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Autore: Keros_    17/08/2013    4 recensioni
[Future!Seblaine]
Blaine, dopo anni di matrimonio con Sebastian e aver messo su una famiglia, decide di divorziare dal marito a causa di un tradimento subito da quest'ultimo. Così va a vivere con suo fratello Cooper e la sua compagna Elizabeth, facendo fare ai bambini avanti e in dietro da una casa all'altra; ma affrontare un divorzio non è mai così facile come si pensa, sopratutto se si provano ancora dei sentimenti profondi verso colui che dovrebbe diventare l'ex.
Abbiamo: Cooper che è stufo d'avere il fratello in giro per casa, Elizabeth che non ne può più di ascoltare i suoi monologhi depressi, Grant che è furioso con entrambi i genitori, Juliette che vuole la felicità dei due uomini, Sebastian che decide di riconquistare Blaine, Tony innamorato di Sebastian, John che vorrebbe creare una relazione con Blaine e quest'ultimo che vorrebbe continuare ad andare avanti con il divorzio.
Ma lo sappiamo tutti, ottenere ciò che si vuole non è mai così facile.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 17


 

Blaine e Sebastian, riuscirono a tenere nascosta la loro relazione ai figli per un mese; un arco di tempo abbastanza lungo, considerando che Sebastian  non faceva proprio niente per mantenere il segreto, sopratutto i primi giorni in cui, ancora euforico, non smetteva nemmeno per un attimo di cercare un qualsiasi contatto con lui. 
 
I bambini, ovviamente, continuavano a fare di tutto per farli restare da soli, invitando continuamente Blaine a uscire con loro in compagnia di Sebastian oppure a casa, dove poi scomparivano nelle loro stanze o a giocare in giardino e i due adulti non perdevano tempo per approfittarne. 
 
Vennero fregati proprio in quel modo: Sebastian seduto sul tavolo della cucina e Blaine in mezzo alle sue gambe, che gli lasciava dei baci –fortunatamente casti- sulle guance, sul mento, sulla fronte, e sulle labbra, mentre lui sbuffava perché voleva qualcosa di più movimentato. I due piccoli Anderson-Smythe, ormai avevano intuito qualcosa da qualche giorno, quando seduti sul divano videro le mani dei due adulti intrecciate, così entrarono correndo dalla porta del retro portando i due genitori a congelarsi sul posto. Si fissarono per qualche secondo, immobili; poi Juliette afferrò il fratello per la manica e se lo trascinò via, continuando a complimentarsi con i papà, mentre questi non ne capivano il perché.
 
Nonostante quell’episodio, continuarono a tenere un comportamento abbastanza distaccato in presenza dei figli, comportandosi come una coppia ai primi mesi: Blaine ogni tanto cenava con loro, passavano la sera a guardare la tv sul divano, uscivano tutti insieme per le passeggiate e di domenica Sebastian partecipava al pranzo di famiglia a casa di Cooper ed Elizabeth, parlavano al telefono e si scambiavano messaggi anche di notte, soprattutto quando Sebastian era da solo e Blaine aveva sempre il terrore di quello che poteva combinare.
 
Con il passare del tempo, piano piano, ritornarono alla loro vecchia routine di coppia sposata, con l’unica differenza che Blaine non dormiva mai di sera a casa loro, tranne i weekend in cui gli zii si portavano i bambini per una gita di due giorni o dormivano a casa dei compagnetti di classe; non importava se fossero le dieci o le tre di notte, o se praticamente stesse dormendo in piedi, Blaine tornava a dormire a casa di Cooper; anche se l’indomani mattina doveva accompagnare lui a scuola Grant e Juliette.
Sebastian gli ripeteva che era una cosa inutile, ma Blaine aveva deciso così e dopo molte imprecazioni lo lasciò perdere, sapendo che c’era poco da fare con un cocciuto come il marito.
 
 
Con il passare dei mesi, anche il giorno del matrimonio di Cooper ed Elizabeth si avvicinava, rendendo la donna sempre più isterica e l’organizzazione curata fino a ogni mimino dettaglio, com’era prevedibile d’altronde. 
 
El infatti non aveva lasciato proprio niente al caso, decidendo lei stessa anche i vestiti degli invitati; fortunatamente si limitò ad imporsi soltanto con amici più stretti e ai parenti, anziché su tutti. Il suo voler avere tutto sotto controllo, ad un certo punto, due mesi prima del matrimonio, era diventato anche un po' troppo maniacale, portando Blaine all’esasperazione. Sì, Blaine, perché Elizabeth lo voleva sempre accanto a sé per scegliere qualunque decisione e farsi consigliare, anche se poi non lo lasciava nemmeno parlare se la sua opinione era diversa dalla sua. 
 
Cooper invece, al terzo giorno con lei per organizzare il matrimonio, le aveva lasciato carta bianca, l’aveva baciata sulle labbra e se n’era andato dicendo: “Fallo come vuoi tu, so che lo farai perfetto. Lì c’è Blaine, per qualsiasi cosa prenditela con lui.”
Così si era ritrovato in quella posizione, non sapendo più come uscirne. Non biasimava Cooper, perché sapeva che l’unico motivo per cui aveva reagito così, era per non chiedere il divorzio prima del tempo. Tutti sapevano che Elizabeth diventava isterica quando era sotto pressione, non riusciva proprio a dargli torto. 
 
Anche se lo odiava quando, come suo solito, compariva dal nulla, si faceva mettere al corrente della situazione e poi andava dicendo le cose che non gli andavano bene e dovevano essere cambiate; perché Elizabeth diventava doppiamente isterica. 
Che avessero gusti totalmente differenti non era di certo una novità, una scoperta, ma almeno poteva mostrare il buon gusto di non criticare troppo ciò che sceglieva la futura sposa, che poi si sapeva che se la prendeva con Blaine che “non la sapeva consigliare e che era inutile.” Fortunatamente, poi Blaine era riuscito a convincere Elizabeth a non dar peso a ciò che diceva Cooper, perché tanto si sarebbe accontentato della qualsiasi cosa.
 
Ecco, purtroppo non aveva considerato l’altro lato della medaglia mentre glielo diceva, perché con quelle parole le aveva conferito ancora più potere e si ritrovò a essere comandato a bacchetta ed essere spodestato da casa di Cooper tre giorni prima del matrimonio insieme al fratello. 
 
Elizabeth si era impossessata dell’appartamento perché aveva portato lì il vestito da sposa e tutti i vari gingilli per la cerimonia; terrorizzata che Cooper potesse vederli, i bambini rovinarli e Blaine perché semplicemente sperava di farlo tornare a vivere con Sebastian. 
 
Non ci riuscì, perché Cooper si rifiutò categoricamente di essere ospitato del cognato e in fondo nemmeno Sebastian era tanto accondiscendente alla cosa, così si trascinò anche il fratello minore in un albergo vicino alla villa Anderson-Smythe. 
Il giorno del matrimonio, per questioni di comodità, acconsentirono a prepararsi a casa con i bambini, perché Blaine doveva controllare per bene Grant e stare attento che Juliette non si rovinasse l’acconciatura che le aveva fatto il parrucchiere o macchiare il vestito da damigella prima del previsto. E poi avere la scusa per guardare Sebastian camminare in giro a petto nudo o averlo sempre accanto,  non era affatto male.
 
 
“Blaine e se mi dimenticassi la promessa?” Chiese Cooper a un certo punto, alzandosi di scatto dalla sedia. Il fratello minore sobbalzò, la mano con cui si stava passando il correttore sopra le occhiaie tremò, facendogliene andare un po’ dentro l’occhio, accecandolo. 
 
Immediatamente si alzò in piedi e con un occhio aperto e l’altro mezzo chiuso corse nel bagno della camera da letto, inciampando pure tra le varie scatole di scarpe sparse per il pavimento.  Imprecò sottovoce e lanciò maledizioni a suo fratello. Aprì l’acqua del rubinetto e con la mano se ne portò un po’ all’occhio, stando attento a non far sbavare il correttore sotto la palpebra inferiore dell’altro. 
 
