Ma
ciao, ragazze!
Ecco
a voi l'ultimo capitolo prima dell'epilogo.
Risparmio
le lacrime e i ringraziamenti per l'ultimo capitolo in cui la mia nota
autrice
vi annoierà alquanto XD
Ma
passiamo al capitolo:
Brianna
è distrutta, dopo la scoperta dell'identità del
padre con il quale ha passato
una notte d'amore.
Riuscirà
a dire la verità a Paul? Lascio a voi la
possibilità di scoprirlo!
Un
ringraziamento a tutti e un bacio a JennyWren, che con una
chiacchierata
rigenerante mi ha fornito l'ispirazione.
Per
questa lettura vi propongo il componimento di Yiruma, "Kiss the rain"
che la mia Nico mi ha fatto conoscere. Grazie per essermi sempre
vicino,
nonostante tutto. Ti voglio bene.
Ecco
il link:
http://www.youtube.com/watch?v=so6ExplQlaY
Buona
lettura!
Londra
Maggio 1981
Quel
vento incessante sferza con la sua natura immortale i miei capelli
scuri che
paiono indicare al mio corpo, pressoché inerte, il percorso
conducente alla
villa di Paul. Quella villa maestosa e fatiscente, quanto il corpo di
quell'uomo che avrebbe avvolto le mie spalle in un abbraccio affettuoso
e non
in quello violento e rovente della passione.
Il
ricordo delle sue carezze pare racchiuso nelle mani dei cittadini
inglesi, affaccendate
lungo i lembi dei cappotti. Il suono dei suoi sospiri accompagna quelli
altrettanto affannosi dei lavoratori. Copro le orecchie con le mani,
nel vano
tentativo di allontanare la mia presenza da quella società
pulsante in cui il
mio recente passato dipinge la sua orrida figura.
Concentro
la mia attenzione sull'unico obbiettivo che mi sono prefissa, sul quale
ho
convogliato i miei pensieri, altrimenti ospiti disponibili della vivida
immagine delle nudità di Paul.
Il
desiderio di rivelargli la realtà assume contorni opachi,
così diversi dalla
nitidezza che ha caratterizzato il mio progetto al momento della sua
generazione. Un attimo in cui le lacrime hanno colmato i miei occhi,
arrossando
le mie guance; su queste ultime l'imbarazzo causato dal mio trascorso
con Paul
colora notevolmente la pelle che ho tentato di celare con le mani.
L'inibizione
che ha condotto il mio corpo sul suo si è timidamente
mostrata alla mia
coscienza come un bimbo capriccioso che ha subito il rimprovero
risentito della
madre. Un rimbrotto che risuona ancora efficacemente al mio udito, che
il
giorno precedente ha rigettato con disprezzo le parole di mia madre.
Parole
flebili, prive di quell'affetto materno che ho creduto ingenuamente di
riscontrare durante l'infanzia. La rochezza di quella voce è
giunta a me
durante la notte insonne appena trascorsa, consigliando al mio orgoglio
un'unica soluzione: la rivelazione. La rivelazione della
verità a quell'uomo
ignaro della mia identità; un comportamento nobile che
avrebbe differenziato la
mia natura da quella debole ed egoista di Ester.
Ester.
Un
nome estraneo che fatico ad associare al volto di mia madre, che ho
sempre
reputato familiare.
Ma
sconosciute sono state le sue amare parole che hanno rivelato il suo
animo,
impedendo a Morfeo qualunque tentativo di impadronirsi dei miei sensi.
Questi
hanno ceduto alla frustrazione che ha stimolato i miei singhiozzi
convulsi,
disturbatori del sonno degli affittuari della pensione.
Ignoro
lo sguardo malizioso di un ragazzo concentrato sulle mie gambe nude,
celate
appena dalla gonna. Questa viene scostata pudicamente dalla brezza
primaverile,
che dona un alito di freschezza alla mia pelle.
Le
prepotenti raffiche ventose che hanno imperversato attraverso le strade
cittadine fino a poco tempo prima, assumono un' innaturale
placidità,
similmente ai miei pensieri. Questi ultimi si intorpidiscono nella mia
mente,
preda dell'edera vorace della delusione, forse possibile da estirpare
con un'
unica azione.
