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Autore: CieloeMare    18/08/2013    0 recensioni
Uno strano istituto chiamato "Adam H. SMith College", situato in un'isola nella zona sud dell'Islanda, ammette solo persone che hanno fatto almeno 80 punti su 100 and un certo test. Arianna, italiana nata e cresciuta a Roma, ha totalizzato ben 97 punti e ha una buona conoscenza dell'inglese. Viene quindi ammessa in questa strana scuola frequentata da ragazzi di tutto il mondo in cui si parla solo in inglese. Tutta l'atmosfera però sembra carica di tensione, sono successe tante cose strane prima dell'arrivo di Arianna e l'atteggiamento dei compagni nei suoi confronti è altrettanto strano. Quando poi Akira, una ragazza giapponese, scompare misteriosamente and Ary viene affidato lo stranissimo compito di trovare appunto una via di fuga per poter uscire dalle mura della scuola e andarla a cercare...
Tante strane storie si incrociano, tanti strani misteri nascono. Forse questa storia non è proprio tanto originale, ma spero che possiate divertirvi a leggerla come io mi sono divertita a scriverla.
Genere: Mistero, Science-fiction, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Breve introduzione:
cari lettori io sono Cielo. Ho già scritto qui in passato con un altro nick e insieme alla mia grandissima amica, qui chiamata Mare, ho aperto questo nuovo account per pubblicare le storie che scriveremo assieme a quattro mani. Questa storia in realtà l'ho pensata quasi completamente io, ma ho deciso di consultare lei prima di pubblicare il capitolo. Lo abbiamo letto insieme, abbiamo corretto alcune stranezze e imperfezioni e alla fine lo abbiamo pubblicato. Mare probabilmente avrà un ruolo più importante negli altri capitoli. Ora, senza anticiparvi più del dovuto, questa storia pur essendo del tutto originale è un'idea che so che esiste già, è già stata usata in molti manga, libri e cartoni animati. Tuttavia io ho cercato di realizzarla nella maniera più personale possibile. La protagonista si chiama Arianna e il suo nome ha un significato ben preciso. Scoprirete leggendo cosa voglio dire. Al momento di abbreviarlo lo scriverò sempre come Ary, con la y, poichè tutte le Arianne che ho conosciuto amano abbreviarsi così. All'inizio di ogni capitolo metterò una piccola introduzione raccontando qualcosa dei personaggi conosciuti nel capitolo precedente, operazione che sarò costretta a fare visto che ci saranno molti nomi e molti personaggi, oltre che dei casi di omonimia. Detto questo spero che vi divertiate a leggere questa storia come io mi sono divertita a scriverla. Buona lettura!





Quando Arianna si svegliò quella mattina, si girò istintivamente verso destra finendo con il naso contro il muro.
Quella dove aveva dormito non era camera sua. Il letto infatti era affiancato alla parete destra e non a quella sinistra. Solo che aveva passato tredici anni della sua vita a scendere da un certo lato. Si sarebbe abituata col tempo a quel nuovo orientamento.
Massaggiandosi il lungo naso e girandosi finalmente nella giusta direzione, la ragazza spense la sveglia con un pugno deciso, rovesciandola per terra.
Con fatica si alzò e appena in piedi sentì un fortissimo dolore alle gambe. I muscoli, anche se allenati dalle lunghe camminate fatte con gli scout, sentivano ancora la fatica della camminata del giorno precedente. Arianna aveva infatti attraversato una lunga linea di spiaggia trascinando un grosso carrello della spesa che conteneva le poche cose che le avevano permesso di portare sull’isola: due valige grandi, di quelle che si spediscono in aereo, e uno zainetto.
Prima di caricarle sul carrello, aveva dovuto passare una specie di dogana. Valige e zainetto erano stati accuratamente svuotati e controllati. Sull’isola agli studenti non era permesso portare aggeggi digitali. Niente cellulare, portatile o ipod. Se li possedeva, doveva lasciarli a casa e comprare quelli che vendevano sull’isola, però questi erano modificati in modo che le autorità potessero filtrare qualsiasi cosa.
