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Autore: I Camminatori dei Sogni    22/08/2013    0 recensioni
Il forum i Camminatori dei Sogni presenta la prima Chain Novel su La Ruota del Tempo, una via di mezzo tra fanfiction e Gioco di Ruolo scritta a più mani.
L'ispirazione proviene dalla saga di Robert Jordan: immaginando un suo probabile seguito, siamo partiti dalla quarta era, la successiva alla saga, inventando un mondo profondamente diverso nel quale vivono nuovi personaggi creati dai giocatori/autori.
La storia è in continua evoluzione, nuovi giocatori portano nuovi fili ad intrecciarsi nel Disegno. Un nuovo Drago Rinato dovrà affrontare un nemico antico, ma che questa volta ha saputo preparare al meglio il suo ritorno.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I Camminatori dei Sogni :: Chain Novel :: La Ruota del Tempo

Una via di mezzo tra FanFiction e Gioco di ruolo, questa è una storia scritta da molte mani: il progetto WoT Chain Novel del forum i Camminatori dei Sogni.
L'ispirazione proviene dalla saga di Robert Jordan, the Wheel Of Time: immaginando un suo probabile seguito, siamo partiti dalla quarta era, la successiva alla saga, inventando un mondo profondamente diverso nel quale vivono i personaggi creati dai giocatori.
La storia è in continua evoluzione, nuovi giocatori (partecipa anche tu) portano nuovi fili ad intrecciarsi nel Disegno. Un nuovo Drago Rinato dovrà affrontare un nemico antico ma che questa volta ha saputo preparare al meglio il suo ritorno.

Capitolo 4: Certezze infrante [parte nona]



Altri fili nel Disegno

Rilasciò il flusso e la bolla che le permetteva di incanalare fluì dietro di lei raggiungendo di nuovo la base della Buca alle sue spalle. Non aveva più bisogno del Potere per portare a termine il suo piano: il più era già stato fatto, suggellato dal contatto con le labbra di Kabanil.
Quanto amava quei minuscoli dettagli! Capricci che altri avrebbero definito insignificanti, superflui o addirittura inutilmente pericolosi. Forse non avrebbero avuto tutti i torti, lo ammetteva, ma quel genere di cose rendevano Shawna mostruosamente fiera di ciò che era, non soltanto uno degli esemplari migliori dell'Ordine Sacro. A Kiserai aveva guadagnato enorme fama per non aver mai fallito una missione e questo poteva già essere sufficiente. Ma non per lei, amava concedersi un finale in grande stile, tutto esclusivamente per lei, un appagamento tutto personale: chiunque altro avesse avuto l'onore di assistere alla messa in scena di quei suoi squisiti dettagli, non lo aveva mai potuto raccontare. Un vero peccato.
Era stremata dallo sforzo di quei pochi momenti, ma così orgogliosa di sé ed elettrizzata da non farci caso più di tanto. Andava tutto alla perfezione. Baciare Kabanil stava attivando il definitivo meccanismo mentale che per mesi gli aveva intessuto nella mente, poco per volta, così come aveva fatto in parte minore ad altri addetti alle carceri. Un lavoro meticoloso, complesso all'inverosimile e tuttora comunque fragile, ma l'ordigno che ne era risultato finalmente sarebbe entrato in azione, lo stava facendo proprio in quel momento. La mente di Kabanil era sua, d'ora in poi avrebbe obbedito a comandi che lei gli aveva assegnato già da tempo, lui sarebbe stato la chiave di volta. Tra poco. Ora andava in scena il suo personale spettacolo, ora il ragazzo era solo un piacevole gingillo. Le dispiaceva sempre prendersi quei lussuriosi piaceri forzando la mente altrui, rinunciando così a parte del gusto della caccia. E onestamente le dispiaceva anche che quel poveretto non potesse godere a pieno di quello che con tanto vigore le stava facendo. Era un bel ragazzo, alto, con un torace robusto e muscoli ben torniti, il fatto che fosse tanto focoso poteva anche essere frutto dell'effetto della compulsione. Ma non era affatto un male. Affatto.
Lo sguardo di Kabanil era pieno di reverenziale adorazione quando, esausto e ancora ansimante, si scostò e la lasciò libera di posare i piedi a terra. Lei gli sorrise e gli accarezzò il volto, osservandolo crogiolarsi in quel gesto.
«Ora vai» gli disse.
Il ragazzo si ricompose e si avviò meccanicamente, scavalcando il corpo di Suus come se fosse la cosa più normale del mondo. Soddisfatta, Shawna guardò le spalle larghe di Kabanil allontanarsi, poi trascinò la donna priva di sensi verso la Buca, dove imbrigliò anche il suo cervello al proprio volere con una tessitura e con un'altra la Guarì in modo che potesse scortarla nuovamente alla sua cella senza destare sospetti. Procedeva tutto alla perfezione. Era solo più stanca del previsto. Molto più stanca, ora che ci faceva caso.
Mentre camminava ripercorreva con la mente tutto il suo piano: tutte le pedine sarebbero cadute, una dopo l'altra, con un ordine preciso. Aveva impiegato mesi a capire come aggirare gli schermi durante i momenti fuori dalla cella, non le era riuscito sempre e questo l'aveva portata a cercare di farsi sottoporre a continui ed estenuanti interrogatori. Era stato un lavoro così snervante, ma ce l'aveva fatta e ora era giunto il momento di mettere tutto in opera.
A quel punto si trattava solo di aspettare, e purtroppo non poteva sapere quanto: ci aveva provato in tutti i modi, ma non era riuscita a scoprire sufficienti dettagli per poter calcolare quanto tempo Kabanil avrebbe impiegato ad attivare tutte gli altri inneschi mentali. In quel momento lui stava girando per i corridoi seguendo uno schema di incontri che doveva fare e non si sarebbe fermato finchè non l'avesse completato. Jeshic poi avrebbe trovato Restell, una dei Terah, i tredici Incanalatori che tenevano schermato il piano inferiore delle prigioni. Lei era stata l'unica dei Terah la cui mente avesse ceduto ai tentativi di Shawna di intaccarla e lei aveva il compito più determinante, quello di interrompere il circolo, mentre le sue preziose pedine, radunate fuori dal Terahtan in seguito ad un comando di Kabanil, sarebbero entrate e avrebbero ucciso, o almeno avrebbero provato a farlo. Distruggere tutto il Terah era impensabile, Shawna non si era mai illusa di questo anche se aveva istruito i suoi Guardiani a farlo. Ma il solo tentativo avrebbe creato una situazione tanto inattesa da far saltare la schermatura quel tanto che le sarebbe stato sufficiente a fuggire. La fragilità del piano era evidente, ma la meticolosità con cui l'aveva intessuto era per lei garanzia che nemmeno questa volta avrebbe fallito. Per il resto i Guardiani di Acarvende, e questo era fin troppo palese, erano tanto tranquilli della sicurezza di quel luogo e dei loro stupidi sistemi di sorveglianza che sarebbe bastato un niente per mettere tutto a soqquadro.
