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Autore: DawnRose    19/08/2013    3 recensioni
"Caro Babbo Natale, vorrei..." ehm, no. Non è questa la lettera di cui parla questa storia. "Murtagh: sei licenziato! By Galba" no, non è neanche questa. Pensate a una lettera scomoda, scomodissima (proprio come un paio di scarpe) che più la vuoi mantenere segreta e più finisce pubblicata su una rivista di gossip... Eccola: la nostra protagonista! Riuscira il bel tenebroso Cavaliere Murtagh (si, è proprio lui l'autore di questo pasticcio) a tenerla con sé o il "foglio volante" finirà nelle mani sbagliate? (si, in quelle della premiata ditta Eragon&Roran)
Scopritelo su A Letter. (si col punto, proprio come i Fun. Punto.)
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eragon, Galbatorix, Murtagh, Nuovo Personaggio, Roran
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SETTE: LE MILLE BOLLE BLU 
 
La scena aveva dell’assurdo. Tutte le volte era assurda, per non dir ridicola. Non ci si sarebbe mai abituato e sperava che presto Galbatorix perdesse quell’abitudine detestabile. 
Ma lui diceva che era proprio lì che amava discutere dei problemi più gravi e su questo non poteva discutere, anche se, in cuor suo, sapeva che riceverlo in quella sala era solo una maniera per umiliarlo. 
La vasca occupava quasi tutta l’intera stanza. Essa era simile a una conca naturale scavata nella roccia e Murtagh sapeva che era frutto della grande magia, per non parlare della creatività, di Galbatorix. L’aria era satura del vapore ardente, che al tocco lasciava minuscole goccioline d’acqua. 
Il re amava immergersi nell’acqua bollente, per rigenerare il suo corpo ed elaborare nuovi piani che gli permettessero di estirpare, una volta per tutte, l’odiosa resistenza dei Varden. 
Lo faceva anche per giocare, un passatempo tanto infantile quanto crudele al tempo stesso, perché evocava ricordi della Caduta dei Cavalieri, e Murtagh non voleva pensare al mostro che era immerso dall’altra parte della vasca in un mare di schiuma. 
Galbatorix, che invece non pareva far caso al disagio del suo allievo, toccò con il dito una bolla bianca che volteggiava attorno a lui e la fece scoppiare. 
La lista dei nomi partiva sempre da lui. 
<  Lo uccisi > la storia era sempre la stessa < per ultimo, sulla torre di Edoc'sil. Egli aveva tentato fino alla fine di difendere il suo Cavaliere, ma invano. Ricordo ancora il sangue che usciva a fiotti dalla ferita mortale che IO- sottolineava sempre quella parola- gli ho inflitto. Insozzava le sue squame bianche, da sempre cantate dai poeti per la loro purezza e il loro splendore. Era stato uno dei combattimenti aerei più spettacolari che ricordi, Shruikan contro Umaroth, il nero contro il bianco, il nuovo che avanza e sconfigge il vecchio. Una vittoria che ricordo sempre con grande piacere, quella che mi ha aperto la strada alla creazione di un nuovo mondo! > Sospirò < Un vero peccato che il suo Eldunarì sia andato perduto nella battaglia di Dorù Areaba, dopotutto era un drago tra i più saggi e potenti! > 
Altre bolle colorate cominciarono a volteggiare attorno a lui, ne sfiorò una dorata, che sospinse verso Murtagh. < Glaedr > sussurrò. 
< Chi era? > 
< Era uno dei draghi degli anziani. E’ stato compagno del maestro di tuo padre. Morzan mi aveva implorato di lasciare che fosse lui a occuparsi di Glaedr e del suo Cavaliere, ma io preferii affidare l’incarico a Kialandi e Formora, due elfi che avevano deciso di seguire la via per il Nuovo Mondo e di unirsi ai Rinnegati. Volevo testare la loro fedeltà, e notai con grande piacere che elaborarono un attacco perfetto per sbarazzarsi di quello che fu il loro maestro. Tuttavia egli, forse il più saggio tra gli anziani, riuscì a sopravvivere ma i due gli inflissero ferite così gravi che è improbabile che siano sopravvissuti a lungo! > 
“Improbabile non significa impossibile” pensò Murtagh mentre faceva scoppiare la bolla color dell’oro. 
Galbatorix sorrise e il giovane capì che aveva intuito i suoi pensieri: < Recisero di netto la zampa del drago e gli inflissero numerose ferite. Per quanto riguarda il suo Cavaliere… gli impedirono di usare la magia, o questo almeno mi raccontarono. > 
Di fronte all’espressione vagamente sconvolta di Murtagh il re concluse < Chi oserebbe mai mentirmi? > 
Prese altre bolle, accarezzandole e poi facendole scoppiare. Haina, Belgabad, Miriel, ogni bolla era un drago, e ogni drago nascondeva una storia che si concludeva sempre con lo stesso tragico finale. 
Ad un certo punto il re, prendendo in mano una bolla blu zaffiro, si fece serio: 
< Ho scoperto che una lettera destinata al Capo dei Varden è scomparsa da palazzo… Come è potuta accadere una cosa simile? > 
“Mi ha scoperto… però non ha detto esplicitamente ‘ una lettera scritta da te ’. Forse ignora il fatto che abbia scritto io quella lettera. Che fare?” Murtagh decise di assecondare il re. 
< Come lo hai scoperto… > 
< La servitù parla: è evidente. E così ho anche scoperto che tu eri a conoscenza di quella lettera. Perché non me l’hai riferito? > La sua voce pareva tranquilla. 
<  Ecco… io… > 
< Perché non me l’hai riferito > ora era veramente più arrabbiato. 
< I Varden > continuò < sono in mezzo a noi e cercheranno con ogni loro mezzo di ostacolarci! Se tu ti fai fregare una lettera di vitale importanza da sotto il naso non ci sbarazzeremo mai di loro! Te ne rendi conto! Adesso non solo dovremo spendere energie e uomini per recuperarla, ma corriamo il rischio che riescano ad ottenere informazioni importanti sulle nostre attività. > 
< Me ne occuperò io > 
< No, hai già sbagliato troppe volte. Prima lasciandoti sfuggire tuo fratello, poi questa storia della lettera… Sei stato ribelle in passato e non voglio avere altre complicazioni. Per questo tu resterai qui, ad allenarti a combattere contro Eragon e Saphira, per portarmeli qui! > prese la bolla blu e la fece scoppiare con rabbia 
 
