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Autore: LoveIsAlive    19/08/2013    1 recensioni
ALIVE-PER CHI NON HA PAURA DI SOGNARE
"i sogni sono fatti per chi non ha paura di viverli e per chi è abbastanza forte da non distruggerli"
LA TRAMA DELL'INTERA STORIA È NEL PRIMO CAPITOLO.
-"Si. Sono come circondato da un filo di ferro che non posso oltrepassare. Loro vogliono vedermi cadere a pezzi, vogliono vedermi implorare pietà ai loro piedi..." sembrava quasi schifato dalle sue stesse parole.
"Vogliono vedermi scavare la fossa da solo, perdere tutto quello che ho, vogliono vedermi perdere la dignità, vogliono potermi considerare morto, lo vogliono perchè sono invidiosi di me, di quello che ho e di quello che posso avere.
Loro hanno un odio gratuito nel cuore che non può essere domato, un odio ingiusto, sbagliato, un odio che non chiede nulla in cambio, loro hanno l'invidia nell'anima che urla loro di togliermi tutto, è qullo che io chiamo 'demone bianco' perchè tutto questo mi viene inflitto sotto gli occhi di tutti alla luce del giorno e nessuno fa qualcosa, assistono indifferenti alla mia distruzione"
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-"prima ho sentito che vieni da Chicago..." disse impovvisamente. voleva cambiare argomento.
-"esatto"
gente, dire che sembrava un angelo è riduttivo. non ho mai visto nulla del genere. 
-"dove alloggi?" mi chiese con un tono di voce premuroso e gentile.
-"al cristallad palace...è carino"
-"si, è tranquillo. fanno delle ottime uova strapazzate"
risi. e rise pure lui.
avrei voluto essere bloccata in quel momento per tutto il resto della mia vita, ma mia madre mi aspettava all'inizio della strada.
già mia madre.
mi colpii la fronte con il palmo della mano e strizzai gli occhi.
-"dannazione, mia madre mi sta aspettando all'inizio della strada" esclamai, anzi quasi lo urlai.
saltai giù dallo sgabello velocemente.
-"chiamala. avvertila che sei in ritardo" disse premuroso.
-"no, è uguale. siamo venute qui in vacanza solo noi due. non voglio farle fare il giro di los angeles da sola..."
aspettate, aspettate. per caso justin drew bieber mallette mi ha chiesto indirettamente di fermarmi a casa sua ancora un pò?
no, impossibile. 
-"mi accompagni?" qualcosa dentro di me gli parlava e si rivolgeva a lui come un amico di vecchia data.
-"Mads" mi ha chiamata seriamente così? sto sognando? no, perchè non vorrei svegliarmi ora.
"sempre per il discorso di prima... meno usciamo insieme, meglio è"
probabilmente avevo l'espressione di un cucciolo di cane abbandonato e qualcosa dentro di me stava collassando. il mio povero cuore.
mi guardai le dita per non guardarlo negli occhi. la stavo facendo davvero tragica, come una ragazza che deve dare l'addio al proprio fidanzato.
e probabilmente lui se n'era accorto.
-"possiamo rivederci se vuoi" mi prese il mento e mi alzò il viso.
stavo evaporando, letteralmente. voce del verbo e v a p o r a r e. puff..più nulla.
-"ehmm..oh..io.." il mio sguardo era perso nel vuoto, mentre i suoi occhi erano fissi su di me.
-"tuuu?.."
-"io ne sarei davvero onorata.." gli presi la mano e la strinsi tra le mie avvicinadomela al petto.
era un pò come urlagli 'amami, stronzo'
gli lasci immediatamente la mano, imbarazzata per il mio gesto.
-"sai dove abito quindi.."
-"lo sa tutto il mondo" lo interruppi. 'Madison Dolgary Jackson, questa potavi risparmiartela' la voce nella mia testa mi stava rimproverando e mi avrebbe pure meso in punizione se avesse potuto, dannazione, che idiota patentata.
-"oookay, quindi passi stassera verso le otto?"
-"volentierissimo, davvero volentieri. davvero, ma davvero volentieri." okay, madison, penso che possa bastare.

