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Autore: whjtesnow    20/08/2013    4 recensioni
Mi avvicinai a lui calpestando i pezzi rimanenti del mio telefono, a passo lento. Avevo paura.
Paura che ciò che vedevo fosse frutto della mia immaginazione.
Paura del passato.
Paura del futuro.
Paura che Harry scomparisse in un secondo.
Il riccio indietreggiò subito; ad ogni mio passo corrispondeva uno suo all'indietro che lo allontanava da me sempre di più.
Di nuovo.
Il mondo si era fermato. Non esisteva più nessuna coppietta infelice, nessuna famiglia riunita o nessuna telefonata che potesse distrarmi. Eravamo solo io e lui. Come tre anni fa.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Mi scusi.- Dissi per l'ennesima volta in una giornata, urtando un uomo sulla sessantina intento a recuperare i suoi bagagli.

New York era davvero caotica durante le ore di punta: la metropolitana pullulava di turisti confusi, l'automobile era a dir poco impraticabile visto il traffico intenso lungo le vie principali, e lo scooter era un attestato di morte certa per chiunque non avesse un minimo di esperienza a bordo.
Così, per i cittadini di New York, erano indispensabili i piedi per muoversi senza paura di essere sbalzato dal sellino dello scooter o di essere schiacciato dalla massa consistente di stranieri senza meta.
Ma ciò che consideravo impossibile da poter usufruire era l'aeroporto. Era un vero e proprio suicidio viaggiare con gli aerei durante le ore con più folla ammassata.

Una volta arrivato a New York, l'ordine mentale proposto viene sbalzato e occultato dal frenetismo della massa; tutti vanno di fretta, tutti hanno l'ansia di arrivare al posto stabilito, all'ora stabilita.

La città di New York è il posto perfetto per passare le vacanze con stile, per chi ricerca la compagnia, per chi desidera essere spensierati per giorni; ma è anche il posto perfetto per i solitari: per quelli così riservati che nessuno, nell'immensa folla di New York, si accorge di loro. New York è il posto perfetto per ogni persona.
Ma non per me.

Questo è il luogo che ho dovuto abbandonare per colpa del razzismo, è il luogo che ho odiato fino allo sfinimento per colpa dell'omofobia, è il luogo a cui ho pensato giorno e notte, solo perché qui abitava la mia ragione di vita.
Quella per la quale io ero vivo.

-Ragazzo, forniscimi il tuo biglietto per favore.- Mi risvegliò dai miei pensieri una hostess sulla cinquantina.

Recuperai il biglietto dal borsone che portavo a tracolla e glielo porsi con poca grazia.

-Bene, grazie per aver scelto la nostra compagnia, ci auguriamo che lei sia rimasto soddisfatto. Arrivederci ed alla prossima!- Sorrise.

Ovviamente qui un sorriso veniva pagato metà del loro stipendio, quindi, senza troppi convenevoli mi liquidai con un cenno del capo appena accennato, e scesi dalle scalette dell'aereo trascinandomi il trolley nero.

Arrivato di sotto corsi verso l'interno dell'aeroporto, impaziente di uscire da quel posto.

Superai il nastro trasportatore con sopra i bagagli già in funzione ed uscii dalle porte scorrevoli, che sbucavano in un'enorme sala, all'interno della quale c'erano tantissime persone ammassate dietro un nastro che delimitava lo spazio a loro concesso.
Notai una famiglia con accanto due grandi valigie ed un bambino molto piccolo che abbracciava il padre mentre quest'ultimo piangeva e la madre si asciugava le lacrime che ormai scorrevano lungo il suo volto roseo. 
C'era una coppia di ragazzi che si abbracciava con una dolcezza tale da farmi rabbrividire; è questo ciò che si prova quando sai che qualcuno ti aspetta, quando sai che a qualcuno importa qualcosa di te. Quando ami a tal punto da morire pur di far tornare in vita la tua anima gemella.

Continuai a camminare verso il centro della sala con un'espressione affranta, stanca; da quel punto potevo prendere qualsiasi direzione per uscire da quel labirinto che ormai mi stava opprimendo fino alle budella.
Mi ricordai ad un tratto di dover avvisare mia mamma del mio arrivo in aeroporto, così afferrai velocemente il cellulare dalla tasca e lo accesi.