Talmente
brutale e risolutiva da essere stata disdegnata da mia madre: la
verità.
Una
confessione che avrebbe differenziato la mia rispettabile persona da
quella di
mia madre. Nonostante ciò dubito fortemente che in me
sopravviva ancora una
sola caratteristica degna del mio orgoglio.
Questo
è scivolato sul pavimento della villa di Paul, assieme alle
mie vesti, la notte
in cui ho inconsapevolmente ceduto ad un'immorale attrazione. Il suo
ricordo
provoca un brivido inquieto lungo la mia schiena, causato dalla
consapevolezza
dell'identità dell'uomo che ho amato con tanto ardore.
Mio
padre.
Avvolgo
quelle parole sulla lingua, sussurrandole appena fra le dita che
proteggono le
labbra. Percepisco su di esse l'aroma spiacevole di quell'unico
termine, utile
ad esacerbare la mia frustrazione.
Frustrazione
causata da un'intimità inopportuna, consumata assieme ad un
uomo sposato, la
cui paternità nei miei confronti è stata
confermata da mia madre. Quella donna
della cui meschinità non riesco ancora a capacitarmi.
Avvolgo
le braccia attorno al busto, nell'illusione di eludere i ricordi delle
mani
calde di Paul afferrare poderosamente i miei fianchi. Immagino con
orrore
quello stesso gesto vigoroso interessare il corpo di mia madre, ancora
giovane
ed immaturo. Proprio come la mente di Paul al momento del mio
concepimento; una
mente maturata in fretta, in grado di produrre pentimento e rammarico.
Emozioni
che non hanno goduto della comprensione di mia madre, una donna il cui
egoismo
produce una smorfia infastidita sulle mie labbra. Le stesse che in
età
infantile ho permesso a mia madre di baciare, ora si increspano al
ricordo
quelle effimere dimostrazioni d'affetto.
Scuoto
il capo e rivolgo il mento alle auto che sfilano pigramente accanto a
me, i
clacson animati come un gruppo di furenti rivoltosi.
Ignoro
l'ira cigolante di quei motori, adagiando una mano sulla tracolla in
cuoio e
reprimendo le lacrime.
La
confessione della verità non necessita di debolezza.
Mia
madre è stata debole.
E
io non voglio essere come lei.
________
-Mio
Dio, Paul, mi sembra di non sentirti da una vita! Come stai? I bambini?
James
mangia regolarmente vero? Ti prego, non dirmi che si rifiuta di
mangiare le
verdure se non ci sono io! Ha avuto ancora gli incubi la notte? Se
dovesse
accadere sai quale canzone devi cantargli per farlo addormentare, vero?
La
stessa che intonavi a Mary. La ricordi, vero? Non puoi non ricordarla,
la
faceva sempre ridere! A proposito di Mary, sta facendo i compiti? La
matematica? La stai aiutando? Fra qualche giorno ha un compito in
classe e ha
bisogno di qualche chiarimento riguardo la geometria e tutte quelle
figure
solide che tu sei in grado di comprendere meglio di me. Stella continua
a
designare? Non vedo l'ora di vedere quei vestitini così
graziosi che si diverte
a colorare. E Heather? è uscita di nuovo con Clive? Quel
ragazzo non mi
piace... conosci la sua famiglia? Non godono di ottima fama nel
quartiere...-
Linda
interrompe il suo divertente soliloquio, composto da domande alle quali
le sue
parole preoccupate impediscono qualunque risposta.
Sorrido
debolmente all'udire la sua voce, la mia serenità turbata
dal tradimento che
ancora aleggia fra le mura della mia villa. Quelle mura che hanno
assistito
indignate alla nostra passione, accaldate dal sudore dei nostri corpi
che
percepisco impresso nella carta da parati.
Percorro
con l'indice gli arabeschi impressi su di essa, immaginando i capelli
di
Brianna, altrettanto intricati. Rammento d'improvviso le sue ciocche
corvine,
che hanno sfiorato maliziosamente il mio viso a differenza di quelle
ramate di
Linda, che non dimenticano di carezzare dolcemente le mie guance.
