasca ed espressione rilassata, verso il licantropo,
che aveva già, per sicurezza, una mano sulla tasca della
bacchetta.
Mary lo osservò attentamente mentre camminava –
nel frattempo, Sirius continuava a fare domande che tutti ignoravano
– e notò all’istante il braccio
irrigidito e il lampo negli occhi del ragazzo.
«Attento, Remus!» L’avvertimento di Mary
arrivò proprio mentre Potter estraeva la bacchetta e provava
a lanciare una fattura a Remus che, preparato
dall’avvertimento, evitò agilmente
l’incantesimo e lanciò a sua volta un Incantesimo
Elettro che, a distanza ravvicinata, funse da teaser, tramortendo
Potter.
«Remus, ma che diamine…?»
urlò infine Sirius, esasperato e scioccato.
«Non ora e, soprattutto, non qui» lo interruppe in
fretta Remus, pratico. Lily guardava il corpo privo di sensi di Potter
con occhi spalancati dalla sorpresa. «Dobbiamo portarlo in un
posto sicuro».
Lily, alla fine, si riscosse e annuì. Remus prese il
Mantello dell’Invisibilità e coprì
Potter, per poi attuare un incantesimo di levitazione.
«Sbrighiamoci» disse Remus. Lily, Peter e Mary lo
seguirono all’istante, quest’ultima trascinandosi
dietro Sirius che, piagnucolante, diceva: «Qualcuno vuole
spiegarmi cosa succede?»
«Ehm, cara, quando parlavo di un posto in cui metterlo al
sicuro non parlavo della sala interrogatori di un dipartimento di
polizia».
«Oh, taci! È la prima cosa che mi è
venuta in mente. Se non ti sta bene: arrangiati». Alzo le
mani, in segno di resa. A volte non capisco mia moglie. Ma penso che
sia così per tutti, quindi, dopo parecchio tempo, ho deciso
di adeguarmi.
Io e Sirius – a cui, nel frattempo, abbiamo spiegato un
po’ di cose… Lo so, dovevamo farlo dopo, ma aveva
minacciato di mettersi a urlare e chiamare la McGranitt –
facciamo sedere James su una sedia di plastica e chiudo le manette,
fortuitamente già fissate sull’ampio tavolo
bianco, intorno ai polsi del ragazzo. Insieme, poi, torniamo
nell’altra stanza.
Devo dire che Dora ha fatto un ottimo lavoro con la Stanza delle
Necessità. In effetti, forse è stata una buona
idea, quella della sala interrogatori. Anche se devo ricordarmi di non
dirglielo mai.
Osserviamo James ancora svenuto dallo specchio finto, indecisi su cosa
fare.
«Vi dispiacerebbe darci qualche informazione in
più?» chiede Mary all’improvviso. La
guardo, sorpreso. «Mi sembra che voi due sappiate
più di quanto ci avete detto. O sbaglio?»
Dora sta per replicare qualcosa ma io la anticipo.
«E quando mai hai sbagliato a giudicare una persona e il suo
comportamento?» chiedo, sorridendo. Chissà, magari
un po’ di sano arruffianamento mi fa guadagnare un
po’ di tempo.
Mary sembra rimanere spiazzata, per poi scurirsi in volto.
«Non cercare di fregarmi» dice, secca.
«Remus, sapete qualcosa sì o no?»
interviene Lily. Scambio un’occhiata con Dora e, insieme,
annuiamo. «Quindi? Cosa sapete?»
«Al momento, nulla che c’entri con James o che ci
possa aiutare a… curarlo» risponde Dora. In
realtà, non è del tutto vero, ma non importa.
«Però qualcosa sapete» interviene Eve,
decisa. La cara Evelyn è una sorpresina che si sono portate
dietro Dora ed Emmeline quando sono andate in Sala Grande. Eve aveva
capito che qualcosa non andava e aveva insistito finché le
due non avevano ceduto, per poi dirigersi verso la Sala Comune e
incontrarci a metà strada. «È per
questo che vi comportate in modo strano, negli ultimi giorni?»