Un obbligo dittatoriale, che per molti poteva apparire disturbante e fastidioso. Ma non ad Ary: al cellulare nessuno l’avrebbe cercata, non era mai stata abituata al computer grazie al rigore dei suoi genitori e il problema della musica l’aveva risolto con un walkman a pile, vecchio ma ancora funzionante, con l’aggiunta di cinque dischi. I suoi preferiti: la colonna sonora del “Gladiatore”, “Tutti i classici dei Beatles”, “Elvis Forever”, “8mile” e l’ultimo album uscito di Shakira (regalo della promozione di terza media).
Ma la sofferenza era stata comunque molto grande, visto che la sua collezione di dischi era molto più ampia. Per fortuna nella scuola c’era anche un ipermercato, forse lì avrebbe trovato dei dischi.
Alla dogana, i controllori avevano osservato con grande sospetto il walkman, finche non avevano individuato la taschetta per introdurre le pile. Avevano annuito sorridendo.
“Niente antenne, niente contatti radio. Può passare.”
Ary aveva tirato un sospiro di sollievo. Finito il controllo aveva rimesso tutto nelle valige, caricato queste sopra il carrello e seguito la guida (un uomo robusto e silenzioso, dalla pelle scurissima ma gli occhi di ghiaccio)  sulla strada e poi sulla spiaggia fino alla lunga linea di sabbia che sarebbe scomparsa dopo mezz’ora ricoperta dalla marea. Quella mezz’ora era l’unica volta al giorno in cui l’isola si collegava al mondo esterno.
Lì erano iniziati i dubbi: da lontano l’isola non aveva un bell’aspetto e più si avvicinava più diventava intimidatoria; le alte mura grigie che la circondavano sembravano essere fatte più per imprigionare che per proteggere e il cancello nero, che si stava lentamente aprendo, sembrava la bocca di un drago.
Ary provò una strana sensazione di minaccia, soffocamento e pericolo. Qualcosa la spinse a immaginare se stessa abbandonare il carrello e correre via; tornare sulla strada e in qualche modo chiamare i suoi genitori pregando loro di aiutarla. La guida forse le lesse nel pensiero perché rallentò il passo fino ad arrivarle a fianco. A quel punto le lanciò con quei terribili occhi di ghiaccio uno sguardo severo e accusatorio. Se la ragazza avesse provato a scappare lui l’avrebbe sicuramente afferrata per i fianchi e trasportata a forza, magari caricando anche lei nel carrello, fino dentro l’isola.  Non avendo altra scelta la ragazza aveva continuato al sua marcia fino a superare i neri cancelli. Una nuova scuola con una nuova casa. Una nuova vita, un salto nel vuoto. Quando però i cancelli si erano chiusi, aveva provato una sensazione anormale di sollievo e sicurezza. Ciò che si lasciava alle spalle in fondo non era poi così bello. Se anche quella scuola fosse stata un inferno, se anche la vita sull’isola fosse stata difficile, lei si considerava già ben allenta con tutto quello che aveva passato alle medie.