Passo
una mano sulla mascella, su cui due bocche diverse hanno abbandonato i
loro
baci. Ripercorro con i polpastrelli il profilo di quelle labbra
impegnate in
differenti dimostrazioni d'affetto. La prima riguardava la passione
figlia
dell'ammirazione, mentre la seconda un amore coniugale che riscontro
soltanto
nella voce accorata di Linda. Un tono pacato, colorato da un vivace
accento
americano che non ho riscontrato nelle parole maliziose di Brianna,
tinte della
dolcezza dell'idioma britannico. La familiarità di tale
caratteristica mi ha
illuso di riconoscere nelle forme generose della giovane giornalista
quelle
piacevoli e sinuose di mia moglie. Tale futile convinzione ha condotto
il mio
animo al compimento di quel peccato dal quale da tempo mi sono
discostato.
Chiudo
gli occhi, adagiando il capo contro quella parete, suggeritrice di un
ricordo
che la voce concitata di Linda sopprime.
-Stai
tranquilla, è tutto sotto controllo.-
Indugio
un istante prima di esclamare:
-Come
procede il tuo servizio fotografico?-
Sospira,
intimando alla mia immaginazione la visione della sua mano intrecciata
fra i
capelli paglierini.
-Direi
piuttosto bene. Il direttore che mi ha fatta venire qui mi richiede un
lavoro
piuttosto impegnativo ma posso farcela. Le ore di impiego sono
numerose, riesco
di rado ad uscire da quel maledetto studio per qualche ora. Ma sono
comunque
riuscita a procurarmi qualcosa che, sono convinta, ti farà
impazzire.-
Sussurra
quelle parole maliziose stimolando un sorriso sincero sul mio volto. Un
sorriso
privo della repentina eccitazione causata dalla presenza di Brianna,
bensì
arricchito di un'affettuosa sorpresa.
-Di
cosa si tratta?-
Domando,
ebbro di una naturale felicità, che non necessita del
tradimento per fiorire
nell'animo di un uomo innamorato quanto me della propria moglie.
-Lo
scoprirai molto presto. Il direttore del giornale ha affermato che se
procederemo con questo ritmo serrato il servizio potrebbe concludersi
prima del
previsto. La tua splendida mogliettina potrebbe addirittura rincasare
fra
qualche giorno. Non sei contento?-
Non
una risposta affiora alle mie labbra, ancora umide dei baci di Brianna,
ma un
unico sentimento che ingenuamente ho creduto di identificare
nell'attrazione
fisica che stimola in me la giovane Richards. Un sentimento che a
quella
giovane amante non ho mai espresso poichè mai germogliato
fra noi.
Un
sentimento concreto e pulsante, che ha convissuto nel mio animo assieme
a quei
desideri carnali, sui quali ha sempre prevalso. Un amore prorompente,
scatenato
dal sorriso di Linda, dal primo vagito dei miei bambini, dalle loro
voci
stridule intente ad intonare la mie canzoni, dalle confessioni appena
sussurrate di mia moglie in corridoio.
Appuro
con un sospiro sollevato l'inutilità della ricerca di
un'emozione nuova negli
abbracci roventi di Brianna.
Non
avrei ricercato altrove l'amore che convive da anni fra le mura della
mia
villa.
Esprimo
con due parole soltanto la mia desolazione riguardo la
cecità che mi ha
condotto ad un'azione immorale.
-Ti
amo.-
Riconosco
nella mia voce un'inusitata commozione, provocata dalla confessione di
una
realtà che ho ingenuamente ignorato.
Linda
reprime un risolino, disturbando la linea telefonica, prima di
esclamare:
-Ehi...
che ti succede? Non mi vorrai far credere che il virile Paul McCartney
ha
appena pronunciato queste parole...-
La
sua ironia coinvolge il mio subitaneo sorriso.
-Io
non… non sono propenso a simili… dichiarazioni,
Linda, ma… ci tenevo che tu..
che tu sapessi quanto ti amo…-
Alzo
la mano preda dell'improvviso desiderio di sfiorare con le unghie quei
lineamenti pronunciati che ho invano ricercato in Brianna.
Reprimo
un gemito insoddisfatto quando le mie mani penetrano nell'invisibile
manto
arioso che spira dalla finestra schiusa.
