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Autore: Shallation    18/08/2013    0 recensioni
Demetra e Jade, due ragazze, quattro iridi che si amano, due destini intrecciati sullo sfondo di una Milano distratta e indifferente.
Quando le parole vengono meno sono gli occhi a parlare.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Buonasera a tutti!
Questa storia era nata inizialmente come una OS, ma poi Demetra e Jade si sono ribellate e hanno chiesto molto più spazio per loro, perciò eccoci qui con una short a tematica saffica.
Dedico questo racconto ad una cara amica, lei sa di essere stata la mia fonte primaria di ispirazione e la ringrazio per questo.

Come sempre,  buona lettura, attendo commenti e critiche.

Glo



Sguardi

 


La metropolitana sferragliava proseguendo la sua folle corsa nelle viscere della città meneghina, macchie indistinte di colore passavano davanti agli occhi di Demy, che fissava distrattamente fuori dai finestrini sporchi.
Tutto intorno a lei la gente affollava lo spazio minuscolo e asfissiante del convoglio, una massa di corpi distratti e indifferente, persi ognuno nei propri enormi e insignificanti problemi quotidiani.
La borsa piena dei libri dell’Università le pesava sulla spalla, la cinghia le segava la pelle morbida lasciata scoperta dalla canotta leggera, l’unico indumento che sopportasse a contatto con la pelle, nell’afa di quella sera d’inizio estate.
La giovane guardò distrattamente la mappa delle fermate, accorgendosi che la successiva era quella a cui doveva scendere, perciò si sistemò meglio la borsa sulla spalla, avvicinandosi alle porte da cui, di lì a poco, il serpentone metallico avrebbe riversato il suo carico d’umanità sulla banchina.
Il treno cominciò a rallentare, man mano che si avvicinava alla fermata successiva, e le immagini aldilà del vetro riacquistavano contorni definiti, le chiazze indistinte rivelavano ora volti, corpi, oggetti.
Il viso di Demy si aprì in un sorriso leggero non appena scorse una figura appoggiata mollemente al muro, una gamba alzata a sorreggere il corpo contro la parete, l’altra allungata e ancorata al pavimento.
“Proprio come la prima volta in cui l’ho vista” un ricordo fugace attraversò la mente della ragazza mentre il convoglio si fermava all’altezza del binario cinque.
 
 
 
 
Chiazze di ghiaccio incrostavano i vetri del treno, il gelo dell’inverno pareva non voler risparmiare nulla, stritolando ogni essere vivente nella sua morsa raggelante, persino il fiato si addensava in nuvolette di vapore ad ogni singolo respiro.
Demetra tornava a casa dopo una lunghissima giornata di lezioni, come sempre il viaggio in metropolitana trascorreva distrattamente, i pensieri della giovane rivolti altrove, persi in riflessioni contorte, echi lontani di vite che desiderava e non avrebbe mai vissuto.
L’aria intorno a lei venne smossa improvvisamente dall’accalcarsi di decine di corpi che premevano nella stessa direzione, tentando di guadagnare l’uscita, in un caos orgiastico privo di senso.
La giovane ritornò immediatamente alla realtà, rendendosi conto che doveva scendere, corse trafelata fino alla porta scorrevole, riuscendo a saltare appena in tempo sulla banchina.
Rimase per un attimo piegata in due, intenta a prendere fiato, il petto magro che si alzava e si abbassava velocemente al ritmo convulso del suo respiro.
Appena ebbe riacquistato un minimo di controllo, la giovane alzò il viso e il suo sguardo venne attratto da una figura solitaria appoggiata al muro della stazione.
Interamente vestita di nero, quell’apparizione sembrava assorbire tutta la flebile luce dei neon, per poi rifletterla nuovamente, arricchita di mille nuove sfaccettature opalescenti.
 