Si, era indubbiamente un ingranaggio complesso, un piano al limite dell'impossibile, ma Shawna l'avrebbe portato a termine e presto sarebbe tornata a Kiserai. Era pronta a morire se questo non fosse accaduto e anche per questo c'erano già menti corrotte al fine di adempiere a tale compito da lì a poche ore. Se il piano fosse fallito il rischio di essere scoperta sarebbe stato troppo elevato: aveva già rischiato enormemente tra un interrogatorio e l'altro e se tutto questo lavoro logorante non avesse funzionato, nient'altro avrebbe potuto farlo. La morte sarebbe stata l'unica via in quel caso.
Non aveva immaginato che si sarebbe stancata in quel modo: camminava a fatica verso la cella, tanto che Suus si girò un paio di volte chiaramente stupita di doverla quasi trascinare per farsi seguire. Quando entrò in cella, si lasciò cadere sul pagliericcio in cui era solita dormire. Non una parola, le poche energie concentrate ad attendere il momento in cui la schermatura sarebbe venuta meno. Stanca com'era si augurò di tutto cuore che accadesse il più tardi possibile: temeva infatti di non essere in grado di aprire un portale in quel momento, in quelle condizioni. Sarebbe stata una situazione davvero ironica.
Una risata involontaria le gorgogliò in gola, abbastanza forte da catturare l'attenzione perplessa delle sue compagne. Le guardò e sorrise loro, subito prima di chiudere gli occhi. Chissà che fine avrebbero fatto loro?
Mab era davvero una persona strana: dopo anni di soprusi e crudeltà, continuava a fidarsi del prossimo. Era davvero un'assurdità. Una parte di lei, quella più ferita e lacerata dalle esperienze che aveva vissuto, tentava chiaramente di frenarla, ma la sua vera indole la portava in definitiva a lasciarsi andare. Tradita fin dalla nascita dal mondo intero, costretta a lottare quasi ogni giorno per la sopravvivenza, invece dell'aggressività, aveva sviluppato un disperato bisogno di protezione, che continuava a cercare in chiunque. Era disposta a consegnare il proprio cuore al primo che le avrebbe dimostrato un briciolo di compassione, e a quanto le aveva strappato di bocca, doveva essere proprio ciò che era accaduto con quel capitano dei Figli della Luce che blaterava d'odiare. Suscitava una certa tenerezza, quasi le dispiaceva lasciarla lì, ma c'era da dire che le era già andata bene fin troppe volte: se non fosse sopravvissuta a quello che stava per accadere, era il giusto scorrere degli eventi a volerlo. Per quanto fosse scaltra e abile nell'adattarsi alle situazioni scomode in cui si veniva a trovare, prima o poi quella sua spiccata ingenuità le sarebbe stata fatale. Era inevitabile.
Thea a modo suo era una persona ben più normale, con i suoi misteri e le sue falsità pur nel voler essere esplicita. Era un soggetto interessante, un peccato non aver avuto modo di approfondirne meglio la conoscenza: dietro i tanti dettagli che spontaneamente aveva raccontato sulla propria identità, era chiaro ci fosse un mondo sommerso che sarebbe valsa la pena scoprire. Shawna si era fatta l'idea che Thea appartenesse ad un ordine alla fin fine non troppo diverso da quello cui apparteneva lei stessa. Un ordine ristretto, i cui membri venivano selezionati naturalmente con una disciplina troppo dura per essere sopportata da tutti. Lo si vedeva in tanti piccoli gesti che sarebbero sfuggiti a chiunque non osservasse con attenzione: Thea non era un semplice soldato, il suo fisico e le sue movenze rivelavano un addestramento mirato alla lotta corpo a corpo, alla rapidità e alla discrezione. Un soldato, sì, ma forgiato per uccidere senza lasciar traccia. La sua identità era impressa nella sua gestualità come un marchio a fuoco sul bestiame per gli occhi di Shawna. Con la stessa limpida chiarezza era certa che Thea avesse capito presto che lei era una spia, come volgarmente sarebbero stati definiti i membri dell'Ordine Sacro fuori da Kiserai.
Non le importava che fine avrebbero fatto. Su entrambe ci sarebbe stato altro da scoprire, abbastanza da meritare altre missioni dedicate. Ma Shawna si era spinta tanto a nord per cercare i Ribelli e indagare i loro sistemi di sicurezza e queste erano le informazioni che avrebbe riportato da lì a poco a Kiserai: le animosità tra le città e le loro famiglie fondatrici, il conservatorismo di alcuni contro il desiderio di cambiamento di altri, la generale disorganizzazione come entità unica e fondamentalmente il fatto che le loro conoscenze sul Potere fossero ampiamente sopravvalutate. Shawna aveva riso dei sistemi di sicurezza e di reclusione, vanto della città di Acarvende, in cui era stata prigioniera abbastanza a lungo da scoprirne quasi ogni segreto: i flussi più potenti erano in possesso di pochi e poco si faceva per diffonderli, principalmente per timore di consegnarli così alle altre città. L'incapacità di unire tutti i nuclei faceva dei Ribelli un nemico da non temere, ma semmai una risorsa da conquistare e sfruttare per muovere finalmente i fili della riconquista delle terre da cui il suo popolo era stato costretto a fuggire. Il Drago Rinato stava per palesarsi e presto li avrebbe condotti alla gloria.
La possibilità di Incanalare la rapì brutalmente da quei pensieri. Aprì gli occhi e inspirò profondamente prima di aprire il passaggio. Non si stupì nel rendersi conto che non riusciva a farlo come voleva: andare direttamente a Kiserai era impensabile per le energie che aveva. Non sprecò tempo nel cercare una soluzione, ma si concentrò in modo da lasciare almeno la prigione. Varcò la soglia luminosa che aveva creato, lasciando le sue compagne a fissarla ad occhi sgranati, incredule e incapaci di comprendere in quei pochi istanti cosa stesse accadendo.
Shawna uscì dal passaggio sulle mura naturali della città, il posto più lontano a cui aveva potuto mirare. Questo significava che si sarebbe dovuta poi allontanare senza usare il potere, scalando la roccia della montagna in cui era incastonata Acarvende. Avrebbe raggiunto un punto sicuro in cui riposarsi fino a riprendere le energie sufficienti per incanalare un portale in grado di farla giungere a casa.