-Non
era necessario che me lo dicessi. Lo sapevo già.-
Tale
affermazione provoca il tremito della mia mascella che il il giorno
prima
fremeva contro quella di Brianna.
Reprimo
quel ricordo e attendo le prossime parole di Linda, anticipate da un
profondo
sospiro.
-Ti
amo anche io, Paul. Che ti succede? è raro sentirti parlare
in questo modo...
hai qualche problema con le tue canzoni?-
-Io...-
Rischiaro
la voce prima di camuffarla attraverso panni ironici.
-Non
sono libero di dichiarare il mio amore a mia moglie?-
-Assolutamente
no, anzi... fallo più spesso...-
Il
pudico imbarazzo che tinge il desiderio di Linda non pare
così distolto da
quello che spesso ho riscontrato nella voce di Ester.
Quella
visione delinea i contorni di una passato impossibile da percorrere
nuovamente,
custode di una realtà nella quale non sono stato coinvolto.
Una realtà
affrontata da una ragazzina per la quale le mie lacrime sono asciugate
lungo le
guance. Una realtà di cui ho imparato a non ritenermi
responsabile,
estraniandomi da essa con una noncuranza che si ripropone. Essa mi
consiglia di
allontanare nuovamente il passato e dedicare le mie energie all'amore
che nutro
per la mia famiglia e non alla rievocazione di antiche immagine.
Arranco
nel presente, sostenendomi a quelle certezze che mi circondano e che
paiono
improvvisamente espresse dalla voce di mia moglie.
Mia
moglie.
Linda.
La
donna che amo.
Sorrido
di tale affermazione che troneggia nella mia mente, come un sovrano che
esilia
lontano dai suoi possedimenti i piaceri effimeri che ho creduto
indispensabili.
-Torno
presto, amore mio. Mi mancate tantissimo tu e i ragazzi e...-
Heather
interrompe inconsapevolmente le parole della madre irrompendo nel
salotto.
Tenta di interrompere i suoi passi affrettati artigliando con le dita
arrossate
lo stipite della porta. La ragazza trattiene il labbro inferiore fra i
denti,
premendo la lingua sul palato nell'impaziente tentavo di attirare la
mia
attenzione.
Alzo
lo sguardo e incontro i suoi occhi che guizzano verso l'ingresso,
indicando
tacitamente la presenza di un'ospite atteso.
Termino
a malincuore la telefonata con Linda lanciando un'occhiata all'orologio
affisso
alla parete. Le lancette proseguono blandamente il loro tracciato
quotidiano in
attesa dell'arrivo di Brianna, usuale in questo momento della giornata.
Heather
incrocia le braccia sul seno che non ricordo così
prosperoso. Accolgo la sua
crescita con un sorriso soddisfatto prima di ascoltare le sue parole.
-
è arrivata Brianna. Posso farla entrare o avete in programma
qualche altra...
uscita? Sai, tutta questa vostra... intimità... comincia ad
incuriosirmi
molto...-
Abbasso
gli occhi, tentando di celare con un sorriso divertito il rossore
infantile,
avvampato sulle mie guance a causa delle parole di Heather.
-Non
essere ridicola...-
Esclamo
con un'irritazione affatto intenzionale che tento di mitigare con il
movimento
accurato delle mani lungo i lembi della camicia.
Heather
alza le mani in segno di resa e si allontana dal salotto.
-Perdoni
la mia ironia, Mr Serietà... a volte mi domando come la
mamma possa sopportare
questa tua totale assenza di predisposizione al sarcasmo.-
Ignoro
le sue parole quanto lei ignora la realtà che la circonda e
che affolla, mio
malgrado, la mia mente.
Mi
dirigo verso l'ingresso, aggrottando la fronte attraverso il sole che
inonda
l'ambiente attraverso il portone.
La
sua apertura generosa accoglie la figura di Brianna, la cui grazia
è
adombrata dai raggi
che trafiggono le
spalle della ragazza.
Queste
risultano coperte da un abito primaverile, pregno dello stesso aroma
dei fiori
ritratti sulla stoffa.
Lascio
scivolare lo sguardo sulle sue gambe nude che poco tempo prima hanno
avvolto i
miei fianchi, ora celate pudicamente dalla veste.