Una cresta di capelli biondo platino spiccava al di sopra della chiazza scura dei vestiti, un obelisco ancestrale, un sfida al mondo, un vaffanculo urlato al cielo.
La giovane fumava con aria assorta, l’espressione lievemente corrucciata disegnava piccole rughe d’espressione su un viso dall’ovale perfetto, con la lingua giocava distrattamente con il pircing al di sotto del labbro, il fumo che fluiva leggero dalle narici.
Quasi rispondendo ad un mutuo richiamo, la ragazza levò lo sguardo, occhi chiarissimi e inquieti si fissarono in quelli di Demy, in uno contatto fugace, che la lasciò come svuotata, un buco nero d’emozioni indistricabili che premeva sul diaframma.
Fu questione di una frazione di secondo, l’attimo dopo Demetra si ritrovò a fissare il lato della testa rasata della giovane, la cui attenzione era stata improvvisamente richiamata dalle urla di una figuretta bruna che giungeva saltellando da lontano: “Amoree”.
La nuova venuta si fiondò addosso alla ragazza dalla cresta bionda, gettandole le braccia al collo e soffocandola in un abbraccio strettissimo.
La giocane rispose con imbarazzo al contatto, le braccia che stringevano appena il corpo tondo della ragazza, eppure sulle sue labbra stava fiorendo un sorriso sincero e aperto, un nuova luce rischiarava quel volto serio.
Non appena si sciolse dall’abbraccio raccolse il borsone che giaceva ai suoi piedi, e prendendo a braccetto la ragazza mora, si diresse verso l’uscita.
Demy non riuscì a decidere se lo vide davvero o se fosse tutto frutto delle sua psiche scombussolata, ma la giovane, prima di sparire oltre le scale, lanciò una breve occhiata alle sue spalle, rivolgendole un sorriso carico di promesse.
 
 
 
 
Fu con un sorriso simile, che Jade la accolse mentre Demetra scendeva dalla metro, sorridendole di rimando. La ragazza si staccò pigramente dal muro, gettò il mozzicone a terra e lo pestò brevemente con la suola delle scarpe da ginnastica, prima di avvicinarsi alla compagna. Impaziente come sempre, Jade affondò le mani affusolate tra le morbide ciocche castane di Demy, attirando il volto della giovane più vicino al suo. Le labbra della ragazza calarono fameliche su quelle della nuova venuta, cercando subito un contatto profondo tra le loro lingue, le dita che stringevano forte i capelli di Damy, impedendole di sfuggire a quell’assalto.
Demetra non si lasciò sorprendere dall’impeto della compagna, nel tempo aveva imparato che ogni cosa con Jade era intensa e fulminea, quella ragazza odiava lentezza e indecisione, ogni azione che intraprendeva veniva decisa d’istinto, senza ulteriori ripensamenti.
 
“Se ti fermi a pensare sei finita, morta, vecchia e io non voglio essere nessuna di queste cose” diceva spesso Jade.
 
Per questo Demy rispose con la stessa passione al bacio, passando le palme aperte sul cranio rasato della nuca di Jade, là dove poteva seguire i contorni delle ossa occipitali. Le piacevano quei capelli così corti, amava passare le dita tra quelle piccole punte taglienti, percepirne la ruvidezza, che contrastava così tanto con le sue lunghe ciocche morbide.
Mentre Jade la baciava, Demetra cominciò a passare lentamente la lingua sul pircing che la compagna aveva sulla lingua, in lenti movimenti circolare, un gioco eccitante, una promessa di piaceri futuri e baci più intimi.
La giovane sapeva quanto quel suo gesto facesse impazzire la compagna, che infatti interruppe il bacio, senza però scostare il volto dal suo, le fronti vicine, le mani ancora strette tra i capelli.
“Dio Demy, la tua lingua mi fa sempre impazzire” le parole venivano pronunciate tra un lungo respiro e l’altro, era loro abitudine salutarsi con un bacio come quello, risucchiandosi vicendevolmente l’aria dai polmoni, fino quasi a soffocare.
Demetra, incapace di parlare, rispose con un sorriso dolcissimo, per poi chinarsi a raccogliere il borsone dalla compagna. Si girò spalle alla metro, tendendo l’unica mano libera a Jade: “Forza, voglio arrivarci il prima possibile!”
Jade non potè fare altro che seguirla, non smettendo un attimo di pensare a quanto quella creatura angelica le avesse cambiato la vita.
 
 
 
