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Autore: KuromiAkira    20/08/2013    2 recensioni
- Sii mio, Ryuuji. -
Non era un ordine, quello. Hiroto non gli ordinava mai nulla.
Il principe aveva sempre affermato che loro erano amici e come tale l’aveva sempre trattato, poco importavano i ruoli sociali.
Ma Midorikawa non si sarebbe mai sognato di disobbedirgli, a prescindere dal modo in cui gli diceva le cose.
[HiroMido, AU]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jordan/Ryuuji, Xavier/Hiroto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ogni cosa, in quella stanza, dalle tende che proteggevano dal sole estivo alle lenzuola del letto, aveva tinte calde.
La luce rossa del tramonto non faceva che rendere ancor più accesi quei colori, riscaldandoli, rendendo l’aria quasi soffocante e facendo somigliare quell’ambiente ad un mondo a parte.
Forse era proprio così, in un certo senso.
Era una delle tante stanze del castello, una di quelle dentro cui non entrava mai nessuno e che mai sarebbe stata utilizzata ufficialmente; si trovava in fondo a un lungo corridoio, preceduta da tante altre camere di ugual grandezza, ma quella in particolare era un po’ il loro rifugio segreto, una piccola via di fuga dalla realtà.
Si nascondevano sempre lì. Sin da piccoli, quando volevano fuggire dagli insegnanti, quando non avevano voglia di incontrare i nobili, ospiti del regno, o quando volevano stare un po’ da soli.
Avevano passato dentro quelle quattro mura molte ore, e quella stanza era sempre rimasta uguale: accogliente, calda e rassicurante.
Hiroto ci stava proprio bene, in quella stanza.
Hiroto, il principe ereditario, il futuro signore del castello e dell’intero regno. Un ragazzo gentile, delicato, maturo. Dai capelli di un rosso quasi accecante e la pelle nivea, pura.
Sì, ci stava davvero molto bene, steso su quel letto color cremisi, elegante nonostante la postura poco comoda e le lenzuola stropicciate intorno al suo corpo. Sembrava stato generato in quella stanza.
Era solo la sua, di presenza, a stridere con tutto il resto, con tutta quella regalità e ricchezza, e in quel momento più che mai lo percepiva dentro il suo cuore.
Lui, Midorikawa Ryuuji. L’amico d’infanzia, la guardia del corpo, il servitore.
Dalle umili vesti, dalla pelle ambrata e dai capelli di un colore che tutti additavano come 'anormale'.
Un orfano senza nemmeno una casa, lasciato morire di stanti in mezzo alle più anonime e malfamate strade del regno, un essere graziato da chissà quale miracolo aveva spinto, quel giorno di tanti anni prima, il principe a disobbedire agli ordini e a sgattaiolare fuori dalla carrozza, capitando in quella via, proprio dove lui giaceva privo di sensi, prossimo alla morte.
Hiroto, incurante delle regole, l’aveva raccolto e portato nella carrozza, da sua sorella, e aveva insistito con una ostinazione tipica dei nobili a portarlo nel castello e a curarlo.
Gli aveva salvato la vita e, in cambio, Ryuuji aveva giurato di fare qualsiasi cosa per lui, di proteggerlo a costo della vita, di adorarlo ed essergli fedele in qualsiasi circostanza.
Era diventato la sua guardia del corpo e, in quanto tale, doveva stare sempre insieme a lui.
Ma in quella stanza, in qualche modo, la sua presenza stonava.

- Ci conosciamo da talmente tanto tempo che a volte non ci faccio caso, ma diventi ogni giorno più bello - disse con disarmante semplicità Hiroto, voltandosi su un fianco e guardandolo quasi con adorazione.
Midorikawa, steso dall’altro lato del letto, si limitò a sorridergli, incapace di ribattere.
Il principe si sporse verso di lui, cingendogli la vita col braccio sinistro per avvicinarlo ancor di più a sé e donandogli un dolce e fugace bacio, prima di abbracciarlo.
Era un’azione che poteva permettersi solo lì, in quella stanza, lontano da tutto e da tutti.
Era un nascondiglio dove potevano essere loro stessi, dove inizialmente giocavano soltanto, ma che li aveva visti avvicinarsi più del consentito, darsi i primi casti e goffi baci, le prime carezze; quattro mura dentro cui era echeggiata la prima timida dichiarazione, parole che ancora adesso, a distanza di anni, riusciva a rievocare.