Deglutisco,
scacciando quel ricordo e permettendo al sorriso di Linda di occupare i
miei
pensieri. Ma sono consapevole che l'indifferenza riguardo quella notte
non
potrà sopravvivere ai chiarimenti necessari che entrambi
esigiamo.
Brianna
sfiora le labbra con la lingua, suscitando in me un'immagine alquanto
sconveniente.
Sistema
la tracolla con la mano, impegnando le dita che fino a quel momento
hanno
sostato lungo il suo busto.
Allontana
i capelli dal viso, mostrandomi i suoi lineamenti che ritengo
d'improvviso
estremamente giovani.
La
vergogna provocata dalla profanazione di quella fanciullezza avviluppa
il mio
spirito in una fastidiosa morsa.
Abbasso
gli occhi sdegnato dal piacere scaturito alla vista del corpo di quella
ragazzina.
Deglutisco,
punendo la debolezza del mio spirito e impegnando la mia mente
nell'immaginazione del viso di Linda.
Brianna
attende l'allontanamento di Heather prima di esclamare con ostentata
risolutezza:
-Io...
io devo... parlarti...-
Incontro
il suo sguardo indagatore che non pare appagato della maliziosa analisi
con cui
ha scandagliato il mio corpo pochi giorni prima.
L'interesse
che colma quegli occhi mori ha una natura assai differente. Una ambigua
curiosità conduce il suo sguardo lungo i miei capelli, la
curva del naso e
quella delle spalle ampie, il profilo del torace, prima di risalire
lungo le
gambe.
Il
suo respiro irregolare pare causato da un'affannosa preoccupazione.
Ignoro tale
supposizione, rischiarando la gola arida.
-Dobbiamo
entrambi.-
Le
mie parole risultano ferme e impassibili, a differenza della mia mente,
colme
di una certezza in attesa di essere esplicata.
Rivolgo
la mia esclamazione a Heather, senza distogliere l'attenzione da
Brianna.
-è
una bellissima giornata, Heath. Spero non ti dispiacerà se
conduco la...
signorina Richards nei luoghi londinesi preferiti da John. Credo... sia
molto
utile per... fare chiarezza...- Pronuncio l'ultima frase dimenticando
il
contenuto delle precedenti, riferendomi esclusivamente al mio rapporto
con
Brianna.
Heather
biascica una risposta assieme ad un panino farcito appena preparato.
-Non
preoccuparti, mi occupo io dei ragazzi.-
Raggiunge
l'ingresso, ammiccando discretamente nella mia direzione.
-Buon
lavoro...-
Sorrido
della sua ingenuità prima di annuire debolmente, ritirando
le labbra e
dirigendomi verso il portone ligneo.
________
Il fruscio delle fronde
degli alberi di pino
che circondano il parco occupa il mio udito, disimpegnato da qualunque
altro
ascolto.
L'aria
fredda che ha intorpidito le mie membra pare ora assecondare il
dilagamento di
un piacevole tepore nell'ambiente. Il vento estivo carezza la mia gonna
con lo
stesso trascinante desiderio che ha condotto le mani di Paul lungo la
mia
pelle.
Quelle
mani che ora mio padre abbandona lungo i fianchi, ignorandone il
possibile
utilizzo.
Quelle
mani a cui è stata impedita una carezza alla propria figlia
da una donna
egoista che non ritengo degna del mio perdono. Rivolgo quest'ultimo a
Paul che
lo riceve inconsapevolmente.
Permetto
nuovamente al mio sguardo indiscreto di indagare in quegli occhi verdi,
alla
ricerca delle iride ambiziose e pentite di quel ragazzo diciottenne che
mi ha
abbondata prima di reclamare dignitosamente la sua paternità.
Null'altro
che dignità infatti accompagna l'immagine di quell'uomo,
cresciuto con il
rimpianto di un errore al quale nessuno gli aveva offerto la
possibilità di
rimediare.
Ricerco
nei suoi connotati i miei lineamenti, tentando di individuare una
somiglianza
che non mi sono mai curata di cogliere.
Sfioro
la bocca con la mano, esibendo un'espressione pensosa, mentre riconosco
nella
carnosità delle mie labbra la pienezza di quelle di Paul.