 
Dopo quel fugace incontro di sguardi in metropolitana, si erano riviste per caso in un locale milanese, noto per essere uno dei punti di ritrovo delle ragazze omosessuali della città.
Demetra solitamente non frequentava locali di quel genere, amava passare le serate con poche amiche intime, a chiacchierare e bere, senza dover pensare a come sistemare i capelli o a cosa indossare. Non che a Demy non piacesse uscire, andare a ballare o passare la serata in qualche locale, anzi, quando qualcuno in compagnia lo proponeva era sempre la prima ad accettare entusiasta, desiderosa di conoscere gente nuova. Il problema per Demy era che, a suo parere, la maggior parte dei suoi coetanei risultava incapace di sostenere una conversazione per più di dieci minuti filati, se questa non verteva sull’ultimo gossip del momento o su qualche stupidissimo programma televisivo.
Quella sera però, Sofia aveva insistito così tanto per portarla in questo fantomatico “Rha Bar”, che la giovane non aveva avuto cuore di dirle che in realtà non ne aveva la minima voglia, perciò eccola là truccata, pettinata e pronta a immergersi per una volta nella movida milanese.
Mentre percorrevano a lunghe falcate i Navigli, la giovane si disse mentalmente che indossare quei tacchi improponibili era stata davvero una pessima idea, era certa che presto si sarebbe rotta una caviglia cadendo sul ciottolato.
Già da quella distanza si poteva sentire il battito dei bassi della musica da discoteca che riempiva il locale, man mano che le giovani si avvicinavano all’ingresso, si materializzò davanti a loro occhi una piccola folla composta interamente da ragazze che fumavano, ridevano e flirtavano.
Moltissime esibivano capigliature bizzarre, creste, ciuffi, tagli cortissimi e colori improbabili, ma qua e la si potevano scorgere anche giovani dai lunghi capelli sciolti o racconti in alte code di cavallo, come quella di Demetra.
Mettendosi in fila per entrare, le due amiche cominciarono a parlare dei progetti per la serata, infatti Sofia era lì per un motivo ben preciso: “So per certo che lei stasera sarà qui, me lo ha detto quella sua amica, Claudia, te la ricordi?”
Demy ascoltava distrattamente il discorso dell’amica sulla sua nuova preda, una ragazzina di qualche anno meno di loro, che frequentava ancora il liceo e che aveva rubato il cuore di Sofia, grazie ad un sorriso timido e ad una voluminosa massa di ricci dorati.
La giovane aveva già dovuto passare innumerevoli pomeriggi ad ascoltare i monologhi dell’amica, su quanto questa Francesca fosse simpatica, intelligente, dotata di ottimo gusto in fatto di libri e film, oltre che decisamente troppo libertina per impegnarsi seriamente con lei.
“Si, quella ragazzina con i capelli rossi e le lentiggini sul naso” rispose distrattamente Demetra.
“Macchè, vedi che non mi ascolti mai! Quella è Jessica, Claudia è quella bassina con i capelli corti e scuri” Sofia aveva messo il broncio.
“Si, si Claudia, adesso ricordo” quando si trattava di simulare, Demy era davvero un pessima attrice.
“Ok, ho capito che il nome non ti dice niente, va bhe, comunque il succo è che Fra sarà qui e io devo assolutamente trovarla” mentre parlavano la fila era avanzata e lentamente le due giovani erano giunte di fronte al buttafuori, che lanciando una breve occhiata ai loro seni fece cenno di entrare.
“Ma guarda te se devo uscire una sera per fermi mangiare con gli occhi da energumeni viscidi come quello. Vedi perché di solito resto a casa?” Demetra era davvero contrariata, odiava essere soggetta allo sguardo degli uomini, che la disgustava quasi quanto il loro tocco, per non parlare del loro modo di parlare e di approcciarsi alle donne, un’unica infinita sequela di azioni sbagliate.
 
Appena varcarono la porta del locale, la musica le investì come un’onda solida, circondando i loro corpi con la potenza delle vibrazioni, generate dalle enormi casse poste negli angoli.
Si diressero immediatamente verso il bancone: “Se devo per forza stare qui, dovrò almeno chiedere supporto ai miei cari amici Vodka e Gin!”
Sofia ordinò un Mojito per se e un Long Island per l’amica, lunghi anni d’amicizia permettevano quelle ordinazioni a colpo sicuro. Mentre entrambe sorseggiavano lentamente i cocktail, osservavano i corpi che affollavano l’angusta pista da ballo. Un rito pagano orgiastico si stava svolgendo sotto i loro occhi, una preghiera corale, fatta di sudore e strusciamenti.
Tutto ad un tratto Sofia rischiò di soffocarsi con il suo drink, un cespuglio di ricci color del grano si materializzò sulla pista, e dopo averla adocchiata, la giovane la indicò a Demy e poi si mosse, per sparire inghiottita dai corpi danzanti.
Demy seguì l’amica con lo sguardo, sorridendo e scuotendo la testa leggermente, mentre finiva di bene il primo drink in un unico lungo sorso.
Mentre appoggiava il bicchiere vuoto sul bancone dietro di lei, la musica cambiò, una nuova canzone proruppe degli amplificatori, sconvolgendo la pista con un vortice di vibrazioni.
 