<  Ma… > 
< Quali ma e ma! > la sua voce pareva un ringhio < Sei stato un vero incapace Murtagh! Sei un Cavaliere, sei il figlio del grande Morzan, il mio più fedele e capace servitore e credo che anche il più comune mago della Mano Nera sarebbe stato in grado di portare a termine i compiti che ti ho affidato! Ora sparisci! > 
Murtagh si alzò e se ne andò avvolgendosi in un telo, ma prima che il suo corpo bagnato potesse asciugarsi Galbatorix urlò: 
< Kvekvya! > 
Sentì il suo corpo bruciare, i sensi mancargli, la testa esplodergli. Non poteva essere andato così oltre: sentì le forze venirgli meno e si chiese se il re non avesse esagerato questa volta. In un certo senso sarebbe stato ben felice di accasciarsi ai suoi piedi e di dimostrare che, nella sua rabbia, egli non era affatto perfetto. 
< Sappi che non ho voluto ucciderti… ma avrei potuto farlo! > commentò Galbatorix. 
 
Irwin si presentò in anticipo nella Sala del trono del re. Quando questi lo aveva convocato di persona il giovane si era sentito finalmente importante. Era al servizio della Mano Nera da meno di due anni e ammirava il sovrano con tutto se stesso. Lo considerava un riformatore, un idolo, pendeva dalle sue labbra ed era della convinzione che i Varden non fossero altro che un branco di rozzi idioti che non sapevano che la vera giustizia risiedeva negli ordini di Galbatorix. 
Ma nessuno al mondo è perfetto, se non il grande sovrano, e lui era ben contento di volgere le sue arti magiche al suo servizio. Lui, ne era certo, avrebbe reso il mondo un posto migliore. 
< Irwin > lo aveva chiamato! Adorava il modo con cui pronunciava il suo nome: le vocali aperte, le consonanti rese dolcemente, la voce calda e suadente. 
< Mio signore > si prostrò ai suoi piedi in maniera adorante. 
< Alzati! > 
Irwin si alzò e guardò il re dritto negli occhi. Occhi neri, abissi oscuri, pozzi senza fine… Annegarcisi dentro, solo per un istante, era per lui un piacere inestimabile. 
< Irwin… mio adorato, giovane Irwin, sai perché ti ho fatto chiamare? > 
Il ragazzo accennò un no con la testa. 
< Perché mio caro ti devo affidare un compito segretissimo, di vitale importanza, che tu accetterai vero? > la sua voce era così maledettamente convincente che nessuno sarebbe stato capace di dirgli di no. Irwin accettò subito. 
< Siediti qui, accanto a me > Il mago si accomodò ai piedi del trono, mentre Galbatorix, con un sorriso sardonico stampato sulle labbra, iniziò a spiegare: 
< Qualcuno si è introdotto a corte e mi ha rubato una lettera di vitale importanza destinata, guarda un po’, al capo dei Varden in persona! Ora io sono impossibilitato a recuperarla di persona, lo sai devo pensare solo al meglio per il paese, e vorrei che tu ti occupassi di riportarmela a corte! > 
< Io? Dice sul serio? > era sconvolto. Il re si fidava così tanto di lui? 
< Si… sei giovane, sei promettente e rivolgi in me stesso tutta la tua fiducia verso il futuro. Sarei uno sciocco se non ti dessi la possibilità di trasformare la tua sconfinata devozione in qualcosa di più importante, qualcosa che possa non solo essere utile a me stesso, ma ad Alagaësia intera. Questa inutile guerra ci sta distruggendo, Irwin. I Varden non riescono a capire che il mondo vecchio ormai è polvere, ed è sorta una nuova era, l’era degli umani. Nani, Urgali ed Elfi, per non parlare di tutte le razze sconosciute presenti oltre i confini di questo nostro impero, si prostreranno ai nostri piedi, onorandoci come la razza che ha sconfitto la sua natura debole e viziosa per raggiungere la perfezione. Io sono l’immagine di questo prodigioso cambiamento e proprio non riesco a capire perché aspirino a tornare ai tempi in cui gli esseri dalle orecchie-a-punta ci comandavano a bacchetta! > 