Le
labbra di mio padre che neppure pochi giorni prima sono affondate nelle
mie in
una sequenza di baci passionali.
Immagino
quella stessa bocca impegnata in un bacio affettuoso delle mie guance,
colorate
dallo stesso rossore infantile che Thomas scherniva dolcemente con un
sorriso.
Forse
la reazione di Paul sarebbe stata diversa.
Forse
mi avrebbe abbracciata caldamente, sfiorando il mio naso con il suo,
gesto che
ripete sovente con James.
Allontano
le fantasie riguardo le probabilità che non vedranno mai
compimento,
concentrandomi sull'abominevole realtà che mi circondava.
Caratterizzato
da un riprovevole atto incestuoso il presente che il destino mi
costringe a
vivere istiga un sospiro trattenuto.
Paul
pare cogliere il mio tremulo refolo di fiato, a cui segue il suo.
Raccolgo
il poco coraggio di cui dispongo in ogni recesso della mia anima e
decido di
confessare la verità, sconosciuta a quest'uomo. Da egli il
mio tentativo di
espressione viene interrotto.
L'uomo
rischiara la gola e inclina il capo, in una posa che anticipa parole
scrupolose.
Negli
occhi di Paul compare il guizzo del ricordo che diviene protagonista
della sua
voce arrochita.
-Ricordi...
la prima volta che venimmo qui?-
Annuisco,
confusa dalla sua criptica domanda.
Accetta
il mio gesto, scuotendo le ciglia che si arcuano lungo le guance,
lunghe e
sinuose quanto le mie.
Concentra
lo sguardo di fronte a se, ignorando la mia figura che avanza al suo
fianco.
-Ricordi...
che ti parlai di John e di quanto la vita adulta riesca ad offrire
all'uomo
possibilità di comprensione e riscatto dai propri errori?-
Annuisco
nuovamente, decisamente meno sorpresa, intuendo il fine delle sue
parole.
-Credo
che... la mia esistenza sia un'eccezione a questa affermazione. Io
non... non
vado fiero della mia adolescenza, di quello che la mia giovinezza mi ha
spronato a fare, sbagli che... non sono stato in grado di...
affrontare...-
Deglutisce,
dandomi la possibilità di riconoscere il mio concepimento in
quei trascorsi
errori che lui stesso paventa.
Scuote
il capo, il rimpianto colma i suoi occhi che tento di osservare oltre
il velo
di lacrime che cela le mie iridi.
In
quel gesto di rassegnazione non intravvedo la malignità del
ragazzo descritto
da Ester bensì la dignità di un uomo responsabile
che affronta il passato, a
differenza di mia madre.
Distolgo
dalla mia mente l'immagine ingannatrice di quella donna che nonostante
gli anni
colma i ricordi di Paul di un rimorso evitabile.
Trattengo
il labbro inferiore fra i denti, nell'attesa della mia confessione che
seguirà
le sue parole.
Una
confessione necessaria quanto il tepore estivo che rinfranca le membra
infreddolite dei londinesi.
Tale
lieve calore pare avvolgere anche Paul, le cui mani si avvicendano sui
bottoni
del trench, dal quale desidera evidentemente spogliarsi.
-E
ora... sono ricaduto in quegli antichi errori di cui fa parte anche il
tradimento. Un tradimento di non una ma... di due persone. Di Linda,
mia
moglie, la donna che amo di più al mondo, la madre dei miei
figli, la persona
che ho deciso di sposare e con cui desidero trascorrere il resto della
mia
vita. E di te, una ragazza giovanissima che... è stata
vittima di una forte
ammirazione, che ha illuso la sua mente ottenebrata dal dolore di
provare una
pulsione irresistibile nei... miei confronti. E io... io sono stato un
ragazzino. Un maledetto ragazzino che ha ceduto ad una... tentazione
carnale
che spesso ha fatto vacillare le mie convinzioni giovanili. Ma ora non
ho alcun
dubbio riguardo i miei desideri: in essi non riconosco altri che la mia
famiglia. I miei bambini, che hanno bisogno di un padre fedele alla
propria
moglie e non di un lurido traditore, della cui fama mi sono macchiato
quella
notte. Una notte... che temo non riuscirò a dimenticare. La
mia attrazione per te
è sfociata in una passione... arsa in breve tempo che mi ha
fatto comprendere
l'importanza della stabilità di... un amore duraturo.