-Emh, salve, mi scusi, potrebbe darmi qualche dollaro per comprarmi il pranzo? Sono senza tetto e cibo, mi aiuti, la prego.- Mi chiese con tono supplicante una povera vecchietta con solo pochi stracci addosso.
Aveva un aspetto terribile, e si notava nei suoi occhi la sofferenza di una vita trascorsa nell'immensità dell'oblio della povertà.
Chissà se lei avverte lo stesso nei miei occhi.

-Certamente...ecco a lei, buona fortuna.- Sorrisi porgendole venti dollari.

-Grazie giovanotto! Grazie davvero. Che Dio ti benedica!-

Si avviò a passo svelto verso il bar lì vicino, iniziando a guardare con sguardo sognante tutti i cibi che venivano proposti nelle vetrinette. Mi sentivo così bene a rendere felice la gente, era come se fosse un lavoro, una questione di stare in pace con sé stessi.
Purtroppo però nessuno avrebbe potuto far felice me.

Mi chinai nuovamente sul mio cellulare continuando a camminare, mentre cercavo il numero di mia mamma tra i contatti telefonici.

-Pronto?- Rispose Johannah.

-Mamma, sono atterrato poco fa.-

-Louis per l'amor del cielo che spavento che mi hai fatto prendere!- Esclamò. -Avresti dovuto chiamarmi prima.-

-Mamma ti prego non farmi la predica; ti ho chiamata e questo è l'importante. E' difficile orientarsi qui dopo tutto questo tempo lontani e ho dovuto...guardarmi intorno.- Mi giustificai.

-Tranquillo tesoro.- Sospirò. -Dopo tre anni capisco che non tutto sia come prima, nemmeno gli aeroporti.-

No mamma, niente è come prima.

-Infatti.-

Mi girai più volte a destra ed a sinistra in cerca della mappa completa del pian terreno dell'aeroporto. Mentre camminavo urtando qualche persona accanto a me notai una figura che mi osservava da lontano, ferma immobile. Così alzai lo sguardo dal pavimento e lo diressi verso la persona che mi stava scrutando a pochi metri di distanza.

Il cellulare che reggevo ancora con la mano accanto all'orecchio cadde, frantumandosi sul pavimento sporco dell'aeroporto e la mia bocca si spalancò così come gli occhi che divennero lucidi dall'emozione.

-Harry..- Sussurrai.

Mi avvicinai a lui calpestando i pezzi rimanenti del mio telefono, a passo lento. Avevo paura.
Paura che ciò che vedevo fosse frutto della mia immaginazione.
Paura del passato.
Paura del futuro.
Paura che Harry scomparisse in un secondo.

Il riccio indietreggiò subito; ad ogni mio passo corrispondeva uno suo all'indietro che lo allontanava da me sempre di più.
Di nuovo.

Il mondo si era fermato. Non esisteva più nessuna coppietta infelice, nessuna famiglia riunita o nessuna telefonata che potesse distrarmi. Eravamo solo io e lui. Come tre anni fa.





-Guardali, i due froci della scuola!- Rise Levy.

-Non ascoltarli Harry.- Commentai notando la sua espressione affranta.

Camminammo lungo tutto il corridoio del college tenendoci per mano, come sempre, non curandoci delle risate che riecheggiavano nelle nostre teste come registratori infiniti; era tutto perfetto: eravamo due innamorati che non si curavano dell'idea insana altrui, pensavamo a noi stessi ed al nostro amore, al nostro futuro e alle maschere che non avremmo più dovuto indossare di fronte al mondo intero.

-Pensi che un giorno accetteranno la nostra natura?- Chiese Harry ingenuamente.

Aprii il mio armadietto arancione gettando all'interno tutti i libri delle ore scolastiche successive alla prima.

-Sì Harry, la stanno già accettando, ma vedi, in una società che osserva solo il fuori delle cose e della gente non puoi aspettarti comportamenti diversi. E' così e purtroppo le uniche soluzioni sono due: accettare e combattere per i propri diritti, oppure abbandonare.- Scossi la testa richiudendo l'armadietto.

-Già.- Sospirò guardandomi negli occhi.

Avrei voluto stringerlo tra le mie braccia, incurante di tutti gli sguardi persistenti degli studenti ficcanaso di quella scuola fin troppo snob per i miei gusti; avrei voluto sussurragli un “va tutto bene”, ma non sarebbe bastato; avrei voluto avere un contatto con le sue labbra carnose, anche solo per un attimo, per assaporare la vitalità che mi offriva il suo sapore sulle mie labbra.