- Ti amo, lo sai? - domandò a bassa voce Hiroto, con tono quasi sofferente, mentre affondava il volto tra le lunghe ciocche verdi dell’altro, libere dalla costrizione del nastro e lasciate sparpagliate sul cuscino e sulle lenzuola.
Midorikawa odiava quella vista. Il colore dei suoi capelli strideva troppo su quella stoffa dal colore così caldo. Lo faceva sentire inadeguato, gli ricordava che lui, lì, non avrebbe dovuto esserci.
- Lo so. Ti amo anch’io - replicò piano, allontanandosi e guardandolo.
C’era una nota malinconica in quelle parole.
Il nobile sollevò lo sguardo. Negli occhi neri della guardia rifletteva la luce del sole, e creava un bellissimo gioco di luce dentro cui Hiroto adorava perdersi.
- Ryuuji - lo chiamò, mentre gli carezzava i capelli, pettinandogli le ciocche finite davanti al viso, scostandoglieli e sfiorandogli appena la guancia.
Midorikawa si limitò ad osservarlo, attendendo che parlasse.
- Tu sei l’unico che mi conosce davvero, che sa ogni mio segreto e sopporta i miei peggiori difetti. Sei l’unica persona di cui mi fido davvero, qui dentro - confessò.
Lo baciò ancora, questa volta con passione, una passione costantemente repressa e che esplodeva inevitabilmente in quei rari momenti in tutta la sua intensità.
Le mani strinsero quasi febbrilmente i vestiti della guardia, tirarono leggermente la stoffa, quasi si stesse trattenendo dal strapparglieli via.
Midorikawa non fece nulla, non lo fermò, non gli disse niente, si limitò a ricambiare il bacio con la stessa veemenza, e Hiroto parve calmarsi, come rassicurato; la stretta delle dita si affievolì, gli arti scivolarono rilassate lungo i fianchi dell’altro, infilandosi dentro la maglietta, carezzando quella pelle ruvida.
Il corpo della sua guardia del corpo era pieno di cicatrici, piccole e grandi, visibili e invisibili e Hiroto le sentiva tutte, sotto le dita, e riusciva a rievocarle e a rammentare con esattezza quando e come se le era procurate.
Erano ciò che rimaneva delle ore passate ad allenarsi strenuamente per diventare sempre più forte, per proteggerlo meglio; erano le conseguenze dei numerosi attacchi nemici rivolti al giovane erede del re; era il risultato di un ruolo ingiusto e di una difficile vita che Hiroto non voleva per la persona che amava.
- Ti voglio tutto per me - mormorò allora, fissandolo intensamente.
Midorikawa chiuse gli occhi, cercò di sfuggire a quello sguardo e a quelle parole.
Durante il corso degli anni quella stanza era stata spettatrice di tante cose: avevano iniziato quasi per gioco e curiosità, avevano finito per spingersi sempre più oltre.
I loro sentimenti erano cambiati, l’amicizia era divenuta qualcosa di più intenso e incontrollabile, i loro incontri si facevano man mano sempre più intimi.
Era ovvio che, prima o poi, sarebbero arrivati a questo. Era normale che Hiroto lo desiderasse.
Ma Midorikawa aveva sempre temuto questo giorno, e lo temeva in quel momento più che mai.
Lo temeva perché era ciò che anche lui voleva disperatamente, lo temeva perché non era che un assaggio di ciò che non avrebbe mai potuto avere, lo temeva perché teoricamente non avrebbe dovuto permettere al suo signore di sporcarsi in quel modo ignobile con una semplice guardia.
- Sii mio, Ryuuji. -
Non era un ordine, quello. Hiroto non gli ordinava mai nulla.
Il principe aveva sempre affermato che loro erano amici e come tale l’aveva sempre trattato, poco importavano i ruoli sociali.
Ma Midorikawa non si sarebbe mai sognato di disobbedirgli, a prescindere dal modo in cui gli diceva le cose.
Non ne era capace, non poteva resistergli.
Senza attendere risposta, Hiroto lo fece stendere sulla schiena e gli salì sopra, tendendo gli arti per non schiacciarlo, fissandolo come per leggergli dentro.
Le mani tremavano, impazienti.