Nel colore crepuscolare della sera che avanzava osservò ai suoi piedi la conca profonda in cui era sorta quella città fortezza. Era una città affascinante, doveva ammetterlo: nelle mani giuste sarebbe stata inespugnabile. Stava sorridendo al pensiero, quando la parete nord della città esplose in una nuvola di polvere e detriti. Quando la foschia si dissipò, il calare della sera lasciò intravedere alcune persone che si affacciavano ad uno squarcio prodotto nella parete rocciosa che separava le carceri dalla città. Evidentemente l'assenza dello schermo era stata sufficientemente duratura da far reagire i prigionieri. Questo avrebbe potuto sconvolgere la città e creare più danni di quanto Shawna avesse ipotizzato, ma non poteva curarsene. Raccolse le ultime forze e cominciò a scendere oltre la parete che delimitava la città, pregando la Luce di trovare quanto prima un pertugio sufficientemente grande da poterle offrire riparo per la notte.



Siadon

«Che ti piaccia o meno, ragazzo, è la pura e semplice verità»
Siadon fissò il vecchio a lungo, senza nascondere perplessità e stupore. Quanto aveva appena ascoltato avrebbe scosso anche il freddo assassino che stava interpretando. Era una delle maschere più semplici che avesse mai indossato, bastava mostrare di odiare tutto e tutti e di non provare alcuna emozione positiva. In pratica, far vedere quello che solitamente nascondeva e tenere per sé le uniche cose che lo facevano assomigliare ad un uomo: la speranza in una vita migliore e quello che provava per Thea.
«Dei Ribelli. I fondatori della setta di De'Domorashi... erano dei Ribelli? Vecchio, è assurdo. Capisco raccontare storie stravolgenti per creare dubbi ma ora esageri. Hai bisogno di riposare un poco? Possiamo vederci anche domani, dovrei essere libero.»
Negli ultimi interrogatori aveva iniziato a reagire con l'arroganza alle sorprese, gli era sembrato un metodo efficace per provare ad indirizzare le domande dove preferiva. Funzionava, a volte. Mai con quel dannato vecchio ma ormai doveva continuare a mantenere anche quell'aspetto del personaggio.
L'anziano non si scompose. «Non so se siano stati loro i veri fondatori. Stando a quanto ci è dato sapere, le persone che lasciarono questa città erano interventiste, spesso violente, ma votate alla nostra causa non dei mercenari. Fondatori o gregari non cambia molto. Tu stesso hai ammesso che la setta ha variato forma e metodi molte volte, potrebbero averne preso il controllo in un secondo momento. Il punto è che le similitudini nelle nostre tradizioni sono numerose, non può essere un caso.»
Siadon alzò le spalle, o almeno ci provò prima di venir bloccato dal laccio con cui era legato e che gli impediva di usare il Potere. Erano in una stanza molto piccola e per la prima volta da quando si trovava in quelle carceri, c'era un solo Ribelle con lui. Lo stesso vecchio che aveva assistito ad ogni suo interrogatorio, tanto da far temere a Siadon di essere diventato il suo oggetto di studio. Era intrigante, addirittura esaltante per certi versi. L'anziano conosceva molto bene il suo mestiere, tenergli testa era sempre più difficile per l'assassino. Intrigante ed esaltante, sì, ma molto pericoloso. Come se non bastasse, sembrava rispettato in modo che andava oltre l'ammirazione o l'invidia per le sue capacità. Quell'uomo doveva ricoprire un ruolo importante per le carceri, probabilmente per l'intera città. Forse faceva parte di quel Consiglio degli Anziani a cui aveva accennato Taril.
Certo c'era anche la possibilità che fosse tutto un trucco. Magari per spingelo a credere che la parte di storia dei Ribelli, che l'anziano gli aveva appena raccontato, non andasse rivelata agli altri. Siadon non riusciva a decidere se fosse un'idea valida o il frutto delle paranoie scatenate dall'astinenza alla radice.
«O più semplicemente, i modi più efficaci di usare il Potere per ottenere informazioni sono quelli. Secoli di pratica hanno portato due gruppi distinti alle medesime conclusioni. In effetti funzionano piuttosto bene, cosa aspettate ad usarli su di me?»
«Similitudini di intenti, forse. Non di modi.» il volto rugoso rimase inespressivo. I pozzi neri che aveva al posto degli occhi continuavano a scrutarlo come sempre ma la pausa durò un istante di troppo. Siadon annotò mentalmente di tornare sul punto mentre cercava di non far trasparire la sensazione di aver raggiunto una piccola vittoria dopo numerosi incontri «Ma il rituale del tuo matrimonio come lo spieghi?»
Oh no vecchio, non era questo che volevi dirmi!
«Andiamo non sono così stupido! Avete capito subito che si trattava di una cosa molto particolare, mi avete chiesto i dettagli ed ora volete farmi credere che fa parte delle vostre tradizioni? Non ne avevate mai sentito parlare, è solo un modo per creare dei punti in comune.»
Anche se non ne capisco il motivo... sarebbe più facile sfruttare le cose conosciute.
«E perché dovrei volerti spingere a credere questo, se non fosse la verità?» Chiese il Ribelle aggrottando la fronte, moltiplicando le già numerose rughe che gli solcavano il volto.
Brucia! «E che ne so? Magari è solo un modo per confondermi, oppure è l'età che avanza.» non ebbe bisogno di fingere per caricare d'odio il suo sguardo.
In risposta ebbe solo due grandi occhi neri che lo trapassavano, calmi e pazienti come il tempo stesso. Da qualche parte, nel corridoio oltre la porta chiusa, una goccia d'acqua cadeva ritmicamente sulla pietra, tagliando il silenzio opprimente in intervalli regolari.
«Sei stato addestrato bene, mi piacerebbe molto conoscere di più su quel monastero.» disse infine il vecchio, stirandosi la schiena mentre cercava una posizione più comoda sulla sedia imbottita. «Ma c'è qualcosa che ti complica la situazione. Tutta questa paranoia non può convivere con le altre abilità e non può nemmeno essere finta come l'arroganza. Da dove viene? Non puoi essere tanto preparato ed avere allo stesso tempo tutti questi dubbi. Di certo te ne sei reso conto anche tu, quindi non è un comportamenteo che adotti di proposito.»
Dannato bastardo! E dannatissima radice!
