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Autore: _SillyLoveSongs_    20/08/2013    6 recensioni
Ed ecco(finalmente) la mia fanfiction a capitoli. Anche questa volta McCartney sarà uno dei protagonisti principali della storia. Dopo alcuni mesi dalla morte dell'amico John, Paul decide di raccogliere i suoi ricordi del grande musicista in un libro intervista, che si occuperà di scrivere Brianna, una giovanissima giornalista... leggete e, mi raccomando, fatemi sapere! ogni recensione è davvero gradita.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Paul McCartney
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Ma ciao, ragazze!

Ecco a voi l'ultimo capitolo prima dell'epilogo.

Risparmio le lacrime e i ringraziamenti per l'ultimo capitolo in cui la mia nota autrice vi annoierà alquanto XD

Ma passiamo al capitolo:

Brianna è distrutta, dopo la scoperta dell'identità del padre con il quale ha passato una notte d'amore.

Riuscirà a dire la verità a Paul? Lascio a voi la possibilità di scoprirlo!

Un ringraziamento a tutti e un bacio a JennyWren, che con una chiacchierata rigenerante mi ha fornito l'ispirazione.

Per questa lettura vi propongo il componimento di Yiruma, "Kiss the rain" che la mia Nico mi ha fatto conoscere. Grazie per essermi sempre vicino, nonostante tutto. Ti voglio bene.

Ecco il link:

 

http://www.youtube.com/watch?v=so6ExplQlaY

 

 

 

Buona lettura!

 

 

 

Londra       Maggio 1981

 

Quel vento incessante sferza con la sua natura immortale i miei capelli scuri che paiono indicare al mio corpo, pressoché inerte, il percorso conducente alla villa di Paul. Quella villa maestosa e fatiscente, quanto il corpo di quell'uomo che avrebbe avvolto le mie spalle in un abbraccio affettuoso e non in quello violento e rovente della passione.

Il ricordo delle sue carezze pare racchiuso nelle mani dei cittadini inglesi, affaccendate lungo i lembi dei cappotti. Il suono dei suoi sospiri accompagna quelli altrettanto affannosi dei lavoratori. Copro le orecchie con le mani, nel vano tentativo di allontanare la mia presenza da quella società pulsante in cui il mio recente passato dipinge la sua orrida figura.

Concentro la mia attenzione sull'unico obbiettivo che mi sono prefissa, sul quale ho convogliato i miei pensieri, altrimenti ospiti disponibili della vivida immagine delle nudità di Paul.

Il desiderio di rivelargli la realtà assume contorni opachi, così diversi dalla nitidezza che ha caratterizzato il mio progetto al momento della sua generazione. Un attimo in cui le lacrime hanno colmato i miei occhi, arrossando le mie guance; su queste ultime l'imbarazzo causato dal mio trascorso con Paul colora notevolmente la pelle che ho tentato di celare con le mani. L'inibizione che ha condotto il mio corpo sul suo si è timidamente mostrata alla mia coscienza come un bimbo capriccioso che ha subito il rimprovero risentito della madre. Un rimbrotto che risuona ancora efficacemente al mio udito, che il giorno precedente ha rigettato con disprezzo le parole di mia madre.

Parole flebili, prive di quell'affetto materno che ho creduto ingenuamente di riscontrare durante l'infanzia. La rochezza di quella voce è giunta a me durante la notte insonne appena trascorsa, consigliando al mio orgoglio un'unica soluzione: la rivelazione. La rivelazione della verità a quell'uomo ignaro della mia identità; un comportamento nobile che avrebbe differenziato la mia natura da quella debole ed egoista di Ester.

Ester.

Un nome estraneo che fatico ad associare al volto di mia madre, che ho sempre reputato familiare.

Ma sconosciute sono state le sue amare parole che hanno rivelato il suo animo, impedendo a Morfeo qualunque tentativo di impadronirsi dei miei sensi. Questi hanno ceduto alla frustrazione che ha stimolato i miei singhiozzi convulsi, disturbatori del sonno degli affittuari della pensione.