< Ma i Varden non sono umani? > chiese Irwin, confuso. 
< Infatti… l’essere umano è una creatura per sua natura imperfetta eppure non riesco a capire come loro vadano contro la loro stessa razza. E’ controproducente: fratelli contro fratelli, umani contro umani, carne e sangue. Dimmi Irwin quale prezzo siamo disposti a pagare per rendere il mondo un posto migliore? La mia corona gronda sangue umano, ed è da un secolo che continua ad essere lorda delle mie colpe. > 
< Mio sovrano, Alagaësia è un luogo migliore da quando lei è al governo! > 
< Sono i sorrisi dei giovani come te che mi convincono di aver intrapreso la giusta strada. > 
Il mago rimase in silenzio e Galbatorix continuò: 
< Devi recarti a Tol’Doron, villaggio situato nella piana a cinquanta miglia dal Lago di Leona. E’ stata portata là… devi riportarmela, integra o distrutta! > 
< Mio Signore ogni suo ordine per me non è un obbligo ma un privilegio > 
< Mi piace sentirti dire così… e ora parti! Completa la tua missione e portami quella pergamena affinché io, Galbatorix, possa decidere il suo destino! > 
Irwin si alzò, fece un inchino talmente profondo che si sbilanciò proprio di fronte al re, e con sommo imbarazzo lasciò la Sala del Trono. 
 
Murtagh era appostato su un balcone del palazzo. L’aria fresca della sera gli scompigliava i capelli e stranamente si sentiva di buon umore. Guardò di sotto: Irwin, uno dei maghi della Mano Nera, stava lasciando in fretta e furia la città per recuperare la lettera. La SUA lettera. 
Frasi confuse gli balzarono in mente: “Galbatorix, quel pernacchio…”, “Non avrei mai voluto farlo, un giuramento imposto non è più forte dell’amore che provo per te…” “Te lo avrei voluto dire dal primo istante in cui ti ho vista…” “Io ti amo”. 
Se Galbatorix l’avesse letta non sarebbe vissuto abbastanza da vedere l’alba sorgere. 
“Castigo ti va di affrontare un viaggetto?” 
“Lo sai: sono sempre pronto. Dove andiamo di bello? Lo sai che le pianure ardenti erano proprio belle… Fumose e infuocate: il luogo perfetto per un drago!” 
“Allora troverai il prossimo posto un po’ noiosetto…” 
“Dove si va?” 
“Tol’Doron!” 
“Dove? Non ho capito…” 
“Un villaggio insignificante… dove pare sia finita la nostra lettera!” 
“Quindi ce l’andiamo a riprendere!” 
“Esatto!” 
“E poi la consegniamo a Nasuada!” 
“Esat… beh adesso non corriamo troppo!” 
“Ma io lo so che tu la vuoi dare a lei, vero?” 
“Smettila Castigo!” 
“Io dico solo quello che tu pensi! Ti ricordi: sei il mio Cavaliere!” 
“Uffa! Non ti sopporto quando fai così!” 
“Gne gne gne… guardati Murtagh: sei uno schiavo, triste e infelice e le uniche occasioni che ti potrebbero dare anche un briciolo di felicità le rifiuti senza neanche pensarci su un attimo.” 
“Cosa vuoi dire?” 
“Che tutto ha una soluzione e che tu, questa soluzione, non solo non la vedi, ma ti rifiuti persino di cercarla!!” 
Murtagh sospirò. 
“Allora si parte?” 
“Allora si parte!” 
 
Galbatorix si sollevò dal trono con grazia. Il mantello, in questo caso ricavato dalle ali di un drago dorato, svolazzò alle sue spalle. I rubini della sua corona luccicavano di riflessi cremisi. 
Si appoggiò alla finestra guardando l’orizzonte. 
Un drago rosso si librò nel cielo e sparì tra le nuvole nere. 
Il re sorrise. 
“La resa dei conti è vicina” 
 

  
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