Siadon sorrise sinceramente, era arrabbiato con sé stesso per la debolezza che gli impediva di pensare lucidamente ma si sentiva anche euforico per il confronto con un esperto negli interrogatori. Stimava l'anziano e una parte di lui lo avrebbe voluto come maestro. Certo molte altre parti non vedevano l'ora di farlo a pezzi, in diversi modi tutti molto dolorosi, ma lo rispettava. E temeva. Quanto poteva andare avanti a mentire? I Ribelli non usavano la radice per tenere a bada i prigionieri. Gli effetti dell'astinenza non sarebbero dovuti durare per più di un mese o due ma lui non aveva tutto quel tempo, non con quel vecchio tanto bravo a leggere i suoi pensieri.
«Bene, un problema in meno, in realtà detesto l'arroganza. Di che modi parlavi prima?» sapeva di non dover aggiungere altro, entrambi stavano misurando ogni parola.
L'anziano non mostrò alcuna sorpresa, con ogni probabilità si aspettava la domanda.
«Durante gli interrogatori, cerchiamo di usare il Potere solo se siamo sicuri di non danneggiare troppo i prigionieri.» cambiò posizione, lasciandosi sfuggire qualche gemito «mentre, da quanto ho intuito, voi usate tali tecniche senza preoccuparvi delle conseguenze.»
Siadon annuì. «E usandolo su di me temete di attivare una Trappola Mentale, perdendo le informazioni che cercate. Il tempo per ottenerle normalmente invece non vi manca.»
Il vecchio sorrise «Vero, tuttavia non ti ho mentito. Conosciamo le Tessiture, ci addestriamo nel loro uso e cerchiamo sempre di perfezionarle. Ma evitiamo di usarle quando in realtà sarebbero davvero utili, quando potremmo ridurre i giorni di prigionia dei nostri ospiti innocenti.»
Confusione. Cambiando discorso ho ammesso di essere paranoico e ora batte questa strada. Memorizza e ignora, se rifletti ora sei fregato.
«Ma per quanto perfezionata sia la tecnica, i rischi rimangono. Tutto sommato è meglio qualche giorno in più in prigione rispetto al trovarsi la mente trasformata in poltiglia.» concluse Siadon.
Qualcuno si avvicinò alla porta, si fermò a controllare la stanza con discrezione, come le volte precedenti, per poi allontanarsi subito dopo. Le guardie seguivano uno schema semplice ma preciso, dovevano essere due gruppi su altrettanti percorsi distinti. Il primo passava all'incirca ogni centocinquanta gocce d'acqua, mentre il secondo compiva un giro più breve, impiegadoci poco meno della metà del tempo, una settantina di ticchettii.
«Dunque, da dove viene?»
La verità è la miglior menzogna era un frammento di una specie di mantra della Setta, scolpito nella sua mente. Era anche un ottimo suggerimento.
«Le mie armi erano ricoperte di veleno e nelle tasche avevo altri impasti. La paranoia è l'effetto di una di quelle droghe.» Che non mi avete lasciato il tempo di assumere.
Il vecchio annuì «Finalmente un mistero risolto. Cosa hai capito dei tuoi compagni di cella?»
Ancora confusione indotta, o forse vuole capire quanto le paranoie distorcono la mia percezione per sfruttarle meglio. Non conosce i veleni e tornerà sulla questione dopo essersi informato, ora ha cambiato discorso per farmi credere di aver chiuso la questione... Ah dannazione, rispondi e basta!
«Taril è un giovane viziato, pieno di ideologia da caserma sul come combattere in modo onorevole, qualcosa di simile ad un gioco tra nobili. Dubito abbia mai faticato veramente per ottenere qualcosa, ha provato diverse volte ad entrare nel reparto che tanto ammira ma l'hanno scartato. Credo che una ragazza abbia subito lo sfogo delle sue frustrazioni, probabilmente ne faceva parte. Dopo l'ennesimo rifiuto lui ha perso la testa. Ma non è stato un incidente, ha iniziato senza volerlo ma c'è stato un preciso momento in cui lui ha deciso di ucciderla. Di certo non è pentito per quello che ha fatto a lei, è per sé stesso che sta soffrendo: per la sua prigionia e per come viene trattato. Varald invece è quasi l'opposto, niente ideali nobili, gli piace sporcarsi le mani e risolvere da sé i problemi. E' un gran bastardo che non vede l'ora di sfogarsi in una rissa ma almeno si assume le sue colpe. Non s'è mai lamentato di essere qui, sa di meritarselo e pesta Taril con metodo come se fosse suo preciso compito. Credo lo veda quasi come un dovere, lo ritiene colpevole e si è eletto boia.
Poi c'è Manador. Passa il tempo ad evitare di far capire qualcosa di sé a Varald, per paura di far compagnia a Taril. Se la sta passando molto male, non reggerà a lungo. Sembra calmo e controllato ma è distrutto, una notte uscirà di testa e attaccherà quella che ritiene la minaccia più grande: il colosso biondo. Con ogni probabilità ci rimarrà secco, Varald è sempre all'erta perché sa che Taril non vede l'ora di ucciderlo nel sonno, quindi lo sentirà arrivare. Se per qualche miracolo Manador riuscirà nel suo intento, magari aiutato da Taril che sfrutterebbe subito la possibilità di liberarsi del suo aguzzino, vedrebbe in me la nuova minaccia. Ucciso me penserà al giovane ed infine si spaccherà la testa contro le pareti, cercando di sfondarle. Non credo manchi molto, un paio di settimane al massimo.»
L'anziano fissò Siadon perplesso, per la prima volta l'assassino riuscì a leggerne le emozioni. Stupore e sospetto. Forse aveva parlato troppo, in tal caso però si sarebbe aspettato anche... cosa? Timore? Perché un personaggio tanto importante avrebbe dovuto temere un inoffensivo prigioniero paranoico?
In fondo non sono uscito dal personaggio, ho parlato molto, facendo meno caso del solito alle parole ma non sono andato tanto male... Forse... Dovevo sottolineare che mi difenderei? Ha capito che non mi importa di morire? Ad un assassino freddo e spietato importa di morire? Dì qualcosa maledetto bastardo!
Gli occhi scuri tornarono ad essere due pozzi insondabili e continuarono a fissarlo a lungo, senza lasciar trasparire alcuna emozione. Siadon avrebbe tanto voluto schiantare la propria testa dritta su quel naso grinzoso ma si concentrò al massimo per rimanere impassibile, lasciando che il ticchettio della goccia d'acqua sostituisse i suoi pensieri. Era tentato di creare il vuoto nella sua mente ma sarebbe stato impossibile riprodurre con precisione i modi di fare dell'assassino che stava impersonificando, almeno agli occhi dell'anziano.
