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Autore: I Camminatori dei Sogni    20/08/2013    0 recensioni
Il forum i Camminatori dei Sogni presenta la prima Chain Novel su La Ruota del Tempo, una via di mezzo tra fanfiction e Gioco di Ruolo scritta a più mani.
L'ispirazione proviene dalla saga di Robert Jordan: immaginando un suo probabile seguito, siamo partiti dalla quarta era, la successiva alla saga, inventando un mondo profondamente diverso nel quale vivono nuovi personaggi creati dai giocatori/autori.
La storia è in continua evoluzione, nuovi giocatori portano nuovi fili ad intrecciarsi nel Disegno. Un nuovo Drago Rinato dovrà affrontare un nemico antico, ma che questa volta ha saputo preparare al meglio il suo ritorno.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I Camminatori dei Sogni :: Chain Novel :: La Ruota del Tempo

Una via di mezzo tra FanFiction e Gioco di ruolo, questa è una storia scritta da molte mani: il progetto WoT Chain Novel del forum i Camminatori dei Sogni.
L'ispirazione proviene dalla saga di Robert Jordan, the Wheel Of Time: immaginando un suo probabile seguito, siamo partiti dalla quarta era, la successiva alla saga, inventando un mondo profondamente diverso nel quale vivono i personaggi creati dai giocatori.
La storia è in continua evoluzione, nuovi giocatori (partecipa anche tu) portano nuovi fili ad intrecciarsi nel Disegno. Un nuovo Drago Rinato dovrà affrontare un nemico antico ma che questa volta ha saputo preparare al meglio il suo ritorno.

Capitolo 4: Certezze infrante [parte ottava]



Dorian

Calavron era un alveare in cui era appena stata uccisa l'ape regina: una folla impazzita gremiva le strade attorno all'Accademia, le urla assordavano, l'odore di sangue impregnava l'aria, nessuno aveva la minima idea di cosa fare. Dorian osservava la scena dal vicolo adombrato in cui aveva aperto il portale per seguire Norah. Troppo tardi. Tardi per fermare quello scempio fuori da ogni controllo e da ogni piano. Una mossa avventata lasciarle tanta libertà. Seguirla non era servito a nulla: la ragazza aveva devastato la città in un attimo. Ma a che prezzo, si chiedeva Dorian. Come avrebbe reagito il Sommo Signore a quell'iniziativa? E che ne era di lei ora? Le aveva applicato un ter'angreal in modo da sentire quando incanalava. Quando e quanto. Aveva attinto così tanto Potere che quell'improvviso silenzio non poteva significare altro se non che quella stupida si era bruciata. No, la stupida non era lei. Era lui che le aveva permesso di farlo.
La raggiunse nell'ultimo punto in cui l'aveva percepita: la casa di Dimion e Julian. Aprì un varco nel bosco di fronte, esattamente dove anni prima l'aveva adagiata sulla neve perchè quella famiglia la raccogliesse e l'accudisse. L'odore di sangue lo colse mentre varcava la soglia. La scena all'interno lo lasciò senza fiato: Julian era sospeso da terra, il petto squarciato grondava sangue lungo il suo corpo fino a gocciolare sul pavimento, Norah gli stava di fronte vicinissima, nella mano destra stringeva quello che doveva essere il cuore del ragazzo.
Gli occhi vacui della Prescelta si girarono lentamente verso Dorian, la ragazza aprì la bocca, alzò lentamente una mano insanguinata e perse i sensi un attimo dopo. Nel soccorrerla notò l'abito imbrattato di sangue all'altezza dello stomaco. Un pugnale sul pavimento poco distante da loro gli diede la spiegazione di quella ferita.
Risvegliare Norah richiese ogni reminiscenza che Dorian avesse sulla Guarigione. La ragazza non era morta, non si era nemmeno bruciata, ma era andata molto vicino ad entrambe le cose. Curarla richiese giorni. Troppi giorni. Il Prescelto quasi impazzì nell'attesa di sapere quanto alto fosse stato il prezzo della follia di averle permesso quel gesto. Giorni a nascondersi, aiutato soltanto dai suoi fedeli Segugi Neri che avvertivano ogni presenza potesse impensierirlo. Giorni a far sparire tracce di sé da quel che era accaduto a Calavron. Giorni a mentire, ma era palese che Aman sospettasse di lui. Dannata ragazzina! Con questo si era giocata tutta la sua fiducia. Tutta! Non importavano le memorie che portava dentro di sé, poteva essere anche la più potente tra i Prescelti, ma ora era e si comportava come una dannata ragazzina! E lui l'avrebbe trattata come tale. Aveva voglia di mordere qualcosa.

«Io ti porterò dal Sommo Signore e sarò io a spiegargli quanto è successo a Calavron» non tardò molto a chiarire la situazione, quando Norah riaprì gli occhi «Tu non hai più voce in capitolo, chiaro?»
La ragazza annuì, docile come forse non lo era mai stata. Era spaventata, questo era evidente. E lo era perchè il suo Potere pareva essere diminuito dopo quello che aveva fatto a Calavron. Poteva essere una questione temporanea, ma al momento lei stessa aveva fatto la scoperta e ne era rimasta allibita. Dorian non poteva constatarlo, ma dall'espressione della ragazza era apparso chiaro che non mentiva. Da un certo punto di vista era certamente un bene perchè quella condizione la rendeva insicura e succube nei suoi confronti, dall'altra parte Dorian aveva contato sulla sua alleanza e il suo Potere era parte integrante di quel sodalizio. Forse era meglio che fosse più malleabile. Guardò di nuovo gli occhi della ragazza, quello sguardo da cui era scomparsa l'impudente traccia di arroganza che l'aveva contraddistinto. Si, era meglio averla docile.
«E ora veniamo alle spiegazioni»
Sembrava essere diventata lenta a reagire, o forse le ci era voluto un po' per ricordare di aver dimenticato qualcosa a Calavron.
«Che intenzioni avevi con Neves?»
Era cambiata, era vero, ma non tanto da diventare una stupida codarda.
«Non c'è bisogno che te lo spieghi» disse guardandolo negli occhi senza paura.
«Non ti fidavi di me, è così?»
«Avresti fatto lo stesso al posto mio»
«Vero, forse. Infatti non è tanto il fatto che la volessi interrogare che mi ha infastidito»
«Cosa allora?»
«Il fatto che tu mi credessi tanto stupido da confidare parte dei miei piani ad un'insignificante pedina come lei»
Dopo una pausa di silenzio continuò
«E il fatto che sono quasi morto per superare le trappole che avevi intessuto nella Colonna»
«Il fatto che tu ne sia sopravvissuto è segno che si, ti avevo sottovalutato»
Abbassò lo sguardo e continuò
«Credo di dover apprendere da te»
Dorian sorrise incredulo, colpito dall'odore di vergogna che emanava la ragazza. Si, era un bene che si fosse indebolita.



