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Autore: MrsDirectioner98    17/08/2013    2 recensioni
ATTENZIONE LA STORIA NON E' MIA MA BENSI' E' LA STORIA DELL'AUTRICE BREE DESPAIN
TRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
Alzò lo sguardo e potetti notare le guancie pallide, per quanto potessero essere pallide data la sua carnagione scura, e incavate, ma furono gli occhi a togliermi il respiro. Gli stessi occhi scuri che una volta chiamavo
Gli lasciai la mano. Il carboncino ricadde sul banco e nella mia testa si formò un ingorgo di domande senza risposta.
Genere: Avventura, Dark, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE:
La storia NON E' MIA bensì è la copia di un libro chiamato Dark Divine di Bree Despain, solo che al posto dei veri personaggi ho messo i ragazzi. MI RACCOMANDO RECENSITE ALTRIMENTI MI FATE SEMBRARE INUTILE COPIARE CAPITOLO INTERI... VORREI SAPERE COSA NE PENSATE DELLA STORIA ALTRIMENTI NON CONTINUO
Detto questo BUONA LETTURA
Baci Vay <3


Figlio prodigo

Dopo pranzo
 
"Grace! E’ arrivato il ragazzo nuovo! Devi assolutamente vederlo." April mi raggiunse nel corridoio della scuola. A volte mi ricordava il cocker spaniel di quando ero piccola: bastava un niente perché cominciasse a saltellare e a tremare tutta per l’eccitazione.
"Il più figo sula faccia della terra?" Per poco non mi scivolò lo zaino dalla spalla. Li odio gli armadietti con la serratura a combinazione!
"Stai scherzando! Un tipaccio, di quelli poco raccomandabili. L’hanno espulso dalle ultime due scuole e Brett Johnson dice che è in libertà condizionata." April fece un sorrisone e mi diede una gomitata. "E poi tutti sanno che il più figo sulla faccia della terra è Liam."
A quel punto lo zaino mi scivolò sul serio e la scatola di pastelli a cera mi si rovesciò sui pied."Se lo dici tu", borbottai chinandomi a raccogliere i pastelli spezzati. "Ti sei dimenticata che Liam è mio fratello?"
April alzò gli occhi al soffitto."A pranzo ha chiesto di me, giusto?" "Si",risposi, fissando i pezzetti colorati sparsi dappertutto."Ha detto:’Come sta April?’ e io ho detto: ‘Sta bene’, e poi mi ha dato metà del suo panino. Dentro c’era del tacchino, mi pare." Conoscevo bene April: era davvero un’amica, non come la metà delle ragazze della scuola, che mi usavano solo come tramite per arrivare a mio fratello."Spicciati", disse dandosi un’occhiata dietro le spalle. "Potresti anche aiutarmi",mi lamentai,agitandole davanti un gessetto rotto."Li  avevo appena comprati"
Lei si chinò e ne raccolse uno blu."Scusa ma a cosa ti servono? Stai lavorando a carboncino?"
"Non sta venendo come voglio." Le tolsi di mano il pezzo di pastello e lo rimisi nella scatola. "Lo rifaccio"
"Ma la consegna è domani."
"E io così non lo consegno"
"A me non sembrava male. E deve piacere anche al ragazzo nuovo…"
"Cosa?!"
April si rialzò come una molla e mi prese per il braccio. "Andiamo!" Poi schizzò verso il laboratorio di arte trascinandomi con sé.
"Certo che sei strana", commentai tenendomi stretta la scatola dei colori.
April rise e accelerò.
"Eccola, arriva", disse Lynn Bishop mentre giravamo l’angolo. Davanti all’aula era riunito un gruppo di studenti che vedendoci si spostò di lato. Jenny Wilson mi lanciò un’occhiata e bisbigliò qualcosa a Lynn.
"Allora, cosa c’è di tanto importante!" chiesi. April puntò il dito "Quello"