«Piuttosto preciso» ammise infine il Ribelle «saresti disposto a descrivermi l'addestramento e i metodi usati dalla tua setta per forgiare i propri membri?»
Siadon non si scompose, sapeva che il vecchio lo stava studiando per ottenere quelle informazioni e sperava in una domanda esplicita da giorni.
«Avremo bisogno di molto tempo»
«Potrebbe aiutarti a tenere la testa attaccata al collo per tutto quel tempo»
«Userete quelle informazioni per distruggerli?»
L'anziano sospirò, tradendo un velo di frustrazione che Siadon annotò mentalmente.
«Temo di no.» i pozzi scuri fissarono la porta chiusa a lungo, solo quando furono certi dell'assenza di guardie continuò a parlare «Alcuni di noi vorrebbero intervenire, far qualcosa per contrastare la Confederazione, liberare tutti quei poveretti braccati peggio di bestie. Ma la maggior parte preferisce mantenere l'isolamento, persino ora che l'Ombra si è manifestata. Forse addirittura ora più di prima.»
Siadon ripercorse mentalmente ogni passaggio di quel discorso. Era assurdo, perché gli stava rivelando quelle informazioni? Se era un modo per confonderlo, stavolta c'era riuscito. Di nuovo, fece l'unica cosa che poteva fare per non cadere troppo malamente nella trappola: memorizzò le parole e le ignorò. Una volta tornato in cella avrebbe avuto tutto il tempo che voleva per riflettere.
«Dimostrami che userai la tua influenza per dare la caccia alle sette e farò qualsiasi cosa per aiutarti.»
Il vecchio sorrise «Credo che tu sopravvaluti la mia... influenza. Ad ogni modo, come potrei dimostrarti qualcosa?»
«Ti dirò l'esatta ubicazione della setta più debole che conosco. Quella a Nord di Jendal. Le loro difese, punti di forza e debolezze. Almeno per come erano fino a circa tre mesi fa. Come Thea, Elsa ed anche Tomas avranno di certo ammesso, sono un Manto Bianco. Conosco come si identificano alle sette e posso dirvi come fingervi Figli della Luce abbastanza bene da ingannarli. Portami le prove della loro sconfitta e ti dirò tutto ciò che so riguardo alle altre.»
L'anziano si portò una mano al mento, lisciandosi la lunga barba. «Hai detto che le sette sono isolate tra loro, che non si conoscono. Come puoi avere queste informazioni?»
«Quando una setta rischia di diventare troppo pericolosa per i Manti Bianchi, è compito di De'Domorashi occuparsene. Sei mesi fa sono stato incaricato di preparare un piano per annientare quei luoghi. Che io sappia esistono ancora. In caso contrario sarà più facile dimostrarmi che ci siete andati.»

Sdraiato sul pagliericcio nella sua cella, Siadon stava fissando la muffa attaccata al soffitto, battendosi ritmicamente le dita di una mano sul petto. L'anziano Ribelle aveva annotato ogni dettaglio su numerose pergamene che si era fatto portare, obbligandolo a ripetere tutto numerose volte. Era stanco, ma felice. Molto felice, con ogni probabilità quel pomeriggio aveva dato il via alla fine di una setta, un bel passo in avanti. Certo quel vecchio bastardo poteva anche averlo preso in giro ma in ogni caso ora sapeva di avere del tempo per progettare le prossime mosse. Avrebbe detto tutto ciò che sapeva, quasi tutto, dosando le informazioni e usandole per cercare di manovrare i suoi carcerieri. Non si aspettava molti risultati ma anche solo una setta in meno sarebbe stato un traguardo impossibile da raggiungere se non si fosse fatto catturare.
Peccato solo che il suo obiettivo più importante, in quel momento, fosse trovare il Padre, non distruggere le sette. Come poteva riuscirci? Di certo non lo avrebbero mai fatto uscire, avrebbe dovuto cercare di farselo presentare in prigione? Il vecchio aveva un ruolo importante nella politica ma Siadon non aveva idea di quanta influenza fosse necessaria per incontrare il Padre, sapeva solo che anche i Ribelli lo stavano cercando ma poteva benissimo trovarsi nella Confederazione.
Come spostare l'attenzione dalle sette al Padre? Dovrei propormi di addestrarlo per difendersi da loro? Non accetteranno mai. Però già sanno che lo sto cercando, tantovale provarci. Tamara mi ha avvertito di ricordarmi che è anche un ragazzino... quindi inesperto? Che diamine significa? Devo sfruttare questa cosa per incontrarlo o voleva solo dire di portare pazienza quando ci avrò a che fare? ... Luce ora vi ammazzo tutti e due, piantatela di fare casino!
Taril piangeva come un bambino, implorando pietà con una patetica voce stridula ad ogni pugno di Varald. Siadon li fissò con odio ma solo il giovane si accorse di lui, per un attimo i suoi occhi si allargarono dal terrore poi un pugno più forte degli altri attirò tutta la sua attenzione. In qualche modo le grida sembrarono ancora più acute di prima.
L'assassino sbuffò frustrato. Se li avesse uccisi, i Ribelli non l'avrebbero presa bene. Manovrarli sarebbe stato ancora più difficile. Creò una sfera mentale per creare un vuoto in cui isolare i suoi ragionamenti. I lamenti e i tonfi scivolarono ai confini delle sue percezioni, così come tutti gli altri rumori, luci, odori e sensazioni.
Si godette quella pace per parecchio tempo, ammirando bramoso quello che era la Fonte, allontanata e resa irraggiungibile dalla barriera di quelle carceri. Da quanto non incanalava? Gli pareva una vita. In fondo era abituato all'assenza del contatto col Potere, al Monastero rimaneva in quella situazione per settimane. Esserne abituato però non voleva dire che gli piacesse, per quanto odiasse quella cosa sapeva di aveverne bisogno, come una droga. Più di una droga.
Poi accadde l'impossibile. Qualcuno stava incanalando Saidin, qualcuno di molto vicino. Non perse tempo a domandarsi come o perché, era circondato da Incanalatori in astinenza imprigionati per anni, forse alcuni addirittura da secoli, all'interno di mura che ora potevano abbattere. Doveva andarsene al più presto.
Aprì gli occhi e una piccola sfera di fuoco sprofondò nella testa di Madanor, riempiendo la piccola cella di un odore nauseabondo.
«Dobbiamo andarcene, subito» disse calmo agli altri, che lo fissavano come due ebeti.
Varald fu il primo a riprendersi, nel modo sbagliato. Era troppo abituato a combattere con le mani per rendersi subito conto del pericolo. «Sei impazzito? Perché l'hai ammazzato?»
