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Autore: Agapanto Blu    18/08/2013    4 recensioni
Anno Domini 1234.
Chatel-Argent, feudo dei Montmayeur, Francia.
Quando Daniel Freeland decide, come ultimo tentativo di aiutare la figlia diciottenne, di portare la sua Alexandra nel passato, non si aspetta certo l'immensità di sciagure che, con più foga e sadismo del solito, Hyperversum gli scatenerà contro...
Tra un rapimento, segreti che tornano alla luce e giovani amori, sembra che tutto si stia rivoltando contro il gioco di maschere dei Ponthieu e perfino la morte potrebbe non essere così certa...
Ma chi si cela dietro tutto ciò?
**********
Quando i battenti furono aperti di nuovo, il Falco d’Argento non esisteva più e Ian Maayrkas veniva portato fuori dalla sala con i polsi incatenati dietro la schiena e due guardie ai fianchi.
Lo sgomento della corte francese fu totale.
*****
Daniel non voleva crederci, non riusciva a crederci.
Eppure davanti a lui, terribili nelle loro armature, l'una con un leone d'oro rampante in campo rosso e l'altra bianca con una croce nera centrale, stavano gli incubi più tremendi che Hyperversum gli avesse mai fatto incontrare.
Jerome Derangale sorrise.
"Chi abbiamo qui?"
Al suo fianco, il barone Gant rise.
"Una spia senza signore!".

Alcuni personaggi leggermente OOC.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Daniel/Jodie, Etienne/Donna, Geoffrey/Brianna, Ian/Isabeau
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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32. Ian Maayrkas

 
“Non è possibile…” Michel non si rendeva nemmeno conto di stare parlando ad alta voce, la sua mente era come i suoi occhi: fissa sull’immagine di sua madre che si baciava con un servo, le mani di lei sulle sue spalle e quelle di lui sulla sua vita, “Non è possibile, non può essere…”
Era sconvolto e confuso perciò, assecondando l’istinto del fratello minore, si voltò verso Marc alla ricerca di una spiegazione che pure sapeva lui non avrebbe potuto dargli. Quello che vide, però, fu un Marc furioso che si avvicinava a passo di marcia verso la coppia appena sorpresa.
Michel conosceva il fratello, sapeva che era raro che si arrabbiasse e che a muovere le sue azioni, in quel momento, era la tristezza più che la logica perciò reagì d’impulso, conscio che poi l’altro si sarebbe potuto pentire dei propri gesti.
“Marc, no!” gli urlò dietro ma la sua voce alta, più che riprendere il fratello, rese i due innamorati consci di non essere soli.
Isabeau si voltò di scatto mentre Jhoannes sgranò gli occhi e li puntò sul ragazzo in arrivo.
“Toglile le mani di dosso!” ringhiò questi frapponendosi tra i due e spintonando indietro l’uomo. Aveva gli occhi annebbiati da lacrime di rabbia che era determinato a non versare e così non riusciva a vedere bene il viso di Jhoannes o la sua espressione, ma tanto non gli interessava.
“Marc, smettila!” esclamò Isabeau prevenendo il compagno, “Non è come sembra!”
Il ragazzo si voltò di scatto verso di lei e si sentì afferrare per le braccia: i nobili e il re li avevano raggiunti e Michel aveva ritenuto più prudente trattenerlo dal fare qualcosa prima di capire esattamente la situazione e di aver dato ad Isabeau la possibilità di spiegarsi.
Marc però continuava a non essere favorevole alla comprensione.
“Come hai potuto?!” si lamentò rivolto alla madre, non urlava ma il tono di voce lasciava intendere che lo avrebbe fatto volentieri, “Tuo marito è morto a malapena da una settimana e tu ti fai trovare con un servo?! È per questo che conosce i passaggi del castello?! Glieli hai detti tu?!”
Isabeau si premette le mani sulle tempie per un attimo, ma poi si morse la lingua e si decise a dire ciò che doveva.
“Tuo padre NON è morto!” dichiarò ad alta voce, interrompendo lo sproloquio di Marc e sconvolgendo tutti i presenti.