Oh. Allora l’avevano notato veramente.
«Sì, è per questo» risponde
Dora. «Ma, dato che non è strettamente legato con
quello che succede ora con James, credo sia meglio dirvelo
più tardi».
Momento di silenzio.
«Per caso sei incinta?» chiede Sirius. Lo fissiamo
tutti, allibiti. Poi gli sguardi tornano a noi, in una muta domanda.
«No, certo che no!» protesta Dora, quasi ridendo.
«Ma come ti è venuto in mente?»
Sirius fa spallucce. «Era così per dire».
«In ogni caso: vi diremo tutto, d’accordo? Ma non
ora, non con James così» dico subito. Dobbiamo
concentrarci sul problema più grave. Gli altri annuiscono,
Mary e Lily lo fanno di malavoglia. Emmeline si dondola sulle punte.
Credo si senta un po’ un’intrusa. Probabilmente non
sa che è una delle poche persone che permettono, in questo
momento, a Lily di non cedere alle proprie emozioni.
«Bene». Emmeline prende la parola.
«Allora… Qualcuno di voi sa che cosa possa
essere?»
Osservo James mentre gli altri fanno lo stesso. Cosa potrebbe essergli
accaduto? Qualcosa sembra apparire in un piccolo angolo della mia
mente. Cerco di capire cosa sia.
«Di sicuro è stata la Mason».
Era sera. No. Era notte.
«E perché avrebbe dovuto farlo?»
Avevo una coperta addosso… anzi, no, un mantello.
«Non ne ho idea. Forse è solo pazza».
Ero in un sotterraneo. C’era un pavimento scuro. Un
corridoio. Tante porte uguali.
«Non è solo pazza: è un vampiro di
quasi trecentosettant’anni».
Due uomini che camminano. Hanno divise blu.
«E tu che ne sai?»
Parlano. Sono usciti da una delle porte. Studiano i pensieri,
lì dentro. Ufficio Misteri.
«Ecco… me l’ha detto Remus. Fa parte
delle cose che vi diremo più tardi».
Sono Indicibili. Si sussurrano a vicenda aggiornamenti sul loro lavoro.
Di cosa parlano?
«Uffa, però così non è
giusto: prima ci dite qualcosa e poi “continuerà
prossimamente”. È una cattiveria!»
Ideali. Ecco di cosa parlano. Trasmettere i propri ideali in un'altra
persona. Un modo per convertire al proprio lato eventuali prigionieri
di un’eventuale guerra.
«Penso di sapere cosa sia successo» dico, ad alta
voce.
Gli altri mi guardano. Osservandoli, capisco di essermi perso gran
parte della conversazione, ma non fa nulla.
«Ovvero?» m’incalza Lily.
Rifletto un attimo.
«Meglio partire un po’ alla
larga…» e comincio a spiegare. Ho notato che, lo
strano comportamento di James, come si potrebbe facilmente pensare, non
è riconducibile al Comando.
Il Comando è una particolare caratteristica dei vampiri che
ha semplificato loro il modo in cui cibarsi: gli basta guardare negli
occhi una persona, concentrarsi un pochino, e pronunciare il Comando.
La persona in questione sarà costretta a obbedire al comando.
Tuttavia, il Comando non è qualcosa d’infinito e,
di solito, dura poco tempo, il necessario perché un vampiro
riesca a cibarsi e abbandonare il posto in cui si trova, lasciando solo
un corpo esamine o, in casi eccessivi, un cadavere. Un’ora,
quindi, massimo una e mezza. James è così da
molto più tempo.
Inoltre, se non fosse nel fattore comportamento, era al pieno delle
proprie capacità mentali, tanto da riuscire a usare il
sarcasmo per insultare me e Lily. Una persona sotto Comando, invece,
è tremendamente apatica e ottusa. Una marionetta, quindi, e
basta.