Ogni giorno che passava, ogni volta che il suo sguardo si posava sulla figura androgina del compagno di mille avventure, il corpo di Hiroto fremeva, desideroso di toccarlo, di avvicinarsi a lui; ad ogni sorriso che la guardia gli rivolgeva, il suo cuore perdeva un battito; ogni volta che lo sentiva vicino aveva solo voglia di stringerlo a sé e baciarlo, di mostrare a tutti quale fosse la verità, quali fossero i suoi veri desideri.
- Su di me possono tessere tutte le lodi che la mente umana possa immaginare. Ma, tu lo sai, io sono egoista, sono avaro e sono possessivo. E adesso, semplicemente, voglio tutto di te, qualunque cosa, e non ti cederò a nessuno, mai - dichiarò quasi con dispiacere, consapevole di quanto ingiuste suonassero quelle parole.
Erano arrivati al punto da voler infrangere anche la più intima delle barriere, perché se non l’avessero fatto sarebbero sicuramente impazziti entrambi, prima o poi.
Era inutile fare finta di niente. Era inutile mentire.
- Dammi tutto, tutto ciò che puoi offrirmi - sussurrò al suo orecchio, prima di carezzargli il collo con le labbra e soffermarsi alla spalla, baciandogliela e leccandogliela, privandolo delle vesti, incapace nuovamente di attendere risposta.
Midorikawa fissò il soffitto per qualche istante, cercò di sentire quelle mani e quel respiro su di sé.
Ogni volta ringraziava tutte le divinità che conosceva per quei momenti, per quei sentimenti, per la semplice possibilità di essere amato da una persona speciale come Hiroto, poco importava il dolore che gli procurava quella ambigua situazione.
Infine chiuse gli occhi, gli cinse il collo con le braccia, lo avvicinò a sé più che poté.
- Sì - bisbigliò in risposta, e fu come rinnovare le promesse del passato.
Aveva giurato di essere sempre al fianco del principe, di adorarlo, di proteggerlo, di dare la vita per lui.
Ed era ciò che faceva, era ciò che aveva sempre voluto fare, ed era ciò che avrebbe fatto fino alla fine dei suoi giorni.
Lo amava ed era ricambiato, ma ciò che stavano per fare non era che l’ultimo assaggio di ciò che non avrebbe mai potuto avere davvero.
Perché Hiroto voleva tutto di lui e l’avrebbe accontentato più che volentieri; ma lui, pur desiderandolo, non poteva pretendere la stessa cosa da Hiroto.
Perché il principe, un giorno, sarebbe divenuto re, si sarebbe sposato e avrebbe avuto degli eredi.
E lui si sarebbe fatto da parte, sarebbe rimasto nell’ombra a vegliare sulla famiglia reale; nel migliore dei casi sarebbe stato per sempre l’amante, un segreto da non svelare mai, regalando sorrisi ipocriti alla moglie legittima del sovrano e coccolandone i figli, frutto di un rapporto che avrebbe invidiato in eterno.
Era questo ciò che lo aspettava e lo sapeva dal momento in cui si era reso conto di amare Hiroto.
Non gli importava. Aveva già accettato questo destino.
Hiroto voleva tutto di lui e lui tutto gli avrebbe dato, persino il proprio dolore; gli avrebbe porto con umiltà i frammenti del proprio cuore spezzato, chiedendogli di conservarli come pegno del suo amore eterno e incrollabile.

Il sole era ormai svanito oltre l’orizzonte; l’aria si era fatta più fresca e la notte aveva preso il sopravvento, illuminando l’astro con le sue numerose stelle.
Rabbrividendo, Hiroto cercò il lenzuolo, da tempo abbandonato da qualche parte del materasso, con la mano destra e, cercando di non muoversi troppo per non disturbare il riposo di Midorikawa, afferrò la stoffa e con essa coprì lui e l’amante.
Passarono svariati minuti immobili, stanchi nonostante si fossero ormai ripresi dal precedente amplesso; il principe carezzava senza sosta i capelli dell’altro, fissando pensieroso la porta della stanza, quasi temesse di vederla aprirsi da un momento all’altro.
- Ryuuji, saresti disposto a rinunciare a tutto per me? - domandò infine, in uno strano tono di insicurezza.
La guardia del corpo sollevò la testa, precedentemente poggiata al petto del principe. Lo fissò con curiosità, ma la risposta gli uscì dalle labbra senza alcuna difficoltà.
- In qualunque momento, principe - bisbigliò.
Hiroto gli sorrise, sollevò la mano per carezzargli la guancia con tenerezza.