 

 

 

 

                                                                                                       Togli via la carne e le ossa

                                                                                            Guarda oltre le bugie che hai conosciuto

                                                                     Tutti vogliono parlare di uno strano, nessuno vuole scavare così a fondo.

                                                                                              Lascia che ti porti dentro di me, baby,

                                                                     è meglio che guardi dove metti i piedi, non importa cosa ci sia intorno a te.

                                                                 Vedrai cose che magari non vorresti vedere, non è ancora facile per me, in fondo.

 

 


Allungai il passo, avvicinandomi sempre di più ad Harry, che ormai aveva smesso di indietreggiare: si era fermato. Era rimasto immobile. Stava guardando verso di me, ma il suo sguardo era perso, e le sue braccia stanche cadevano lungo fianchi sinuosi che lo avevano sempre caratterizzato.

 

 

 

 

-Dammi tregua, cazzo!- Urlai a Des.

-No Louis! E' sbagliato che tu stia con Harry! Siete sempre stati migliori amici ed adesso? Vi mettete a scopare per piacere personale? No cari miei, non vi permetterò di fare sesso tra voi due, uomini per giunta!- Tuonò.

-No Des, tu non ci permetterai di essere felici, perché stare insieme vorrà dire vivere; stare separati, invece, morire.- Sospirai scuotendo il capo.

Il padre di Harry era un famoso imprenditore londinese che era entrato in un giro d'affari molto grande, forse più di lui, e lo stava gestendo con grande maestria. Ma forse, la maestria, avrebbe dovuto concederla anche per far felice suo figlio.

-Dimenticati della felicità Louis. Io non ti permetterò di inculare mio figlio. Né adesso, né mai. Siamo stati chiari?- Mi guardò truce.

-Ce..certo.-

Delle lacrime salate solcarono le mie guance ormai rosse, mentre il peccato si impossessava del mio cervello. La mia bocca ripeteva un “si” costante, mentre il mio cuore mandava tutti, compreso Des, a quel paese, sapendo che mai sarei potuto stare lontano da Harry.

 

 

 

 

                                                                                           Un rosso fiume di urla, in fondo lacrime nei miei occhi,

                                                                                                    in fondo stelle nel mio cielo nero e blu.

                                                                                                          E in fondo, sotto la mia pelle.

                                                                                                   In fondo, le profondità del mio peccato.

                                                                                                                 Guardami, Vedi ora?

 

 

 

 

Mi scrollai di dosso il borsone che mi ero portato da Londra, gettandolo in terra come spazzatura, non scostando lo sguardo dagli occhi smeraldini del riccio.
Il mio ricciolino.

-Avvicinati...- Ansimai guardandolo.

Il mio petto andava ormai troppo veloce, sembrava che avessi appena finito di correre una maratona. Ma la situazione e l'emozione erano ben diverse da una banale corsa, ero sull'orlo del pianto, del cedimento globale del corpo.

 

 

 

 

-Guardami Lou!- Urlò Harry girando il mio viso verso il suo.

Una smorfia di dolore mi colorò a causa delle sue unghie conficcate nel mio mento coperto solo da un leggero strato di barbetta.

-Hai parlato con mio padre?- Chiese addolcendo i tratti del viso.

-Sì Harry, ho parlato con lui, e mi ha anche detto chiaramente di girare alla larga da te.- Gli scostai la mano.

-Ti ha minacciato?-

-No, ma ho dovuto acconsentire alla sua richiesta.- Abbassai lo sguardo.

Percepii il suo sguardo puntare il mio viso cupo, ed il suo respiro farsi sempre più veloce e pesante. Come potevo essere la sua ancora di salvezza, se io brancolavo in un mare di bugie?

 

 

 

 

                                                                                                      Benvenuto nel mio mondo della verità,

                                                                                                 non voglio nasconderti nessuna parte di me.

                                                                                                          Sono qui in piedi senza scuse.

                                                                                                 Una così bella liberazione, tu dentro di me. 

 

 

 

 

Harry rimase immobile, fermo al suo posto, continuando a fissare il vuoto davanti a sé, quando invece avrebbe potuto stringermi tra le sue ormai muscolose braccia, tirarmi leggermente i capelli sulla nuca come faceva tre anni fa per vedere le mie labbra e poi baciarmi come se fosse l'ultimo contatto al mondo tra noi due.