Ignoro lo sguardo malizioso di un ragazzo concentrato sulle mie gambe nude, celate appena dalla gonna. Questa viene scostata pudicamente dalla brezza primaverile, che dona un alito di freschezza alla mia pelle.

Le prepotenti raffiche ventose che hanno imperversato attraverso le strade cittadine fino a poco tempo prima, assumono un' innaturale placidità, similmente ai miei pensieri. Questi ultimi si intorpidiscono nella mia mente, preda dell'edera vorace della delusione, forse possibile da estirpare con un' unica azione.

Talmente brutale e risolutiva da essere stata disdegnata da mia madre: la verità.

Una confessione che avrebbe differenziato la mia rispettabile persona da quella di mia madre. Nonostante ciò dubito fortemente che in me sopravviva ancora una sola caratteristica degna del mio orgoglio.

Questo è scivolato sul pavimento della villa di Paul, assieme alle mie vesti, la notte in cui ho inconsapevolmente ceduto ad un'immorale attrazione. Il suo ricordo provoca un brivido inquieto lungo la mia schiena, causato dalla consapevolezza dell'identità dell'uomo che ho amato con tanto ardore.

Mio padre.

Avvolgo quelle parole sulla lingua, sussurrandole appena fra le dita che proteggono le labbra. Percepisco su di esse l'aroma spiacevole di quell'unico termine, utile ad esacerbare la mia frustrazione.

Frustrazione causata da un'intimità inopportuna, consumata assieme ad un uomo sposato, la cui paternità nei miei confronti è stata confermata da mia madre. Quella donna della cui meschinità non riesco ancora a capacitarmi.

Avvolgo le braccia attorno al busto, nell'illusione di eludere i ricordi delle mani calde di Paul afferrare poderosamente i miei fianchi. Immagino con orrore quello stesso gesto vigoroso interessare il corpo di mia madre, ancora giovane ed immaturo. Proprio come la mente di Paul al momento del mio concepimento; una mente maturata in fretta, in grado di produrre pentimento e rammarico. Emozioni che non hanno goduto della comprensione di mia madre, una donna il cui egoismo produce una smorfia infastidita sulle mie labbra. Le stesse che in età infantile ho permesso a mia madre di baciare, ora si increspano al ricordo quelle effimere dimostrazioni d'affetto.

Scuoto il capo e rivolgo il mento alle auto che sfilano pigramente accanto a me, i clacson animati come un gruppo di furenti rivoltosi.

Ignoro l'ira cigolante di quei motori, adagiando una mano sulla tracolla in cuoio e reprimendo le lacrime.

La confessione della verità non necessita di debolezza.

Mia madre è stata debole.

E io non voglio essere come lei.

 

________

 

-Mio Dio, Paul, mi sembra di non sentirti da una vita! Come stai? I bambini? James mangia regolarmente vero? Ti prego, non dirmi che si rifiuta di mangiare le verdure se non ci sono io! Ha avuto ancora gli incubi la notte? Se dovesse accadere sai quale canzone devi cantargli per farlo addormentare, vero? La stessa che intonavi a Mary. La ricordi, vero? Non puoi non ricordarla, la faceva sempre ridere! A proposito di Mary, sta facendo i compiti? La matematica? La stai aiutando? Fra qualche giorno ha un compito in classe e ha bisogno di qualche chiarimento riguardo la geometria e tutte quelle figure solide che tu sei in grado di comprendere meglio di me. Stella continua a designare? Non vedo l'ora di vedere quei vestitini così graziosi che si diverte a colorare. E Heather? è uscita di nuovo con Clive? Quel ragazzo non mi piace... conosci la sua famiglia? Non godono di ottima fama nel quartiere...-

Linda interrompe il suo divertente soliloquio, composto da domande alle quali le sue parole preoccupate impediscono qualunque risposta. 

Sorrido debolmente all'udire la sua voce, la mia serenità turbata dal tradimento che ancora aleggia fra le mura della mia villa. Quelle mura che hanno assistito indignate alla nostra passione, accaldate dal sudore dei nostri corpi che percepisco impresso nella carta da parati.