- Allora fuggi con me, stanotte - sussurrò, chinandosi verso di lui, quasi temendo di essere sentito da orecchie indiscrete.
- Cosa? - esclamò, pur a sua volta a bassa voce, Midorikawa, mettendosi a sedere e guardando stranito il proprio signore.
- Ho detto che voglio tutto, Ryuuji. Dammi la libertà di amarti senza più nascondermi agli occhi degli altri. Non voglio essere un principe, non voglio che tu sia solo un servitore - affermò, afferrando entrambe le mani di Midorikawa con le proprie, stringendole forte, in una stretta che sembrava star promettendo di non allentarsi mai. - Fuggiamo insieme e cambiamo il nostro destino. -
- Ma vostro padre… e il regno… - balbettò il ragazzo dai capelli verdi, quasi allarmato da quella confessione.
Hiroto scosse la testa, il sorriso divenne malinconico, amaro. Lo sguardo cadde sulle loro mani. - A mio padre devo molto e so che lo deluderò. Ma non riesce a capire che ciò che ha deciso per me non mi renderà mai felice. Non voglio diventare re, non l’ho mai voluto, per questo ho deciso di andarmene via - spiegò. - So che mi capisci, so che anche tu porti un peso simile nel cuore - affermò, tornando a guardarlo.
Le mani, strette ancora in quelle di Ryuuji, tremarono appena; gli occhi color acquamarina rimasero fissi su quelli scuri dell’altro pregandolo, quasi, di comprendere. - Te lo chiedo ancora, Ryuuji. Saresti disposto a rinunciare a tutto e fuggire insieme a me? -
Midorikawa rimase immobile, osservandolo come per accertarsi che quello fosse davvero ciò che l’altro voleva. La bocca era appena aperta ma, in quei brevi istanti in cui comprese davvero quelle parole e vi ragionò sopra, aveva smesso di respirare.
Fu solo quando decise di rispondere che prese un profondo respiro. Ne aveva bisogno per calmarsi e reprimere le lacrime di commozione.
Sorrise.
- In qualunque momento, Hiroto. -







Note finali: Boh. Cioè…
Questa fiction è ambientata in uno dei tanti universi che ho ideato, che mi piacerebbe descrivere in una long che non scriverò mai per mancanza di voglia, ispirazione e idee decenti da usare come riempitivo.
Perché io di una possibile long prima invento solo alcuni avvenimenti random, poi se riesco a immaginarmi tutto il resto a collegarlo in una trama convincente la scrivo, se no nisba.
Anzi, a dire il vero mesi fa avevo in effetti iniziato a scriverla, poi mi sono bloccata e ho capito che non sarà semplice riprenderla.
La storia, ispirata vagamente al manga ‘Magi - the labyrint of magic’, vedeva Hiroto principe un po’ ribelle, poiché consapevole di essere stato messo al trono al posto del vero figlio del re, e che ad un certo punto abbandonava il regno insieme alla guardia personale, Midorikawa, per poter trovare la sua strada e, naturalmente, per essere libero di amare Ryuuji.
Però non era lui il protagonista, era una storia che vedeva apparire un po’ tutti, e Hiroto appariva dopo un bel po’.
Comunque, non so, ripensandoci mi è venuto in mente Hiroto che diceva a Midorikawa di essere egoista e di volerlo tutto per sé, e ho pensato che solo quella parte avrei potuto renderla una one-shot AU.
Poi, beh, magari prima o poi quella long la scriverò davvero.
Parlando della fiction in sé: Midorikawa non è un servo sottomesso, anche se potrebbe sembrarlo qui. Il loro rapporto, in realtà, lo immagino più come quello tra Sinbad e Ja’far, sempre rimanendo in tema ‘Magi’. Ma qui Ryuuji è cresciuto pensando a Hiroto come una persona superiore a lui, irraggiungibile, e anche se sa che il suo amore è ricambiato, inizialmente sa e accetta il fatto che Hiroto non sarà mai suo.
Se accetta le avances di Hiroto non è solo perché è il principe che lo vuole, ma anche perché lui stesso non riesce a trattenersi, ferendosi, in parte, da solo.
E la risposta finale è la stessa precedente, con la differenza che chiama Hiroto per nome per fargli capire che anche lui vuole essere semplicemente Ryuuji, e non una guardia.
Credo sia tutto.
See ya!
  
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