Altri fili nel Disegno

A Kabanil piaceva domandarsi come dovesse sentirsi un prigioniero mentre percorreva quei corridoi labirintici: il senso di smarrimento doveva essere portato all'esasperazione dopo pochi passi, a volte lo si vedeva chiaramente dipinto negli occhi di chi era appena arrivato. A volte sembrava rimanervi impresso per tutta la durata della reclusione.
Kabanil andava fiero dei metodi di detenzione dei Geinzana ed era oltremodo orgoglioso di portare quel nome. Molti abitanti delle altre Città della Notte li criticavano, anche aspramente, alcuni abitanti di Acarvende stessa non erano pienamente d'accordo sull'operato dei Guardiani, eppure erano loro e la loro severità a vegliare sulla sicurezza di tutti. Il tempo avrebbe dato loro ragione.
Alcune Famiglie erano avventate nei giudizi e sottovalutavano i pericoli, altre si erano rammollite nel corso dei secoli: se non fosse stato per la tenacia dei Geinzana ormai i Figli della Luce sarebbero tra le Montagne della Nebbia a far pascolare le loro greggi in piena libertà e i cosiddetti Ribelli sarebbero diventati i loro schiavi. Era incredibile che fosse impossibile trovare coesione contro il nemico comune, eppure i confini della Confederazione non erano poi così distanti dai loro territori: come potevano le altre città non avvertirne il pericolo? Quante volte i Geinzana avevano scoperto casi di sconosciuti lasciati liberamente entrare nelle città! Due domande e i Kathienne giù a Hama ti ritenevano loro fratello: avevano dovuto perdere tutto il Consiglio degli Anziani in un attacco nemico per imparare quella semplice lezione. Dannati stolti!
Ma ora le prigioni erano più piene del solito, finalmente la situazione stava cambiando e Kabanil sorrideva soddisfatto passando in rassegna le celle tutte occupate del primo piano maschile. Occhi spenti ricambiavano il suo sguardo finchè non uscì dal portone in fondo al corridoio.
Il Nucleo era l'unico punto interno alle prigioni che metteva in collegamento diretto i due piani, era stato ricavato levigando le pareti di una gola naturale e ora aveva l'aspetto di un ovale avvolgente. Era stato separato artificialmente dai cunicoli laterali e poi era stato diviso a metà orizzontalmente per dividere i due piani: la creazione della scala a chiocciola che scendeva al suo centro era stata costruita per comodità, ma ancora dopo centinaia d'anni c'era chi pensava fosse una falla enorme per la sicurezza. C'erano sempre sei Guardiani per piano a sorvegliarla: per quanto effettivamente fosse un varco facile per salire dove non c'era schermatura dall'Unico Potere, per un prigioniero accedervi era impensabile. Kabanil dubitava che i reclusi fossero tanto pazzi da arrovellarsi il cervello cercando una via di fuga: quel posto, ogni suo dettaglio, era fatto per impedire contatti con l'esterno. Tutta Acarvende era un po' così, ma nelle prigioni si era calcata la mano per accentuare certi aspetti, un po' per motivi di sicurezza, un po' per smorzare vane velleità nei prigionieri.
Nonostante quel senso di chiusura, secondo Kabanil Acarvende era la più affascinante tra le Città della Notte: il centro abitato era stato costruito all'interno di un cratere lasciato da un lago, la città era quindi circondata da alte mura naturali di roccia frastagliata, che lasciavano aperta una sola breccia profonda che dava sul lato della montagna in cui era praticamente incastonata. Nonostante quell'enorme crepa, alla cui base sfociava in una ripida cascata il fiume che ora scorreva sotto la città, Acarvende era invisibile a chiunque avesse guardato la montagna. Tanto meno era accessibile, se non attraverso i tunnel artificiali che avevano creato i suoi antenati in fondo ad una gola ai piedi del monte. Poi la bellezza di tutti quei tunnel, quelle gallerie intricate e scavate dentro la roccia inizialmente opera dell'erosione di acqua e vento ai tempi in cui quell'immenso lago, che ora era il bacino della città, doveva essere collassato forse a causa di un qualche cataclisma. Quei cunicoli contorti erano stati i primi rifugi dei suoi antenati, poi i picconi e il Potere li avevano trasformati in centinaia d'anni in ciò che Acarvende era oggi, la città fortezza che Kabanil era felice di proteggere.
Ssus e Tinas varcarono il portone del reparto femminile accompagnando una prigioniera. C'era qualcosa in quella donna che agitava Kabanil e non era solo il fatto che Shawna fosse bella o perchè avesse tentato più di una volta di ribellarsi o addirittura di aggredire i Guardiani, c'era qualcosa in lei di particolare che non era capace di mettere a fuoco. Dopo mesi e mesi di reclusione e i numerosi interrogatori che aveva subito, non si era ancora riusciti ad avere un quadro preciso della sua identità: sembrava esserci qualcosa in lei che fuggiva persino al Dominio della Mente, esame a cui era stata sottoposta forse più di ogni altro prigioniero da che lui avesse memoria. Kabanil aveva anche partecipato a qualcuno dei suoi interrogatori, ma né la violenza, né l'uso del Potere le avevano fatto svelare cose chiare sulla sua identità o sulla sua provenienza. Persino sotto tortura o coercizione era stata capace di dare versioni differenti alle stesse identiche domande, un comportamento più unico che raro. Per questo la sua reclusione durava da così tanto tempo e nessuno aveva intenzione di lasciarla uscire. Col tempo Shawna era diventata sempre più violenta e irascibile, poi ultimamente sembrava si stesse calmando o forse si stava semplicemente arrendendo, ad ogni modo la sua recente buona condotta era il motivo per cui oggi veniva portata alla Buca, per la prima volta dopo mesi, le si leggeva chiaramente il desiderio morboso nello sguardo.