Mi bloccai e lo radiografai con gli occhi: T-shirt tutta bucata con sopra Wolfsbane, la licantropa, jeans neri, sporchi e tagliati sulle ginocchia. Se la Holy Trinity aveva regole ferree riguardo all’abbigliamento, quel tipo era destinato a infrangerle. I capelli arruffati e neri si tenevano su in un grande ciuffo e nelle mani teneva un grande foglio di carta. Era il mio disegno a carboncino, e lui era seduto al mio posto.
Mi lasciai alle spalle l’esercito dei curiosi e mi fiondai verso di lui. "Scusa, questo è il mio banco"
"Quindi tu sei Grace", ribatté lui senza sollevare lo sguardo. C’era qualcosa in quella voce così profonda che mi fece venire la pelle d’oca.
Feci un passo indietro "Come fai a sapere il mio nome?" indicò l’etichetta incollata al portamatite che avevo lasciato sul banco durante la pausa. "Grace Divine Payne. Grazia divina"
Sbuffò. "I tuoi devono avere la fissa di Dio. Scommetto che tuo padre ha a che fare con la Chiesa."
"E’ un pastore. Ma non sono affari tuoi."
Allungò davanti a sé il mio disegno."Grace Divine Payne. Si aspettano grandi cose da te, o sbaglio?"
"Hai indovinato. E adesso sloggia."
"Questo disegno vale poco", sentenziò. "Mai visti  rami fatti così, e quel nodo dovrebbe essere rivolto verso l’alto" Con  le dita magre prese uno dei miei carboncini e cominciò a disegnare.  La sua faccia tosta mi dava sui nervi, ma ero sbalordita dalla facilità con cui tratti spessi e sottili di carboncino si trasformavano in splendidi fami. L’albero che per tutta la settimana mi aveva fatta dannare prese vita sul foglio. Per sfumare il tronco, usò il mignolo, divieto assoluto nella classe del professor Barlow, una tecnica rozza ma molto efficace per cerare l’effetto corteccia . proseguì con i rami più bassi e io rimasi a guardarlo, poi si concentrò sul famoso nodo. Che ne sapeva lui di come era fatto? "Piantala", sbottai. "Dammi il foglio è mio." Mi allungai per prenderlo, ma lui lo tirò via. "Restituiscimelo subito!"
"Baciami"disse.
Sentii April guaire.
"Cosa?"
Si chinò sul disegno. Il viso corrucciato in un espressione che facesse intendere come si stava applicando al disegno, ma dalla maglietta gli scivolò un ciondolo con una pietra nera. "Baciami e te lo restituisco" Afferrai la mano in cui teneva il carboncino. "Chi diavolo credi essere?"
"Allora non mi riconosci?" Alzò lo sguardo e  potetti notare le guancie pallide, per quanto potessero essere pallide data la sua carnagione scura, e incavate, ma furono gli occhi a togliermi il respiro. Gli stessi occhi scuri che una volta chiamavo "frittelle di fango"
"Zayn?" Gli lasciai la mano. Il carboncino ricadde sul banco e nella mia testa si formò un ingorgo di domande senza risposta."Liam lo sa che sei qui?"
Lui strinse le dita intorno alla pietra nera che portava al collo e aprì le labbra come per rispondere. In quel momento arrivò il professor Barlow, le braccia incrociate al petto sporgente. "Giovanotto, ti avevo detto di passare in presidenza prima di venire in classe. Se non riesci a portarmi rispetto, allora forse questo non è il posto per te."
"Me ne stavo giusto andando" Zayn si alzò e mi passò accanto ciondolando. "Ci vediamo, Gracie"
Guardai il disegno che aveva lasciato sul banco. Le linee nere si intrecciavano, formando la sagoma di un albero solitario che mi era tanto familiare. Superai il professore e gli studenti sula soglia."Zayn!" gridai. Ma il corridoio era deserto.
Era bravo a scomparire. Era la cosa che gli riusciva meglio.
 