“Ahi, che dolore,” imprecò di nuovo a mezza voce, continuando a gettarsi l’acqua nell’occhio, sentendolo bruciare sempre di più e pregò soltanto di non ritrovarselo tutto arrossato. Era il giorno del matrimonio di suo fratello, non poteva avere un occhio rosso. 
 
Mentre il panico iniziava a divorarlo sempre di più, ecco che una piccola risata arrivò alle sue orecchie; non aveva bisogno di girarsi per capire a chi appartenesse, ma lo fece comunque per guardare Sebastian prenderlo in giro.
 
“Sei un idiota,” gli disse, prima di camminare verso di lui con un ghigno in volto; Blaine abbassò lo sguardo, sorridendo anche lui. Sebastian gli prese il mento tra l’indice e il pollice per poterlo guardare negli occhi, poi con l’altra mano gli aprì leggermente quello sinistro che gli bruciava, e ci soffiò dentro. “Meglio?” chiese, prima di lasciargli un bacio sulle labbra. 
 
“Si, però continua,” rispose Blaine, sollevandosi sulle punte per essergli più vicino, e Sebastian fece come gli venne chiesto, sorridendo, mentre gli poggiava l’altra mano sul fianco per attirarlo ancora di più a sé e non farlo stancare troppo. 
 
“Grazie,” disse dopo quasi un minuto, “adesso è meglio che torno di là e finisco di sistemarmi.” 
 
“Tuo fratello deve fare ancora molto?” Chiese Sebastian esasperato, guardandolo implorante e facendolo ridere. “Sono serio, non credo di riuscire a reggere un altro suo attacco di pazzia o di acidità; giuro che te lo sbatto fuori di casa.”
 
“E’ solo nervoso,” rispose Blaine ridendo, sporgendosi di poco per guardare attraverso la porta e vedere suo fratello fissarsi allo specchio borbottando qualcosa tra sé e sé e guardandosi costantemente il viso per cercare qualche piccola imperfezione da poter coprire in qualche modo. 
 
Il giorno prima, per il suo addio al celibato, Blaine e Sebastian erano andati in un locale per adulti insieme agli amici di Cooper per festeggiare; lì ovviamente non c’erano uomini d’ammirare per loro, di conseguenza si divertirono chiacchierando con gli altri e tenere sott’occhio lo sposo. E la cosa gli era puzzata per tutto il tempo. Non a caso, Kit aveva insistito tanto per organizzare lui la serata e tutti sapevano che con Elizabeth erano molto amici. Blaine non si stupì nemmeno di vedere per tutta la sera le cameriere, più nude che coperte, posare gli alcolici distante dal fratello e  il proprietario del locale improvvisamente decidere che avevano già bevuto abbastanza. 
 
Quella mattina Cooper, dopo avergli dato parecchi calci nel sonno -perché sì, avevano deciso di prendere una  camera matrimoniale e dividere il letto- aveva avuto un leggero mal di testa, aveva preso un’aspirina e tutto era passato. Nel frattempo, facendosi sempre più consapevole di che giorno era, iniziò a essere irrequieto, a fare domande assurde e a far uscir fuori tutte le sue paure. Anche se non chiese mai se fosse una scelta giusta sposarsi; forse perché sapeva che la risposta era affermativa.
“Lo siamo tutti il giorno del matrimonio, no?” 
 
“Mi vedi nervoso, per caso?” Gli chiese a sua volta Sebastian, ghignando e guardandolo con superiorità. 
 
Blaine corrugò le sopracciglia un momento e piegò la testa di lato; ciò che gli aveva detto il marito non aveva alcun senso. “Tu non devi sposarti, noi lo siamo già.”
 
Sebastian lo guardò impassibile per un attimo, fissandolo negli occhi e a Blaine venne una voglia matta di baciarlo per quant’era bello anche in quel modo, quando non si faceva capire; poi però il marito si allontanò dirigendosi verso suo fratello senza dargli nemmeno il tempo di alzarsi sulle punte e fargli capire le sue intenzioni. Di malavoglia lo seguì e poi lo superò per sedersi di nuovo davanti allo specchio, accanto a Cooper, che nel frattempo era tornato seduto. 
 
“Non ti dimenticherai nessuna promessa,” gli disse, poggiandogli una mano sulla palla per rassicurarlo. 
 
Cooper per tutta risposta lo guardò malissimo e si scostò la mano del fratello. “Come fai a saperlo? Quando sono sotto pressione dimentico tutto e oggi non posso sbagliare: devo fare una performance impeccabile, perfetta.”
 
“Idiota,” borbottò Sebastian a bassa voce per non farsi sentire, poi si mise in mezzo ai fratelli Anderson per sistemarsi i capelli e decidere come acconciarli. 
 
“Cooper, non devi girare uno spot televisivo o un film: devi sposarti. E devi essere te stesso per non sbagliare.”
 
“No, non capisci: devo essere perfetto, non posso commettere un minimo errore” gli spiegò il fratello, voltandosi verso di lui sporgendosi un pò in avanti per guardarlo senza avere l’impiccio di Sebastian. “Non posso fare questo a Elizabeth, ci tiene troppo. Devo farlo per lei. ”
 
Blaine gli sorrise teneramente, inclinando la testa di lato e guardandolo adorante. Cooper, solitamente, era eccentrico anche quando esternava il suo affetto verso una persona e giocava molto sul lato fisico: abbracciava, baciava e dava pacche sulle spalle. Erano cose carine e faceva piacere a tutti riceverle, ma molto spesso erano fine a sé stesse, mai supportati da dei gesti che facessero capire quant’erano vere e sentire. Per questo Blaine, in quel momento, restò un attimo a fissarlo in quel modo, perché realizzò quanto amore provasse per Elizabeth. 
 
“Sono sicuro che andrà benissimo; adesso sei nervoso, ma ti assicuro che quando la vedrai arrivare tutta vestita di bianco,” fece Blaine, cercando gli occhi di Sebastian che sembrarono fare lo stesso, “ti tranquillizzerai all’istante e tutto sarà perfetto.”
 
“No, non lo sarà. Non si accontenterà soltanto di me. Non questa volta. Non è come voi.” Lo contraddì Cooper, in tono acido prima di girare la testa con fare superiore. 
 
“Scusami, cosa vorresti dire?” Intervenne subito Sebastian, che era già irritato per il comportamento dell’uomo da quella mattina che non faceva altro che rispondere in quel modo. Capiva che era il giorno del suo matrimonio, ma mica quando lui sposò Blaine si passò il tempo a insultare Stefan.
 
Blaine a quel punto, sentendo la brutta aria che tirava, si alzò in piedi e parlò prima del fratello. “.. che è ora di mettere il papillon e accompagnare Juliette da Elizabeth per le foto!”
 
Al nome della sposa, Cooper si irrigidì come una tavola di legno e si mordicchiò il labbro. Sebastian guardò prima uno e poi l’altro e scosse la testa. “Vado a controllare che Juliette non si sia sporcata o rovinata i capelli; ci vediamo di là, Blaine,” disse facendogli l’occhiolino e il marito gli rispose con un sorriso complice. 
 
 
 
*
 
 
 
Vendetta. 
 
La vendetta è un piatto che va servito assolutamente freddo per poterla gustare fino in fondo e poterne assaporare ogni sfaccettatura. 
 
Blaine non sapeva portare rancore, ma Elizabeth gli aveva rovinato, per così dire, il suo matrimonio; alla fine era risultato perfetto comunque, ma non era stato come se l’era sempre immaginato. Per non parlare che per tutto il tempo si era sentito “la sposa.” E lui odiava sentirsi così. 
 