Percorro con l'indice gli arabeschi impressi su di essa, immaginando i capelli di Brianna, altrettanto intricati. Rammento d'improvviso le sue ciocche corvine, che hanno sfiorato maliziosamente il mio viso a differenza di quelle ramate di Linda, che non dimenticano di carezzare dolcemente le mie guance.

Passo una mano sulla mascella, su cui due bocche diverse hanno abbandonato i loro baci. Ripercorro con i polpastrelli il profilo di quelle labbra impegnate in differenti dimostrazioni d'affetto. La prima riguardava la passione figlia dell'ammirazione, mentre la seconda un amore coniugale che riscontro soltanto nella voce accorata di Linda. Un tono pacato, colorato da un vivace accento americano che non ho riscontrato nelle parole maliziose di Brianna, tinte della dolcezza dell'idioma britannico. La familiarità di tale caratteristica mi ha illuso di riconoscere nelle forme generose della giovane giornalista quelle piacevoli e sinuose di mia moglie. Tale futile convinzione ha condotto il mio animo al compimento di quel peccato dal quale da tempo mi sono discostato.

Chiudo gli occhi, adagiando il capo contro quella parete, suggeritrice di un ricordo che la voce concitata di Linda sopprime.

-Stai tranquilla, è tutto sotto controllo.-

Indugio un istante prima di esclamare:

-Come procede il tuo servizio fotografico?-

Sospira, intimando alla mia immaginazione la visione della sua mano intrecciata fra i capelli paglierini.

-Direi piuttosto bene. Il direttore che mi ha fatta venire qui mi richiede un lavoro piuttosto impegnativo ma posso farcela. Le ore di impiego sono numerose, riesco di rado ad uscire da quel maledetto studio per qualche ora. Ma sono comunque riuscita a procurarmi qualcosa che, sono convinta, ti farà impazzire.-

Sussurra quelle parole maliziose stimolando un sorriso sincero sul mio volto. Un sorriso privo della repentina eccitazione causata dalla presenza di Brianna, bensì arricchito di un'affettuosa sorpresa.

-Di cosa si tratta?-

Domando, ebbro di una naturale felicità, che non necessita del tradimento per fiorire nell'animo di un uomo innamorato quanto me della propria moglie.

-Lo scoprirai molto presto. Il direttore del giornale ha affermato che se procederemo con questo ritmo serrato il servizio potrebbe concludersi prima del previsto. La tua splendida mogliettina potrebbe addirittura rincasare fra qualche giorno. Non sei contento?-

Non una risposta affiora alle mie labbra, ancora umide dei baci di Brianna, ma un unico sentimento che ingenuamente ho creduto di identificare nell'attrazione fisica che stimola in me la giovane Richards. Un sentimento che a quella giovane amante non ho mai espresso poichè mai germogliato fra noi.

Un sentimento concreto e pulsante, che ha convissuto nel mio animo assieme a quei desideri carnali, sui quali ha sempre prevalso. Un amore prorompente, scatenato dal sorriso di Linda, dal primo vagito dei miei bambini, dalle loro voci stridule intente ad intonare la mie canzoni, dalle confessioni appena sussurrate di mia moglie in corridoio.

Appuro con un sospiro sollevato l'inutilità della ricerca di un'emozione nuova negli abbracci roventi di Brianna.

Non avrei ricercato altrove l'amore che convive da anni fra le mura della mia villa.

Esprimo con due parole soltanto la mia desolazione riguardo la cecità che mi ha condotto ad un'azione immorale.

-Ti amo.-

Riconosco nella mia voce un'inusitata commozione, provocata dalla confessione di una realtà che ho ingenuamente ignorato.

Linda reprime un risolino, disturbando la linea telefonica, prima di esclamare:

-Ehi... che ti succede? Non mi vorrai far credere che il virile Paul McCartney ha appena pronunciato queste parole...-

La sua ironia coinvolge il mio subitaneo sorriso.