L'attimo dopo si piegò in due, colpito da Flussi di ogni tipo comandati senza una logica ben precisa da Taril, che gridava come un folle. Con un tremito che sembrava il lamento di una montagna, il pavimento si sollevò e parte del soffitto crollò sul corpo di Madanor, seppellendolo e avvolgendo tutto con una nube di polvere.
«IDIOTI!» Siadon schermò i due compagni di cella, bloccandoli poi con dei Flussi di aria. «Ora non posso più aprire un portale da qui! Non vi ammazzo come due cani solo perché mi servono dei bersagli.»
Impallidirono entrambi, nessuno dei due osò respirare per alcuni istanti, trattenendo persino i colpi di tosse. Il giovane sembrava sul punto di svenire e la polvere sollevata dalla frana non bastava a nascondere l'odore di urina che iniziava a diffondere. La grata che bloccava l'ingresso era già scardinata per metà, non servì molto Potere per abbatterla del tutto. Era successo così in fretta che la maggior parte dei prigionieri erano ancora nelle proprie celle, speranzosi ma anche spaventati. Altri invece stavano già combattendo con le guardie, le Tessiture erano sempre più numerose, i bagliori, le grida e i boati da sporadici si facevano sempre più frequenti, così come il tremore del pavimento diveniva sempre più intenso.
Prima di uscire dalla cella Siadon manovrò i propri Flussi, spingendo Taril oltre la grata abbattuta e tenendolo bloccato lì, in piena vista quasi al centro del corridoio. Poi si avvicinò a Varald.
«Obbedisci senza esitare e ce ne andremo da qui.»
Il colosso si era già ripreso. Annuì deciso, dimostrando di aver capito che la situazione imponeva decisioni rapide. Siadon lo liberò ma non rimosse lo schermo che gli impediva di incanalare. Lo fissò negli occhi per un istante, soddisfatto dall'assenza di proteste dell'uomo, poi si girò verso Taril. La testa del giovane scattava continuamente, gli occhi terrorizzati cercavano di seguire ogni Flusso che si manifestava nel suo campo visivo, nell'inutile speranza di poter schivare quelli che lo potevano colpire. Un tremito più intenso degli altri costrinse Siadon ad appoggiarsi alla parete, mentre un'intera porzione della volta si piegava su sé stessa come argilla bagnata. Vomitando una cascata di rocce, acqua e calcinacci non molto distante da Taril. Investendo il ragazzo con un violento spostamento d'aria.
«Libera quei disgraziati.» ordinò Siadon mentre rilasciava lo schermo di Varald, prima di dirigersi verso un altro gruppo di celle ancora chiuse.
«Chi? Non vedo un cazzo di nessuno!»
L'assassino fissò perplesso il gigante, poi si rese conto che c'era ben poca luce nella galleria. La maggior parte delle torce si era spenta, alcune spazzate dalle onde d'urto, altre sepolte dai detriti. L'unica fonte luminosa decente era una grata tanto incandescente da deformarsi per il suo stesso peso. Siadon aveva meccanicamente usato il Potere per muoversi nell'oscurità ma Varald, evidentemente, non era in grado di farlo.
«Sai creare una sfera luminosa?»
La cella, o meglio la polvere sospesa dentro e fuori di essa, si colorò di azzurro. «Da che parte?» Chiese il Ribelle tenendo la Tessitura lontano dagli occhi e fasciandosi la bocca con un brandello di stoffa.
Siadon indicò la parete opposta. «Sono rimaste tre celle» aggiunse, mentre l'altro stava già correndo.
Dopo pochi passi Varald si gettò dietro alcuni detriti, evitando per un soffio due palle di fuoco che qualcuno gli aveva scagliato contro.
Ma siete davvero così stupidi?
Avvolse Taril con alcune strisce luminose. Poco dopo un gruppo di guardie sbucò da un angolo, bersagliando il ragazzo con tre proiettili infuocati. Il giovane avvampò come un albero secco, ancora schermato e immobilizzato non potè fare altro che gridare. Era uno spettacolo raccapricciante, tanto che una guardia vomitò. Piegata dai conati, fu l'unica a salvarsi. Le teste dei suoi compagni esplosero, colpite da piccole sfere di ghiaccio create con Tessiture invertite, invisibili in quell'oscurità. Appena si rese conto dell'accaduto, scappò urlando terrorizzata.
«Vai!»
Varald lanciò la sfera luminosa in avanti, lasciando il nascondiglio solo dopo aver verificato l'assenza di altri proiettili. I prigionieri ancora intrappolati gridavano per incitarlo, superando i boati che provenivano da oltre il cumulo di macerie che ostruiva la galleria. Proprio nella direzione che conduceva all'unica uscita, o per lo meno in quella che conducevano Siadon per gli interrogatori. Per quanto ne sapeva di quel labirinto di cunicoli, la scala poteva benissimo essere nella direzione opposta, poco oltre le guardie che aveva appena ucciso. Sempre ammesso che ce ne fosse solo una.
Scardinò le grate di due celle, liberando cinque prigionieri malconci, troppo stanchi o incapaci per farlo con le proprie forze. Non era compassione, aveva bisogno di bersagli e confusione per distrarre le guardie che avrebbe incontrato.
«Non ce ne sono altri» Varald dovette gridare per sovrastare il frastuono di un crollo poco distante, tanto forte da convincere Siadon che sarebbero morti sepolti di lì a poco.
Studiò per alcuni istanti la galleria libera, cosparsa di sangue e resti ben più disgustosi. Inutile. Un budello sconosciuto, forse chiuso, sicuramente cosparso di guardie e prigionieri resi folli dal ritrovato contatto col Potere. Come se i continui crolli non gli creassero già abbastanza problemi. Per aprire un portale doveva conoscere il luogo di partenza. La sua cella era perfetta, prima che Taril la distruggesse. Ora doveva trovare un altro posto visto che anche il corridoio era irriconoscibile. L'alternativa era creare un passaggio instabile e ben poco preciso, col rischio di trovarsi dentro un lago o in una dannatissima nuvola in mezzo al cielo.
Le stanze degli interrogatori. Alcune le conosco abbastanza bene.
Peccato che fossero tutte al piano superiore. Osservò con attenzione la frana che bloccava la galleria. Si avvicinò, studiando il buco che aveva lasciato nel soffitto. Lo esplorò attraverso il Potere e ringraziò la Luce quando trovò un soffitto levigato sopra la voragine. La frana aveva creato un passaggio verso il livello superiore, trascinando e schiacciando numerosi prigionieri i cui corpi ora spuntavano dalle macerie come strani arbusti ricoperti di polvere e sporcizia.