Luigi sollevò un sopracciglio, sorpreso ma evidentemente quasi in attesa del colpo di scena, però tacque lasciando che la donna si giustificasse prima davanti ai figli: con loro si sarebbe aperta molto più di quanto avrebbe fatto davanti al suo re.
Marc, immobilizzato tra le mani del fratello, sgranò gli occhi.
“Cosa?” chiese, certo di aver capito male.
Isabeau sospirò ma si avvicinò ai figli e sorrise loro prima di superarli per affiancarsi al servo, rimasto indietro a braccia incrociate in attesa di capire come fosse meglio muoversi e per lasciare libertà alla donna sulla versione da dare agli altri. Lo sfiorò cercando di fargli capire con gli occhi quanto fosse determinata. Jhoannes sospirò e allungò un braccio a cingerle le spalle prima di alzare gli occhi ad incrociare quelli del figlio.
Il ragazzo aggrottò la fronte ma non disse nulla perciò lui sospirò.
È vero allora che le persone vedono spesso solo ciò che vogliono vedere…, si sorprese a pensare poi però tornò a guardare la moglie, incerto.
Ian o Jhoannes? Cosa voleva che fosse? Cosa pensava di dire, di fare, di rivelare e di nascondere? Ian era diventato bravo nei confronti di logica ma aveva sempre tratto vantaggio dalla propria conoscenza del futuro: ora si trovava assolutamente incapace di scegliere perché non era tra le sue mani la palla e la Storia non poteva corrergli in aiuto.
Isabeau sembrò capire perché sorrise mesta e scosse la testa.
“Basta menzogne.” disse solo, “So ciò che ho fatto e me ne prendo le responsabilità perché so che era la cosa giusta.”
Ian annuì, conscio che probabilmente il re avrebbe fatto preparare due cappi anziché uno, e lasciò un bacio sulla guancia della moglie prima di staccarsi da lei per avvicinarsi ad un trogolo pieno d’acqua.
“Madonna, cosa significa tutto questo?!” sentì dire, alle sue spalle, da Guillaume e un sorriso mesto gli sorse sulle labbra mentre riempiva un secchio.
Chissà come potrebbe prenderla…, si ritrovò a pensare, Speriamo solo di non farlo morire d’infarto anzitempo.
Sospirò ma infilò la testa nell’acqua per togliere la terra e l’impiastro di erbe di Beau dai capelli, restituendo loro il color ossidiana.
Non sapeva perché non si fosse limitato a dire chi fosse: forse una parte di lui sperava che bastasse riavere i propri capelli per essere riconosciuto dai compagni e gli amici di quell’epoca che era ormai la sua, o forse più semplicemente gli veniva difficile immaginarsi dire: “Messieurs, sono io! Sono Ian!”.
Strizzò i capelli mentre una vocina fastidiosa gli faceva notare che forse stava solo cercando di prendere tempo e si voltò verso i nobili che si erano resi conto del travestimento e che, dopo aver scrutato per un po’ l’uomo, erano arrivati all’unica soluzione, che pure credevano impossibile.
Guillaume de Ponthieu era palesemente sconvolto e se non boccheggiava poco ci mancava che lo facesse; i due Henri erano pallidissimi mentre Etienne stava diventando paonazzo e Martewall sembrava sulla strada per imitarlo visto che la sorpresa nei suoi occhi stava lasciando spazio alla consapevolezza che il suo amico fosse vivo mentre lui si disperava per non aver potuto impedire la sua morte; re Luigi sembrava ormai aver superato la soglia di sorpresa che per un uomo fosse possibile provare, infatti fissava Ian con la fronte aggrottata come se si aspettasse di vederlo farsi spuntare due corna sulla testa o chissà cos’altro; Michel era terreo, tanto che Ian temette di vederlo stramazzare al suolo, mentre Marc aveva gli occhi sgranati e la bocca spalancata.
Fu quest’ultimo, però, il primo a riprendersi.
“Papà?” chiese, quasi non fosse sicuro di ciò che vedeva.
Ian sorrise mesto ma annuì.
Isabeau, a disagio per il silenzio quasi totale, si strinse di nuovo al fianco del marito e Ian la cinse con le braccia, come per proteggerla.
“Forse non è prudente parlarne qui…” azzardò quindi, a sua volta sorpreso dalla gelida immobilità che lo circondava.