passai il resto del pomeriggio con mia madre, ma niente seppe distrarmi dai pensieri di quella mattinata.
mia madre mi aveva cresciuta da sola tra mille sacrifici e tra altri mille sacrifici si era regalata quella vacanza a los angeles.
passarla con me, era la cosa più importante per lei.
era a conoscienza del mio amore per justin, ed era favorevole; sapeva che justin mi aveva aiutato nei momenti più difficili.
crescere senza padre, da figlia unica, e presa di mira da tre ragazzine della mia scuola, che io non consideravo bulle perchè erano peggio; non sempre è stato facile.
mamma, ha sempre avuto due lavori per potermi permettere di vivere e crescere in una casa normale a avere dei vestiti carini, 
almeno tanto quanto quelli delle mie amiche.
l'ho sempre ammirata per la forza e l'amore con cui mi ha tirato su.
da qualche mese ha lasciato uno dei due lavori, per passare un pò più di tempo con me e anche perchè finalmente abbiamo una situazione stabile.
nonostante tutto, mi ritengo una persona fortunata, ho una mamma che mi ama più di se stessa, sono sana e poi bhe..
c'è justin, che considero una delle miei fortune, una delle mie benedizioni.
lui è davvero una persona in gamba, pulita e vera; siamo cresciuti più o meno nello stesso modo e quasto rende lui in grado di capire me e viceversa.

-"mamma.. justin mi h invitato a casa sua stassera.."
-"Madison.. lui cosa?" mi guardava come se avessi tre teste.
-"mi ha chiesto di vederci stassera."
non so dire se era scioccata, contenta o impaurita. 'mamma. dammi. un. segno. di. vita'.
lei cominciò a parlare di responsabilità e dell'attenzione dei media per poi finire sempre sull'alcool e sul fatto che 
justin fosse più grande di me di tre anni e questo lasciava ben intendere cosa volesse dirmi.
-"ti ci porto io e ti vengo a prendere io"
-"ottimo" le sorrisi felice.
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-"ciao mamma, ci vediamo più tardi" le stampai una bacio sulla guancia.
-"ok tesoro, divertiti" si fermò un secondo, scosse la testa "ma non troppo"
scoppiammo a ridere insieme per la comica situazione.

mi avvicinai al campanello, che conoscevo bene.
mi ero vestita bene, non certa che quello fosse un appuntamento.
indossavo dei jeans a vita alta, una canottiera bianca, ballerine nere e dei bei braccialetti apparescenti ai polsi.
al citofono rispose justin.
-"ehi, justin sono madison"
-"madison? ciao, entra pura. copriti il volto con i capelli e una borsa, perfavore. ti aspetto alla porta."
feci come mi aveva detto, non era ancora completamente buio, ed ero contenta del fatto che justin si preoccupasse per me.
prima di arrivare alla porta mi accorsi, che le gambe non mi tremavano come poche ore prima, quando per la prima volta attraversai quel cancello.
arrossii un pò al ricordo. ero felice di rincontrarlo e non ero affatto agitata.