 
Nella sua stanza, nel suo nuovo appartamento, Ary sorrise ricordandosi di quella sensazione di pericolo. Era stata solo la debolezza del momento, ne era sicura. Si auto considerava molto fortunata. Fino a pochi mesi prima era una ‘povera secchiona sfigata’ destinata ad un qualunque liceo classico. Bhè, non poi così secchiona visto che non riusciva mai a superare la sufficienza. I suoi professori erano stati stretti di manica, la ritenevano intelligente ma incapace, totalmente, di applicarsi.  La sua professoressa di italiano, che in prima media aveva fatto bocciare due extracomunitari perché non avevano imparato bene la grammatica, cosa complicata già per un italiano medio, l’aveva ritenuta inadatta al classico. Poi un giorno erano arrivate delle persone che l’avevano chiamata, solo ad Ary, in un’altra classe, dove insieme ad altri studenti aveva fatto uno strano test: 90 domande, 30 a risposte chiuse, 30 a risposte aperte, 30 vero o falso, più 10 quesiti unicamente matematici. Per finire avevano convocato da una parte soltanto lei, le avevano dato un labirinto disegnato e le avevano chiesto di trovare il modo più veloce di uscire e tracciarlo con un pennarello rosso. Lei lo aveva fatto e poi era tornata in classe, dove aveva trovato lo zaino praticamente smembrato e i libri sparsi per la classe. Senza neanche chiedere chi era stato, aveva raccolto tutto e si era rimessa al suo posto. La professoressa di turno non si era minimamente degnata di fermare il macello, in compenso quando la vide che gironsolava a raccogliere i libri le aveva messo una nota sul diario.
Ary aveva trattenuto il pianto fino a ricreazione quando si era andata a chiudere in bagno.
Dopo un po’ di tempo si era dimenticata di quel test. Quando poi all’esame era uscita soltanto con sufficiente, aveva visto tutto diventare nero. Per lei l’idea di essere uscita con quel voto era una grande vergogna. In più nulla le diceva che il liceo sarebbe stato meglio della scuola media. Poi una mattina d’estate, un uomo in giacca e cravatta si era presentato a casa sua.
“Se anche sua figlia non fosse in grado di applicarsi mia cara signora, sappia che il nostro metodo è perfetto per lei. Il suo punteggio con il nostro test è stato del 97%. Un punteggio veramente molto alto, il più alto della sua scuola. Quello al secondo posto ha fatto solo il 60%.” Aveva detto l’uomo mostrando i risultati ad Ary e a sua madre “Sua figlia sarebbe una risorsa molto preziosa per il nostro istituto.”
Era quindi seguita una lunghissima descrizione, lunga ma stranamente molto vaga, dell’istituto internazionale ‘Adam H. Smith College’, una scuola a cui pochissimi potevano avere accesso, che si trovava su un’isola nella zona sud della fredda Islanda. Molte persone importanti, che però si trovavano spesso dietro le quinte e non sotto i riflettori, si erano diplomate in quella scuola. Erano ammesse persone di ogni fascia d’età, rimanendo tra gli 11 e i 18 anni, a patto che sapessero parlare l’inglese e che avessero fatto un punteggio di almeno 80 punti su 100 al test, anche se a volte erano stati accolti anche studenti che avevano totalizzato solo 78 o 79 punti. Ad ogni studente veniva dato un appartamento in cui restava a vivere fino alla fine dei cinque anni di scuola. Se lo desiderava poteva anche affrontare lì l’università (la ‘Eva D. Smith University’). I metodi di insegnamento erano completamente nuovi, ma le materie erano più o meno le stesse di ogni liceo del mondo.
Ary rimase incantata di fronte alle parole dell’uomo. Ma insieme a quello stupore e a quella meraviglia qualcosa nel suo animo l’aveva messa in guardia. Era tutto troppo bello per essere vero. E se era tutto vero, allora puzzava non poco.
Della stessa opinione era stata la madre che aveva detto a lui che avrebbe preferito vedere la scuola, o informarsi in un sito internet, prima di decidere…
 
Ary aprì gli occhi e sentì la testa pulsarle.
Ora si era seduta a fare colazione (eccezionalmente per il primo giorno le avevano dato gratuitamente latte, biscotti, pane e marmellata, più una bustina di caffè solubile e tre bustine di zucchero) e aveva cercato di ricordarsi della prima volta in cui aveva sentito parlare della scuola. Però stranamente i suoi ricordi si interrompevano bruscamente a quando la madre aveva chiesto sospettosa ulteriori spiegazioni.