Credeva di essersi aspettato di tutto: che gridassero ‘un demone!’, che sguainassero le spade, che lo insultassero o altro; ma comunque immaginava che avrebbero reagito in qualche modo. Quella mancanza di gesti lo preoccupava molto.
“Non puoi essere tu!” esclamò Etienne all’improvviso, attirando su di sé gli occhi degli altri, “Ian è morto!”
Nonostante tutto, l’americano sentì una nota di disperazione nell’ultima frase e sorrise nel constatare che, in un certo senso, ancora Etienne gli era affezionato.
Sospirò, comunque, e lasciò la moglie per sollevare la casacca e mostrare la cicatrice poco sopra l’ombelico.
“I sicari del monastero di Saint-Michel” disse, poi si voltò a mostrare la schiena, “e la frusta di Derangale.”
Riabbassò la casacca e si voltò di nuovo verso il gruppo ma a metà del gesto si ritrovò soffocato.
Etienne gli stava mettendo le mani al collo e gridava imprecazioni che Ian a stento seguiva. Dopo un attimo di sorpresa, però, Martewall si riscosse e agguantò il francese, staccandolo dall’americano.
“Tu!” ringhiò ancora Etienne, “Ti credevo morto, maledizione a te! Pensavo ti avessero ammazzato! Hai la minima idea di come ci siamo sentiti tutti?!”
Ian lo guardò, confuso. Ecco, quello lo aveva parecchio sorpreso.
“Io…” esitò. Cosa poteva dire, in fondo, ad Etienne che scalpitava tra le braccia di Martewall, all’inglese che lo fissava come se volesse ucciderlo con lo sguardo, ai due Henri che sembravano incerti se seguire le orme di Etienne o se limitarsi a sospirare di sollievo, oppure a Guillaume che se ne stava fermo con le mani a mezz’aria come se volesse andargli incontro ma non osasse farlo?
Non finì comunque la propria frase perché di nuovo si ritrovò soffocato, questa volta in modo più amichevole: Daniel, ignorando gli altri, lo stava abbracciando.
“Oddio, oddio, oddio…” continuava a ripetergli nell’orecchio e Ian sorrise mesto ricambiando la stretta fraterna.
“Perdonami…” mormorò piano e sentì l’amico annuirgli sulla spalla.
“Poi ti farò una lavata di testa che ricorderai per tutta la vita, ma adesso sono troppo felice di sapere che sei vivo!”
Ian sorrise ma lo staccò da sé per guardare il sovrano.
Con sua somma sorpresa, però, scoprì Donna e Jodie impalate dietro tutti: dovevano essere venute a cercare i mariti da salutare e avevano trovato…lui.
Jodie stava piangendo palesemente mentre Donna lottava a fatica per trattenersi dal farlo, entrambe però per la contentezza.
Ian sorrise ancora, sempre mestamente, poi si decise a guardare Luigi, divenuto impassibile.
“Non è prudente parlare qui.” ripeté, questa volta con tono più serio e deciso.
A sorpresa, Luigi annuì ma non si voltò per tornare indietro bensì indicò un capanno di granaglie.
“Lì dentro.” ordinò.
Ian era sorpreso, ma annuì e obbedì, come tutti gli altri.
Marc e Michel ancora esitavano ad accostarsi a lui, sul viso espressioni confuse e incerte.
Dentro il deposito del monastero Luigi fece bloccare la porta e iniziò a fare avanti e indietro per parecchi minuti, nel silenzio generale.
All’improvviso scattò e si pose davanti ad Ian.
“Io inizio a pentirmi di aver scoperchiato questo vaso di Pandora!” ringhiò, “Era tutto molto più semplice, prima!”
Ian annuì, chinando il capo.
“Posso comprendervi.” rispose solo.
Luigi lo fulminò ma poi passò a guardare Isabeau.
“Madame de Montmayeur, voi siete l’ultima di cui avrei sospettato e adesso vi scopro invischiata in tutto ciò più di molti altri!” la rimproverò ma la nobildonna sollevò il capo e si accostò al marito.
“Sono consapevole delle mie azioni, mio sire, ma anche della loro bontà.” replicò solo.
Luigi sembrò sorpreso da queste parole ma si calmò e fissò la coppia riunita.