-"ciao piccola" justin mi stava aspettando alla porta con un cappello in testa e gli occhiali da sole, 
nonostante il sole fosse tenue a causa tramontando. ma probabilmente era pù per coprirsi il viso che per altro.
-"ciao piccolo" ricambiai il saluto e solo lì mi accorsi del nomignolo che mi aveva dato.
-"entra pure..non ero sicuro che saretsi arrivata"
-"io non ero nemmeno sicura che tu stessi facendo sul serio chiedendomi di venire."
rise. rise con gli occhi e arricciò il naso. tipico di justin.
mi fece sedere sul divano in salotto e ebbi l'occasione di vedere altre parti della casa che ne dalla cucina,
ne dalla porta si riescono a vedere.
davanti al divano c'era un bel tavolino basso, sempre di legno antico di un colore scuro. te pensa, che classe il ragazzo.
alzando lo sguardo c'era un enorme vetrata, fuori non riuscii a vedere altro, perchè ormai era scuro,
ma probabilmente c'era il prato e un altro tipo di vista mozza fiato stile cartolina ricordo photoshoppata.
justin mi aveva lasciato lì da sola e pochi minuti dopo tornò con un vassoio con stuzzichini di ogni tipo e due bicchieri vuoti.
-"cosa vuoi da bere?" mi chiese sorridendomi.
-"coca cola, grazie."
poco dopo tornò con due bei bicchieri di cola con due spicchi di limone e ghiaccio.
dopo essersi seduto in parte a me e avermi lascito un bicchiere mi guardò incuriosito.
-"a cosa stai pensando?"
-"a niente."
-"non mentirmi. dimmelo" non riuscii ad interpretare il tono in cui me lo disse.
-"no, è che mi sto chiedendo perchè mi hai invitato. è tutto così strano.. voglio dire.
insomma, io sono una comune mortale, mentre tu, bhe, tu sei justin bieber" quelle parole uscirono dalla mia bocca
sensa nemmeno respirare, come se fosse uno sfogo.
-"oh, bhe..sai.. stamattina quando ti ho mandata via sentivo di aver perso qualcosa, come se avessi perso un'opportunità,
io sono circondato da persone ricche, famose e sotto a telecamere e riflettori.
nel momento in cui ti mandai via sentii che tu potevi farmi sentire un ragazzo normale, perchè è proprio questo
di cui ho bisogno in questo momento"
justin sembrava trsite, le sue parole trapelavano sincerità da ogni poro e mentirei se vi dicessi che non mi faceva un pò pena.
-"sai sono circondato da gente che di professione recita o altro. a volte tutto quello che desideri sono cose genuine, normali"
-"non ti proccupa il fatto di passare del tempo con me? del fatto chequalcuno potrebbe vederci?"
gli chiesi con una sincera curiosità.
-"si. sono come circondato da un filo di ferro che non posso oltrepassare. loro vogliono vedermi cadere a pezzi, 
vogliono vedermi implorare pietà ai loro piedi..." sembrava quasi schifato dalle sue stesse parole.
"vogliono vedermi scavare la fossa da solo, perdere tutto quello che ho, vogliono vedermi perdere la dignità, vogliono 
potermi considerare morto, lo vogliono perchè sono invidiosi di me, di quello che ho e di quello che posso avere.
loro hanno un odio gratuito nel cuore che non può essere domato, un odio ingiusto, sbagliato, un odio che non chiede nulla in cambio,
loro hanno l'invidia nell'anima che urla loro di togliermi tutto, è qullo che io chiamo 'demone bianco' perchè tutto questo
mi viene inflitto sotto gli occhi di tutti alla luce del giorno e nessuno fa qualcosa, assistono indifferenti alla mia distruzione"
justin sputava quelle parole con rabbia e frustazione; e sinceramente non capivo perchè stesse dicendo tutto questo a me, 
il suo era uno sfogo, stava cecando di svuotarsi da tutta la pressione che quei 'loro' gli avevano stretto attorno al collo.
mi accorsi che tutto quello che volevo era stargli accanto e aiutarlo il più possibile.
D'altra parte, lui ha sempre fatto lo stesso con me.
-"loro chi justin? chi sono questi 'loro?"
-"ooh.. Madison." justin si strofinò la mano dietro al collo.
-"non avrei dovuto dirti nulla di tutto questo. non puoi capire."
-"dannazione, justin. allora perchè lo hai fatto?" forse lo stavo rimproverando.
-"senti, è meglio che tu te ne vada ora, è stato un errore. tutto quanto" justin mi spinse una spalla verso l'altro
per farmi capire che dovevo alzarmi.
sembrava andare tutto bene, ma per colpa della schiettezza era riuscito a rovinare tutto.
-"copriti il volto quando esci di qua, intesi?"
-"sissignore" telefonai a mia madre e feci come lui mi aveva chiesto.
lo salutai con freddezza e lui fece lo stesso. i suoi occhi erano ghiaccio e sembrava che dentro si stesse rimproverando,
per l'ennesima volta da quando ero con lui.
  
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