Il fatto che fosse stato modificato qualcosa di più profondo
nell’animo di James mi ha fatto tornare in mente una
conversazione che avevo origliato qualche anno fa – o fra
molti anni, scegliete voi – mentre facevo la guardia alla
Sala delle Profezie. Ero sotto il mantello e avevo sentito
ciò che si dicevano due Indicibili: parlavano di Ideali
Immessi. In seguito, insieme ad altri membri dell’Ordine,
riuscii a capire cosa avevano in mente quelli dell’Ufficio
Misteri.
Il progetto del Ministero era semplice e, allo stesso tempo, folle e
improbabile: estrarre da una persona i propri ideali, così
come si faceva con i ricordi da inserire nel Pensatoio, e dargli una
forma fisica, di solito come liquido, così da poterli
Immettere all’interno di un individuo. Gli Ideali,
però, erano stati modificati, rendendoli in grado di
rimuovere la precedente coscienza di una persona e sostituirla
completamente – precedenti prove di coesistenza fra
due coscienze avevano portato alla pazzia e al seguente suicidio di tre
uomini e due donne.
Era partita come un’idea per poter
“guarire” serial killer e psicopatici, peccato che
poi il Ministero cominciò a finanziarlo come progetto
militare: il loro scopo era di riuscire a sostituire la
fedeltà dei soldati di fazioni nemiche, portandoli a
combattere per la loro causa. Se da un lato questa
possibilità costituiva una speranza, dall’altra
era fonte di dubbi e terrore: cosa sarebbe accaduto in mani sbagliate?
Tuttavia, l’ultima volta che avevamo controllato, erano in
alto mare con le ricerche.
«Quindi potrebbe anche non essere questo, ma dato che
parliamo di un essere molto più vecchio di quando sono
cominciate le ricerche – nel 1987 – potrebbe anche
essere riuscita a crearne un prototipo» concludo. Mi guardano
tutti perplessi. Dora è pensierosa: probabilmente sta
cercando di ricordare le riunioni dell’Ordine in cui ne
avevamo parlato.
Eve è la prima a riscuotersi.
«Aspetta… il 1987 è fra dieci anni. E
tu hai detto “sono cominciate”. Te ne rendi conto,
vero?» annuisco, sorridendo. Lei spalanca gli occhi.
«Ho paura a chiederlo ma… Venite dal
futuro?»
Do un’occhiata a Dora, ma è ancora immersa nei
suoi pensieri.
«Si può dire che più o meno
è così… ma è un
po’ più complicato» rispondo, sincero.
Poi porto una mano a indicare James, che sta cominciando a
risvegliarsi. «Prima i problemi più
importanti».
Gli altri mi guardano, un po’diffidenti, ma sembrano
d’accordo.
«Sempre che sia quello che dici tu, c’è
un modo per liberare James da questi Ideali Emessi?»
chiede Sirius, osservando con preoccupazione l’amico.
«Immessi» lo correggo. «Da quello che ho
capito c’è qualcosa che ha sempre
risvegliato… le “cavie”: un ricordo
potente, qualcosa di veramente importante per lui ma che sia legato
agli Ideali precedenti. In questo caso, per esempio, servirebbe
qualcuno legato ai Nati Babbani o ai Lupi Mannari e
che…»
«Frena!» m’interrompe Sirius, cercando di
nascondere un prepotente sorrisetto sghembo. «Basterebbe solo
un Nato Babbano?»
Rifletto un attimo.
«Sì, credo potrebbe funzionare:
l’importante è che cominci a dubitare di quello in
cui crede… come quando si cerca di convertire la religione
di qualcuno: devi fargli credere che, forse, il suo Dio non
è quello vero… o roba simile».
Dora mi fissa.
«Per caso mi hai nascosto un passato fra i Testimoni di
Geova?» chiede, sbalordita. Vedo che cerca in tutti i modi di
non ridere. Prima che io possa replicare, Sirius si apre nella sua
fragorosa risata simile a un latrato che, dopo poco, contagia tutti,
alleggerendo di molto la tensione.