“Where have you been,
Cause I nerver see you out
Are you hidding frome me, yeah?
Somewhere in the crowd”
 
 
Mentre la voce di Rihanna, calda e sensuale riempiva il locale, Demy vide un lampo di capelli biondo platino e un attimo dopo Jade si avvicinava a grande passi. Osservandola camminare, Demetra non potè impedirsi di paragonarla ad una pantera, un puma, un felino predatore, con quelle falcate sensuali e decise, lo sguardo fisso, diretto alla preda, mentre la puntava con la testa alzata e l’espressione fiera e altezzosa di una regina guerriera.
Per un secondo Demy lo pensò davvero, la immaginò vestita da amazzone, i capelli sfolgoranti di luce, bella e potente, decisa a conquistare l’oggetto del suo desiderio.
Jade non era la ragazza più appariscente del locale, e nemmeno la più carina, ma per Demetra in quel momento esisteva solo lei, in mezzo alla folla il suo campo visivo di era ridotto a due iridi d’acqua marina, che bruciavano nelle sue.
La ragazza di fermò solamente quando il suo viso pallido fu ad un soffio da quello della giovane che l’attendeva praticamente immobile, ogni muscolo paralizzato dalla tossina tetanica che trasudava quello sguardo ardente.
Senza una parola la ragazza con la cresta allungò un braccio per cingere i fianchi morbidi della giovane di fronte a se, poi la attirò contro il proprio corpo, facendo cozzare le ossa pubiche, mentre trascinava Damy in una danza sensuale.
Ondeggiando i fianchi Jade continuò a mantenere il contatto visivo, senza però sfiorare il viso di Demetra in alcun modo, solo i loro corpi danzanti creavano una frizione delicata ed eccitante.
“Potrei perdermi nelle lande ghiacciate di questi occhi” la mente di Demy era un caleidoscopio di pensieri come quello, ogni dettaglio del volto di Jade di fronte al suo si stava scolpendo in modo indelebile tra le circonvoluzioni del suo encefalo, dentro di se la giovane sentiva che qualsiasi cosa sarebbe successa, l’immagine di quella ragazza sarebbe rimasta con lei per sempre.
Eppure c’era dell’altro, in un piccolissimo recesso della sua psiche albergava un dubbio assillante: “Forse non mi ha riconosciuta, ma semplicemente mi ha vista da sola e ha deciso che sarei diventata la sua scopata di stasera.”
Un improvviso cambio di ritmo la riscosse dai suoi pensieri, la canzone era finita e la Dj  stava mixando un pezzo dall’andamento indiavolato, che mal si addiceva allo sfregamento carezzevole in cui erano occupate le due ragazze.
Con una mossa inaspettata, Jade fece scivolare la mano in quella di Demy, stringendo le lunghe dita affusolate intorno a quelle della giovane, per poi trascinarla con decisione attraverso la folla, in direzione dell’uscita sul retro, quella usata dalle fumatrici.
Non appena varcarono la soglia, Jade davanti e Demy quasi trascinata dietro, il vento freddo che spirava dal Naviglio le investì entrambe, facendole rabbrividire, la pelle sudata percorsa da mille brividi leggeri.
Demetra si aspettava che, appena giunte all’esterno, Jade lasciasse la sua mano per tentare una qualche sorta di approccio più intimo, da una ragazza come quella la giovane si aspettava qualcosa di aggressivo, niente richieste delicate o esitanti, solo la ferma volontà di prendersi ciò che desiderava.
Invece la giovane dalla cresta la stupì, come poi avrebbe fatto molte volte in seguito, sorpassò i vari capannelli di ragazze intente a fumare e chiacchierare, e continuò a camminare a passo deciso verso il ponticello di pietra che permetteva di guadare il fiume.
Giunta proprio al centro del ponte, Jade si fermò di colpo, costringendo Demy a fermarsi a sua volta confusa, poi si voltò verso di lei, incatenando quegli occhi trasparente ai suoi.
“Finalmente sole” il pircing al labbro si mosse leggermente mentre la giovane sussurrava queste due parole colme di significato.
Demy non riuscì a trattenere una risata a causa dell’assurdità della situazione: “Certo, mi vedi per la prima volta in discoteca e due minuti dopo vuoi già startene da sola con me? Andiamo, mi aspettavo qualcosa di meno scontato da una come te.” spesso la giovane era incapace di esimersi dal dire sempre quello che le passava per la testa.
“Non è la prima volta che ci vediamo” il volto di Jade rimase impassibile, le iridi di ghiaccio sempre fisse nelle sue.
