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Autore: ely_trev    19/08/2013    2 recensioni
[Hélène e i suoi amici]
Avviso subito che la storia sarà comprensibile anche a chi non conosce questo telefilm che Mediaset ha improvvisamente sospeso per non si sa quale motivo ormai più di dieci anni fa. Quest'estate, girovagando su internet, ho scoperto che ne sono stati fatti ben tre seguiti (l'ultimo dei quali, per giunta, in patria, ancora in programmazione a distanza di 20 anni dall'inizio della serie) mai arrivati in Italia; dopo essermi informata a grandi linee sullo svolgimento della storia, ho deciso di riprenderla dal punto di vista di uno dei miei protagonisti preferiti - Christian - provando a portare avanti un mio personalissimo "e se...?".
E se il suo amore verso la fidanzata storica non fosse mai svanito?
E se quell'inaspettato ritorno avesse risvegliato tutti i suoi sentimenti?
E se si fosse reso conto di non essere innamorato della sua attuale fidanzata?
Alcuni personaggi sono stravolti rispetto all'ambientazione originaria, altri (che non conosco bene, non avendo avuto modo di vedere il telefilm tradotto) sono stati eliminati per semplificarmi un po' la vita (anche perché i protagonisti della mia storia sono Johanna e Christian).
Per chi non ha conosciuto la serie, prenda il mio racconto come un originale. Buona lettura!
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Da quando aveva visto Christian, Johanna si era molto emozionata, ma sentiva di aver acquisito anche una nuova vitalità. Le sue energie erano sempre più che scarse, ma dentro si sentiva rinata. Era in pena per le sorti della sua bambina, ovviamente, ma era come se l’arrivo di Christian avesse offerto nuove e inaspettate possibilità. Era sciocco: il fatto che Christian fosse lì non aveva donato alla bimba qualche speranza in più, ma, per lo meno, adesso sapeva che non sarebbe stata mai sola, soprattutto se fosse successo qualcosa a lei. Aveva fatto male a non coinvolgerlo prima: aveva bisogno di Christian, più dell’aria che respirava. E ne aveva bisogno la sua bambina. Christian si era scusato con lei, ma era stata lei la prima ad aver sbagliato. Di nuovo. E, comunque, il suo amore si era dimostrato molto più forte di quanto potesse aspettarsi. Era tornato indietro, nonostante tutto. L’aveva cercata ed aveva provato che la sua determinazione andava ben oltre le parole. Sentire la sua mano accarezzare il suo ventre, mentre la bambina si muoveva al suo interno, le aveva provocato una sensazione più intensa di quella provata quando aveva sentito battere il cuore di sua figlia. In quell’istante, erano diventati una famiglia. In quell’istante, non esisteva nient’altro al mondo, all’infuori di loro tre, solo loro tre. Ma, affinché potessero continuare ad esserlo, anche lei avrebbe dovuto combattere con tutte le sue forze, anche quelle che non aveva più. All’improvviso sentì un desiderio salire dal profondo: voleva vivere. Voleva abbracciare la sua bambina e perdersi tra le braccia di Christian, che le avrebbe tenute strette entrambe. No, non si sarebbe arresa, avrebbe combattuto quest’ultima battaglia. E avrebbe vinto.
Il dottore programmò l’intervento nel minor tempo possibile e lo stesso fu fissato per un paio di giorni dopo. Prendeva già dosi massicce di cortisone, che servivano sia a mantenerla più in forze possibile, sia allo sviluppo polmonare della sua bambina. Ormai era pronta. Christian non lasciò quella stanza di ospedale neanche per andare a mangiare. Era esausto per il lungo viaggio, perché mangiava poco e perché erano due giorni che dormiva su una sedia. Ma aveva giurato che non se ne sarebbe andato mai più e aveva tutta l’intenzione di tenere fede al suo giuramento. Si era completamente dimenticato anche di essere nuovamente sparito da Parigi senza avvisare nessuno, ma, per fortuna, c’era Kate a sopperire a queste mancanze: con una lunga telefonata, spiegò la situazione ad Hélène, che le promise che avrebbe fatto di tutto per tornare il prima possibile, per stare vicino ai propri amici e per aiutare, per quanto possibile. Johanna non aveva avuto modo di dirgli nulla: aveva compreso il suo problema di linguaggio e sapeva che sarebbe stato inutile parlare. E, comunque, restava molto faticoso. Continuava, invece, a dormire molto, ma, quando aveva l’occasione di restare sveglia, veniva quasi stordita dalle chiacchiere di Christian, deciso a compensare la sua impossibilità di conversare. Cercava di darle coraggio, prospettandole un futuro roseo, molto simile a quello che lei aveva sempre sognato: loro tre, uniti, per sempre. Parlava molto, moltissimo. Anche alla bambina. E aveva la netta sensazione che lei lo ascoltasse, perché ogni volta che lui si avvicinava, non esitava a tirare calci e pugni. Forse voleva rispondere al suo papà. O forse gli stava solamente dicendo, quando si impegnava, sapeva essere più confusionario della mamma. Quel pensiero così semplice ed improvviso, fece sorridere Johanna ed il suo sorriso non sfuggì all’attento Christian, il quale sembrò rincuorato da quel gesto così naturale, eppure ormai così lontano dalla loro quotidianità. Erano mesi, ormai, che i loro pensieri erano talmente cupi da non permettere più di sorridere con spontaneità. Ma i momenti oscuri sarebbero finiti presto, ne era sicuro.
Era ormai giunto il momento della doppia operazione: avrebbero fatto nascere la bambina con un taglio cesareo e subito dopo si sarebbero occupati del tumore, intervento decisamente più complicato e delicato. Quando stava per lasciare la stanza, Christian le strinse nuovamente la mano e per l’ennesima volta, guardandola negli occhi, le ripeté che sarebbe andato tutto bene e che lui sarebbe rimasto lì, ad attendere che tutte e due le sue donne fossero uscite vittoriose da quella sala operatoria. “Le sue donne”… Sembrava orgoglioso mentre pronunciava quelle parole; immaginarsi nel ruolo di papà lo esaltava e regalava a lei una felicità immensa. Sì, avrebbero combattuto tutte e due e avrebbero vinto la loro personalissima battaglia.
La lettiga si mosse definitivamente dalla stanza e a lui non rimase altro che sedersi su una scomoda sedia di metallo di una grigia sala d’attesa, mentre vedeva scomparire la sua ragione di vita dietro le porte che separavano la zona interdetta ai visitatori. A quel punto, non poteva far altro che aspettare, mentre aveva inizio la giornata più lunga di tutta la sua vita.

   
 
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