Mi mancava quel contatto, mi mancava il suo sapore di gelsomino mischiato al mio Chanel n°5; mi mancava il suo corpo sudato contro il mio durante le nostre notti di passione, i suoi boxer Calvin Clain gettati per caso sopra lo schermo del computer; mi mancavano i suoi “ti amo”, le sue tacite disperate richieste di aiuto e le sue mani che ricoprivano perfettamente le mie guance durante i baci passionali.

Erano ormai ricordi, solo stupidi fari che si accendevano ogni qual volta calava la notte nella distesa enorme di acqua increspata che era la mia mente.

 

 

 

 

Stavo camminando verso casa, quando sentii il rumore del rombo di una macchina molto potente; mi fermai di fronte il vicoletto in cui si trovava il mio piccolo appartamento che dividevo con i miei tre altri coinquilini. Osservai per bene i dintorni, e, notando che non c'era nessuno, mi avviai verso casa.

Era un buco per quattro persone, ma non potevo permettermi altro, ed i miei amici erano sicuramente più affidabili di tre idioti raccattati dalla strada.

-Ehi Louis, dove sei stato? Io, Niall e Zayn ti abbiamo chiamato al cellulare un migliaio di volte, ma non rispondevi mai.- Urlò Liam stravaccato sul divano mentre leggeva “Amleto”.

Mah, da un ragazzo di nome Harold Edward Styles, lo amo alla follia e se non aveste la mente così chiusa probabilmente vi direi anche che ci siamo baciati fino a che le nostre labbra non si sono raggrinzite e la nostra saliva si è consumata. E sì, sono gay.”

-Da mia mamma, aveva bisogno d'aiuto.-

 

 

 

 

 

                                                                                               Un rosso fiume di urla, in fondo lacrime nei miei occhi,

                                                                                                       in fondo stelle nel mio cielo nero e blu.

                                                                                                             E in fondo, sotto la mia pelle.

                                                                                                    In fondo, le profondità del mio peccato.

                                                                                                                   Guardami, vedi ora?

                                                                                                                             Al di sotto.
                                                                                                                             Al di sotto.
                                                                                                                             Al di sotto.
                                                                                                                             Al di sotto.
                                                                                                                             Al di sotto.

                                                                                                       Benvenuto nel mio mondo della verità.

                                                                                                                  Un rosso fiume di urla

                                                                                                           Al di sotto, lacrime nei miei occhi

                                                                                                     Al di sotto, stelle nel mio cielo nero e blu.

                                                                             E al di sotto, sotto la mia pelle al di sotto le profondità del mio peccato

                                                                                                                      Guardami Vedi ora?

                                                                                                                             Al di sotto.
                                                                                                                             Al di sotto.
                                                                                                                             Al di sotto.
                                                                                                                   
                                                                                                                      Guardami, lo vedi?

                                                                                                                      Guardami, lo vedi?

 

 

 

 

Mi avvicinai pian piano al corpo inerme di Harry; sembrava in stato vegetativo, confusionale. Non era questa la reazione che mi sarei aspettato da Harry, non certo che mi avrebbe accolto a braccia aperte nella sua vita, di nuovo, ma nemmeno questa sua indifferenza mi era familiare.
Era cambiato tutto.
La Bella era diventata la Bestia, e viceversa.
Il bianco si era trasformato in nero.
La paura era ormai diventata la forza d'animo.
L'amore era ormai odio.
Ed io, che ero il suo punto di riferimento, ero solo una grossa delusione, un fuggitivo.

 

 

 

 

-Louis, cosa cazzo stai facendo con quelle valigie?!- Urlò Harry dal fondo delle scale che portavano alla porta d'ingresso di casa Styles.

-Parto.- Mi girai verso di lui.

Il suo viso assunse una smorfia confusa ed allo stesso tempo delusa, affranta...stanca.

-Pa..parti?- La sua fronte si corrugò in un'espressione davvero divertente.

Risi.

-Cosa ci trovi di tanto divertente in questa situazione Louis?!- Esclamò.

-Sei buffo con le sopracciglia inarcate in quel modo.- Continuai a ridere per evitare il discorso.

Mi resi conto subito dopo che Harry era serio, e la sua espressione era tornata normale, forse anche accigliata e innervosita dal mio comportamento inappropriato.

-Parto Hazza, vado via da New York, andrò a Londra da mia mamma.- Tornai serio improvvisamente.