Lui aveva sempre voluto avere un vestito nero, camminare fino ad arrivare davanti al legale con Sebastian al suo fianco e fare una festa intima, come il matrimonio d’altronde. Niente cose eccentriche, pochi fiori tanto per abbellire il ristorante, così d’accontentare anche Sebastian. Invece non aveva avuto niente di  tutto questo. Era rimasto senza parole quando vide il tutto, ma non ne era rimasto completamente soddisfatto, anche se poi, guardando Sebastian felice, lo era stato anche lui. 
 
Con il passare degli anni, dopo lunghe riflessioni, aveva deciso di vendicarsi. 
 
Era una cosa un po’ meschina e proprio da stronzo, considerando il fanatismo di Elizabeth per l’evento, ma lui si sentiva in dovere con sé stesso. Non aveva architettato niente di eclatante, era una cosa da bambini capricciosi infondo, ma a lui andava benissimo così. Non voleva rovinarglielo davvero. O perlomeno, non così tanto.
 
Si era limitato a scambiare i nomi nei tavoli degli invitati, a nascondergli le scarpe, a far scrivere sui confetti delle bomboniere delle parole fraintendibili anziché le iniziali degli sposi e, per finire, tanto per mettere la ciliegina sulla torta, aveva parlato con la sarta dicendo che il vestito da damigella di Juliette, appositamente disegnato da Elizabeth insieme a quelle delle altre bambine, doveva essere rosso acceso e non Rosa Pesca come gli altri. 
 
Blaine guardò la figlia seduta sul sedile passeggero accanto a lui, che guardava eccitata fuori dal finestrino mentre muoveva ritmicamente le gambe, canticchiando qualcosa d’indefinito. Aveva i capelli per metà alzati e i boccoli a coprirle le spalle; il rosso del vestito le faceva risaltare il colore della pelle leggermente più chiara della sua. 
 
“Sembri proprio una principessa, oggi,” le fece notare, destandola dai suoi pensieri e lei sussultò appena. 
 
“Grazie papà ,”Rispose, guardandolo sorridente prima di abbassare lo guardo mentre le sue gote prendevano una totalità più rosea. Poi lo scrutò un attimo, inclinò la testa da un lato e splendente disse: “E tu sembri un principe!”
 
“Più di papà?” Le domandò ridacchiando, cercando di metterla in difficoltà per divertirsi, ma con scarsi risultati. 
 
Lei aggrottò le sopracciglia un attimo e poi tornò a guardarlo. “Bhè, ma così non vale! Quando siamo usciti papà era ancora con i pantaloncini del pigiama, mentre tu eri già vestito. Però non importa, perché lo siete entrambi,” terminò la frase in tono risoluto e annuendo alle sue stesse parole. “E siete miei.”
 
Blaine rise e scuotendo la testa ritornò a dare la giusta attenzione alla strada.  Adorava sua figlia perché lo metteva sempre di buon umore e in quel giorno gli ci voleva proprio. Già poteva sentire le urla di Elizabeth alla vista della nipote e mezza casa messa a soqquadro per via di alcuni scatti isterici. 
 
Ma dopotutto una vendetta era una vendetta. 
 
“All’altare mi accompagnerete tutti e due, e se c’è posto, anche Grant!”
 
“Credo che sarà un po’ difficile,” commentò lui, cercando parcheggio. “Soltanto uno potrà accompagnarti” e io so già chi sceglierai, stava per aggiungere, ma poi si trattenne. 
 
“No, ci parlerò io col prete! Anzi, lo chiederò anche a zio Coop, i numeri dispari non mi piacciono!” 
 

 
*
 




“Blaine!”
 
“Salve James!” Rispose lui cordiale, andandogli contro per stringergli la mano. 
 
James Cristin era il padre di Elizabeth, un uomo alto e impostato. Aveva dei bei lineamenti nonostante l’età che si faceva sentire; da giovane, Blaine ci avrebbe messo la mano sul fuoco, doveva essere proprio uno di quei ragazzi bellocci con tutte le ragazze ai propri piedi. El gli aveva anche raccontato una volta, d’aver sempre desiderato lo stesso colore di capelli castano tendente al rossiccio di suo padre, peccato che adesso di quel colore eccezionale, non ne fosse rimasta alcuna traccia per lasciare spazio al bianco. Aveva gli occhi di un verde talmente chiaro che spesso poteva venire scambiato per azzurro o addirittura color ghiaccio e a volte invece parevano verde intenso, in base alla luce. 
 
“E’ tanto che non si ci vede.” 
 
“Già, lei dovrebbe scendere più spesso da L.A.” 
 
“Il lavoro, il lavoro!” ripeté come tormentato, in modo alquanto teatrale facendoli sorridere, “è sempre il lavoro che m’impedisce tutto.” 
 
Blaine poi ci rifletté  un attimo, ricordandosi che data l’età, James doveva già essere in pensione. Stava per chiedergli spiegazioni quando la porta dietro di sé si chiuse e Juliette gli andò accanto per afferrargli la mano, nascondendosi un po’ dietro di lui e guardando il padre di Elizabeth un po’ titubante, mentre James la guardava senza fiato.
 
“E’-è tua figlia?” Chiese incredulo, chinandosi un po’ sulle gambe per esaminarla meglio. “Ju- Juliette?”
 
“Si, certo che è lei,” rispose lui fiero, spostandosi quanto bastava per far vedere la figlia e poi si girò verso di lei, “Hey, saluta,” la invitò con tono dolce. 
 
“Salve,” farfugliò lei abbassando lo sguardo subito dopo dall’uomo. 
 
“L’ultima volta che l’ho vista, a malapena si reggeva sulla gambe,” continuò James, accarezzandole in viso, non riuscendo ancora a credere ai suoi occhi. “Sembri davvero una principessa come mi dice sempre El.” 
 
“Grazie!” Rispose Juliette sfacciatamente, riconquistando a quelle parole tutta la sua sicurezza, facendo dissipare la timidezza in un nanosecondo “Me lo dice sempre anche papà!”
 
“Oh, ti credo e fa bene,” commentò James, prima d’accarezzarle la gote sinistra un’altra volta e poi raddrizzarsi per guardare  Blaine, “mi chiedo spesso come sarebbero potuti venir su dei figli di El e Cooper.”
 
“Non è troppo tardi,” cercò di tirargli su il morale, vedendo l’espressione triste sul suo viso. “Potrebbero ancora averne.”
 
“No,” controbatté James flebilmente, “lei ha rinunciato a diventare madre una quindicina di anni fa, e pure io.” Si schiarì la gola per recuperare il noto deciso e poi si avvicinò ancora di più a Blaine per non farsi sentire dalla piccola. “E detto francamente tra noi: non è che mi fidi molto di tuo fratello.”
 
Blaine scoppio a ridere, scuotendo la testa; aveva sempre trovato James un uomo davvero divertente, con un umorismo tutto suo a volte anche difficile da comprendere e con l’eccezionale dote di riuscir a passare da un ragionamento importante o delicato o sentimentale, a uno puramente comico e divertente. 
 
“Purtroppo su questo non posso darle torto.” 
 
“Oh, vecchio mio, e perché mai dovresti darmi torto? Sappiamo tutti che è la verità: di lui non si ci può fidare.”
 
E tutti sapevano anche  che a James, Cooper, non era mai andato a genio. Non era il semplice astio iniziale che si ha verso il fidanzato della figlia ai primi tempi, perché vorrebbe mettere le mani sulla loro “bimba;” No, James non lo digeriva nemmeno un po’, ma per l’amore di sua figlia cercava di trattenersi il più possibile. Era sempre stato così: non gli era mai piaciuto. Lo trovava stupido, insipido, egocentrico e molte altre cose che erano vere, ma che tutti alla fine riuscivano a sorvolarci su; invece lui no. Blaine notava sempre un pizzico di odio in quelle iridi verdi ogni volta che guardava suo fratello. 
 
“Papà, dov’è la zia?” Li interruppe Juliette, con voce flebile ma abbastanza decisa da richiamare l’attenzione dei due uomini su di lei. Arrossì e abbassò lo guardo. 
 