L'amore di Linda. L'amore
di Mary, Stella, Heather e James. Io... non posso permettermi di
mettere a
repentaglio tutto quello che ho creato così faticosamente.
Sono stato uno
stupido a permettere all'istinto di dominarmi, io... ti ho illusa. E mi
dispiace. Mi dispiace... davvero moltissimo. Non avrei voluto che...
che
finisse così fra di noi. Non avrei creduto accadesse... non
volevo accadesse.-
Umetta
le labbra con la lingua, distendendo il collo.
Osservo
il pomo d'Adamo guizzare oltre la pelle, mentre le parole di Paul
permeano il
mio udito, sovrastando il fruscio del vento.
La
sincerità della testimonianza di Paul permette un subitaneo
palpito al mio
cuore, di cui alcuni anfratti vengono conquistati da una consapevolezza
tanto
violenta quanto inaspettata.
Permetto
alla voce di Paul di scivolare nella mia mente che ne assorbe il
significato.
Una
sensazione di amarezza colma il mio palata nell’appurare la
genuinità dell’amore
provato da Paul per la moglie Linda.
Un
amore che non ha mai sussurrato all’orecchio di mia madre, di
cui non ha mai
intriso le carezze al mio capino infantile.
Un
affetto incondizionato, la difesa del quale è considerata un
onere piacevole e
doveroso.
Un
affetto che offre un orgoglioso onore a colui che è
interessato dalla sua influenza.
Tale
soddisfazione, paragonabile solo a quella scaturita in un bimbo durante
l’esame
di una propria faticosa realizzazione, ho creduto provocata in me dai
baci di
mia madre nei quali ho riconosciuto solo ipocrisia al momento della
sconcertante rivelazione della donna.
Avverto
nuovamente la pungente frustrazione lungo il profilo della mascella,
rielaborando con la mente le parole di mia madre che ora paiono velate
da una
veste differente.
Non
più le spoglie meschine che hanno ricoperto le
giustificazioni di Ester ma un
tessuto maggiormente comprensibile e altrettanto irreale.
Una
maschera di protezione che non ho delineato prima nella voce di mia
madre.
Protezione
di una persona amata dalla realtà, forse troppo crudele per
essere affrontata.
Lo stesso senso di protezione che mi impedisce d’improvviso
di confessare la
realtà che ha sfiorato i miei sensi a quell’uomo
che ne ha provocato il
turbamento.
Alzo
gli occhi verso Paul, divenendo vittima di una subitanea inquietudine.
Osservo
le mani del musicista annaspare lungo il profilo delle tasche del
trench. In
quanto fumatrice riconosco senza difficoltà la smania che
conduce i suoi gesti
alla frenetica ricerca del pacchetto di sigarette. Decifro altrettanto
facilmente
il rammarico sul suo volto alla scoperta dell’assenza di quel
piccolo piacere.
Mi
domando incuriosita quanto quei suoi piccoli gesti avrebbero costellato
la mia
infanzia. Ma il ricordo di quest’ultima possiede un ulteriore
protagonista:
Thomas.
Un
uomo generoso che assieme a mia madre a deciso di compiere una
decisione
altrettanto altruista. La stessa che si insinua improvvisamente in me
impedendo
alla mia volontà di compiere l’azione per cui ho
trovato il coraggio di
mostrarmi di fronte alla villa di Paul, celando il mio imbarazzo.
Un
volere pressante che impedisce, forse con la stessa furia con cui ha
stimolato
il silenzio di mia madre nei confronti
dell’identità di mio padre, la mia
confessione.
Una
confessione che distruggerebbe l’esistenza di mio padre, di
quell’uomo nella
cui maturità non rimane neppure un ricordo
dell’adolescenza sprovveduta. Quest’ultima
permette ai suoi lineamenti di assumere un’espressione
seriosa, levigata da un
passato che, come uno schiaffo violento permette al rossore di
propagarsi sulla
pelle, corrode i connotati di Paul.