“Benissimo!” ringhiò con un tono che lasciava intendere che le cose non andassero affatto benissimo, “Allora, forza: spiegatemi perché questo morto respira ancora!”
Isabeau sospirò ma mise una mano sul petto di Ian per fargli capire che doveva lasciar parlare lei, quindi guardò il sovrano.
“Io sapevo della vera identità di mio marito.” dichiarò, lanciando il primo sasso nella piccionaia, “Lo sapevo e lo amavo. Egli ha mentito a voi per proteggere me e i nostri figli, che di questa storia non sapevano nulla, perciò quando me ne è stata data l’occasione ho organizzato la fuga di mio marito per salvarlo da un’esecuzione ingiusta.”
Luigi la fissò con rabbia evidente.
“Sapevate che quest’uomo non era il vostro promesso e lo avete sposato lo stesso?!” esclamò, sconvolto.
Isabeau sollevò il mento e annuì seccamente una volta sola.
Luigi sgranò gli occhi ma non poté aggiungere altro perché Isabeau osò parlare.
“Sono venuta a parlare con mio marito per via della ricomparsa di Derangale e Gant.” spiegò la nobildonna, “Gli Inglesi hanno capito, o quantomeno sospettano, che lui sia ancora vivo perciò ho ritenuto giusto che sapesse per prepararsi a combatterli.”
Luigi aggrottò la fronte, sorpreso dal fatto che la contessa gli stesse rivelando tutto senza esitazione, ma fu Ian a continuare.
“Sire, vi chiedo il permesso di unirmi a voi nel combattere Derangale e Gant: dopo potrete assicurarvi la mia condanna sia eseguita, ma prima permettetemi di fermare chi ha tentato di far strage della mia famiglia e ha picchiato i miei figli e mia moglie.” disse, serio e armato di sincerità.
 
***
 
Alexandra accarezzava distrattamente il collo del proprio cavallo, che Petra aveva legato ad un tronco, e intanto pensava.
Si trattava di un numero abbastanza folto di soldati, effettivamente, e lei era sola. Beh, sì, c’era Petra ma l’americana dubitava che potesse combattere attivamente in uno scontro aperto, le aveva lasciato la spada perché preferiva combattere con i pugnali ma non pensava davvero che l’avrebbe usata se non per guadagnare un po’ di tempo in sua attesa. La baronessa aveva dimostrato molto coraggio anche poco prima, scivolando lungo l’esterno della locanda e origliando qualche parola smozzicata dalla conversazione degli uomini; una conversazione proficua che verteva su: ‘Raimondo di Tolosa’, ‘prigioniera’, ‘caratterino’, e soprattutto ‘Margherita di Provenza’.
Sospirò.
La situazione non era delle migliori, ne era consapevole, perciò le serviva un piano serio cui attenersi oppure sarebbero finite presto a far compagnia alla principessa. Le guardie della ragazza si erano fermate in una locanda ma avevano portato la prigioniera con sé e, senza conoscere l’interno del luogo, era impossibile per le due sperare di liberarla, così avevano deciso di attendere il calar della notte: per Alex non faceva differenza che ci fosse o no luce, ma per quegli uomini doveva farne parecchia.
Petra la raggiunse e le pose una mano sulla spalla. Stava per dire qualcosa quando la porta della locanda si aprì e, accompagnato da imprecazioni ed insulti, qualcosa fu gettato pesantemente tra gli alberi.
Le due ragazze si acquattarono e attesero che gli uomini fossero tornati dentro prima di azzardarsi ad aggirare lo spiazzo e avvicinarsi all’oggetto misterioso.
“Oh mio Dio!” esclamò Petra mantenendo a stento la voce bassa.
Alex si irrigidì.
“Che è successo?” chiese piano, “Cos’è?”
“È uno degli uomini della scorta…” mormorò Petra piano, “È morto…”





Innanzitutto, vi chiedo subito scusa per questo capitolo che fa davvero schifo. Ma proprio tanto.
Forse riuscirò a pubblicare bene anche il prossimo, quelli successivi però sono tutti in 'forse', per adesso...
Boh, non so che altro dire...
A presto,
ciao ciao!
Agapanto Blu
  
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