James a quel punto, anziché rispondere alla domanda della bambina, la fissò un lungo istante, prima di tornare a rivolgersi al moro, come se non avesse dare alcuna risposta; “Hai anche un maschietto, mi pare.”
 
“Si,” rispose lui, un po’ accigliato da quella constatazione. “Verrà più tardi direttamente in chiesa con Sebastian.”
 
“Non vedo l’ora di vederlo,” disse James, sorridendo, prima di rivolgersi a Juliette. “Elizabeth è in camera da letto, sta finendo di prepararsi, andate pure.” 
 
“Lei non viene con noi?” Chiese Blaine restando fermo immobile, nonostante la figlia avesse iniziato a ridargli la mano per andare nella camera degli zii. 
 
“Oh, no. Elizabeth mi ha assolutamente vietato d’entrare. Dice che vuole che la veda quando sarà pronta.”
 
Blaine fece una piccola risata annuendo, sapeva benissimo quando la sua migliore amica tenesse a quelle cose, così non disse niente. Rimproverò Juliette con lo sguardo che ancora gli tirava la mano, facendola smettere, e poi si congedò da James cordialmente, dicendogli che si sarebbero visti più tardi. 
 
Camminò per il corridoio a passo svelto, notando che in salone c’era già il fotografo con la propria troupe che stava montando tutto il necessario per montare le foto prima del matrimonio. Arrivato davanti alla camera di suo fratello, che aveva la porta chiusa, si fermò e guardò sua figlia. Poi sorrise alla suo piano fantastico.
 
Bussò due volte alla porta e subito sentì delle voci femminili diventare isteriche, poi qualcosa cadere a terra e un momento dopo la serratura scattò e la porta si aprì; Blaine si ritrovò faccia a faccia con il viso di una ragazza che lo guardava con sospetto. 
 
“Sono Blaine, sono-“ Non riuscì nemmeno a finire di parlare, che la voce acuta e nervosa di Elizabeth lo interruppe da dentro la stanza.
 
“Blaine! Dove diamine eri finito? Sono tre ore che ti cerchiamo. Jessica, lascialo passare.” 
 
Immediatamente la ragazza si spostò e aprì di più la porta per lasciarlo entrare. Lui fece un passo in avanti dentro la stanza e ancora sulla soglia teneva Juliette nascosta dietro di sé, nascondendola il più possibile.
 
All’interno, c’erano cinque donne: Jessica, Emily, Marika, la zia di Elizabeth e lei. Le quattro erano tutte nervose, tranne El che invece gli dava tranquillamente le spalle, guardandolo nel riflesso dello specchio che aveva di fronte; indosso aveva soltanto una sottoveste bianca e i gioielli. I capelli erano tutti raccolti in un cignon ed erano impreziositi da dei piccole forcine con dei punti luce. L’abito che lei stessa aveva disegnato a suo piacimento, era disteso sul letto in tutta la sua bellezza. 
 
“Il fotografo è già qui e per di più non mi rispondevi nemmeno al telefono!” Lo rimproverò El, guardandolo dritto negli occhi del suo riflesso. “Ad ogni modo, adesso sei qui e quindi è acqua passata. Le altre damigelle stanno per arrivare, chiamale e Juliette dov-“ Spalancò gli occhi all’improvviso, guardando verso il flesso della nipote. “Cos’è quell’obbrobrio?” Chiese alterata, alzandosi in piedi e Blaine poté vederle la tranquillità scivolarle di dosso. 
 
“L’ha detto a me?” Sussurrò Juliette al suo fianco, un po’ perplessa. 
 
Elizabeth si girò a guardarli faccia a faccia, anche se a tre metri di distanza. “E’ orribile!”
 
“Papà, te lo dico io che ce l’ha con me.” Continuò la piccola, facendo scivolare lo sguardo dal padre alla zia. 
 
“Non si può guardare!”
 
“Hey!” Juliette rimproverò Elizabeth, mettendo su anche un gran broncio, “Io sono bella!” 
 
“Penso ce l’abbia col vestito.” spiegò Blaine impassibile alla figlia. Poi parlò direttamente con la migliore amica, “Che c’è che non va?”
 
“Che c’è che non va?” Ripeté sarcastica la donna, facendo un passo verso di lui. “Tua figlia ha un vestito rosso. Rosso! E le mie damigelle ce l’hanno rosa pesca!  Rosa pesca!  Come farà a starle vicino senza uccidere il buon gusto?” 
 
“F-forse” azzardò Marika, nella speranza di dare una mano, ma si zittì immediatamente quando El le rivolse un occhiataccia. 
 
“Hai scelto tu la stoffa, il modello e tutto quanto,” gli fece notare, abbassandosi a guardare la figlia come se fosse davvero innocente. “Il colore le dona, anche.”
 
“Il problema qui, non è se il colore le dona o meno,” gli spiegò Elizabeth, iniziando a gesticolare nervosamente, prima di avvicinarsi a lui con passo deciso e quando gli fu difronte, Blaine dovette alzare il capo perché lei indossava già le scarpe col tacco. “ma è: pensavi davvero di riuscire a fregarmi?” 
 
“Come scusa?” Blaine spalancò gli occhi e dischiuse le labbra, non riuscendo a credere alle sue orecchie. 
 
“Oh Blaine, hai capito benissimo,” rispose lei con un tono misto tra acido e adorante, poi si allontanò. Si diresse all’armadio e lo aprì, “Ho aspettato tanto per questo matrimonio, niente potrà rovinarmelo. Pensavi che non avrei messo in considerazione una tua eventuale vendetta?” Uscì fuori un vestito identico a quello che aveva indosso Juliette, solo di color rosa pesca, come avrebbe dovuto essere fin dal principio. “La sarta mi ha detto ciò che volevi fare e così ho rimediato subito. Mi dispiace.”
 
Le altre donne, che per tutto il tempo avevano seguito la conversazione in silenzio, scoppiarono in una piccola risata e Blaine si sentì un vero idiota. Insomma: essere previdente era da El, doveva aspettarsela una cosa del genere.
 
Provò ad aprire la bocca per ribattere, ma Emily, la migliore amica di Elizabeth e sua collega, lo zittì alzando l’indice destro mettendo in mostra le unghie smaltate della la stessa gradazione di celeste del vestito che indossava. Gli occhi color nocciola in quelli verdi cangianti di Blaine. “No, non dire qualsiasi sciocchezza tu voglia dire; risparmiati anche questa umiliazione e torna dal tuo maritino.” 
 
Blaine andò in escandescenza. Quella donna non gli era mai andata giù nemmeno un poco, avevano sempre avuto dei battibecchi e idee contrastanti, per non parlare che aveva sempre mostrato una brutta influenza su Elizabeth, a parer suo; non prendendo in considerazione delle mille storie che si raccontavano su di lei, tutte negative. 
 
Decise di non rispondere come avrebbe voluto, non voleva dare un brutto esempio a sua figlia, ma fu proprio lei a sorprenderlo, parlando al posto suo. 
 
“Almeno lui un marito ce l’ha, tu invece sei sola e l’altro giorno piangevi al telefono con la zia!” Disse freddamente con tanto di linguaccia al seguito. 
 
Blaine e le altre sorrisero, Elizabeth si permise perfino di trattenere una risata. Emily, offesa, non fece una piega, soltanto si limitò a voltarsi dall’altra parte per prendere un bracciale sul comodino. 
 
“Ci vediamo in chiesa, ok principessa?” Disse Blaine alla figlia dopo un attimo di silenzio imbarazzante, si chinò di poco e le baciò la fronte, lei lo abbraccio; poi salutò tutti e prima d’uscire dalla stanza sorrise e mostrò i pollici verso l’alto alla sposa.
 
 
*
 
 
Elizabeth non era mai in ritardo. Era come se avesse dentro di sé un orologio biologico che le permetteva d’arrivare sempre puntuale a un qualsiasi appuntamento anche quando pareva impossibile. Se le si dava un orario o una data di scadenza, ecco che lei riusciva a rispettarle senza troppi problemi, non arrivando mai in anticipo e mai in ritardo, ma proprio all’orario esatto. A volte, pareva che si materializzasse lì.
 