Peccato che, a ricordarci dello spiacevole episodio, ci sia lo stesso
James, che ha cominciato a urlare imprecazioni varie. Credo che Sirius
se ne stia segnando mentalmente di quelle non-razziste, per usarle
in seguito.
«In ogni caso, credo di avere la soluzione» dice il
giovane Black, girandosi a guardare Lily, che inarca un sopracciglio.
«Cara Evans, sei appena stata scelta per andare a risvegliare
il tuo principe azzurro».
La risposta di Lily non tarda ad arrivare e, assomigliando in modo
incredibile al ragazzo nell’altra stanza, comincia a
pronunciare epiteti poco lusinghieri su Sirius. Mary ed Emmeline, fra
una risata e l’altra, cercano di calmare l’amica.
«Sai, Felpato, penso di non avertelo mai detto»
faccio io. «Ma credo che tu sia un genio».
Sirius fa un sorrisetto compiaciuto, mentre Lily si rassegna
nell’avere il mio supporto.
Cosa ha fatto Peter nel frattempo? Non ne ho idea. Cerco di ignorarlo
il più possibile.
«Quindi cosa dovrei fare?» chiese Lily, ormai
rassegnata.
«Be’, in teoria dovrebbe essere semplice»
disse Remus, guardandosi attorno come alla ricerca di qualcosa.
«In pratica, un po’ più complicato: vai
lì dentro e ci parli, cercando di risvegliarlo».
«E perché dovrebbe funzionare?» chiese
Lily, scettica. Remus la guardò come se avesse fatto una
domanda idiota.
«Perché ti ama» rispose, semplicemente.
Lily, che aveva già sentito parole del genere uscire dalla
bocca di James o Sirius e aveva sempre pensato fossero solo idiozie per
rimorchiarla, venne travolta dai ricordi e dai sensi di colpa. Era
davvero così? James davvero la amava? E davvero lei era
stata tanto stronza e idiota da non rendersene conto e trattarlo sempre
peggio? Si sentiva come se il cuore fosse stretto in una morsa.
Remus continuava a guardarsi intorno.
«Cosa cerchi?» chiese Dora.
«Qualcosa per comunicare con Lily mentre è
all’interno, ma sembra che siamo nella sala interrogatori
più sfornita del mondo. E dire che basterebbe un semplice
microfono…» disse Remus. «Certo che noi
maghi avremmo un sacco di mezzi, ma i Babbani ci hanno battuto da tempo
in fatto di comunicazioni».
«Be’, allora chiedi un microfono»
replicò Dora. «La Stanza te lo fa
apparire».
«Già, peccato che i surrogati Babbani della magia
non funzionino, a Hogwarts».
«Però sono
“surrogati”» s’intromise Eve
anche se non capiva con precisione di cosa stessero parlando.
«Questo vuol dire che qualunque cosa i Babbani possano
creare, anche la magia può».
«Degna sorella» commentò Dora,
soddisfatta. Eve cercò di nascondere un sorrisetto.
Remus annuì. Si concentrò un attimo e, sul tavolo
posto di fronte allo specchio finto, comparvero due auricolari e quello
che sembrava un piccolo bottoncino nero. Remus fece una smorfia
soddisfatta. Prese il bottoncino e lo diede a Lily.
«Mettilo nell’orecchio» disse. Lily
ubbidì, un po’ confusa, mentre Remus indossava un
auricolare e porgeva l’altro a Mary sotto lo sguardo un
po’ sbalordito di Dora. Remus gli fece l’occhiolino
e Dora si rilassò, intuendo che c’era un motivo
valido.
Era sempre stata un po’ gelosa e Remus lo sapeva. Di solito
la prendeva in giro per questo ma, in un mondo in cui le persone come
lui erano disprezzate, apprezzava quel genere di affetto.
Premette il pulsante sull’auricolare.