Cena
 
Ascoltavo il tintinnio di coltelli e forchette sui piatti e tremavo, in attesa del mio turno nel tristemente noto rituali quotidiano della famiglia Payne. Il momento della cena riservato al: "Allora, com’è andata oggi?"
Il primo a parlare fu papà. Era piuttosto eccitato per la colletta benefica promossa dalla parrocchia. Per lui doveva essere una bella novità. Negli ultimi tempi era rimasto chiuso nel suo studio così a lungo che Liam e io scherzavamo sul fatto che forse era impegnato a fondare una religione tutta sua. Mamma ci raccontò del suo nuovo tirocinante alla clinica, e che il al nido il piccolo James aveva imparato le parole piselli, mela e tartaruga. Charity  invece riferì di aver preso 10 nella verifica di scienze.
"H o convinto la maggior parte dei miei amici a portarci i loro vecchi cappotti per la raccolta degli abiti usati",annunciò Liam dopo aver finito di tagliare il polpettone per James. Non mi stupiva affatto. Alcuni a Rose Crest sostenevano che la bontà di Liam fosse solo una finta, ma lui era davvero fatto così. Insomma, chi altri a diciott’anni avrebbe rinunciato alla libertà di maggiorenne per studiare da solo in parrocchia tre pomeriggio a settimana? E poi non era riuscito a entrare nella squadra di hockey con tutti i suoi amici perché non gli andava di essere troppo aggressivo in  campo. A volte era dura essere la sua sorella minore, ma era impossibile non volergli bene.
Detestavo l’idea di come avrebbe reagito alle mie novità. "Fantastico", commentò papà.
"Già", fece Liam con il suo bel sorriso. "Ieri ho annunciato a tutti che avrei dato il mio giaccone e ho convinto anche gli altri a contribuire."
"Quale giaccone" chiese mamma.
"Quello rosso"
"Quello della North Face? Ma è praticamente nuovo!2
"Solo perché negli ultimi tre anni non l’ho quasi mai messo. Mi sembra da egoisti tenerlo nell’armadio quando qualcun altro potrebbe usarlo"
"Liam ha ragione",intervenne papà. "Ci servono vestiti di buona qualità. Non siamo ancora a fine novembre e prevedono già un inverno da record"
"Sììì!" saltò su allegra Charity. Mamma, invece, brontolò: non riusciva proprio a capire perché per tradizione gli abitanti del Minnesota fossero tanto ansiosi di battere il record el freddo.
Stavo tormentando con la forchetta il purè di patate quando papà si voltò verso di me e mi fece la domanda che volentieri avrei evitato."Grace stasera sei particolarmente silenziosa. Com’è andata la tua giornata?"
Posai la forchetta e cercai di buttar giù il boccone di polpettone, che nel frattempo era diventato un blocco di polistirolo
"Oggi ho visto Zayn"
Mamma, che stava cercando di impedire a James di lanciare il cibo, dall’altra parte del tavolo, alzò gli occhi e mi guardò con un’espressione che diceva: In questa casa è vietato pronunciare quel nome.
A tavola discutevamo di tutto: della morte, delle adolescenti che rimangono incinte, di politica, e una volta perfino della discriminazione religiosa in Sudan, ma c’era un argomento assolutamente tabù: Zayn.
Papà si pulì la bocca con il tovagliolo."Grace e Liam, avrò bisogno di voi in parrocchia domani pomeriggio. Abbiamo ricevuto una risposta entusiasta alla nostra colletta e non riesco nemmeno a entrare in ufficio per la valanga di barattoli di mais che sono arrivate", concluse con una risatina.
Mi schiarii la voce. "Gli  ho parlato"
La risata di papà s’interruppe di botto, quasi stesse soffocando. "Cavolo, Grace" intervenne Charity con la forchetta a mezz’aria. "Avanti con le sorprese dai!"
Liam spostò indietro la sedia."Posso alzarmi!" chiese appoggiando il tovagliolo sul tavolo. Poi, senza aspettare una risposta, uscì dalla cucina.
Guardai mamma e i suoi occhi sembrarono dirmi: Visto cos’hai combinato?
"Pi-delli!" strillò James, e mi lanciò una manciata di palline verdi
"Scusatemi",mormorai alzandomi.
 