Eppure, quel giorno, fece aspettare tutti gli invitati al suo matrimonio per ben venticinque minuti. 
 
Tutti si chiesero come fosse possibile una cosa del genere, ma Blaine capì che sicuramente non era stata la confusione per strada o non trovava più il bouquet: Elizabeth arrivò in ritardo di proposito, decidendo di fare un ulteriore giro con la macchina. Perché si sa, non è un vero matrimonio se la sposa non arriva almeno con dieci minuti di ritardo. E lei ci teneva troppo alla sua cerimonia, per potersi permettere di non rispettarla. Poteva osare di più con un’attesa più lunga, ma per una persona sempre puntuale come lei, andava più che bene. 
 
Avevano scelto di celebrare il matrimonio nel giardino di una grande villa, che poi avrebbe fatto da ristorante. Gli sposi sarebbero stati sotto a un arco bianco abbellito con degli arrampicanti che partivano da terra e ne coprivano quasi tutta la superficie; rialzato affinché tutti gli invitati potessero vederli dalla loro sedie disposte qualche metro più indietro, decorate con dei nastri bianchi e fiori dello stesso colore. 
 
Quando Elizabeth arrivò, Blaine stava chiacchierando con Cooper per tentare di calmarlo senza alcun successo, mentre Sebastian parlava con Grant e ogni tanto si immischiava anche lui nella conversazione. Immediatamente tutti gli invitati andarono a sedersi ai propri posti e gli unici alzati restarono i due fratelli Anderson che aspettavano l’arrivo della sposa. 
 
La prima a camminare era Juliette, che sorridente lasciava dei petali di rose colorate sul tappeto che era stato disposto affinché le donne con i tacchi alti non affondassero nel terreno; dietro di lei altre due bambine e poi Elizabeth che stringeva forte la mano di suo padre che la portava a braccetto, entrambi con due sorrisi sulle labbra. 
 
Cooper in quel momento rimase immobile, con gli occhi spalancati. Blaine ebbe la paura che potesse svenire lì davanti a tutti, infatti gli si fece anche un po’ più vicino per poterlo prendere in tempo nel caso fosse caduto all’indietro. Fortunatamente dopo un attimo, il fratello sorrise raggiante alla sposa e le lacrime di gioia iniziarono a riempirgli gli occhi. 
 
Blaine gli diede una pacca sulla spalla e poi tornò composto, mentre El arrivava da loro. James si fermò davanti a Cooper e lo guardò con gli occhi ridotti a due fessure, facendolo deglutire e sorridere Blaine; poi si addolcì un poco e abbozzò anche un piccolo sorriso alzando un angolo della bocca. 
 
Dopo un sorriso complice dei due sposi, la cerimonia ebbe inizio. 
 
Blaine si commosse circa tre parole dopo che il prete aprì la bocca per parlare, continuando ad asciugarsi gli occhi con il fazzoletto di stoffa che fortunatamente Sebastian gli aveva infilato nella tasca dei pantaloni prima d’uscire di casa.  Juliette, nonostante i rimproveri di tutti, si sedette sul prato guardando adorante gli zii che non facevano altro che scambiarsi sguardi fugaci. James si mantenne composto per quasi tutta la cerimonia, ma quando ci volle poco allo scambio delle promesse, lacrime silenziose lasciarono il suoi occhi, facendo fare una smorfia mezza annoiata e mezza schifata a Sebastian, che seduto accanto a lui non faceva altro che alzare gli occhi al cielo ogni qualvolta che Blaine singhiozzava un po’ più forte. 
 
Il momento in cui ripeterono le promesse di matrimonio, fu il più imbarazzante per Sebastian in assoluto: tutte la prima fila iniziò a piangere;  Il signor Anderson continuava ad asciugarsi gli occhi ancor prima che le lacrime potessero lasciar le sue ciglia lunghe, la moglie continuava a tirar su col naso e tossicchiare cercando di camuffare i singhiozzi, Grant si soffiò il naso e provò in tutti i modi di reprimere le lacrime con un discreto successo. I parenti di Elizabeth, che Sebastian non ricordava mai i nomi, erano tutti lì lì pronti a piangere; Emily che faceva da testimone a Elizabeth, lasciò che solo una lacrima gli rigasse le guance, prima di asciugarsi tutte le altre con il dorso della mano cercando di non sbavarsi troppo il trucco. Juliette si alzò da dov’era seduta e andò ad abbracciare Sebastian piangendo disperatamente sulla sua spalla. 
 
Di Blaine tra poco non ne sarebbe più rimasta traccia, Sebastian ci avrebbe messo la mano sul fuoco. Aveva gli occhi rossi, pieni di lacrime, le labbra gonfie, il fazzoletto zuppo. 
 
Era imbarazzante. Sexy, ma dannatamente imbarazzante. 
 
Fortunatamente, a far riprendere un po’ tutti per qualche istante, Juliette e Grant si alzarono e con la mano si diressero fino agli zii, soltanto che ad un certo punto Juliette iniziò a correre, trascinandosi dietro il fratello, inciampò e il cuscinetto con le fedi gli volò di mano, mentre Grant invece la sosteneva per non farla cadere. Il cuscinetto colpì il cappellino di una vecchia zia di Blaine, facendoglielo volare, e poi venne preso al volo da Cooper. 
 
Dopo quel piccolo momento comico, le lacrime continuarono a scorrere sui visi dei parenti quando i testimoni presero in mano le due fedi e il prete si schiarì la gola. 
 
“Cooper Jay Anderson, vuoi tu prendere la qui presente Elizabeth Aurora Cristin come tua sposa, in salute e in malattia, per amarla e onorarla finché morte non vi separi?” 
 
Cooper strinse un po’ di più la mano di El tra le sue, poi le sorrise e mentre con la voce rotta dall’emozione disse “Si, lo voglio.”
 
Lei si fece scappare un singhiozzo misto a una risata, poi prese un respiro profondo nel momento in cui lo sposo si girò verso il fratello per farsi dare la fede e poi rimase in apnea mentre Cooper la faceva scorrere attorno al suo anulare sinistro per poi sistemarlo.
 
“E vuoi tu, Elizabeth Aurora Cristin prendere in matrimonio il qui presente Cooper Jay Anderson, come tuo sposo, in salute e malattia, finché morte non vi separi?”
 
“Si, si, si lo voglio!” dette queste parole, Elizabeth si gettò tra braccia di Cooper per abbracciarlo e nonostante sapesse che la dinamica dei fatti non doveva essere quella, lui ricambiò la stretta comunque. 
 
Tutti gli invitati la rimproverarono e scoppiarono a ridere. “Prima devi mettergli l’anello, zia!” Le disse Juliette e lei si allontanò dal marito e si girò verso Emily per farsi dare la fede. 
 
Poi prese la mano sinistra di Cooper, se la portò alle labbra e le diede un bacio lasciandogli la stampa rosso chiaro del rossetto, mentre lui si scioglieva a quel gesto. Poi piano, gli fece scivolare l’anello al dito. 
 
“Adesso, puoi baciare la sposa.” 
 
Cooper non se lo fece ripetere due volte, prese la mano di Elizabeth e la tirò a sé, costringendola a spalmarsi quasi sopra di lui, poi le mise l’altra su un fianco e un secondo dopo le loro bocche erano unite in un bacio appassionato ma dolce, labbra che non smettevano mai di cercarsi e lingue che si rincorrevano.
 
Una serie di fischi si alzò dagli invitati, delle risate dai parenti e degli applausi. James farfugliò anche un “esibizionista,” prima di scoppiare a ridere anche lui. 
 
Cooper sorrise del bacio ed Elizabeth non fece niente per fermarlo e allontanarsi.
 
Perché potevano concederselo per una volta: erano appena diventati marito e moglie.
 