Il resto di quella giornata d’estate era solo un buco nella sua mente. Poi perché la testa le pulsava ogni volta a quel punto? Perché si sentiva nauseata?
Anche di quell’estate non ricordava granchè. Solo che i suoi avevano finito per accettare. L’avevano spedita a fare una settimana d’inglese in Irlanda, giusto per ottenere un certificato che formalmente dovevano consegnare, e dopo il ritorno si erano dati un gran da fare per istruirla alla vita indipendente. Sua madre le aveva insegnato a cucinare, suo padre a riparare alcuni oggetti. Sua zia e suo zio, entrambi sarti, a ripararsi i vestiti. Nessun membro della famiglia sembrava felice che lei se ne andasse. E lei capiva anche il perché. L’anno scolastico era molto pesante. La scuola iniziava il 15 settembre e finiva il 15 di luglio, ma durante le vacanze estive, altra cosa che puzzava non poco, i ragazzi non potevano tornare a casa. Venivano organizzati dei viaggi dalla scuola che però richiedevano un contributo monetario cospicuo da parte dei genitori. Anche l’anno scolastico aveva un costo alto (diecimila euro circa) ma tutto il resto era pagato dallo stato.
“Ti diranno più dettagli quando sarai lì. Smettila di fare ogni volta le stesse domande!” aveva borbottato acida sua madre. Poi all’improvviso l’aveva stretta a sé, forte, come mai aveva fatto prima.
“Mi mancherai tanto ma sono sicurissima che starai bene….”
Ary già in quel periodo si ricordava di avere quello strano vuoto sul primo giorno in cui avevano parlato della scuola. Sua madre aveva sempre parlato in maniera evasiva e generica a riguardo.
“Cosa è successo? Niente! Il signore mi ha mostrato tutti i dati e mi ha dato tutte le spiegazioni necessarie e alla fine ho accettato… Non ti ricordi nulla perché ne abbiamo parlato in privato, ecco tutto… Tu? Hai dormito. Eri molto depressa in quel periodo, era anche normale che fossi stanca.”
Le stesse parole, poche modifiche di tanto in tanto, le erano state ripetute fino a quando non aveva accettato l’idea di aver semplicemente rimosso quanto accaduto quel giorno per usare la sua memoria per altre cose.
“Vorrei fosse tanto facile dimenticare anche gli episodi di bullismo. Ma se davvero ho rimosso una cosa tanto piacevole come la possibilità di andarmene lontana da tutti loro una volta per tutte, non credo che sarà difficile… Bhè ci vorrà tempo.”
Le cose brutte accadono a tutti. Il bullismo può essere una di queste. Come tutte le cose brutte non si dimenticano tanto facilmente. A volte non si dimenticano mai. Forse possono anche non essere del tutto superate. Ma ciò non significa che non si possa comunque continuare per la propria strada seguendo i propri obbiettivi e i propri sogni… e magari aspettando il momento giusto per una rivalsa o una vendetta.
Ary sorrise.
“Il mio momento verrà.”
Inzuppò il pane le assaporò la marmellata. Si fermò.
“Questa storia però puzza sul serio… Questa scuola offre troppe cose, ma ne priva tante altre in maniera del tutto dittatoriale. E perché mamma sembra così spaventata all’aereoporto?”
Aveva fatto il viaggio con una donna. Una signora tedesca il cui però accento sembrava sparito. Durante il viaggio questa aveva parlato delle “meravigliose possibilità” che la scuola offriva ai suoi studenti. Anche se più ne parlava, più Ary si sentiva sempre più spaventata. Per tutto il viaggio però aveva sorriso, annuito e risposto educatamente alle domande della donna. Non si ricordava il suo nome. Forse non glielo aveva mai detto.
Di nuovo quel fastidioso mal di testa. Malessere, paura.
Tutto puzzava, tutto era troppo bello per essere vero. Eppure era vero e ciò la spaventava ancora di più. E non riusciva a spiegarsi il perché.
  
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