Più tardi
Trovai  Liam seduto in veranda, avvolto nella coperta blu che di solito stava sul divano. Il fiato gli disegnava nuvolette bianche davanti al viso.
"Liam, si congela qui. Vieni dentro"
"Sto bene"
Sapevo che non era vero. Sono poche le cose che lo fanno arrabbiare. Non gli piaceva che certe ragazze a scuola dicessero cattiverie e poi cercassero di farle passare per scherzi. Odiava quando qualcuno pronunciava il nome di Dio invano e non sopportava chi sosteneva che i Minnesota Wild non avrebbero mai vinto la Stanley Cup do hockey. Ma quand’era arrabbiato, Liam non si metteva a urlare o a strillare. Se ne stava in silenzio. Mi sfregai le braccia per scaldarle e mi sedetti vicino a lui sugli scalini "Mi dispiace per Zayn. Non volevo farti incavolare."
Liam si toccò le cicatrici che gli segnavano il dorso della mano sinistra. Era un gesto che faceva spesso, forse senza rendersene conto. "Non sono arrabbiato", rispose alla fine "Sono preoccupato"
"Per Zayn?"
"Per te." Liam mi fissò. Avevamo lo stesso naso aquilino e gli stessi capelli biondini,a ma era la doglianza dei nostri occhi castani tendenti al rosso che mi era sembrata inquietante. Soprattutto ora vedendo riflesso nel suo sguardo tanto dolore. "So cosa provi per lui…"
"Cosa provavo. E’ stato più di tre anni fa, Liam. Allora ero solo una bambina"
"Come adesso" avrei voluto ribattere: Perché, tu no? In fondo era appena un ano più grande di me, ma sapevo che mio fratello non aveva voluto offendermi. Però avrei preferito si rendesse conto di un piccolo particolare che ancora gli sfuggiva: avevo quasi diciassette anni, ormai uscivo con i ragazzi e avevo la patente. L’aria gelida s’infilò sotto il mio golfino di cotone leggero. Stavo per rientrare, quando Liam mi prese la mano" Gracie mi prometti una cosa?"
"Dimmi"
"Se incontri di nuovo Zayn eviterai di parlargli?"
"Ma…"
"Ascoltami",insistette, "Zayn è pericoloso. Non è più il ragazzo di un tempo. Mi devi promettere che starai alla larga da lui."
Arrotolai intorno a un dito la frangia della coperta. "Grace, dico sul serio. Me lo devi promettere."
"Okay, d’accordo. Lo farò."
Liam mi strinse la mano e fissò lo sguardo in lontananza. Sembrava guardasse a milioni di chilometri di distanza ma sapevo che i suoi occhi si erano fermati sul vecchio noce, l’albero che avevo cercato di disegnare e che divideva il nostro giardino da quello dei vicini. Chissà se pensava a quella sera di tre anni prima, quando aveva visto Zayn per l’ultima volta… quando tutti noi l’avevamo visto per l’ultima volta. "Cos’è successo?" mormorai. Da tempo volevo fare quella domanda. La mia famiglia si comportava come se non fosse accaduto niente. Ma niente non giustificava il fatto che Charity e io fossimo state mandate dai noni per tre settimane. Le famiglie non smettono di parlare di qualcosa che non è niente. Niente non spiegava le sottili cicatrici bianche sopra l’occhio sinistro di mio fratello, simili a quelle sulla mano.
"Non si dovrebbe parlare male dei morti", bisbigliò Liam. Scossi la testa "Zayn non è morto"
"Per me si"il suo viso era privo di espressione. Non l’avevo mai sentito parlare a quel modo. Respirai aria gelida e lo fissai, desiderando di leggere i pensieri nascosti dietro il suo sguardo di ghiaccio."Lo sai, vero, che a me puoi raccontare tutto?"
"No, Gracie. Ti assicuro che non è così"
Le sue parole facevano male e tolsi la mano dalla sua. Non sapevo come reagire.
Liam si alzò. "Lascia perdere",disse sottovoce mettendomi la coperta intorno alle spalle. Salì i gradini e udii la porta a zanzariera chiudersi con un clic. La luce azzurrina del televisore guizzava dalla finestra del soggiorno.
Un grosso cane nero attraversò silenzioso la strada deserta, poi si fermò sotto il noce e guardò nella mia direzione. Aveva la lingua fuori come se avesse corso, mentre i suoi occhi scintillavano bluastri. Rabbrividii e spostai lo sguardo sull’albero. Prima di Halloween aveva nevicato, ma la neve si era sciolta in pochi giorni e forse non l’avremmo più rivista fino a Natale. Nel frattempo, il giardino era diventato una distesa secca, gialla e marrone:restava il noce tutto solo a scricchiolare nel vento. Era bianco come la cenere e sene stava lì alla luce della luna piena come un fantasma tremolante. Zayn aveva ragione riguardo al mio disegno. I rami erano sul serio tutti sbagliati, e il nodo di quello più asso avrebbe dovuto essere rivolto verso l’alto. Il professor Barlow ci aveva  chiesto di disegnare qualcosa che ci ricordasse l’infanzia. Davanti al foglio bianco, non ero riuscita a vedere altro che quel vecchio albero. Anche se negli ultimi tre anni ce l’avevo messa tutta per distogliere lo sguardo, quando ci passavo davanti.
Pensarci faceva male…  pensare a Zayn faceva male. Adesso seduta in veranda a osservare il vecchio noce ondeggiare sotto i raggi della luna, quella pianta sembrò infiammare la mia memoria fino a costringermi a ricordare.
La coperta mi scivolò dalle spalle quando mi alzai. Diedi un’altra occhiata alla finestra e poi all’albero. Il cane se n’era andato. Può sembrare strano, ma ero contenta non fosse li a guardarmi mentre mi accovacciavo. Cercavo a tastoni nel terreno sotto la veranda qualcosa che non ero nemmeno sicura fosse ancora lì. Le mie dita incontrarono un oggetto freddo e lo tirai fuori.
La scatola di metallo sembrava un pezzo di ghiaccio nelle mie mani nude. Era punteggiata di ruggine, ma sotto la sporcizia incrostata sul coperchio si intravedeva la faccia scolorita di Topolino. Sembrava risalire a un periodo così lontano… un tempo era lo scrigno dove Liam, Zayn e io tenevamo i nostri tesori, come le caramelle e le figurine dei giocatori di baseball, oltre a uno strano dente lunghissimo che avevamo trovato nel bosco dietro casa. Ma adesso era una piccola bara di metallo, la scatola dei ricordi che avrei voluto dimenticare per sempre.
Sollevai il coperchio e presi un blocco per gli schizzi con la copertina di pelle rovinata. Sfogliai le pagine ingiallite finché arrivai all’ultimo disegno. Ritraeva un ragazzo: lo avevo fatto e rifatto perché non mi veniva mai bene. I capelli erano talmente chiari da sembrare quasi bianchi, non arruffati e neri come li portava Zayn adesso. Aveva la fossetta sul mento e un sorriso ironico, quasi ambiguo. Ma gli occhi non mi erano riusciti bene. Con i miei semplici tratti a matita non ero stata capace di catturarne l’intensità. Perché quegli occhi erano così scuri, così profondi.. come il fango in cui ci divertivamo ad affondare le dita dei piedi quando andavamo al lago: frittelle di fango
 