E lei aveva finalmente realizzato uno dei suoi sogni più grandi. 
 
 
*
 

A fine cerimonia, Blaine era un completo disastro e rimase al fianco di suo fratello per firmare gli ultimi documenti. Per tutta la messa non si era voltato nemmeno una volta a guardare gli altri invitati, fatta eccezione per l’arrivo di Elizabeth e Juliette e Grant che portavano le fedi. 
 
Non si era accorto di chi fosse presente o meno, e chi i ritardatari. Quel giorno, per di più sembrava non riuscire a pensar altro al di fuori del matrimonio, tanto che si scordò pure di cercare John tra le sedie fin quando i suoi occhi non lo trovarono tra le ultime file, mentre tutti si alzavano seguendo la sposa per poi dirigersi dall’altra parte della villa per andare al ristorante. 
 
Per un attimo entrò nel panico, non sapeva cosa fare. Eppure era semplice ciò che voleva: spiegazioni. O forse in realtà non ne voleva, forse voleva solo scusarsi per non essersi più fatto sentire dopo la festa di fidanzamento. 
 
Non sapeva bene cosa dire, un “ciao John, perché non mi hai detto che partivi?” non gli sembrava proprio il caso, anche se era la domanda che gli premeva di più; ma forse non era pronto a sentirne la risposta. 
 
Blaine si mosse verso la direzione del biondo senza nemmeno accorgersene, infondo era sempre stato un uomo impulsivo; si rese conto di ciò che stava facendo nel momento esatto in cui si ritrovò a soltanto cinque metri di distanza e i loro occhi si incrociarono. Non si accorse nemmeno di Juliette che lo superava per correre dalla zia e di Sebastian che lo fissava da sotto l’ombra di un albero lontano abbastanza da non poter sentire quello che avrebbero detto. 
 
“Blaine,” Esordì John quando furono abbastanza vicini, alzandosi dalla sedia dove accanto sedevano due bambini di colore intenti a giocare tra loro e una coppia di sposini. 
 
“Ciao John,” rispose cordialmente, fermandosi in mezzo al giardino per aspettare che fosse lui ad avvicinarsi. 
 
“Come stai?” Gli chiese il biondo, poi con due falcate lo raggiunse lasciando più di mezzo metro di distanza tra loro, cosa che Blaine non poté non notare. 
 
“Bene. Adesso che si sono sposati mi sento più leggero di venti chili,” Scherzò, facendo ridere entrambi.
 
“Ci credo e dalle lacrime che hai versato, forse li hai persi veramente, tutti questi chili.” 
 
“L’hai notato allora,” Commentò Blaine, portandosi una mano a grattarsi la nuca, sentendosi un po’ a disagio. L’idea che tutti l’avessero visto commuoversi lo faceva sentire un po’ un cretino, lui non aveva fatto proprio niente per darsi del contegno, sul momento non gli era importato, adesso iniziava ad avere ripensamenti. 
 
“Penso che l’abbiano notato tutti,” ribatté John, prendendolo in giro con tono scherzoso, prima di accennare una risata. 
 
I due bambini, che per un momento non avevano smesso di parlare tra loro nemmeno un attimo, si alzarono e dopo averli superati, iniziarono a rincorrersi per il giardino e la coppia che gli sedeva accanto si alzò a sua volta. 
 
Tra i due uomini calò un attimo si silenzio, dove entrambi sviarono lo sguardo. Blaine si mordicchiò il labbro e John l’interno guancia. Poi entrambi fecero per parlare, ma quando le loro voci vibrarono nell’aria nello stesso momento, tacquero di nuovo. 
 
“Parla prima tu.” Lo incoraggiò John, sorridendogli gentile.
 
“Grazie,” Blaine gli sorrise a sua volta, poi si mise le mani nelle tasche. “Come..Com’è andata in Sud Africa?”
 
“Benissimo,” rispose prontamente, con un luccichio di felicità negli occhi e il sorriso un po’ più ampio. “Mi ha cambiato letteralmente la vita; Non..non credevo che in così pochi mesi tutto sarebbe cambiato, che io sarei cambiato. E’ stato tutto un cambiamento.” John parlava con fierezza, credeva davvero in quello che diceva.
 
A Blaine invece sembrava lo stesso John che aveva conosciuto, soltanto un po’ più abbronzato, niente barba sul viso e più felice. 
 
“Si può capire da tutte le volte che hai utilizzato la parola “cambiamento” in tre frasi.” 
 
John scoppiò in una risata, “Perdonami, non volevo sembrare ripetitivo. Però.. ecco, è stato magico. Sapere d’aver salvato delle povere vite con quello che per noi è poco, ma tanto per loro, ti riempie di orgoglio. Ridare il sorriso a dei bambini che forse lo avrebbero perso per sempre, credo che non abbia prezzo e vale la pena di rinunciare ai comfort possibili e inimmaginabili che abbiamo qui negli USA.”
 
Blaine faceva piacere sentirlo parlare con così tanto entusiasmo, e più lui parlava, più gli veniva voglia di ascoltarlo. Continuò a fargli domande, perché quello che diceva lo trovava interessante e lui gli raccontò a grandi linee la sua esperienza, per sintetizzare il tutto. 
 
I due bambini continuavano a rincorrersi; loro nel frattempo erano rimasti soli lì, nessuno era più seduto e nessuno poteva udirli. Sebastian, con le mani intrecciate al petto, li guardava silenziosamente, cercando di capire se dover staccare di netto la testa di John o restare lì.
 
Dopo dieci minuti di conversazione, si ritrovarono a parlare delle usanze di quei luoghi e quando arrivarono a quelle del rapporto di coppia, Blaine non ce la fece e sbottò prima che riuscisse a capire d’averlo fatto.
 
“Perché non mi hai detto che partivi?”
 
John si bloccò a metà frase, abbassò lo sguardo sull’erba e strinse le labbra prima di inumidirle, lasciò andare le mani lungo i fianchi. Fece un piccolo sospiro quasi triste. Si aspettava quella domanda. 
 
“Blaine, tu sei tornato insieme al tuo ex marito,” alzò le spalle timidamente. Non si era preparato la risposta, però. “I-io non lo so.. non lo credevo necessario.” 
 
“Non lo credevi necessario? Avrei voluto saperlo, eravamo amici infondo,” il moro fece una pausa. “O no?”
 
“Blaine, noi eravamo amici” John annuì, “ma sono sempre stato onesto con te: tu mi piacevi. E tu sei tornato con il tuo ex-marito che non è mai stato un’ex.” Fece un gesto convesso con la mano destra. “Tu lo ami.”
 
“E questo ci impedisce di rimanere amici?” Chiese Blaine che non capiva. 
 
“Si e no,” John gli sorrise e la cosa lo irritò un pò; era sempre gentile anche quando non doveva. “Pensavo che tagliando i rapporti definitivamente sarebbe stato meglio. Ed è stato così, adesso entrambi siamo felici, tu con la tua famiglia e io con la mia.” 
 
“Io con la mia?” Blaine ripeté le ultime quattro parole di John con tono interrogativo. Forse le troppe lacrime gli avevano annacquato il cervello. 
 
John rise, “ perdonami, non te l’ho detto, ma pensavo si fosse capito. Sono un grandissimo maleducato.” Poi si girò e si rivolse ai due bambini che ancora correvano lì vicino a loro. “Selehe, Sesen, venite qui, Blaine vi vuole conoscere.” 
 
“Li hai adottati.”
 
“Si,” rispose lui dolcemente, guardando i due bambini correre verso di loro. “Sono restati orfani cinque anni fa, quando la femminuccia aveva soltanto quattro anni e il maschietto sei. Erano venuti per fare un vaccino, ma sbagliarono tenda e finirono nella mia. Iniziarono a venire ogni giorno lì da me, mi hanno chiesto loro di adottarli.”
 
