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Autore: Mary CM 93    19/08/2013    1 recensioni
La storia di una ragazza, Angelique, dei suoi drammi famigliari, dei suoi amori e dissapori...di una ragazza bellissima, che vive giorno per giorno, un piccolo dramma dentro di sè...che tenterà di evadere da una realtà che l'ha sempre schiacciata...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Nei quattro mesi passati avevamo fatto causa al poliziotto, la famiglia di Jean ci aveva consigliato un avvocato, uno tra i migliori della Francia, che speravamo mi facesse vincere la causa.
 
Il signor Loyal era un uomo sulla quarantina, alto, con dei lunghissimi baffi color castagna. Di bell’aspetto, si presentava sempre molto formale, di solito con dei completi dalle tonalità grigiastre, delle volte nere o marroni, che gli donavano un’aria fiera, semplice ed ordinata.
 
George Loyal era entrato in contatto con la famiglia Soiren da parecchi anni ormai, perché le figlie suonavano, da quando erano bambine, nella stessa orchestra di Jean. Loyal non si era dilungato molto riguardo la sua famiglia: aveva brevemente accennato alle due gemelle che avevano qualche anno più di me, ma che vedeva di rado, sottolineando che stessero con la madre, dalla quale aveva divorziato dopo pochi anni di matrimonio.
 
Raccontava e descriveva qualsiasi cosa di cui parlasse con un lessico forbito, ma con un atteggiamento sempre distaccato, quasi come se stesse osservando da spettatore ciò che accadeva, almeno così aveva riportato Pauline, la quale inizialmente aveva desiderato fare qualche colloquio privato con il signor Loyal, in modo da potergli raccontare con precisione tutti i miei trascorsi.
 
Loyal aveva apprezzato particolarmente il fatto di poter venire a conoscenza dei dettagli riguardo la mia vita: sosteneva che più si conosce il cliente, più si riesce a preparare una difesa eccellente, che faccia presa sul giudice. Dopo aver appreso che il mio passato era stato piuttosto complicato e psicologicamente faticoso, almeno così lo aveva descritto, disse di aver buone possibilità di impietosire il giudice, anche se, esordiva ogni volta che incontrava Pauline, non c’era motivo di perdere la causa, avremmo vinto con ogni certezza ed aggiungeva che, se avessimo vinto, il poliziotto avrebbe scontato dai sette ai quattordici anni di galera.
 
Iniziammo, così, a tenere incontri settimanali in modo da preparare un discorso eccellente; sentivo ormai ripetere costantemente alcuni articoli del codice penale e ricordavo a memoria frasi che Loyal utilizzava di frequente, come “la tua è stata legittima difesa, indubbiamente proporzionata all’offesa subita”.
 
Non so dire con esattezza se mi fidassi del mio avvocato difensore, indubbiamente ero certa della sua preparazione a livello tecnico, ma per quanto riguardava il lato umano sentivo un eccessivo distacco, non tanto da parte sua, che tentava di porsi quasi in maniera paterna nei miei confronti, quanto piuttosto da parte mia. Vedevo Loyal come un mero lavoratore, insomma, uno che si guadagna da vivere sulle disgrazie altrui, il classico avvocato senza un minimo di etica, che avrebbe potuto difendere me per questi mesi, e per i seguenti uno stupratore o un assassino.
 
Queste mie opinioni, sebbene non apertamente espresse, diametralmente opposte a quelle di Pauline, che tesseva giorno dopo giorno le lodi del signor Loyal, mitizzandolo e apprezzando con enfasi il suo impeccabile lessico, la sua elevata cultura, il suo amore smisurato per l’ambito sociale, insomma, Pauline descriveva in modo quasi iperbolico George, e forse era proprio questa sua ammirazione che mi portava a diffidare di Loyal, il quale, tuttavia, si dimostrava sempre molto cordiale e comprensivo.
 
Inoltre aveva preso a cuore il mio caso e spesso m’invitava a casa sua con Pauline per cenare e discutere del più e del meno. Le ultime sere, però, in quel suo distacco asettico ed apatico, avevo colto, mentre parlava che, dalle sue parole scoppiava, come una scintilla, la frenesia di comunicare, di avere un rapporto più profondo, che non quello professionale, che aveva tenuto per fin troppi anni. Pauline si era innamorata di casa sua e, a dirla tutta, era davvero piacevole anche dal mio punto di vista, dagli spazi ampissimi ed i soffitti a volta di mattoni.
 
Arrivate lì ci faceva sempre accomodare davanti al camino del suo enorme salotto rosso con arredamento in ciliegio. Era confortante ed io e Pauline andavamo stranamente d’accordo in presenza di Loyal.
 
Un giorno, con quei mille fogli in ordine, seduto sul bordo della fontana, Loyal mi guardò dritto negli occhi e, per un attimo, scomparve tutta la sua eccessiva formalità, prese vita un uomo, uno di quelli che ti comprende e ti legge nell’animo, a cui serve una frase per farti capire quanto tiene a te: “So che non ti fidi di me, che riesci a vedermi solo come un professionista che svolge il suo lavoro, ma quando andiamo in tribunale e ti difendo, è diverso, quando la seduta si scioglie e torno a casa, mi addormento soddisfatto del mio operato…ma voglio dirti una cosa: quando parli con me, non è solo mettere in prova un discorso, dovrebbe essere un macigno che smette di pesarti sul cuore, tutto ciò che mi dirai io lo custodirò, sei una mia cliente ed è una regola, perciò niente freni, ma soprattutto, smettila di sentirti in colpa, di provare vergogna per ciò che ti è accaduto, te lo si legge negli occhi, hai lo sguardo che sfugge, mentre dovresti guardare il mondo a testa alta, perché sei forte ed è il mostro che ti ha strappato la femminilità che dovrebbe provare vergogna, non tu, non sei debole e non hai colpe per quello che è successo, mettitelo in testa”.
 
Improvvisamente tutte le mie barriere erano state infrante, ma ero sollevata, perché le parole di Loyal mi avevano colpito, era come se qualcuno fosse entrato nei miei pensieri degli ultimi mesi e gli avesse dato vita. George non stava lavorando per me, ma con me, con tutto l’amore e l’impegno che potesse mettere in ciò che faceva.
  
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