-Io non… non sono propenso a simili… dichiarazioni, Linda, ma… ci tenevo che tu.. che tu sapessi quanto ti amo…-

Alzo la mano preda dell'improvviso desiderio di sfiorare con le unghie quei lineamenti pronunciati che ho invano ricercato in Brianna.

Reprimo un gemito insoddisfatto quando le mie mani penetrano nell'invisibile manto arioso che spira dalla finestra schiusa.

-Non era necessario che me lo dicessi. Lo sapevo già.-

Tale affermazione provoca il tremito della mia mascella che il il giorno prima fremeva contro quella di Brianna.

Reprimo quel ricordo e attendo le prossime parole di Linda, anticipate da un profondo sospiro.

-Ti amo anche io, Paul. Che ti succede? è raro sentirti parlare in questo modo... hai qualche problema con le tue canzoni?-

-Io...-

Rischiaro la voce prima di camuffarla attraverso panni ironici.

-Non sono libero di dichiarare il mio amore a mia moglie?-

-Assolutamente no, anzi... fallo più spesso...-

Il pudico imbarazzo che tinge il desiderio di Linda non pare così distolto da quello che spesso ho riscontrato nella voce di Ester.

Quella visione delinea i contorni di una passato impossibile da percorrere nuovamente, custode di una realtà nella quale non sono stato coinvolto. Una realtà affrontata da una ragazzina per la quale le mie lacrime sono asciugate lungo le guance. Una realtà di cui ho imparato a non ritenermi responsabile, estraniandomi da essa con una noncuranza che si ripropone. Essa mi consiglia di allontanare nuovamente il passato e dedicare le mie energie all'amore che nutro per la mia famiglia e non alla rievocazione di antiche immagine.

Arranco nel presente, sostenendomi a quelle certezze che mi circondano e che paiono improvvisamente espresse dalla voce di mia moglie.

Mia moglie.

Linda.

La donna che amo.

Sorrido di tale affermazione che troneggia nella mia mente, come un sovrano che esilia lontano dai suoi possedimenti i piaceri effimeri che ho creduto indispensabili.

-Torno presto, amore mio. Mi mancate tantissimo tu e i ragazzi e...-

Heather interrompe inconsapevolmente le parole della madre irrompendo nel salotto. Tenta di interrompere i suoi passi affrettati artigliando con le dita arrossate lo stipite della porta. La ragazza trattiene il labbro inferiore fra i denti, premendo la lingua sul palato nell'impaziente tentavo di attirare la mia attenzione.

Alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi che guizzano verso l'ingresso, indicando tacitamente la presenza di un'ospite atteso.

Termino a malincuore la telefonata con Linda lanciando un'occhiata all'orologio affisso alla parete. Le lancette proseguono blandamente il loro tracciato quotidiano in attesa dell'arrivo di Brianna, usuale in questo momento della giornata.

Heather incrocia le braccia sul seno che non ricordo così prosperoso. Accolgo la sua crescita con un sorriso soddisfatto prima di ascoltare le sue parole.

- è arrivata Brianna. Posso farla entrare o avete in programma qualche altra... uscita? Sai, tutta questa vostra... intimità... comincia ad incuriosirmi molto...-

Abbasso gli occhi, tentando di celare con un sorriso divertito il rossore infantile, avvampato sulle mie guance a causa delle parole di Heather.

-Non essere ridicola...-

Esclamo con un'irritazione affatto intenzionale che tento di mitigare con il movimento accurato delle mani lungo i lembi della camicia.

Heather alza le mani in segno di resa e si allontana dal salotto.

-Perdoni la mia ironia, Mr Serietà... a volte mi domando come la mamma possa sopportare questa tua totale assenza di predisposizione al sarcasmo.-

Ignoro le sue parole quanto lei ignora la realtà che la circonda e che affolla, mio malgrado, la mia mente.

Mi dirigo verso l'ingresso, aggrottando la fronte attraverso il sole che inonda l'ambiente attraverso il portone.

La sua apertura generosa accoglie la figura di Brianna, la cui grazia è adombrata  dai raggi che trafiggono le spalle della ragazza.