La presenza di Kabanil era stata richiesta comunque per garantire l'incolumità di Ssus, che l'avrebbe dovuta accompagnare: visti i precedenti di Shawna, i suoi spostamenti venivano sempre scortati da un Guardiano uomo, il più grosso possibile. Kabanil rientrava bene in quella descrizione, motivo per cui si era trovato spesso ad accompagnarla, a volte anche da solo, nonostante la cosa lo inquietasse, come non gli era mai capitato. Non aveva fatto parola con nessuno di questa sensazione ovviamente, ne sarebbe valsa della sua reputazione: era un Guardiano e per giunta Geinzana di nascita!
Le due colleghe lo salutarono, purtroppo Tinas rientrò nel reparto femminile, mentre fu Ssus a guidare Shawna sulla destra, verso l'ingresso della galleria che portava alla Buca. Kabanil le seguì silenzioso, sarebbe stato un tormento fare la guardia in compagnia di Ssus.
La luce in quelle gallerie era volutamente bassa in modo che i prigionieri faticassero il più possibile a memorizzare il percorso. Quel piano era interamente schermato, quindi non era possibile usare altri mezzi per garantire la sicurezza, ma la tortuosità di quei corridoi era certamente sufficiente ad impedire che qualcuno potesse districarsene: i Guardiani impiegavano mesi per imparare, studiando le mappe quotidianamente.
Gli occhi di Shawna lo distrassero dai suoi pensieri: la donna aveva leggermente girato la testa e gli aveva gettato uno sguardo da sopra la spalla. Deglutì cercando di capirne il significato. Lo aveva solo guardato o aveva voluto comunicargli qualcosa? La donna tornò a guardare avanti, lasciandolo a chiedersi perchè gli importasse tanto sapere il significato di quell'occhiata.
Kabanil non pensò ad altro finchè giunsero alla Buca. Il corridoio finiva all'improvviso con un'apertura ad arco alta un paio di metri da cui proveniva la debole luce che dal mondo esterno si spingeva fino a quella profondità. Era una luce fioca, ma totalmente diversa da quella a cui ci si doveva abituare là sotto: Shawna varcò l'arco schermandosi gli occhi e sorridendo deliziata al contatto con la Fonte.
Ssus la osservava, ma poteva vedere solo il bagliore che circondava chi incanalava, la schermatura le impediva di vedere eventuali flussi che avrebbe usato. Poco importava: la possibilità di incanalare nella Buca era data da una sorta di bolla d'aria creata all'interno della schermatura, uno spazio isolato in cui era possibile accedere alla Fonte che però si restringeva in base alla quantità di Potere incanalato. Alcuni prigionieri erano morti soffocati cercando di attingere troppo Potere. Anche Shawna ci aveva provato mesi prima, come poi quasi tutti i prigionieri, ma la Buca si difendeva da sola.
Ssus distolse lo sguardo dalla donna e lo rivolse a lui.
«Allora Kabanil, ci sono novità?»
Ssus aveva una decina d'anni più di lui, era una donna piacente, con un modo di fare piuttosto schietto e autoritario. Era una persona piacevole e disponibile, ma era la zia di Raina e da quando si era messa in testa che fosse giunto il tempo per Kabanil di decidersi a sposare sua nipote o lasciarla in pace, gli dava il tormento
«Sai che saresti la prima a saperlo»
«Probabilmente anche prima di Raina, questo lo so. Ma dimmi, quanto ancora hai in mente di farmi attendere?»
«Non sono cose che si possono decidere dall'oggi al domani...»
«Kabanil, tesoro, mia nipote è tua promessa sposa da che aveva quindici anni. So che hai avuto altre proposte e potevi anche rifiutarla se non ti piaceva... in quante scarpe vuoi ballare?»
«Ssus non pensare male di me»
«Non penso male Kabanil, penso malissimo! Sei un uomo fatto! Guarda che spalle hai messo su: ogni ragazza in età da marito ti ha messo gli occhi addosso e a te piace lasciare a tutte qualche speranza!»
«Bè... no... non è così»
«Ah no? Credo sia ormai giunto il tempo che dia a mia nipote qualche lezioncina sugli uomini. Da quando in qua sono le donne a correre dietro ai pantaloni? Mio marito ha fatto a coltellate per avermi ed è così che deve andare il mondo!»
Kabanil conosceva quella storia e sapeva che non era andata esattamente così, ma non replicò.
«Le ho sentito parlare di un certo Yarel. L'ha accompagnata a casa qualche volta dopo le lezioni. Sai chi è?»
Anche Ssus sapeva bene chi fosse Yarel dannatissimo Ardolrian no'Geinzana, un damerino mezzo sangue che stava per prestare il giuramento da Guardiano dopo aver superato gli esami a pieni voti. Non c'era nessuno in città che non sapesse chi era Yarel.
«L'ho sentito nominare» rispose tuttavia. Se pensava di farlo ingelosire così, si sbagliava di grosso. Kabanil aveva già deciso da tempo di sposare Raina. Non lo faceva mica per portarla via a lui.
«Ho sentito dire che sia un ottimo partito, oltre che un bel giovane»
«E' piuttosto basso e non è nemmeno un Geinzana»
«Lo è suo zio, se non ho sentito male»
«Con cui non ha legami di sangue»
Ssus alzò le spalle «Meglio sposata ad un mezzo sangue, che nubile»
Kabanil alzò gli occhi e replicò «Questo lo dovrebbe dire lei»
Ssus non rispose, quando Kabanil la guardò vide i suoi occhi sbarrati, la sua posizione ferma in modo innaturale e i suoi piedi sollevati da terra. Si girò verso sinistra, verso la Buca: Shawna lo fissava sorridendo, calma, dolce, bellissima.
«Colpiscila, ma non ucciderla»
Che strano, pensò, la Buca avrebbe dovuto isolare i suoni, avrebbe dovuto impedirgli di sentire la voce di Shawna.
«Avanti tesoro, colpiscila» lo invitò avvicinandosi.
Cosa stava indugiando? Perchè non l'aveva ancora fatto?
«Si, mia padrona» si affrettò a dire.
Ssus volò a terra priva di sensi. Shawna la fissava sorridendo compiaciuta. Kabanil attendeva impaziente un ringraziamento per quello, un premio. Era stato bravo.
Finalmente lei lo guardò, lentamente allungò le mani verso la sua testa facendolo abbassare
«E' giunto il momento, sei pronto a morire per me?»
«Si, mia padrona»
Shawna gli sorrise di nuovo, prima di baciarlo appassionatamente.