«Mi senti?» chiese a Lily nel microfono.
«Certo, è qui davanti a te»
s’intromise Sirius, che non capiva nulla di aggeggi Babbani,
e Remus lo fulminò con lo sguardo. Lily sorrise nervosamente
e annuì.
«Cosa gli dovrei dire?» chiese la Rossa,
sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio.
Remus scambiò uno sguardo con Dora.
«Qualsiasi cosa» rispose la ragazza. «Le
prime cose che ti vengono in mente di dirgli. Il resto verrà
da sé».
Lily annuì, anche se non sembrava molto convinta. Prese un
bel respiro e aprì la porta della sala interrogatori. Mentre
la osservavano, dall’altra parte dello specchio, Remus
sussurrò a Dora: «E tu come fai a sapere che
funzionerà?»
Dora sorrise.
«Ti ricordi quel discorsetto, a luglio, l’anno
scorso?» Remus annuì con un sorrisetto. Era il
discorso che lo aveva convinto a mettersi con lei.
«Be’, è quello che mi sono detta prima
di cominciare a parlare. E ha funzionato, no?»
Remus rise piano.
«Penso che Teddy e la fede che ho portato per quasi un anno
siano la risposta» commentò, dandole un leggero
bacio, prima di riconcentrarsi su Lily, non senza aver lanciato un
ultimo sorrisetto alla moglie. Eve, che era lì vicino, aveva
ascoltato la conversazione sussurrata e osservava i due, sconvolta. Si
riprese solo quando sentì la voce di Potter.
«Oh, bene, alla fine vi siete decisi a dare inizio alla
tortura» disse, freddo e malevolo, non appena notò
la ragazza. Lily lo ignorò e si sedette di fronte a lui.
«Bene, ora cosa intendi fare? La Cruciatus va bene? Oppure
siete stati più fantasiosi? Be', alla fine considero il parlare
con una Sanguesporco già una bella tortura».
Mary vide la mascella di Lily irrigidirsi e non riuscì a
trattenersi.
«Non lo ascoltare, Lily! Ricordati che quello non
è James. Gli somiglia, ma non è lui. Ce la puoi
fare. Concentrati» le disse attraverso il microfono. Lily
respirò di nuovo e annuì quasi
impercettibilmente. Dora cominciò a capire perché
Remus avesse dato il secondo auricolare a Mary.
«Cosa sei?» chiese Lily. La domanda
lasciò spiazzati perfino quelli nell’altra stanza.
«Un essere umano?» chiese a sua volta Potter,
facendo spallucce. Lily sbuffò. «Be’,
cara, se vuoi risposte sensate comincia col fare domande
sensate».
«Cosa sei, realmente? So che non sei il vero James, anche se
è ancora sepolto lì dentro»
replicò Lily. Ora, più che agitata, sembrava
realmente arrabbiata. Potter fece una faccia fintamente stupefatta.
«Oh, e così ora mi chiami James. Sono
colpito» commentò il ragazzo, poggiandosi una mano
sul petto con fare melodrammatico. «No, sul serio! Pensavo di
dover aspettare il mio funerale per sentire il mio nome uscire dalle
tue dolci labbra».
«Figlio di puttana» ringhiò Remus nel
microfono, probabilmente non accorgendosi di aver premuto il pulsante.
«Ignoralo» disse invece Mary. «Cerca di
concentrarti: cosa devi dirgli?»
«Invece no, non hai dovuto aspettare tanto» disse
Lily, cercando di calmarsi. «Ti ho giudicato male, James, per
tutto questo tempo io…»
«Per tutto questo tempo tu cosa?»
replicò Potter. Aveva abbandonato la freddezza e il sarcasmo
e ora si era lasciato andare alla furia. «Tu mi hai sempre
trattato come se fossi l’essere peggiore su questa terra.