Queste risultano coperte da un abito primaverile, pregno dello stesso aroma dei fiori ritratti sulla stoffa.

Lascio scivolare lo sguardo sulle sue gambe nude che poco tempo prima hanno avvolto i miei fianchi, ora celate pudicamente dalla veste.

Deglutisco, scacciando quel ricordo e permettendo al sorriso di Linda di occupare i miei pensieri. Ma sono consapevole che l'indifferenza riguardo quella notte non potrà sopravvivere ai chiarimenti necessari che entrambi esigiamo.

Brianna sfiora le labbra con la lingua, suscitando in me un'immagine alquanto sconveniente.

Sistema la tracolla con la mano, impegnando le dita che fino a quel momento hanno sostato lungo il suo busto.

Allontana i capelli dal viso, mostrandomi i suoi lineamenti che ritengo d'improvviso estremamente giovani.

La vergogna provocata dalla profanazione di quella fanciullezza avviluppa il mio spirito in una fastidiosa morsa.

Abbasso gli occhi sdegnato dal piacere scaturito alla vista del corpo di quella ragazzina.

Deglutisco, punendo la debolezza del mio spirito e impegnando la mia mente nell'immaginazione del viso di Linda.

Brianna attende l'allontanamento di Heather prima di esclamare con ostentata risolutezza:

-Io... io devo... parlarti...-

Incontro il suo sguardo indagatore che non pare appagato della maliziosa analisi con cui ha scandagliato il mio corpo pochi giorni prima.

L'interesse che colma quegli occhi mori ha una natura assai differente. Una ambigua curiosità conduce il suo sguardo lungo i miei capelli, la curva del naso e quella delle spalle ampie, il profilo del torace, prima di risalire lungo le gambe.

Il suo respiro irregolare pare causato da un'affannosa preoccupazione. Ignoro tale supposizione, rischiarando la gola arida.

-Dobbiamo entrambi.-

Le mie parole risultano ferme e impassibili, a differenza della mia mente, colme di una certezza in attesa di essere esplicata.

Rivolgo la mia esclamazione a Heather, senza distogliere l'attenzione da Brianna.

-è una bellissima giornata, Heath. Spero non ti dispiacerà se conduco la... signorina Richards nei luoghi londinesi preferiti da John. Credo... sia molto utile per... fare chiarezza...- Pronuncio l'ultima frase dimenticando il contenuto delle precedenti, riferendomi esclusivamente al mio rapporto con Brianna.

Heather biascica una risposta assieme ad un panino farcito appena preparato.

-Non preoccuparti, mi occupo io dei ragazzi.-

Raggiunge l'ingresso, ammiccando discretamente nella mia direzione.

-Buon lavoro...-

Sorrido della sua ingenuità prima di annuire debolmente, ritirando le labbra e dirigendomi verso il portone ligneo.

 

 

 

 

 

________

 

 Il fruscio delle fronde degli alberi di pino che circondano il parco occupa il mio udito, disimpegnato da qualunque altro ascolto.

L'aria fredda che ha intorpidito le mie membra pare ora assecondare il dilagamento di un piacevole tepore nell'ambiente. Il vento estivo carezza la mia gonna con lo stesso trascinante desiderio che ha condotto le mani di Paul lungo la mia pelle.

Quelle mani che ora mio padre abbandona lungo i fianchi, ignorandone il possibile utilizzo.

Quelle mani a cui è stata impedita una carezza alla propria figlia da una donna egoista che non ritengo degna del mio perdono. Rivolgo quest'ultimo a Paul che lo riceve inconsapevolmente.

Permetto nuovamente al mio sguardo indiscreto di indagare in quegli occhi verdi, alla ricerca delle iride ambiziose e pentite di quel ragazzo diciottenne che mi ha abbondata prima di reclamare dignitosamente la sua paternità.

Null'altro che dignità infatti accompagna l'immagine di quell'uomo, cresciuto con il rimpianto di un errore al quale nessuno gli aveva offerto la possibilità di rimediare.