Merian Elen Syana

I suoi occhi scuri la guardarono come a volerle strappare i vestiti di dosso, mentre si avvicinava lentamente con passo felino fino a sfiorarle una guancia con la mano.
Luce era così sensuale! Avrebbe potuto baciarlo fino a non sentire più le labbra, accarezzargli i capelli fino a non sentire più le dita, e poi…
«Ti amo Brienne,» disse l’uomo distraendola dai suoi loschi pensieri. «Ti ho sempre amata, solo che… sono stato troppo cieco da non riuscire a capirlo.»
Brienne avrebbe voluto schiaffeggiarlo, come poteva essere stato così stupido? Ma non poteva, non doveva, non ora. Attendeva quel momento da anni, e ora che la moglie non era più nei suoi pensieri, non poteva di certo sprecare l’unica occasione che aveva per colpa delle sue brusche maniere!
«Anch’io ti amo Rohedric.»
L’uomo le sorrise dolcemente, la strinse a sé con delicatezza e poi la baciò: un bacio lungo e appassionato, come mai ve ne erano stati nella sua memoria.
«Perdonami se ti ho fatto soffrire,» disse poi.
«Non hai nulla da perdonare,» rispose lei comprensiva.
«Voglio che tu sappia che tra me ed Ariel non c’è stato nulla. E’ stato solo un modo per farti ingelosire, per arrivare a te.»
Brienne rispose prendendolo tra le braccia, stringendolo come se avesse avuto paura di perderlo.
«Oh Rohedric…»