Comprendo
quanto le mie parole potrebbero permettere ai ricordi di riaffiorare
assieme
alla consapevolezza delle conseguenze della nostra debolezza carnale
che non ha
causato solo la mia frustrazione e il suo tradimento nei riguardi della
moglie.
Ha
stimolato un peccaminoso incesto, la cui scoperta impedirebbe alla vita
di Paul
un prosecuzione in quella serenità amorevole che
l’uomo paventa.
Io
non sono altro che una ragazza, spaventata da una realtà
più grande di lei, con
la quale dovrà adattarsi ad una convivenza forzata. Una
convivenza che non
dovrà causare discrepanze nella famiglia di mio padre, in
quella realtà che ha
costruito faticosamente.
Il
mio risoluto desiderio di confessione e conseguente redenzione dei
peccati
commessi sfuma di fronte alla possibilità di causare con
esse l’infelicità di
Paul.
Immagino
di riconoscere nella mia titubanza quella che ha guidato il silenzio di
mia
madre.
Osservo
il volto di Paul, nella speranza che i suoi lineamenti conservino un
conforto
ai miei indugi.
Ma
su di esso non riconosco che le lievi rughe di un uomo, appianate dalle
carezze
di quei figli i cui sorrisi lo attendono a casa.
Gli
stessi sorrisi che forse arcuano le sue labbra e permettono al suo capo
di
inclinarsi verso il basso, dove gli occhi non incontrano il terreno ma
trasmettono le immagini della sua quotidianità che crede
ristabilita con le
parole appena pronunciate.
Riproduco
la posa della sua bocca, mossa da un motivo ben diverso; la netta
comprensione
delle azioni di mia madre, che nonostante fatichi ancora ad insinuarsi
nella
ferita del mio orgoglio contribuisce a sanarla.
Assume
un’espressione cordiale, nella quale il ricordo della notte
passata assieme
crea un’aura
ipocrita e falsamente
amicale.
-Volevi…
dirmi qualcosa, giusto? Riguardo… beh, riguardo…-
La frase ricerca il suo
termine senza successo.
Deglutisco
ed esclamo, senza distogliere i miei occhi da quelli di mio padre:
-Volevo
dirti che… quello che ho fatto è
stato… meschino. Volevo dirti… che ti apprezzo
e che l’alcool non mi ha aiutata ad esprimere la mia stima
nel modo adeguato.
Volevo dirti che proprio la benevolenza che provo per te mi costringe
a… non
interferire con la tua vita. Una vita appagante che non deve essere
distrutta
da… un errore…- un fremito scuote la mia schiena
del momento in cui riferisco
quel termine al mio concepimento. Deglutisco e riprendo:
-Ami
tua moglie. E io… rispetto il tuo sentimento quanto rispetto
te. Io… volevo
solo dirti che mi dispiace… per quello che ho
fatto…vorrei solo che tu…
proseguissi la tua vita senza rimorsi riguardo il nostro
sbaglio… una volta
terminata l’intervista non… non
interferirò mai più con te… te lo
prometto… non
rovinerò la tua vita..-
L’irreversibilità
di tale affermazione scuote le mie spalle, rendendomi consapevole della
sua
necessità.
Subisco
il suo sguardo su il mio viso, stravolto dal desiderio di sfiorare in
una carezza
priva di malizia le braccia che avrebbero voluto cullarmi e che
inconsapevolmente ho avvolto attorno alla mia vita con passione.
Permetto
a quell’immagine di penetrare la mia anima, considerando
questa l’unica
possibilità di convivere con il raccapriccio del mio gesto:
l’affronto.
Il
vento continua a frusciare fra le siepi ma il suo sibilo si confonde
con il
respiro di Paul, che immagino di sentire quella sera, sulla mia gota
adagiata
al guanciale. Un
piacere di cui godranno
presto i figli di mio padre.
Una consapevolezza adeguata a farmi comprendere la correttezza della
mia
decisione.
Angolo
di uno zombie:
Ragazze…
È
mezzanotte e spero vogliate compatirmi.
Ho
finito ora di scrivere, abbiate pietà del risultato.
Aspetto
con ansie le vostre recensioni.
Giu