Ricerco nei suoi connotati i miei lineamenti, tentando di individuare una somiglianza che non mi sono mai curata di cogliere.

Sfioro la bocca con la mano, esibendo un'espressione pensosa, mentre riconosco nella carnosità delle mie labbra la pienezza di quelle di Paul.

Le labbra di mio padre che neppure pochi giorni prima sono affondate nelle mie in una sequenza di baci passionali.

Immagino quella stessa bocca impegnata in un bacio affettuoso delle mie guance, colorate dallo stesso rossore infantile che Thomas scherniva dolcemente con un sorriso.

Forse la reazione di Paul sarebbe stata diversa.

Forse mi avrebbe abbracciata caldamente, sfiorando il mio naso con il suo, gesto che ripete sovente con James.

Allontano le fantasie riguardo le probabilità che non vedranno mai compimento, concentrandomi sull'abominevole realtà che mi circondava.

Caratterizzato da un riprovevole atto incestuoso il presente che il destino mi costringe a vivere istiga un sospiro trattenuto.

Paul pare cogliere il mio tremulo refolo di fiato, a cui segue il suo.

Raccolgo il poco coraggio di cui dispongo in ogni recesso della mia anima e decido di confessare la verità, sconosciuta a quest'uomo. Da egli il mio tentativo di espressione viene interrotto.

L'uomo rischiara la gola e inclina il capo, in una posa che anticipa parole scrupolose.

Negli occhi di Paul compare il guizzo del ricordo che diviene protagonista della sua voce arrochita.

-Ricordi... la prima volta che venimmo qui?-

Annuisco, confusa dalla sua criptica domanda.

Accetta il mio gesto, scuotendo le ciglia che si arcuano lungo le guance, lunghe e sinuose quanto le mie.

Concentra lo sguardo di fronte a se, ignorando la mia figura che avanza al suo fianco.

-Ricordi... che ti parlai di John e di quanto la vita adulta riesca ad offrire all'uomo possibilità di comprensione e riscatto dai propri errori?-

Annuisco nuovamente, decisamente meno sorpresa, intuendo il fine delle sue parole.

-Credo che... la mia esistenza sia un'eccezione a questa affermazione. Io non... non vado fiero della mia adolescenza, di quello che la mia giovinezza mi ha spronato a fare, sbagli che... non sono stato in grado di... affrontare...-

Deglutisce, dandomi la possibilità di riconoscere il mio concepimento in quei trascorsi errori che lui stesso paventa.

Scuote il capo, il rimpianto colma i suoi occhi che tento di osservare oltre il velo di lacrime che cela le mie iridi.

In quel gesto di rassegnazione non intravvedo la malignità del ragazzo descritto da Ester bensì la dignità di un uomo responsabile che affronta il passato, a differenza di mia madre.

Distolgo dalla mia mente l'immagine ingannatrice di quella donna che nonostante gli anni colma i ricordi di Paul di un rimorso evitabile.

Trattengo il labbro inferiore fra i denti, nell'attesa della mia confessione che seguirà le sue parole.

Una confessione necessaria quanto il tepore estivo che rinfranca le membra infreddolite dei londinesi.

Tale lieve calore pare avvolgere anche Paul, le cui mani si avvicendano sui bottoni del trench, dal quale desidera evidentemente spogliarsi.