«Brienne, Brienne svegliati! Sono tornati.» La voce di Ariel arrivò puntuale e stridula come una suocera indesiderata.
Dannazione! Stava facendo un così bel sogno!
«Dì la verità, Ariel,» chiese aprendo un occhio, «tu mi odi non è così?»
La donna la guardò per un istante senza capire e un attimo dopo allontanò il pensiero scacciandolo con una mano.
«Alza il tuo prezioso fondoschiena da quella sedia, non è il momento di riposare!»
Con un grugnito Brienne fece come diceva l’altra donna, odiava ammetterlo ma aveva ragione.
Si alzò dalla sedia e seguì Ariel verso i nuovi arrivati: Rohedric sembrava stanco - ma non per questo meno attraente – e Merian aveva l’aria di una che aveva preso un forte colpo in testa.
Un’altra donna le stava alle calcagna, una scorta fornita gentilmente dai Ribelli per evitare che Merian potesse Incanalare anche una sola goccia di Potere. Era una ragazza giovane, all’incirca dell’età di Merian, eppure i suoi occhi, il suo viso, il suo stesso portamento sicuro, rivelavano molti più anni di quanti Brienne potesse immaginare. Era così che ti riduceva una vita da reietta?
La Ribelle li fece entrare nella piccola stanza nella quale erano stati confinati e si accomodò fuori della porta come una sentinella silenziosa.
«Tutto si può dire di questi Ribelli, tranne che non sanno come trattare gli ospiti!» fece Rohedric ironico accomodandosi su una delle sedie. Merian si sedette a terra, sconsolata, lo sguardo perso nel vuoto. Non proferì parola.
L’uomo la guardò per un momento corrugando la fronte quasi fosse lui il colpevole di quella situazione e Brienne, suo malgrado, provò una fitta di rimorso per quanto anche lei aveva fatto.
Ma doveva andare così. Allontanarsi da Siadon era necessario, a qualunque costo. Merian però non l’avrebbe mai accettato. Era stato giusto mentirle.
E allora perché mi sento così in colpa?
«Cosa vi hanno fatto?» chiese Ariel puntando lo sguardo sulla ragazza.
«Mi hanno tempestato di domande,» rispose Rohedric, «ma nulla di più. Per loro non rappresentiamo che una vacua minaccia, il problema maggiore credo sia Merian.»
La ragazza non alzò lo sguardo, ma quello di tutti gli altri era fisso su di lei.
Brienne aveva detto a quell’uomo che non erano nemici, che cercavano i Ribelli e che volevano allearsi con loro, facendoli allontanare dal gruppo di Incanalatori che per caso era comparso sul loro cammino.
Avevano fatto la loro parte: Siadon e gli altri erano stati catturati, o uccisi, e loro erano stati salvati.
Ma avevano sottovalutato un aspetto di questi Ribelli.
Rohedric e il suo bisogno di salvare il mondo avevano prevalso sul buon senso, non si era preparato ad affrontare un’ostilità che per lui non aveva alcun motivo di esistere, non se entrambe le parti affrontavano lo stesso nemico.
Nella radura erano stati liberati solo per poi essere lasciati privi di sensi fino a quella mattina, quando si erano risvegliati tutti insieme in quella stanza in chissà quale luogo dimenticato dal Creatore!
La porta era però chiusa a chiave e al di fuori un uomo armato montava la guardia, ma per strano che fosse a nessuno era stato torto un capello. Avevano persino avuto da mangiare e da bere ma ovviamente erano stati spogliati di tutte le loro armi – Brienne sentiva la mancanza dei suoi coltelli sulla pelle, si sentiva nuda e indifesa senza i suoi piccoli amici. Anche Neal mostrava una certa apprensione sapendosi rinchiuso senza una via di fuga. I suoi occhi saettavano da una parte all’altra della stanza quasi si aspettasse l’assalto di un nemico da un momento all’altro; ma il suo corpo non dava altri segni di quella inquietudine: immobile come una statua era rimasto nel suo angolo di mondo per tutta la mattina da che si erano svegliati.
Kain invece era di altro stampo. Scoperto che i Ribelli gli avevano lasciato i suoi preziosi dadi, aveva sfidato il povero Jon per delle ore, mascherando la sua inquietudine con il suo solito sorriso irriverente.
Ogni tanto lanciava un’occhiata a Brienne e lei, suo malgrado, rispondeva a quegli sguardi carichi di desiderio con altrettanta passione.
Il momento successivo si malediceva e tornava a guardare fuori della finestra.
Il risveglio quel giorno era stato tra i più interessanti e inaspettati della sua vita.
La sera prima si era trovata in un bosco dimenticato dalla Luce, e la mattina dopo ecco che si svegliava in quella che sembrava in tutto e per tutto una città brulicante di vita.
Non sapeva con esattezza dove si trovassero – e come ci fossero arrivati in così breve tempo! – ma erano senza dubbio in una delle tanto ricercate Città della Notte!
La stanza nella quale si trovavano era abbastanza ampia e confortevole ma vi era una sola piccola finestra che si affacciava su una strada stretta e delimitata da uno spesso muro. La finestra stessa era inchiodata in modo da non poteva essere aperta, ma non c’erano sbarre. Brienne era in qualche modo convinta che nessuno sforzo sarebbe stato in grado di spaccare quel vetro.
Oltre a ciò la visuale era oltremodo ostacolata da quella che sembrava essere una parete rocciosa: la sua conformazione ricordava la parete di una montagna ma allo stesso tempo era troppo squadrata e minuziosamente intagliata, qua e là lasciando ampi spazi lisci e privi di qualsivoglia appiglio.
Ai due lati del vetro non riusciva a scorgere molto altro, l’edificio sembrava infatti ripiegarsi su sé stesso dando a tutto l’insieme un senso di soffocamento difficile da sostenere con lo sguardo.
Eppure Brienne non riusciva a smettere di guardare.
Con un tempismo che sfiorava la perfezione, uomini in strane uniformi si avviavano lungo la strada con passo deciso e cadenzato, salutando di tanto in tanto un uomo o una donna da vesti altrettanto strane ma decisamente di una foggia migliore. Per quanto non riuscisse a distinguerne bene i dettagli non era difficile intuire la differenza tra un soldato e un capo.
Si trovavano dunque all’interno di una fortezza? Di un palazzo di una qualche regalità dei Ribelli? Qualunque cosa fosse era ben protetta e nascosta alla vista di occhi estranei.
Seppur mattina inoltrata, Brienne non era riuscita a scorgere un filo di luce oltrepassare quelle spesse pareti di dura pietra.
Dannata Confederazione! pensò per la centesima volta. Non fosse stato per loro nessun uomo, donna o bambino sarebbe stato costretto a nascondersi in città che, a giudicare adesso dall’aspetto cupo e buio, valevano bene il loro soprannome!
La stanza poteva anche essere calda e accogliente, loro trattati con cordialità, ma bastava uno sguardo all’esterno per ricordargli che erano reclusi.
« ...non credo che le faranno del male,» continuò Rohedric riportandola al presente. «Ma la terranno comunque schermata finché non saranno certi di potersi fidare. In quanto a noi, scopriremo la nostra sorte a breve, temo. Non appena decideranno se quanto ho detto loro li soddisfa o meno.»
L’uomo era stranamente calmo, sembrava convinto che nulla gli sarebbe potuto accadere, non ora che avevano raggiunto la loro meta. A volte Brienne invidiava il suo temperamento, così distante dal suo tanto da completarlo. Come concordato in precedenza avevano deciso di rivelare la loro missione senza omettere nulla tranne il loro mandante. Nominare Lord Mat in qualche modo turbava Rohedric e Brienne aveva deciso di assecondare l’uomo. Non lo faceva notare quasi mai ma si affidava a lui anima e corpo senza mai dubitare delle sue decisioni. Sarebbe andata in battaglia a mani nude e bendata se solo lui glielo avesse chiesto, perché sapeva sempre quello che faceva e riusciva a infondere quella fiducia nelle persone che lo circondavano. Ora che il pericolo li seguiva dappresso come un cane col padrone, aveva bisogno di dirgli quanto importante fosse per lei, doveva dirglielo… prima della fine.
Un cupo presagio le attanagliò il cuore, un’ombra incombeva sull’uomo, ma Rohedric incrociò il suo sguardo e le sorrise incoraggiante come a scacciarne i cupi pensieri: riuscì nell’impresa, l’ombra si dissolse e Brienne si rilassò.
In quel momento la porta si aprì di nuovo e una bellissima donna dai lunghi capelli neri entrò nella stanza con passo solenne, seguita da un uomo alto e slanciato che somigliava in tutto e per tutto a un soldato.