Magari, per i primi cinque anni avrei anche potuto darti ragione, non
ero proprio il miglior partito in quanto a comportamento. Ma dal sesto
anno ho provato a cambiare. Sono cambiato per te, una lurida
Sanguesporco che non merita neanche di essere considerata, e ho cercato
di migliorare, di smetterla di trattare male i Serpeverde
perché TU volevi così, di cercare di assillarti
di meno, di diventare la persona che credevi meritassi al tuo fianco. E
cosa hai fatto? Continuavi a guardarmi come se fossi un Vermicolo, un
aborto di essere umano, continuando a idolatrare quel coglione di
Mocciosus come se fosse l’uomo migliore del mondo».
Potter rise, freddo. «Credo proprio che tu abbia leggermente
invertito i ruoli: sarei dovuto essere io, il principe azzurro che
conquista l’amore della bellissima principessa, mentre Piton
sarebbe stato il malvagio che voleva rapirla». Rise di nuovo.
«E pensare che, fino a poco tempo fa, avrei pagato per stare
con te. Anzi, no, avrei creduto che “pagare”
sarebbe stato un insulto, perché eri troppo per essere
paragonata a qualcosa che può essere
“comprato” o roba simile. Troppo bella, troppo
intelligente. Troppo. E basta». Potter si chinò
verso la ragazza, che nel frattempo, aveva sgranato gli occhi,
ascoltando il discorso del ragazzo e sentendo che ogni offesa la
trafiggeva come una coltellata al cuore. «Sai, non so cosa
l’abbia provocato, questo cambiamento di idee. Forse
è stata quella troia della Mason, forse Mocciosus per avere
qualche chance. Ma non m’importa. Anzi, sarei quasi tentato
di ringraziare il bastardo che l’ha fatto. Ora sono libero.
Non me ne importa più nulla di te e non sono più
costretto a starti a sentire come fa un genitore, pronto a soddisfare
tutti i capricci di un poppante. Addio, Evans».
Dopo aver detto questo, Potter riprese la sua espressione indifferente
e sarcastica e tornò a poggiarsi allo schienale della sedia,
osservando le reazioni della ragazza, che aveva abbassato lo sguardo,
nascondendo il volto dietro i capelli.
Nel frattempo, tutti nell’altra sala erano come stati colpiti
da un Incantesimo della Pastoia Total-Body. Mary e Remus, al microfono,
non riuscirono a spiccicare parola e gli altri osservavano Potter
allibiti. Sirius, dal canto suo, che si era sempre chiesto
perché James non reagisse e lasciasse perdere i tentativi di
conquista mandando bellamente la ragazza a farsi benedire, si sentiva
ora quasi in colpa, come se gli avesse suggerito lui in persona cosa
dire.
«Che c’è, adesso piangi?»
chiese Potter, malevolo, interrompendo quella cappa di silenzio. Lily
alzò lo sguardo. Faticava visibilmente a trattenere le
lacrime, ma aveva uno sguardo deciso.
«No, non piangerò» disse, calma. Mary
strinse le labbra. Le sembrava che Lily stesse per cedere.
«Non ho il diritto di piangere».
L’ultima frase sembrò toccare Potter, la cui
maschera fredda si ruppe per un istante nello sbalordimento.
«È vero. Tutto quello che hai detto, è
vero. Dalla prima all’ultima parola»
continuò Lily, ignorando la reazione del ragazzo ma gioendo
all’interno. «Sono stata egoista…
stupida… stronza. Dicevo a gran voce che volevo ti togliessi
dai piedi, dichiaravo di preferire chiunque a te, ti maledicevo in ogni
momento possibile. Senza capire, che, ogni momento che passo a scuola,
lo devo a te». Questa volta Potter non sembrò
sentirla. Si stava controllando le unghie ed era concentrato su un neo
sul polso destro.
«Continua, Lily, ti sta ascoltando» la voce di Mary
le arrivò all’orecchio. «Non vuole darlo
a vedere, ma è colpito e si sta facendo qualche
domanda». Un piccolo verso di gioia. «Anche se
molto poco, comincia a dubitare a quello che crede su di te.