-E ora... sono ricaduto in quegli antichi errori di cui fa parte anche il tradimento. Un tradimento di non una ma... di due persone. Di Linda, mia moglie, la donna che amo di più al mondo, la madre dei miei figli, la persona che ho deciso di sposare e con cui desidero trascorrere il resto della mia vita. E di te, una ragazza giovanissima che... è stata vittima di una forte ammirazione, che ha illuso la sua mente ottenebrata dal dolore di provare una pulsione irresistibile nei... miei confronti. E io... io sono stato un ragazzino. Un maledetto ragazzino che ha ceduto ad una... tentazione carnale che spesso ha fatto vacillare le mie convinzioni giovanili. Ma ora non ho alcun dubbio riguardo i miei desideri: in essi non riconosco altri che la mia famiglia. I miei bambini, che hanno bisogno di un padre fedele alla propria moglie e non di un lurido traditore, della cui fama mi sono macchiato quella notte. Una notte... che temo non riuscirò a dimenticare. La mia attrazione per te è sfociata in una passione... arsa in breve tempo che mi ha fatto comprendere l'importanza della stabilità di... un amore duraturo. L'amore di Linda. L'amore di Mary, Stella, Heather e James. Io... non posso permettermi di mettere a repentaglio tutto quello che ho creato così faticosamente. Sono stato uno stupido a permettere all'istinto di dominarmi, io... ti ho illusa. E mi dispiace. Mi dispiace... davvero moltissimo. Non avrei voluto che... che finisse così fra di noi. Non avrei creduto accadesse... non volevo accadesse.-

Umetta le labbra con la lingua, distendendo il collo.

Osservo il pomo d'Adamo guizzare oltre la pelle, mentre le parole di Paul permeano il mio udito, sovrastando il fruscio del vento.

La sincerità della testimonianza di Paul permette un subitaneo palpito al mio cuore, di cui alcuni anfratti vengono conquistati da una consapevolezza tanto violenta quanto inaspettata.

Permetto alla voce di Paul di scivolare nella mia mente che ne assorbe il significato.

Una sensazione di amarezza colma il mio palata nell’appurare la genuinità dell’amore provato da Paul per la moglie Linda.

Un amore che non ha mai sussurrato all’orecchio di mia madre, di cui non ha mai intriso le carezze al mio capino infantile.

Un affetto incondizionato, la difesa del quale è considerata un onere piacevole e doveroso.

Un affetto che offre un orgoglioso onore a colui che è interessato dalla sua influenza.

Tale soddisfazione, paragonabile solo a quella scaturita in un bimbo durante l’esame di una propria faticosa realizzazione, ho creduto provocata in me dai baci di mia madre nei quali ho riconosciuto solo ipocrisia al momento della sconcertante rivelazione della donna.

Avverto nuovamente la pungente frustrazione lungo il profilo della mascella, rielaborando con la mente le parole di mia madre che ora paiono velate da una veste differente.

Non più le spoglie meschine che hanno ricoperto le giustificazioni di Ester ma un tessuto maggiormente comprensibile e altrettanto irreale.

Una maschera di protezione che non ho delineato prima nella voce di mia madre.

Protezione di una persona amata dalla realtà, forse troppo crudele per essere affrontata. Lo stesso senso di protezione che mi impedisce d’improvviso di confessare la realtà che ha sfiorato i miei sensi a quell’uomo che ne ha provocato il turbamento.

Alzo gli occhi verso Paul, divenendo vittima di una subitanea inquietudine.

Osservo le mani del musicista annaspare lungo il profilo delle tasche del trench. In quanto fumatrice riconosco senza difficoltà la smania che conduce i suoi gesti alla frenetica ricerca del pacchetto di sigarette. Decifro altrettanto facilmente il rammarico sul suo volto alla scoperta dell’assenza di quel piccolo piacere.

Mi domando incuriosita quanto quei suoi piccoli gesti avrebbero costellato la mia infanzia. Ma il ricordo di quest’ultima possiede un ulteriore protagonista: Thomas.

Un uomo generoso che assieme a mia madre a deciso di compiere una decisione altrettanto altruista. La stessa che si insinua improvvisamente in me impedendo alla mia volontà di compiere l’azione per cui ho trovato il coraggio di mostrarmi di fronte alla villa di Paul, celando il mio imbarazzo.

Un volere pressante che impedisce, forse con la stessa furia con cui ha stimolato il silenzio di mia madre nei confronti dell’identità di mio padre, la mia confessione.

Una confessione che distruggerebbe l’esistenza di mio padre, di quell’uomo nella cui maturità non rimane neppure un ricordo dell’adolescenza sprovveduta. Quest’ultima permette ai suoi lineamenti di assumere un’espressione seriosa, levigata da un passato che, come uno schiaffo violento permette al rossore di propagarsi sulla pelle, corrode i connotati di Paul.