Le parole della giovane colpirono Demetra direttamente alla bocca dello stomaco, rubandole l’aria dai polmoni, svuotandole la mente dai dubbi striscianti.
Prima che riuscisse ad articolare una risposta coerente, Jade parlò di nuovo: “Non dimentico mai uno sguardo” la giovane alzò una mano per passare brevemente l’indice ed il medio sul sopracciglio scuro di Demy “Sicuramente non uno sguardo come questo.” concluse la ragazza.
“Bella ragazza, tuo fidanzato comprare rose, cinque euro.” la voce insistente del venditore di rose indiano spezzò l’immobilità di quell’istante fatto di sguardi e sfioramenti.
Jade voltò il viso lentamente, quasi temesse che, interrompendo il contatto con quelle iridi screziate d’erba la giovane di fronte a lei sarebbe sparita, inghiottita dal fiume che scorreva veloce sotto i loro piedi. La ragazza rivolse uno sguardo duro all’uomo alle sue spalle: “Veramente io sono una donna” il tono di voce era venato da un’irritazione palpabile, ma poi aggiunse “Dammene una rosso sangue, il più scuro ed intenso che hai.”
Demetra osservò in silenzio mentre la giovane estraeva la banconota verde e pagava l’uomo, che poi si congedò con un enorme sorriso.
Mentre seguiva distrattamente il venditore che si allontanava, Demy potè percepire chiaramente la pressione dello sguardo di Jade che se pungeva la nuca, costringendola a voltarsi per incontrare quelle pozze d’acqua ghiacciata.
Furono i loro occhi, quegli specchi limpidi e sinceri, ad esplorarsi per primi, studiandosi profondamente, penetrandosi, amandosi.
“Questa particolare sfumatura di rosso amo chiamarla sangoire, è il colore della vita, quella autentica che ti scorre nelle vene, l’essenza più ancestrale di ciò che sei.” la voce della giovane era un sussurro basso e roco, modulato per intercettare ogni terminazione nervosa, stimolandola.
Mentre parlava, Jade passava le sue lunghe dita tra i petali scuri del fiore, allargando la corolla vellutata, una carezza decisamente allusiva, che smosse qualcosa nel bassoventre di Demetra.
“Comunque io sono Demy” la giovane disse la prima cosa che le passava per la testa per rompere quel silenzio imbarazzante, per impedirsi di pensare a quelle mani sul suo corpo.
“Solo Demy? Sei straniera?” la ragazza dalla cresta non sembrava minimamente infastidita dal repentino cambio di discorso.
“No veramente è Demetra, ma non voglio che mi chiamino così.” rispose la giovane con una smorfia.
“Demetra” Jade ripeté il suo nome accarezzandone ogni sillaba con le labbra e la lingua “E’ il nome di una dea, ti si addice.” Poi senza ulteriori parole le porse la rosa tenendola per il gambo. Non appena le dita di Demy toccarono la rosA, un piccola spina appuntita penetrò la carne del suo polpastrello, stappandole un singulto.
La giovane si portò istintivamente la mano alla bocca, succhiando piano il dito lacerato, sulla lingua il sapore metallico e salato del sangue.
Quando estrasse l’indice dalla bocca, notò che Jade non si era persa un singolo gesto, e i suoi occhi ora fissavano con intensità le sue labbra.
La giovane dalla cresta alzò una mano verso il volto di Demy e le passò il pollice sul labbro inferiore, un tocco delizioso e fugace. Poi, con sommo stupore di Demetra, si portò il pollice alle labbra, suggendone la punta, gli occhi sempre incatenati ai suoi.
“Ricorderò sempre che la prima cosa che ho assaggiato di te è stato il tuo sangue” sillabò a fior di labbra. Un secondo dopo la giovane sembrò in preda ad un’improvvisa agitazione, si allontanò da lei e parlò brevemente: “Ora devo andare, ma ci rivedremo presto, sarò di nuovo io a trovarti.” e senza aggiungere altro girò i tacchi e si diresse verso la fine del ponte.
Demetra restò per qualche istante immobile, incapace di credere che quel momento così intimo avesse trovato una fine tanto brusca, poi si riscosse e urlò in direzione delle spalle sottili di Jade: “Non so nemmeno il tuo nome.”
La ragazza dalla cresta smise di camminare e senza voltarsi rispose: “Jade, il mio nome è Jade.” e detto questo se ne andò, lasciando Demetra sola in mezzo al ponte, la brezza che le scompigliava i capelli, le gote arrossate e sulle labbra un sorriso.

  
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