-Co..come Londra? Ma è una vacanza?-

-No amore, non è vacanza, mi trasferisco lì finché l'ira di tuo padre non si sarà placata e New York non diventerà più vivibile per una coppia omosessuale.- Confessai torturandomi le dita delle mani.

Harry non rispose, guardandomi torvo con le sopracciglia ancora una volta aggrottate.
La sua espressione diventò subito più tenera, mentre le braccia si bloccarono lungo i fianchi; mi avvicinai a lui, stringendolo in un abbraccio. Sentii le sue lacrime bagnarmi la mia maglia a righe, mentre i suoi singhiozzi si ripetevano continuamente dalla sua gola alle mie orecchie.
Le sue braccia si fermarono sulla mia nuca, mentre le mie tenevano saldamente i suoi fianchi, sapendo benissimo che quello sarebbe stato il nostro ultimo contatto fisico per molto, troppo tempo.

-Tornerai?- Chiese il mio ragazzo staccandosi da me.

Le sue iridi verdi mi guardavano con un velo di lacrime che sgorgavano ormai anche dai miei occhi, incapaci di trattenere il fiume in piena che mi ero ripromesso di non mostrare. Dovevo essere forte per entrambi.

-Sì Hazza, tornerò, ma non so quando.- Sospirai allontanandomi da lui ed afferrando le valigie posate distrattamente sull'erba artificiale che ricopriva il giardino.

-Baciami Lou, l'ultima volta.- Mi supplicò con lo sguardo.

-No, non rendere tutto più difficile. Mi bacerai quando tornerò, quando sarò abbastanza maturo da affrontare il mondo pieno di pregiudizi come il nostro. Sarò una persona migliore a quel tempo, e potrai dire di esserti innamorato di una persona che è riuscita a superare i problemi, ma non a risolverli. Sarà imbarazzante per te, mentre per me non lo è mai stato dover dire di essere innamorato di un ragazzo sedicenne con il padre famoso e ricco; eppure io non l'ho mai fatto, non l'ho mai detto a nessun altro all'infuori di mia mamma.- Scossi la testa.

Si avvicinò a me allungando la mano per sfiorarmi il braccio, ma io indietreggiai, andando a sbattere sul cancelletto che dava sulla strada.

-Per me non è mai stato imbarazzante ammettere il mio amore per te, e mai lo sarà. E se tu avessi avuto paura, bene, lo avremmo superato assieme. Non partire Lou, non lasciarmi in questa barca che sta affondando.-

-Falla rimanere in mare per qualche tempo in più Harry: issa le vele, pesca qualche pesce e dai da mangiare alla tua ciurma, poi quando tornerò molla tutto, affonderemo assieme.-

Mi allontanai da quel giardino, richiudendomi dietro il cancelletto nero di casa Styles, conscio che non l'avrei rivisto per molto tempo.

 

 

 

                                                                                                    Benvenuto nel mio mondo della verità,

                                                                                                non voglio nasconderti nessuna parte di me.

 

 

 

 

Harry si risvegliò da quello stato di trance che lo aveva avvolto per minuti interminabili, mentre la mia mente rievocava ricordi, momenti difficili della mia vita con Harry.
Eravamo caduti al di sotto assieme. Al di sotto di ogni insulto, al di sotto di ogni pregiudizio, eravamo quasi morti per cadere al di sotto, pensando che questo fosse migliore della vita terrena, oltre ogni aspettativa. Ma al di sotto di noi c'era solo la nostra anima, il nostro essere, la nostra personalità limpida.

Ero di fronte a colui che avevo amato anni prima, colui che mi aveva insegnato a combattere, che mi aveva reso migliore, che mi aveva insegnato a combattere per ciò che volevo, per il nostro amore. Nessuno aveva mai saputo nulla di noi, a parte mia mamma e Des, suo papà, siamo sempre stati un piccolo segreto; come quando si è piccoli e gli adulti ti affidano una sciocchezza che, però, a quell'età vedi come se fosse una responsabilità enorme, noi due eravamo questo: due bambini che ingigantivano una situazione fin troppo facile.

Mi ritrovai a pochi centimetri dal suo viso quando la sua grande e soffice mano premette sulla mia guancia; i nostri respiri si scontravano in un uragano di emozioni mentre i nostri petti assomigliavano alla terra tremante durante un terremoto. La mia mente era affollata da un maremoto di pensieri sconnessi, ma che avevano come unici soggetti noi due.
Assieme noi due eravamo davvero una forza della natura.