Comprendo quanto le mie parole potrebbero permettere ai ricordi di riaffiorare assieme alla consapevolezza delle conseguenze della nostra debolezza carnale che non ha causato solo la mia frustrazione e il suo tradimento nei riguardi della moglie.

Ha stimolato un peccaminoso incesto, la cui scoperta impedirebbe alla vita di Paul un prosecuzione in quella serenità amorevole che l’uomo paventa.

Io non sono altro che una ragazza, spaventata da una realtà più grande di lei, con la quale dovrà adattarsi ad una convivenza forzata. Una convivenza che non dovrà causare discrepanze nella famiglia di mio padre, in quella realtà che ha costruito faticosamente.

Il mio risoluto desiderio di confessione e conseguente redenzione dei peccati commessi sfuma di fronte alla possibilità di causare con esse l’infelicità di Paul.

Immagino di riconoscere nella mia titubanza quella che ha guidato il silenzio di mia madre.

Osservo il volto di Paul, nella speranza che i suoi lineamenti conservino un conforto ai miei indugi.

Ma su di esso non riconosco che le lievi rughe di un uomo, appianate dalle carezze di quei figli i cui sorrisi lo attendono a casa.

Gli stessi sorrisi che forse arcuano le sue labbra e permettono al suo capo di inclinarsi verso il basso, dove gli occhi non incontrano il terreno ma trasmettono le immagini della sua quotidianità che crede ristabilita con le parole appena pronunciate.

Riproduco la posa della sua bocca, mossa da un motivo ben diverso; la netta comprensione delle azioni di mia madre, che nonostante fatichi ancora ad insinuarsi nella ferita del mio orgoglio contribuisce a sanarla.

Assume un’espressione cordiale, nella quale il ricordo della notte passata assieme crea  un’aura ipocrita e falsamente amicale.

-Volevi… dirmi qualcosa, giusto? Riguardo… beh, riguardo…- La frase ricerca il suo termine senza successo.

Deglutisco ed esclamo, senza distogliere i miei occhi da quelli di mio padre:

-Volevo dirti che… quello che ho fatto è stato… meschino. Volevo dirti… che ti apprezzo e che l’alcool non mi ha aiutata ad esprimere la mia stima nel modo adeguato. Volevo dirti che proprio la benevolenza che provo per te mi costringe a… non interferire con la tua vita. Una vita appagante che non deve essere distrutta da… un errore…- un fremito scuote la mia schiena del momento in cui riferisco quel termine al mio concepimento. Deglutisco e riprendo:

-Ami tua moglie. E io… rispetto il tuo sentimento quanto rispetto te. Io… volevo solo dirti che mi dispiace… per quello che ho fatto…vorrei solo che tu… proseguissi la tua vita senza rimorsi riguardo il nostro sbaglio… una volta terminata l’intervista non… non interferirò mai più con te… te lo prometto… non rovinerò la tua vita..-

L’irreversibilità di tale affermazione scuote le mie spalle, rendendomi consapevole della sua necessità.

Subisco il suo sguardo su il mio viso, stravolto dal desiderio di sfiorare in una carezza priva di malizia le braccia che avrebbero voluto cullarmi e che inconsapevolmente ho avvolto attorno alla mia vita con passione.

Permetto a quell’immagine di penetrare la mia anima, considerando questa l’unica possibilità di convivere con il raccapriccio del mio gesto: l’affronto.

Il vento continua a frusciare fra le siepi ma il suo sibilo si confonde con il respiro di Paul, che immagino di sentire quella sera, sulla mia gota adagiata al guanciale.  Un piacere di cui godranno presto i figli di mio padre.

Una consapevolezza adeguata a farmi comprendere la correttezza della mia decisione.

 

 

 

 

 

 

 

Angolo di uno zombie:

Ragazze…

È mezzanotte e spero vogliate compatirmi.

Ho finito ora di scrivere, abbiate pietà del risultato.

Aspetto con ansie le vostre recensioni.

Giu

 

 

  
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