«Di qua» disse senza badare alle proteste degli altri uomini.
Da quanto aveva intuito, sopra di loro non c'erano prigionieri in grado di incanalare, altrimenti non si sarebbe spiegato il senso di quei bracciali solo una volta raggiunta la scala. Sperava che le guardie si stessero concentrando sul pericolo maggiore. Certo non aveva modo di sapere se i Ribelli la pensassero allo stesso modo su quale fosse la minaccia più concreta, o magari l'attacco vero e proprio si stava svolgendo all'esterno... ma sperò che queste fossero solo delle dannate paranoie senza fondamento.
I blocchi di pietra erano grandi e instabili. Bastava sfiorarli per farli precipitare sulle teste dei fuggiaschi che lo seguivano, spaccandole come meloni maturi, ma il Potere facilitò la scalata. Ben presto Siadon, Varald e un'altra decina di prigionieri raggiunsero il tunnel del livello superiore. La fortuna li abbandonò quasi subito, quando i prigionieri comuni, attratti dal bagliore delle sfere luminose, si accorsero della loro presenza. Richieste di aiuto, grida spaventate, insulti e promesse di ricompense. La cacofonia di voci avrebbe presto attirato l'attenzione delle guardie.
Dannazione! «Liberateli! Tutti quanti, voglio questo buco pieno di persone che corrono da ogni parte»
«Forza! Avete sentito!» Varald incitò gli altri Incanalatori.
Quelli si limitarono a scambiarsi occhiate perplesse, tentati dall'idea di scappare prima dell'arrivo delle guardie. Quando il primo pugno del colosso frantumò il naso dell'idiota più vicino, gli altri iniziarono ad annuire. Ma furono i lamenti del secondo malcapitato a far scattare tutti verso le grate chiuse.
Siadon osservò la scena divertito. Lasciò che i primi prigionieri sparissero nei cunicoli, aspettando di capire dove fossero le guardie più vicine.
«Andiamo!» ordinò quando avvertì un uomo incanalare poco distante.
Questa volta non servirono incentivi, Varald rise di gusto vedendo gli altri scattare. Non ci volle molto prima di raggiungere due guardie impegnate a scortare un gruppo di prigionieri lungo il cunicolo.
Perfetto. Le schermò entrambe, usando dei Flussi d'aria per impedire loro la fuga. Stava per parlare quando la parete accanto alle guardie esplose, dilaniando la più vicina e alcuni prigionieri.
Siadon si girò di scatto verso l'incanalatore che aveva sferrato l'attacco, tranciando brutalmente il suo legame con la Fonte. Un uomo magro e basso, dalla pelle bruciata dal sole come quella dei marinai, lo fissava con occhi colmi di terrore, urlando distrutto da quanto Siadon gli aveva appena fatto.
«Io comando, voi obbedite. Mi servivano vivi.» Si assicurò che tutti avessero sentito, riconobbe sei dei prigionieri del livello inferiore, oltre a Varald. C'era anche un gruppo di disgraziati appena liberati, una ventina in tutto. Ricevette subito dei cenni di assenso, incoraggiati dai lamenti disperati del poveretto. «Bene» annuì convinto, prima di spezzare il collo all'uomo.
Alcuni, tra i più distanti, se ne andarono di corsa ma meno di quanti Siadon sperasse. Aveva bisogno di bersagli da sacrificare ma tutta quella gente rischiava di attirare troppe attenzioni.
La seconda guardia era ferita ma ancora in vita, era una ragazza robusta dai capelli castani e il naso largo. In altre occasioni avrebbe cercato di limitare i danni alla sua mente ma l'ennesima scossa gli mise fretta.
«Accompagnaci alle stanze degli interrogatori, quelle piccole. Dove un Geinzana molto anziano è solito tenere gli incontri privati con i prigionieri che ritiene interessanti. Sai dove sono?»
La ragazza annuì sorridendo «Certo»
«Molto bene» rispose Siadon aiutandola gentilmente ad alzarsi. «Riesci a camminare?» le chiese tra gli sguardi increduli degli altri prigionieri. Alcuni lo fissavano terrorizzati ma nessuno di loro lasciò il gruppo.
Lei annuì di nuovo ma non appena caricò la gamba destra dovette aggrapparsi a Siadon per non cadere.
«Se mi volevi abbracciare bastava chiedere!» disse lui sorridendole affettuoso, cingendole il fianco per aiutarla a stare in piedi. Lei arrossì. «Da che parte sono le stanze? Dobbiamo anche cercare di evitare le altre guardie.»
«Di qua allora. Allungheremo un poco ma procedendo dritti passeremmo in mezzo alle barricate.»
«Benissimo! Te l'ho mai detto che sei adorabile?»
«No...» rispose lei imbarazzata, guardandolo negli occhi, un istante, prima di abbassare lo sguardo «Ma è bello...» sussurrò incamminandosi, trattenendo il dolore alla gamba.
Siadon guardò Varald, gelido.
«Vi seguiamo in silenzio e controlliamo che nessuno ci scopra?» chiese l'omone con un sussurro, senza degnare di un'occhiata la ragazza.
Bravo il mio capitano! Pensò Siadon euforico, quel gigante iniziava a piacergli. Annuì.
Devo trovare il Padre... ma non posso lasciarmi sfuggire un'occasione del genere... Se i Manti Bianchi sapessero come arrivare qui sarebbe uno spasso. Il vecchio sa come distruggere una setta, tutto questo casino gli impedirà di agire ora ma prima o poi qualcuno dei suoi userà quegli appunti, spero. Se riuscissi a dire ai Figli come arrivare qui anche loro potrebbero attaccare i Ribelli. Di certo manderebbero le sette ancora sotto il loro controllo e tutti quei dannati bastardi si ammazzeranno a vicenda! Nel frattempo cercherò il Padre, tra il casino che sta succedendo qui e i Manti Bianchi che dimostrano di sapere come trovare i Ribelli, dovrà pur presentarsi qualche buona occasione per infiltrarsi. Varald è della capitale, o qualcosa del genere... potrei obbligarlo a collaborare. Anche se ora sembra divertirsi dubito che mi aiuterebbe... un tentativo non nuoce.
«Questa... va bene?» Chiese la ragazza guardandolo negli occhi, per poi chinare il capo e arrossire subito dopo averli incrociati.