Ricordi
"La vuoi? Allora vieni a prenderla." Zayn nascose dietro la schiena la bottiglietta di trementina e scattò di lato come per scappare via. Incrociai le braccia e mi appoggiai al tronco dell’albero. L’avevo già inseguito un paio di volte per tutta la casa, in giardino intorno la noce, e tutto perché era sgattaiolato in cucina mentre lavoravo e mi aveva rubato il solvente per i colore senza dire una parola." Ridammela subito!"
"Baciami" disse Zayn
"Cosa?"
"Baciami e te la restituisco" sfiorò con le dita il nodo a mezzaluna sul ramo più bacco del noce e mi rivolse un sorriso furbetto. "Lo vuoi anche tu"
Avevo le guancie in fiamme. Volevo baciarlo con tutto il desiderio che poteva provare il mio cuore di undicenne, e sapevo che lui lo sapeva. Zayn e Liam erano amici per la pelle da quando avevano due anno e io, appena avevo iniziato a camminare, mi ero messa a seguirli dappertutto. A mio fratello non importava che mi accodassi, mentre Zayn non lo sopportava. Però, dato che in fondo soltanto una femmina poteva fare la parte della regina Amidala con Zayn nei pani di Anik e Liam in quelli di Obi-Wan Kenobi.. e nonostante tutte le sue prese in giro, Zayn era stato la mia prima cotta.
"Vado a dirlo ai miei" dichiarai poco convinta "No, non lo dirai a nessuno." si chinò in avanti, continuando a sorridere. "Adesso baciami"
"Zayn!" strillò sua madre dalla finestra di casa sua "Vieni subito a pulire questa vernice ."
Lui si raddrizzò di scatto, gli occhi sgranati per il terrore. Guardò la bottiglietta che teneva in mano "Posso, Gracie? Mi serve."
"Avresti potuto chiederlo dall’inizio."
"Tu, vieni qui!" ringhiò suo padre
A Zayn tremavano le mano "Posso?"
Annuii e lui corse verso casa. Mi nascosi dietro l’albero e ascoltai la sgridata che gli toccò. Non ricordo cosa gil disse il padre. Non erano le parole a farmi male dentro, ma il timbro della sua voce che diventava più profonda a mano a mano che la sfurtiata andava avanti, fino a trasformarsi in un ringhio strozzato. Mi lasciai cadere sull’erba, le ginocchia strette al petto. Avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarlo.
 
 
Era successo quasi cinque anni e mezzo prima che lo rivedessi a scuola. Due anni e sette mesi prima che sparisse. Ma soltanto un anno prima che venisse a stare da noi. Un anno prima che diventasse nostro fratello.
  
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