I due bambini arrivarono lì da loro e subito  Selehe si mise davanti a John e le gli mise una mano sulla spalla, così come al fratello. Blaine gli sorrise e li guardò attentamente, trovandoli bellissimi. 
 
La bambina aveva soltanto un anno in più di Juliette, ma era molto alta per la sua età. Aveva i tipici ricci neri e cespugliosi  delle ragazze di colore, tenuti ordinati da delle forcine rosa; indossava un vestito bianco che le faceva sembrare la pelle più scura di quanto fosse in realtà; la labbra erano carnose, il naso a patata e gli occhi erano neri come la pece, con un taglio un po’ a mandorla, la guance erano paffutelle. 
 
Il fratello maggiore le assomigliava moltissimo, ma aveva dei lineamenti un po’ più decisi, le labbra un po’ meno carnose e le guance meno paffute. Gli occhi erano uguali. 
 
“Piacere di conoscerti,” dissero in coro.
 
“Il piacere è tutto mio,” disse afferrando una alla volta le due mani che gli vennero porse. Poi si rivolse a John: “Sono bellissimi.”
 
“Di questo non ho merito.” 
 
“Papà, andiamo di là?” Sesen interruppe la conversazione dei due uomini, guardando verso dove erano spariti tutti gli invitati.
 
“Certo,” Gli rispose lui. Tolse le mani dalle loro spalle e loro si spostarono per fargli spazio.
 
“E’ un addio?” lo precedette Blaine, prima ancora di farlo parlare.
 
“E’ un addio.” Confermò John, annuendo. 
 
Il moro sentì qualcosa alla bocca dello stomaco; gli dispiaceva, ma era la cosa migliore. Gli porse la mano, non sapendo bene come sarebbe stato meglio salutarsi e dopo un attimo di terrore per essere sembrato un idiota, John ricambiò la stretta per poi lasciarla andare.  
 
Selehe prese quella stessa mano, intrecciando le dita, ma lui sembrò non accorgersene nemmeno; infatti dopo un attimo si esitazione, portò la mano sinistra tra i capelli del moro, che per la sorpresa alzò di scatto la testa verso di lui. John si piegò in avanti e proprio nel momento esatto in cui Blaine pensò che stesse per baciarlo, il biondo gli poggiò le labbra sulla fronte, fece una leggera pressione e gli scoccò un bacio. 
 
Doveva aspettarselo, John non l’avrebbe mai mancato di rispetto baciandolo sulle labbra e nemmeno sulla guancia, perché sarebbe sembrato troppo intimo; invece aveva optato per un bacio sulla fronte, qualcosa di intimo e distaccato allo stesso tempo, dolce ed elegante.
 
John si tirò indietro, gli lasciò un ultimo sorriso e senza aggiungere parole che sicuramente sarebbero state futili, si girò e prese anche la mano della bambina e la famiglia Garrent se andò. 
 
Blaine li guardò sorridendo teneramente, a cuor leggero da ogni peso.
 
 
 
Sebastian guardò quella scena sentendo un prurito fastidiosissimo alle mani e tanta voglia di picchiare John. Non aveva capito niente della conversazione, ma pareva che i due bambini fossero venuti al matrimonio con John. Comunque, si erano detti cose noiose, ne era sicuro.
 
Vide il marito incamminarsi per dirigersi sicuramente dal fratello e decise di affiancarlo. Si scostò dal tronco del albero su cui era appoggiato e andò da lui. Blaine lo vide e si fermò ad aspettarlo, sorridendogli.
 
“Hey,” gli disse prendendogli la mano e ricominciando a camminare.
 
“Ti ho visto con riccioli d’oro.” Esordì, cercando di mantenere un tono calmo.
 
Blaine abbassò lo sguardo sulle scarpe e sbuffò una risata, “Sei geloso?”
 
Sebastian aggrottò le sopracciglia un attimo; voleva dire di si, ma non sarebbe stato vero; non era geloso.. solo.. lo avrebbe ucciso volentieri, quello lì. “Diciamo che vedervi insieme non mi aggrada, ecco.”
 
Il moro fece una piccola risata, iniziando ad accarezzare la mano del marito col pollice. Una volta tornato serio, guardò Sebastian di sottecchi e chiese: “Allora sei arrabbiato?”
 
“No, non potrei mai essere arrabbiato con te e poi ti ha solo dato un bacio sulla fronte. L’avrei preso a calci, ma so che tu sei mio.”
 
“Sono tuo,” affermò, poggiandogli la testa sulla spalla mentre camminavano e Sebastian abbassò la testa per baciarlo teneramente sulle labbra, stando attenti a non inciampare tra i loro stessi piedi.
 
“Blaine, sai cosa stavo pensando? Che se ritardassimo di una mezz’oretta non se ne accorgerebbe nessuno..” gli sussurrò languido a fior di labbra, prima di ritornare a baciarlo con passione.
 
“Ummm. Oh. No..” gemette il moro staccandosi da lui, per poi mettere un po’ di distanza tra loro. “Non mi convincerai a fare niente del genere.” 
 
“Dai, tutti si concedono una sveltina ai matrimoni.” 
 
“Non al matrimonio del proprio fratello."
 
“Veramente-“
 
“Non mi interessa ciò che hai fatto tu a quello di Stefan.” Lo interruppe subito Blaine, infastidito. E Dio, com’era carino quando diventava geloso. 
 
Sebastian sorrise, ma non disse niente o era sicuro che nel giro di qualche minuto lo avrebbe preso di peso per portarlo in un posto appartato. Quando Stefan si sposò, lui e Blaine avevano cominciato a uscire da qualche settimana e non erano ancora una coppia, quindi nessuno dei due si sentì d’andare lì insieme, così Sebastian era partito per Parigi da solo e il moro glielo fece sempre un po' pesare. 
 
Continuarono a camminare in silenzio per qualche minuto. Blaine controllò l’orologio per vedere che ore fossero e Sebastian fece lo stesso, per constatare che mancasse ancora abbastanza tempo prima della cena e che Cooper ed Elizabeth fossero ancora a fare le foto. Subito dopo, il cellulare nella sua tasca vibrò e lo sfilò per leggere il messaggio che gli era arrivato.
 
Da: Grant 
 
E’ tutto pronto. Vi aspettiamo qui.
 
 
“Chi è?” Gli chiese Blaine incuriosito, cercando di sbirciare lo schermo del cellulare.
 
“Grant, dice che dobbiamo tornare di là.” Rispose, fermandosi e facendo dietro front, mentre il marito lo guardava confuso.
 
“Perché?”
 
“Vedrai, è una sorpresa,” Sebastian gli circondò le spalle con un braccio, per fargli capire di restare in silenzio, perché non avrebbe risposto a nessuna domanda.
 
Il viso di Blaine si illuminò come quello di un bambino in procinto di scartare i regali la mattina di natale. Nella sua mente iniziò a farsi duemila ipotesi, gongolando silenziosamente. 
 
Ritornarono nel luogo esatto in cui era stato volto il matrimonio di Cooper ed Elizabeth e Blaine si fermò di scatto quando vide Grant e Juliette in piedi sotto all’arco, nello stesso punto in cui prima c’era stato il prete e con dei fogli in mano.
 
“Sebastian, ma cosa..?”
 
“Benvenuto al nostro non divorzio.” Rispose lui trattenendo una risata. “E’ stata un’idea dei ragazzi, non potevo non appoggiarli.” 
 
“Cosa sarebbe un...” Blaine arricciò il naso, cercando di ricordare la parola che aveva utilizzato Sebastian, “..non divorzio?”
 
“Non ne ho idea, in realtà, qualcosa di simile al matrimonio” Sebastian scrollò le spalle, “ma ormai che siamo qui, ci conviene farlo o Juliette col muso e piagnucolante te la sopporti tu.” 
 
Blaine rise e si umettò le labbra, “Che dobbiamo fare?”
 
“Dammi la mano.”
 