I suoi ricci che ormai erano premuti di lato grazie al gel mi solleticavano la fronte, mentre l'altra sua mano si posò lentamente sul mio collo. Notai al suo polso aveva una scritta che recitava “I can't change” e poco sotto la spalla una nave ben tatuata.
Mi ricordai immediatamente, guardando la nave, la frase che dissi tre anni prima, nel giardino di casa di Harry.

-Co..come mai tutti questi tatuaggi, Harry?- Farfugliai.

-Sono la nostra storia, Lou, siamo noi due.- Sorrise sincero.

Lo guardai per un attimo mentre le sue fossette comparivano ai lati della sua bocca; affondai l'indice in una delle due, iniziando a ridere seguito da lui.

-Mi sei mancato da morire...- Sospirò.

Il suo respiro contro la mia barbetta mi fece impazzire; presi un bel respiro, prima di avvicinarmi alle labbra che bramavo ormai da troppo tempo. Le nostre labbra si schiusero, facendo incontrare le lingue in una danza passionale che solo due innamorati potevano testare.
Le mie mani si posarono sui suoi fianchi, avvicinandoli ai miei, ardenti di un contatto maggiore ed intimo.

Cosa mai potevano essere tre anni o chilometri di distanza, confrontati al nostro amore?
Nulla. Erano solo pochi minuti di lontananza e pochi metri di distanza che, paragonati al nostro sentimento erano meno di nulla.

-Ti amo Lou.- Gemette Harry abbandonandosi al nostro lento e sensuale movimento.

-Anche io Harry, adesso e per sempre.-

Mi ritrovai ad aggrapparmi con tutte le mie forze a quell'unico pezzo di anima di me che avevo conservato dentro di lui. Era lui che custodiva parte della mia anima, parte della mia essenza più vera, una linfa che solo lui aveva prelevato direttamente dal mio cuore. Ed in quel momento, tutto il resto non aveva più senso. Tutto il resto era sbiadito. Esisteva solo lui, i miei occhi cerulei mettevano a fuoco soltanto i suoi occhi smeraldo. E mentre lo stringevo a me, piangevo sul suo cuore, piangevo in silenzio, gettando fuori tutte le emozioni che tenevo imprigionate dentro di me, legate e segregate dietro due sbarre.
Le mie dita stringevano i suoi ricci come fossero l'unica cosa rimasta sulla Terra, come fossero la sola corda che mi avrebbe salvato dal burrone in cui ero caduto. E mi aggrappavo a lui come fosse la mia ancora di salvezza, io, nave che avevo perso la rotta, cercavo disperatamente in lui quell'unico pezzo di anima che gli avevo donato, perché il resto era andato perduto. E smisi di cercarlo solo quando compresi che non c'era perché la mia anima si era fusa alla sua, ed erano una cosa sola, indistruttibile, qualcosa di così forte che neanche la distanza avrebbe potuto rompere.
Eravamo noi due, soltanto. E nessun altro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice

 

Salve a tutti e tutte!
Questa è, chiaramente, una One-Shot Larry. Essendo una Larry shipper mi vengono spontanee descrivere molte di queste scene, proprio perché cerco di immedesimarmi nel personaggio di Louis, e cerco di esternare ciò che proverei nella sua stessa situazione.
Avevo in mente di scrivere una One-Shot già da un po', ma non arrivava né il tempo per farlo, né l'idea xD
Avevo pensato di introdurre delle tematiche un po' più “pesanti” ovviamente tra Harry e Louis, e facendo due più due...è uscita fuori questa! XD
La One-Shot si chiama “Underneath” perché ho preso uno spunto dalla canzone di Adam Lambert, un cantante americano molto bravo. Il testo della canzone che si intervalla tra ogni flashback di Louis è proprio quello di “Underneath”. Cercatela su You Tube, fa venire i brividi, è davvero molto bella. L'ho conosciuto grazie alla mia migliore amica, registrata su efp sotto il nome di “SabrinaTrespasser”, che mi ha dato una mano nella stesura di questa storia.
Spero di aver fatto un buon lavoro o che almeno vi sia minimamente piaciuta!
Lasciate una recensione con la vostra opinione e, se qualcuno ha da farmi qualche raccomandazione per la grammatica sbagliata o per i tempi usati in maniera disordinata o qualsiasi altra cosa che però non sia di natura “soggettiva” (come trama sbagliata, o pensiero su Larry), è ben accetto.

Baci a tutti <3

  
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