A quella vista Merian si alzò di scatto, guardando l’uomo sgomenta. Brienne non capì quella reazione, ma dopo un’occhiata veloce intorno si rese conto di non essere l’unica.
Oltre a quella strana coppia, altre due persone entrarono nella stanza già affollata: uno era l’uomo della radura, solo adesso non era coperto di fango, l’altra la ragazza che schermava Merian.
«State comodi, signori,» disse l’uomo del bosco con ironia. Aveva un accento strano, biascicava le parole come se masticasse costantemente qualcosa, e aveva un senso dell’umorismo tutto suo. Da quel poco che aveva parlato con lui la notte prima, Brienne pensò che fosse un po’ matto. I capelli grigi lasciati crescere più in altezza che in lunghezza, insieme alla corta barba dello stesso colore, gli davano un’aria accuratamente trasandata. Non era bello, e nemmeno tanto giovane, ma era a suo modo attraente; trasmetteva quella forza passionale che solo alcuni uomini posseggono senza però la consapevolezza di averla, e che riescono a infrangere i cuori di qualsiasi donna pur non volendolo: erano uomini da cui bisognava tenersi alla larga!
«Siete venuti a informarci della nostra sorte?» chiese Rohedric andando incontro all’uomo come fosse il padrone di casa.
«Non spetta a noi decidere della sorte degli uomini, signor al’ Caer, ma se non fa subito un passo indietro prometto che le anticiperò la dipartita.» L’uomo sorrise beffardo mentre si portava una mano all’elsa della spada al suo fianco. I due si guardarono per un lungo momento in una muta sfida, e nonostante la situazione fosse tutt’altro che favorevole, Brienne non poté fare a meno di sentire un brivido di piacere lungo la schiena.
«Signori, vi prego!» Era stata la donna dai capelli neri a parlare. Il tono imperioso con il quale l’aveva fatto non lasciava dubbi riguardo la sua autorità e, sebbene si fosse rivolta ai due uomini, era Merian che stava guardando. La ragazza era come pietrificata, continuava a fissare l’uomo che accompagnava la donna e Brienne all’improvviso si rese conto del perché: assomigliava in tutto e per tutto a quel Morgan Neglentine che Merian aveva così spesso sognato e di cui le aveva raccontato durante le sue notti insonni. Possibile che fosse…
«Forse ti starai domandando perché mai quest’uomo ti è così familiare, ragazza,» continuò la donna interrompendo i pensieri di Brienne, un sorriso leggero a sfiorarle il volto pallido.
Merian annuì con la testa.
La donna si guardò per la prima volta intorno prima di risponderle.
«Le persone con cui viaggi forse non sono a conoscenza di quanto potente sia il tuo dono, Merian. Nemmeno io me ne ero resa conto dal principio…» La donna abbassò la testa, sembrava turbata.
Che diamine stava succedendo? Brienne azzardò un rapido sguardo alle sue spalle, dove sapeva essere Kain. Trovò nei suoi occhi il suo stesso smarrimento e per una volta fu contenta di sentirsi in comunione con l’uomo. Anche il resto del gruppo sembrava altrettanto confuso ma non tutti volevano darlo a vedere: Ariel giocherellava con la sua collana accompagnando ogni suo movimento a provocanti occhiate all’uomo dallo strano accento. Quella donna non aveva proprio ritegno, pensare al sesso in momenti come questo! Eppure Brienne sapeva che anche lei era preoccupata, quel gioco era il suo modo bizzarro di tranquillizzarsi.
Solo la Luce sapeva se anche Merian aveva bisogno di calmarsi! Se ne stava lì in piedi come un paletto come in attesa di una sentenza di morte. Non aveva aperto bocca da quando era rientrata. Che stava aspettando?
L’uomo che sembrava un soldato si schiarì la gola e la donna riprese a parlare, non prima di aver emesso un lungo sospiro.
«Mi chiamo Eloise Ladrielle,» disse orgogliosamente, «e questo è mio marito, Roran Neglentine. Siamo i genitori di Morgan, il ragazzo che hai incontrato nei tuoi sogni.»
Se possibile la stanza si fece ancor più silenziosa. Con una punta di soddisfazione, Brienne notò che Ariel aveva smesso di muoversi, e che nessun altro all’infuori di lei - e senza dubbio della stessa Merian – aveva anche solo pensato a una simile ipotesi. Persino Rohedric sembrava sorpreso, ma era impossibile a dirsi. Da quando Siadon era entrato nelle loro vite l’uomo era diventato più schivo, e sembrava persino capace di nascondere i suoi sentimenti più di quanto non facesse già.
«Dov’è Morgan?» Per la prima volta Merian aprì bocca, la voce sicura non combaciava per niente con le emozioni che le si dipingevano in volto.
Anche lei era cambiata.
«Speravamo ce lo dicessi tu, ragazza.» Il padre di Morgan si fece avanti con passo deciso. Il tono calmo e suadente, in netto contrasto con l’aspetto di rude soldato, sorpresero ancora una volta Brienne: forse non era poi così brava a giudicare le persone!
«L’ultima volta che ho avvertito mio figlio si stava dirigendo verso Coraman in compagnia di un ragazzo.»
Avvertito?
«Era ancora con lui quando è arrivato nei pressi della città, ne sono certa, ma dopo… il nulla.»
La donna abbassò di nuovo lo sguardo a terra, e il marito si avvicinò per sorreggerla con il suo abbraccio.
«Che vuole dire? Che lei è…»
«Attenzione a quel che dici, ragazza,» interruppe di nuovo l’uomo dallo strano accento. «Stai parlando con una delle persone più rilevanti della città, nonché con una Camminatrice dei Sogni, e la più potente.»
«Forse un tempo, Gedwin. Una nuova Epoca sta nascendo, e a che serve essere saggi se non riusciamo a capire quando è ora di farsi da parte per coloro che hanno il dono di mutare le cose?» La donna guardò Merian con uno strano sguardo e le sorrise rassicurante.
La ragazza però sembrava tutt’altro che rinfrancata.
«Spaventarti è l’ultima cosa che voglio, Merian,» proseguì Eloise, «ma la verità è necessaria se vogliamo aiutarci gli uni con gli altri.»
«Vi ho già detto tutto quello che so…»
«Ed è proprio questo il punto. Ero presente durante l’interrogatorio, sebbene tu non potessi vedermi, e so che hai detto la verità. Tu sai cosa significhi Camminare nei Sogni, avere delle Visioni, percepire le cose in modo diverso dagli altri… era destino che tu incontrassi Morgan, così come era destino che io incontrassi te. E ora tu sei qui e mio figlio è sparito, e temo che sia in pericolo e che tu sia la sola che possa aiutarmi a trovarlo e salvarlo.»
«Io…? Perché io dovrei riuscire a trovarlo se lei, sua madre, non può?»
La donna sospirò di nuovo.
«Hai mai sentito parlare della parola Ta’vereen?»
A quel suono Rohedric fece una smorfia, riportando l’attenzione di Brienne su di lui. Questa volta tutta la sua abilità non riuscì a mascherare a fondo i suoi sentimenti: la fronte aggrottata, la mascella contratta… tutto indicava una forte rabbia da tempo repressa, e una grande frustrazione.
Frustrazione per cosa? Possibile che anche lui avesse dei segreti? Lo conosceva da tutta la vita, erano amici sin da bambini, e si dicevano tutto, tutto! Certo il loro rapporto era cambiato quando lui si era innamorato di quella dannata donna – gli uomini tendono a distaccarsi sempre dagli amici quando trovano una compagna – ma lei gli era rimasta accanto comunque. Persino il giorno delle sue nozze, consumandosi di gelosia per colpa dell’altra, le era rimasta accanto.
E lui osava avere dei segreti?
«Forse non è il caso, Eloise…» Rohedric fece sentire la sua voce, guadagnandosi un’occhiata in tralice di Merian. Questo gli bastò per non aggiungere altro.
«Ta’vereen è una persona attorno a cui il Disegno si piega secondo la sua volontà. Non è una cosa che viene fatta con coscienza, ma in qualche modo accade che le cose cambino, nel bene o nel male, in presenza di un Ta’vereen. Lui, o lei, è destinato a fare qualcosa di importante in grado di tessere il Disegno in modi che nessuno è in grado di fare, se non il Drago Rinato in persona.
Non so in che modo tu possa riuscirci, ma so che troverai mio figlio, e quando accadrà dovrai avvertirlo del pericolo che si trova sul suo cammino… ma sono certa che anche tu lo senta.»
Le due donne si scambiarono uno sguardo carico di significato, un significato noto solo a loro, e Merian annuì decisa, pronta ad assolvere a un compito che, ancora una volta, qualcuno aveva creato per lei.