Sebastian tolse il braccio dalle sue spalle per essere affianco a lui e Blaine gli prese la mano, facendo intrecciare le loro dita. Juliette allora mise la marcia nuziale col telefono del fratello che teneva tra le mani e i due genitori iniziarono a camminare verso di loro seguendo il ritmo, fin quando non si fermarono proprio davanti a loro. 
 
“Le mani libere qui sopra,” gli ordinò subito Grant con tono che non ammetteva repliche, riferendosi a un cofanetto in velluto che aveva tra le mani e loro ubbidirono immediatamente, Blaine mettendo la destra e Sebastian la sinistra. “Adesso a uno ad uno ripeterete ciò che sto per dire.”
 
“No, io voglio dirlo!” 
 
“Juliette, abbiamo detto che lo dicevo io, non rompere!”
 
“Noo! Uffa io! Il giuramento glielo faccio ripetere io !” 
 
“No, glielo faccio ripetere io! Tu sei piccola.”
 
“Io non sono piccola! Tu sei solo alto!”
 
“Ma avevamo detto che glielo facevo ripetere io!” 
 
“No, io!”
 
“Facciamo che poi tu li fai baciare, va bene?!” 
 
“Siiiiiiiiii che bello! Li faccio baciare io i miei papà!” 
 
Blaine e Sebastian scoppiarono a ridere al battibecco dei loro figli che erano sempre i soliti. Juliette a quel punto li guardò sorridendo e un attimo dopo Grant richiamò la loro attenzione su di sé schiarendosi la gola.
 
“Prima tu,” disse riferito a Sebastian. “dì: Io, Sebastian Mattew Smythe, giuro di non voler più divorziare da mio marito Blaine Devon Anderson, perché prometto di non commettere più idiozie, andare a vedere tutte le partite di mio figlio Grant e lasciarlo giocare quanto vuole al pc e alla xbox.”
 
“Io, Sebastian Mattew Smythe, giuro di non voler più divorziare da quella perfezione che è mio marito Blaine Devon Anderson, perché ha un sedere perfetto ed è super sexy in qualsiasi cosa faccia; e prometto inoltre di non commettere più idiozie e se proprio vuole acconsentirò a fargli i massaggi prima e dopo. Prometto pure d’andare a guardare ogni partita di mio figlio Grant e prenderlo a calci nel didietro ogni volta che lo vedrò al pc o alla xbox perché sembra un cretino.”
 
Grant lo guardò per un attimo, poi senza dir niente si girò verso l’altro padre. “Io, Blaine Devon Anderson, giuro di non voler più divorziare da mio marito Sebastian Mattew Smythe, perché ho capito che sono uno scemo.”
 
“Io, Blaine Devon Anderson, giuro di non voler più divorziare da mio marito Sebastian Mattew Smythe,  perché ho capito di star per commettere l’errore più grande della mia vita, perché lo amo da morire quando mi sorprende sempre con una delle sue e che è un ottimo padre e compagno meraviglioso.”
 
“Ecco, tenete,” Disse Juliette, porgendogli gli stessi fogli che Blaine vide in mano a Grant qualche minuto prima.
Sciolsero le loro mani intrecciate e afferrarono ciò che la figlia gli stava passando; Sebastian ghignò e a Blaine ci volle un attimo per capire che quelli erano i documenti del divorzio già firmati dal marito. 
 
“Tre.. due.. uno..” entrambi li strapparono nello stesso momento e poi li gettarono sul prato, sapendo che entro quella stessa sera gli addetti avrebbero pulito l’intero giardino.
 
“Posso baciarlo?” Chiese Sebastian febbricitante ai figli, guardando Blaine che si mise a ridere.
 
“Aspetta papà!” lo rimproverò Juliette, “Prima dovete scambiarvi le fedi.”
 
“Quali vedi?”
 
“Queste,” rispose Grant, aprendo il cofanetto che aveva ancora tra le mani per mostrargli due fedi d’oro bianco con un brillantino. Erano uguali a quelle che avevano già al dito. 
 
Sebastian ne prese una, quella di circonferenza più larga che era sicuramente quella di Blaine dato che aveva le dita più tozze, e poi guardò la figlia.
 
“Vuoi tu, papà, continuare ad amare papà Blaine fino alla fine dei vostri giorni, per darvi sempre tanti bacini, coccolarvi sul divano, dormire nello stesso letto, cucinare insieme e dirmi che sono la vostra principessa, finché io e tu non ci sposiamo?”
 
“Si, lo voglio,” rispose Sebastian, sfilando a Blaine la fede che aveva già per mettergli quella nuova e fu in quel momento che lui si accorse che all’interno, al posto della data con i nomi degli sposi, c’era la scritta “ti amo come Juliette ama i baci.
 
“Vuoi tu, papà, continuare ad amare papà Sebashian, senza fare più lo scemo?” 
 
“Si, lo voglio.” Rispose orgoglioso come la prima volta che lo disse al loro vero matrimonio. Prese l’altra fede e perse un attimo a leggere l’incisione che c’era all’interno, come l’altra era piccolissima per farla entrare: “Ti amo come Grant ama il calcio.”
 
“Posso baciarlo adesso?” Chiese di nuovo Sebastian. Grant si girò di spalle e poi diede il suo consenso. 
 
Blaine gli gettò le braccia al collo e un attimo dopo le loro bocche erano unite in un bacio dolce e intenso. Le mani di Sebastian andarono, come al solito, sui suoi fianchi per tirarlo un po’ più a sé e non farlo stancare troppo mentre stava in equilibrio sulle punte. 
 
Si diedero un bacio e poi un altro e poi un altro ancora, perdendosi l’uno nelle labbra dell’altro, sorridendo e mordicchiandosi per fino le labbra. Non era da loro baciarsi in quel modo davanti ai bambini, soprattutto Juliette che continuava sempre a fissarli adorante e poi gli faceva sempre un mucchio di domande e complimenti. Ma infondo era il loro non-divorzio, no?
 
“Sto per vomitare.” 
 
Blaine e Sebastian scoppiarono a ridere mentre ancora le loro labbra erano unite e fu solo allora che decisero a staccarsi. Juliette sorrise e li abbracciò, “vieni pure tu Grant, facciamo un abbraccio di famiglia!” 
 
“E va bene,” borbottò Grant sbuffando, per poi unirsi anche lui, abbracciando tutti. Blaine gli mise una mano sulla schiena per stringere ancora di più il piccolo cerchio che si era formato e Sebastian gli poggiò il mento sulla testa e fu in quel momento che si accorse di essere accanto a lui. Sorrise, perché il suo vecchio papà era veramente e definitivamente tornato. 
 
Si staccò da Blaine e si scostò da Sebastian per guardarlo negli occhi, “Ti voglio bene, papà” disse, prima di gettarsi tra le sue braccia e poggiare la guancia contro il suo petto. 
 
“Ti voglio bene anch’io,” rispose lui sorridendo a trentasei denti, prima di baciargli i capelli.
 
 
 
 
 

 
 
Adesso prendete James, abbracciatelo forte forte e amatelo. Dopo fategli pure una statua d'oro. 
Forse vi starete chiedendo "ma perché non c'è alcuna descrizione dell'abito di El?" o forse no.. però la risposta comunque è "Perché così ognuno se lo può immaginare come più gli aggrada!" Io di matrimoni non ne capisco (e si vede) quindi ho deciso di lasciare questo dettaglio molto "free". 
"tutto" il matrimonio è stato ispirato a una storia vera; sì, siamo strani di famiglia. E so benissimo che delle frasi così lunghe non riuscirebbero mai a stare in delle fedi, ma: Lasciatemi sognare!
 
Prima di andare vi dico che voglio fare un video per ringraziarvi tutti e che sarà anche un piccolo """Q&A""", dove potrete chiedermi la qualsiasi cosa. Cliccami per farmi delle domande.
 
Ultima cosa: Vi interesserebbe il pdf?
 
Ok, vado a dormire che è pure tardi e parlo sempre un casino!
 
Allora prossima settimana con l'epilogo! 
 

 

 

   
 
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