Credo si aspettasse rabbia,
non una reazione così. Vai alla grande».
Lily non si chiese come Mary facesse a saperlo e non volle nemmeno
farlo. Tuttavia quelle parole, le risvegliarono un po’ di
speranza.
«Sei stato tu che, per tutto questo tempo, mi hai permesso di
rimanere qui senza impazzire. Con i tuoi scherzi, con la tua finta
idiozia – perché so che non sei un idiota, lo so
da tempo – e i tuoi modi di fare. All’inizio
pensavo che t’interessassi a me solo per rimorchiarmi, per
portarmi a letto come facevi con quelle oche che vedevo, quando passavo
le mie notti insonni, andarsene veloci dalla Sala Comune, indossando
quasi nulla. Pensavo di provare rabbia perché mi dava
semplicemente fastidio il tuo modo di fare. L’ho capito solo
adesso. Anzi, l’ho capito quando mi hai chiamata Sanguesporco
per la prima volta, quando sei cambiato, quando ho realizzato che mi
sono sempre sbagliata: non volevo che smettessi di spuntare dai
passaggi segreti solo per rivolgermi la parola; che provavo rabbia per
quelle puttanelle (Emmeline fece una smorfia che, per tutti,
indicò che quell’offesa non
gliel’avrebbe fatta passare liscia) non perché non
sopportassi te, ma perché ero gelosa; non volevo che
smettessi di chiedermi di andare a Hogsmeade». Lily si
asciugò una lacrima prima che scivolasse via. Potter, ora
sembrava ascoltarla molto di più. Aveva smesso di
concentrarsi su di sé e la guardava di sottecchi.
«Perché non te l’ho detto prima?
Be’, te l’ho già spiegato:
perché sono una stronza egoista. Sai, credo che tu avresti
dovuto lasciarmi perdere parecchio tempo fa, perché non sei
tu quello che non merita di stare con me, ma è tutto il
contrario. Tu sei sempre stato una delle persone migliori dentro questa
scuola ed io, cretina come sono, non me ne sono resa conto, scambiando
la tua bontà in idiozia e la tua disponibilità in
arroganza. Sei sempre stato migliore di me e mi dispiace di non averti
considerato come dovresti». Lily prese una delle mani
bloccate di Potter, prendendola fra le sue. Il ragazzo le
lanciò uno sguardo sbalordito. «Mi dispiace e
credo ti toccherà sentire l’ennesima frase
egoista: voglio che torni il ragazzo che sei sempre stato, voglio che
ti liberi degli Ideali idioti che ti ha inculcato a forza la Mason,
voglio che tu mi dia la possibilità di cambiare le cose.
Magari non ci fidanzeremo seduta stante, ma di sicuro vorrò
conoscerti meglio, darti la possibilità di innamorarmi di te
come hai sempre voluto. So che non me lo merito e che non ho alcun
diritto di chiedertelo ma lo faccio lo stesso perché io,
come tutti quelli nell’altra stanza, sono disperata. Ti
prego, James, ritorna».
«Io…» Il ragazzo abbassò lo
sguardo, senza parole. Lily fu felice di vedere che il suo sguardo
sembrava molto più puro, rispetto a quello sarcastico e
freddo di prima.
«Be’, pensaci su, okay?» disse la Rossa,
lasciando la mano del ragazzo e alzandosi in piedi. Non sapeva
più come provare e sentiva che gli occhi le pizzicavano.
«Aspetta, Lily, cammina lentamente!» le disse Mary
nel microfono. Lily rallentò il passo. «Ci siamo
quasi, fra poco dovrebbe cedere. Ecco, ti sta guardando. Ora si guarda
le manette… Ora di nuovo te e sta per…»
«Ehi, Evans, aspetta». La ragazza si
girò, tentennando, con ancora la mano sulla maniglia. James
sorrideva. Un sorriso sincero. «Vorresti venire a Hogsmeade
con me?»