L'aria all'interno della locanda era fredda, il camino nella grande sala comune spento da tempo immemore. Non c'erano avventori, al solito, e la familiare figura ammantata seduta all'angolo più remoto e buio a fumare la sua pipa era svanita anch’essa.
Dove sei? gridò silenziosamente nella sua testa. L’ultima volta che lo aveva visto era finita in una litigata, con lui che l’accusava di cose che non voleva nemmeno sentire. Ma aveva avuto ragione e ogni notte si era presentata alla loro locanda, quella in cui l’aveva conosciuto, nella speranza di poterlo trovare e chiedergli scusa. Era passata una settimana ormai e ancora di lui nessuna traccia.
Che sia sparito per sempre?
«Ho preferito tenermi in disparte fintanto che eravate in cattive compagnie. Ma ora che siete di nuovo liberi…» Alle sue spalle l’uomo giocava con i suoi preziosi dadi, lanciandoli in aria con indifferenza, privo di divertimento.
«Mat! Sei proprio tu?» Merian si lanciò verso di lui per abbracciarlo ma dopo due passi si fermò.
«Aspetta un attimo, come fai a saperlo?»
L’uomo si bloccò nel mezzo di un lancio e Merian ebbe la netta sensazione di averlo colto alla sprovvista, ma l’altro si riprese subito.
«Io so molte cose, ragazza» disse con un tono fin troppo solenne.
Merian sospettava che gli nascondesse qualcosa ma era talmente felice di vederlo che decise di soprassedere… almeno per il momento.
Fece gli ultimi due passi che lo allontanavano da lui e gli si avvinghiò al petto.
«Arlene è morta, Siadon se ne andato e tra me e Rohedric sembra si sia spezzato qualcosa. Non mi sono mai sentita così sola in vita mia.» Le lacrime avevano cominciato a scorrere: lacrime che si era imposta di non versare ma che ora non riusciva a fermare, ora che aveva ritrovato la sola persona che riuscisse a capirla davvero, la sola persona che sapeva come si sentisse, la sola persona che gli desse conforto con la sua sola presenza. Non si era accorta di quanto l’amasse finché non aveva rischiato di perderlo per sempre. Lo guardò dritto in quegli occhi scuri sempre così attenti e vivaci, ora pieni della più totale e cieca comprensione.
«Mi sei mancato.»
«Mi sei mancata anche tu,» rispose Mat con un sorriso, «e stavolta sono tornato per non andarmene.» L’uomo le prese la testa tra le mani e il sorriso svanì, e posò su di lei uno sguardo così intenso che ne ebbe paura.
«Merian, si avvicina l’ora dei lupi. La guerra incombe e presto ogni cosa sarà travolta dall’imminente marea. Il mondo sta per cambiare di nuovo. Dovete essere pronti.»
«Che vuoi dire?» La ragazza non sapeva se essere più perplessa o spaventata.
«Quando il Drago si sveglierà, che la Luce ci protegga, perché il suo passaggio sarà causa di devastazione di questa terra.»
«Ma lui dovrebbe esserne il Salvatore… non capisco…»
«Questo è ciò che è scritto, e così dovrà essere, ma la pace esiste solo se esiste la guerra, così come il bene esiste con il male. Non possiamo salvare il mondo se prima esso non viene distrutto… ma possiamo fare in modo di limitare i danni,» disse infine con uno scaltro sorriso.
«E come credi che ciò sia possibile?»
«Non lo so ancora, ma so che tu sei la chiave. Innanzitutto, dobbiamo trovare il Drago Rinato…»
«Ecco, a questo proposito… » lo interruppe Merian, «E’ proprio lui che devo trovare . Sua madre mi ha chiesto di…»
«Ferma, ferma, ferma. Sua madre?» Mat si tirò su il cappello, segno che c’era qualcosa che non riusciva a capire.
«Sì, la madre di Morgan…»
Una risata da parte dell’altro la fece sentire, se possibile, ancora più perplessa.
«Tu pensi che Morgan Neglentine sia il Drago Rinato?»
Ancora una volta, come diamine faceva a conoscere Morgan? Non ricordava di avergli mai detto il cognome… In ogni caso non fece in tempo a fargli alcuna domanda.
«Non è certo lui il Prescelto, ma hai ragione su una cosa, dobbiamo assolutamente trovarlo.»
«Da dove cominciamo?»
«Dove l’hai visto l’ultima volta?»
Merian ci pensò su solo un istante.
«Non ho un’immagine chiara, sono comparsa nel suo sogno dal nulla e scomparsa l’attimo successivo senza nemmeno avere avuto il tempo di dire “ciao”. Ricordo una radura e dei lupi, nient’altro, mi dispiace…»
«Uhm… non ci aiuta molto…»
«Bè, scusa tanto se qualcuno mi ha svegliata prima di potere chiedere a Morgan dove si trovasse perché sua madre mi avrebbe interrogato!»
«D’accordo,» fece Mat stizzito, calcandosi il cappello in testa. «Cerchiamo di usare la logica. Quando lo hai incontrato la prima volta era diretto verso Coraman giusto? Ebbene, ammesso che ci sia mai arrivato, prima o poi sarebbe dovuto tornare indietro.» Sospirò disperato e si afflosciò al suolo.
«Sangue e maledettissime ceneri, dovremo metterci a cercare lungo tutta la strada tra Coraman e Tsorovarin, e questo solo se abbiamo avuto la giusta intuizione! Senza contare poi che si sarà accampato lontano dalla strada, il che aumenta notevolmente il campo di ricerca!»
«Ti stai dimenticando di una cosa importante,» disse Merian con una strana luce negli occhi. Mat la guardò incuriosito e senza dubbio leggermente preoccupato: sopracciglia aggrottate, occhi socchiusi e sguardo in tralice, assumeva sempre quella espressione a metà tra il pensieroso e l’arrabbiato quando qualcosa gli sfuggiva, come se avesse sempre paura che qualcuno si stesse preparando a fargli una beffa al quale lui non si era preparato.
Merian non gli diede comunque il tempo di fare alcuna domanda.
«Io sono Ta’vereen, posso contare sul Disegno ad aiutarmi a trovare il Drago…»
«Ah, Merian non funziona così…»
«…e tu puoi contare sulla tua dannata fortuna!»
Questo sembrò più di suo gradimento, tanto che si alzò di scatto e un sorriso da mascalzone – quel sorriso per cui Merian si sarebbe dimenticata persino del Tenebroso in persona – comparve sul suo viso illuminato come fosse pieno giorno.
«Dovienya,» disse poi tirando fuori i suoi preziosi dadi, «non mi abbandonare proprio ora. » Fattosi improvvisamente serio, Mat li lanciò in aria e, scordandosi di tutto e tutti, diede le spalle a Merian e si in incamminò verso una direzione apparentemente a caso. Lei non poté fare altro che seguirlo, domandandosi se non fosse impazzito.

Le ricerche furono estenuanti, il tempo sembrava trascorrere senza logica: saltavano da un posto all’altro impiegando meno di un battito di cuore, raggiungendo luoghi a prima vista così lontani! Merian avrebbe voluto fargli mille domande ma Mat sembrava concentrato solo sulla strada davanti a sé, tirando di quando in quando i dadi e decidendo la direzione da prendere. L’unica cosa di cui era certa, era che stavano seguendo la pista di cui avevano congetturato, scegliendo solo di andare a destra o sinistra, indietro o avanti, prendere un sentiero piuttosto che una strada, con l’aiuto della fortuna… o del Disegno, questo a Merian non era ancora ben chiaro.
Inutile comunque pensarci, probabilmente non ne sarebbe mai venuta a capo. Incredibile la quantità di cose che imparava ogni giorno, e che ogni giorno le facevano realizzare che in fondo non ne sapeva nulla!
Aveva cominciato in parte a farsene una ragione: certe cose forse non avrebbero dovuto avere spiegazione, forse la mente delle persone era troppo semplice per capirle… o di sicuro lo era la sua.
“C’è un tempo per ogni cosa,” usava dirle Arlene, “c’è un tempo per capire e un tempo per ignorare.” Merian non aveva mai compreso il senso di quella frase per lei così assurda, ma ora ne deduceva la grande verità: ci sono cose al mondo che devono essere lasciate al loro posto, inutile chiedersi il perché o il come, saperlo non cambierà la loro natura, semmai aiuterà a sconvolgere di più la tua!
Perciò, se pur presa da curiosità e voglia di sapere, Merian lasciò Mat fare il proprio lavoro cercando di contribuire quanto più possibile con ciò che poteva intuire, aprendo la bocca solo per indicare qualcosa che poteva essere utile, e rispondendo alle scarse domande di Mat su questa o quella cosa riguardante Morgan, il Drago o i sogni di entrambi.
Dopo quella che sembrò un’eternità Mat si fermò all’improvviso e si voltò verso Merian.
«Vedi anche tu quello che vedo io?» chiese con un sorriso scaltro in volto.
Merian guardò nella direzione da lui indicata, e quasi le si mozzò il respiro nel vedere di fronte a sé, poco oltre la strada sulla sua destra, una figura che guardava dritto verso di loro. La luce era fioca, l’uomo aveva il cappuccio tirato sulla testa, ma non c’erano dubbi sulla sua identità: due inquietanti, eppur familiari occhi gialli, spuntavano da sotto la cappa e guardavano Merian con l’aria di non credere a ciò che vedevano. Eccitata, coprì la distanza tra lei e Morgan con un solo passo, dando a quello sguardo già di per sé sorpreso, un motivo in più per essere scosso.
L’uomo sembrava abbattuto e al tempo stesso felice di vederla, tanto che inizialmente non fece caso all’altra presenza in sua compagnia. Merian si affrettò a presentarli, ma prima che potesse tirare in ballo il Drago, Mat la interruppe chiedendogli delle sue condizioni.
«Sto bene,» disse impacciato, «sono solo sorpreso di vedere Merian, e proprio nel momento in cui avrei voluto parlare con lei.» Si girò verso di lei e Merian poté scorgere un lampo di gelosia negli occhi di Mat. Cercò di non compiacersene troppo.
«Che vuoi dire?» le chiese lei forse un po’ troppo seriamente.
Lui non rispose subito, si guardava intorno pensieroso e osservava Mat con sospetto: aveva l’aria di uno appena scampato a una rissa!
«Non saprei, mi è parso di vederti in sogno appena due notti fa ma sei sfuggita prima che potessi dirti “ciao”, e ho sperato di riuscire a rincontrarti ma… ho… qualche difficoltà… a entrare nel Mondo dei Sogni,» disse infine quasi imbarazzato.
«Perché la cercavi?» si intromise Mat.
Morgan dimenticò per un attimo i suoi turbamenti e guardò l’altro con sguardo omicida.
«Non credo di aver ben capito chi tu sia…»
«Non ti basterebbe un’Era per capire davvero chi io sia,» rispose Mat con ostentata boria, «ma sono dalla tua parte ed è l’unica cosa che devi sapere in questo momento.»
«Ma davvero? E sentiamo, da quale parte starei io
Ecco, ci mancava solo questo, pensò Merian. Possibile che gli uomini siano tutti uguali!
Era ora di finirla, ne aveva già avuto abbastanza, che Mat si tenesse i suoi segreti! Lei era venuta a cercare Morgan per un motivo e glielo avrebbe detto seduta stante senza troppi giri di parole, dannazione!
«In questo momento mi trovo a Tsorovarin, chiusa in una stanza insieme ai miei amici. Non ho ancora ben capito se siamo prigionieri o no ma siamo stati interrogati e non possiamo uscire, quindi deduco che sia così sebbene ci trattino molto bene e nessuno ci punti delle armi o… comunque… stamattina ho avuto l’onore di incontrare un’altra Camminatrice dei Sogni, e indovina un po’ chi era? Tua madre, Morgan, la signora Eloise Ladrielle in persona, accompagnata dal suo prestante marito Roran Neglentine.
E sai cosa mi ha chiesto tua madre, che in qualche strano modo sapeva chi o cosa fossi?
Mi ha detto, “devi trovare mio figlio Merian, è in pericolo, riportalo a casa”… più o meno… e questo senza nemmeno darmi una pacca di incoraggiamento sulla spalla! E sai cos’altro?
Lord Mat, qui presente, sostiene che non sia tu il Drago Rinato ma che in qualche modo questa figura leggendaria c’entri con te e tu sappia qualcosa. Ora, mi chiedo, è così? Sai dove diamine si trovi il Drago Rinato? E, cosa forse ancora più importante, hai intenzione o no di tornare a casa?»
I due uomini la guardarono impietriti, per la prima volta Mat senza parole!
Le espressioni che passarono sul volto di Morgan in quei lunghi istanti successivi al suo sproloquio erano indefinibili, e probabilmente il povero ragazzo stava tentando indubbiamente di fare ordine nella sua mente alle mille domande che aveva da porle.
Mat provò ad andargli in soccorso.
«Morgan, quello che Merian, qui presente, vuole sapere…»
«Ho compreso perfettamente la questione, grazie,» sbottò infine il Ribelle alzando una mano per zittire l’uomo.
«Tutta questa storia è a dir poco assurda. Se penso a nemmeno una luna fa mi sembra di essere entrato in un nuovo mondo. Sono un Ribelle, conosco abbastanza le leggende sul Drago Rinato e sono stato preparato per affrontare i nemici della Confederazione e dell’Ombra; ma nessuna storia o addestramento può competere con questo.» Fece un ampio gesto con entrambe le mani, fermandosi un solo istante. «Ho sempre desiderato far parte della leggenda che accompagna la rinascita del Drago, e non nascondo che sin da bambino speravo accadesse in quest’era, e ora… voi qui non fate altro che confermare i miei sospetti a riguardo e mi chiedo, è così allora, è davvero questa l’era del Drago?»
Non c’era bisogno di alcuna risposta ma sia Merian che Mat annuirono entrambi silenziosamente. Merian poteva sentire l’infinita serie di sentimenti che scorrevano in Morgan in quel momento: felicità, rabbia, frustrazione… erano gli stessi che aveva sentito, e continuava a sentire, anche lei. Provò un moto di compassione per quell’uomo così forte, e al contempo così fragile, di fronte ad avvenimenti più grandi di lui. Attese che Morgan continuasse a parlare, in qualche modo sapeva che si sarebbe fidato di lei rivelandole ciò che poteva: erano spiriti affini lei e lui, anche Morgan poteva sentirlo, su questo non aveva dubbi.
«Ero diretto a Coraman con il ragazzo, Davrath, per consegnarlo nelle mani degli Anziani e lasciare sbrigare le solite faccende burocratiche a loro. Ho fatto quello che era mio dovere, ma…» Di nuovo un’ombra di sospetto gli comparve sul viso quando incrociò lo sguardo di Mat. Lui cercò di metterlo a proprio agio mostrandogli un sorriso che avrebbe funzionato senz’altro meglio se Morgan fosse stata una donna. In ogni caso, Morgan continuò. Opera della dannata fortuna?
«Avevo la netta sensazione che il ragazzo mi stesse nascondendo qualcosa, e quando l’ho consegnato all’Anziano Dazar, confessandogli i miei dubbi, i miei sospetti sono di gran lunga aumentati. Qualcosa non mi quadrava… Volevo rimanere in città ma cosa avrei potuto fare? Sono un soldato e avevo degli ordini da eseguire, ho pensato che avrei potuto essere maggiormente d’aiuto tornando a casa e parlandone con mia madre e con te. Tu sei stata la prima a parlare del Drago Rinato e sapevo che mi avresti creduto e che avresti potuto sostenere quanto dicevo io, sì, perché prima di oggi avevo solo il forte dubbio che Davrath potesse essere il Drago Rinato ma ora… la vostra presenza mi dice che questa è la verità nuda e semplice.»
Merian si sentì una stupida. Aveva creduto e sostenuto che fosse Morgan il Drago Rinato, non importava cosa dicesse Mat, era stata così sicura! Che idiota, probabilmente anche la madre di Morgan, e suo padre, e persino tutti i dannati Neglentine sapevano che non poteva essere lui, ci erano arrivati tutti prima di lei, che stupida, stupida idiota!
«E il Ribelle dagli occhi gialli si è appena guadagnato una mano vincente!» esplose Mat dando una manata sulla spalla a Morgan, distogliendo Merian dai suoi pensieri.
Morgan guardò Mat senza capire ma innervosito dall’improvviso slancio emotivo dell’altro.
«Lascia perdere,» disse Mat con una smorfia di delusione, «l’importante è sapere che ora tutti sappiamo. Ma… dove sono i tuoi compagni, non viaggiavi da solo vero?»
Già, si chiese Merian, dov’erano spariti?
«Gli ho lasciati poco fuori le porte della città prima di scortarvi Davrath, ma quando sono ritornato al luogo dell’accampamento non c’era più nessuno. Suppongo abbiano deciso di tornare a casa…»
«Ed è una cosa normale per voi Ribelli che una squadra di esploratori o combattenti abbandoni il proprio superiore per tornare alle loro case?» chiese Mat sospettoso.
Morgan aggrottò la fronte. «Pensavano rimanessi a Coraman con il ragazzo, anche loro avevano i loro ordini a cui assolvere.»
«Ah, questo spiega tutto!» fece l’altro sarcastico.
«Non ha importanza ora,» si intromise Merian di nuovo sicura di sé. «Morgan, hai sentito quel che ha detto tua madre: sei in pericolo, devi tornare immediatamente a casa.»
«E’ quello che sto facendo ma… perché tutti continuate a dirmi che la mia vita è in pericolo?» chiese quasi stizzito.
Merian corrugo la fronte a quelle parole. Tutti? Ma Mat sembrò non preoccuparsene.
«Hai dato voce ai tuoi dubbi un po’ troppo apertamente, e forse la tua precipitosa affermazione ha colpito più di quanto tu possa immaginare,» rispose l’uomo solenne. «Dove ti trovi esattamente in questo momento?»
Morgan non esitò un solo istante per rispondere: era a solo un giorno di viaggio da Coraman, una trentina di miglia oltre il luogo dell’accampamento dei suoi compagni, nascosto in un avvallamento del terreno.
«Bene, trovati un nascondiglio decente e rimanici finché uno di noi due tornerà a parlarti,» poi di colpo si rivolse a Merian: «Tu, devi assolutamente svegliarti e riferire ogni singola parola ad Eloise, dille di mandare qualcuno ad aprire un Portale dove ti ha appena detto Morgan, non c’è tempo da perdere.»



continua...



Aaron Gaeleaf Selohim di -ws
Dorian di mercutia - su EFP
Mabien Asuka di mercutia - su EFP
Merian Elen Syana di SilmaCauthon
Morgan Neglentine di Neslepaks
Norah di Semirhage
Siadon di -ws
Toras Skellig di Neslepaks

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