Lily si lasciò andare a una risata liberatoria, liberando le
lacrime che lottavano per cadere, e corse ad abbracciare il ragazzo che
cercò di ricambiare – cosa piuttosto difficile con
le mani legate.
«Grazie» sussurrò James.
«No, grazie a te» replicò la ragazza,
sottovoce, sorridendo. «Ti voglio bene… e
sì, verrò a Hogsmeade con te».
Non riuscì nemmeno lontanamente a immaginare quanto fosse
ridicolo il sorriso estasiato di James.
Sarah Mason era seduta nel suo studio, china su un bacile
d’argento posto al centro della scrivania. Era nella
più completa oscurità e, se qualcuno fosse
entrato, non sarebbe mai riuscito a vederla.
Il bacile era pieno fino all’orlo di un liquido rosso e denso
che roteava, trasformandosi in un piccolo mulinello. Solo la Mason, in
tutta la scuola, poteva veramente vedere cosa c’era in quel
contenitore. Solo un vampiro anziano come lei, infatti, avrebbe potuto
osservare non un vortice rosso, ma una stanza quadrata in cui una
ragazza dai capelli rossi abbracciava con gioia quello che,
probabilmente, era appena diventato uno dei suoi migliori amici.
La Mason fece un sorrisetto e bloccò il vortice, riponendo
il bacile in un ampio armadio, che si affrettò a
Disilludere. Poi uscì dall’ufficio e si diresse
verso la camera da letto. Se qualcuno l’avesse vista, avrebbe
potuto benissimo descriverla con un solo aggettivo: soddisfatta.
Sala Comune di Tassoverde
Buonsalve a tutti! Sono tornato con il nuovo e attesissimo (ma anche no) capitolo di The Storytellers! *fischi e applausi registrati*
Mi dispiace molto di avervi fatto aspettare così tanto! Giuro che non volevo! Ma, dato che vi ho consegnato un capitolo ben più lungo degli altri, mi perdonate. Vero? Vero? Massì, che è vero!
Allora... vi piace l'idea degli Ideali Immessi? Ammetto che mi è venuta mentre scrivevo il capitolo. Voi direte "E tutta 'sta stronzata è servita solo per far iniziare la storia Jily?" "Anche", rispondo io. Infatti, come potrete notare, la nostra carissima Mason è soddisfatta. Il che non promette sicuramente bene.
Mi dispiace per la storia della sala interrogatori, ma il mio lato amante dei polizzeschi non ha saputo resistere. Me lo perdonate, vero? :3
Il prossimo sarà un capitolo molto più tranquillo (e, quasi sicuramente, molto più breve) e quello che accadrà lo potrete facilmente intuire dal titolo che scriverò più sotto.
Alla fin fine, ho fatto pace (momentaneamente) con il mio cervello e ho deciso che darò come giorno d'aggiornamento le domeniche, ma pubblicherò sempre nell'arco di tempo venerdì-sabato-domenica. Per cui, occhi aperti ;)
Ringrazio le sei persone che hanno messo la storia fra le preferite, le due che l'hanno messa fra le ricordate e le diciannove (ragazzi, volete scherzare? Diciannove?) che l'hanno sistemata fra le seguite. Ringrazio in particolare angyp (che è stata la prima a recensire), Hoon21, Nymphy Lupin, MalandrinaFelpata e, la più recente, ArwenUndomiel! Ma, in generale, un grazie di cuore a tutti. Per Tosca, sto quasi per commuovermi :')
Un caloroso e affettuoso saluto a tutti/e,
Hufflerin
P.S.: Mi scuso per eventuali errori di ortografia: è tardi e faccio fatica a trovarli tutti. Se poteste segnalarmeli vi sarò grato in eterno.
P.P.S.: Se vi scappa un po' di tempo, recensite, ché fa sempre piacere ;)
Prossimo aggiornamento domenica 25/08/'13, con il quinto capitolo: "FAQ".