Siadon studiò la stanza con attenzione, contrariato dall'essersi distratto tanto durante quel breve viaggio. Aveva prestato attenzione ai corridoi e si era accorto di aver raggiunto dei passaggi forse familiari ma si era affidato troppo al caso. Se qualcuno avesse preparato una trappola, probabilmente ci si sarebbe cascato senza accorgersene. Era molto più stanco di quando pensasse, tutte le possibilità che gli si erano aperte davanti in un solo giorno lo rendevano attivo ed euforico ma doveva sbrigarsi. Presto l'effetto sarebbe svanito e lui si sarebbe trovato sfinito, senza possibilità di fuga.
«Perfetta, è proprio quella a cui pensavo!» rispose con un sorriso, prima di baciarla sulla guancia. Lei lo strinse tanto forte che temette di trovarsi con qualche costola rotta.
Luce! E se ti baciavo le labbra cosa mi facevi?!
La allontanò dolcemente, chiedendo a Varald di aiutarla. All'inizio pensava di ucciderla appena trovata la stanza ma ora si era reso conto di aver guadagnato una buona fonte di informazioni. Sì, doveva essere davvero stanco per non averci pensato prima.
Si concentrò più del necessario, assicurandosi di attingere sufficiente Potere per riuscire nel suo intento. Non poteva permettersi un errore proprio ora.
Un avamposto dei Figli a Nord, sul confine. Abbastanza preparati da fronteggiare sette incanalatori e gestire diversi prigionieri comuni. Ufficiali che sono disposti ad ascoltare un incanalatore se capiscono che possono scovare i Ribelli. Sorrise Sì, tra Shaidarshain e Elligai dovrebbe andare, di certo stanno ancora cercando i Ribelli che hanno massacrato tutti quei Manti Bianchi... non abbiamo lasciato testimoni, gli unici sopravvissuti possono aver visto solo delle ombre.
La sottile linea argentea si allargò lentamente, fino a formare un passaggio abbastanza largo per due persone. Adatto anche a Varald.
Dall'altra parte le luci della sera illuminavano un bosco fitto, selvaggio, pieno di rocce bianche e piante alte, ricoperte da spessi strati di muschio.
«Lei viene con noi» disse al gigante, mentre il boato di un altro scossone rimbombava tra le pareti.
Siadon non attese di scoprire se sarebbe stato quello decisivo o meno, si gettò letteralmente attraverso il portale, seguito dalla ragazza, lanciata senza tante cerimonie, Varald e chiunque fosse riuscito a guadagnare le prime posizioni dell'ammasso di corpi urlanti, che si spintonavano per fuggire.



Mabien Asuka

All’apparenza non pareva aver subito danni fisici, ma era evidente che le condizioni di Shawna fossero tutt'altro che buone. Mab l’aveva vista tornare in cella tumefatta con una frequenza così elevata che ormai ci aveva fatto l’abitudine, ma questa volta esteriormente non riportava alcun tipo di lesione. Dovevano averle fatto qualcosa di diverso e di devastante: oltre il fatto che si fosse praticamente dovuta far trascinare lungo il corridoio fino alla cella e il suono sinistro dell’amara risata che le era sfociata appena era crollata sul pagliericcio, era stato il suo sguardo ad aver lasciato Mab a bocca aperta. Un profondo abisso torbido che le aveva gelato le ossa.
Anche Thea aveva mostrato un insolito stupore osservandola, ma aveva risposto all’occhiata interrogativa che Mab le aveva gettato con una semplice scrollata di spalle. Più passavano i giorni, più l’atteggiamento della nuova arrivata si faceva disinteressato, come se non le importasse nulla di quello che le accadeva attorno. Era placidamente pronta ad accettare tutto e a non nascondere nulla, neppure tutto ciò che la faceva apparire come un potenziale pericolo per i suoi carcerieri, verso i quali si prodigava pronta a collaborare in ogni modo. Un comportamento così apertamente disarmante da renderne difficile un’interpretazione logica. Mab la lasciò perdere poco dopo.
Per quanto il ritorno della loro compagna in cella le avesse stupite, il tedio tornò ben presto, pesante ed impossibile da sopportare. Mab si sforzava di tenere la mente attiva, congetturando, ma dopo ormai circa tre mesi trascorsi là dentro, senza contatti di alcun tipo con il mondo esterno, senza alcuna notizia o un solo argomento che non fossero futili confidenze con le sue compagne, faticava a stare concentrata sui proprio pensieri. Aveva la netta impressione che ogni singolo giorno là sotto le sottraesse pian piano le facoltà mentali, avendole impigrito il cervello con il riposo forzato dovuto al trascorrere del tempo nel totale nichilismo.
Come se quella sensazione non fosse già sufficientemente sgradevole, l’inesorabile perdita di ogni speranza di uscire di lì si faceva sempre più pressante: i carcerieri non lasciavano mai trasparire nulla in proposito, continuavano a non rispondere alle domande e neppure l’aver incontrato alcuni Terah, la cerchia dei più autorevoli Incanalatori della città, aveva portato informazioni che le potessero servire. Lo sconforto era un pessimo compagno, quasi peggiore degli sbalzi d’umore di Hilda, che la tormentava attraverso il legame con i suoi scatti d’ira e la frustrazione che malamente tentava di gestire.
Sbuffò appoggiandosi alla parete irregolare che le offriva uno scomodo schienale. Si risollevò dopo poco, quando Shawna si scosse bruscamente dal sonno in cui pensava fosse piombata e, senza alzarsi completamente, creò un varco argenteo davanti a sè. Mab aveva già visto cose del genere da quando era giunta tra i ribelli e sapeva che si trattava di un passaggio per Viaggiare, ma come poteva averlo incanalato? Il tempo di riaversi dallo stupore e sondò la Fonte per accorgersi di poterla toccare e potervi attingere. Lo fece subito, avidamente. Shawna oltrepassò il passaggio con gambe malferme, il varco si richiuse alle sue spalle in uno scintillio luminoso. Thea, di fianco a lei, pareva altrettanto sbalordita oltre che già circondata dal bagliore di Saidar. Si guardarono perplesse per un lungo istante in cui evidentemente nessuna delle due riusciva a dar voce ai propri pensieri.
Il clangore del pesante portone del corridoio si sovrappose alla percezione delle tante persone che cominciavano ad incanalare lì attorno. Di Shawna non c’era già più alcuna traccia, ma Thea continuava a fissare il punto in cui era sparita.
«Posso farlo» bisbigliò all’improvviso.
«Cosa?» chiese Mab mentre correva alle sbarre per osservare cosa stesse accadendo nel corridoio.
«Siadon me l’ha spiegato. Ora ho visto come… posso farlo» la voce era bassa, erano pensieri a voce alta quelli che stavano uscendo dalla bocca della sua compagna.
Mab si girò a guardarla, incerta se essere speranzosa o spaventata. Rumori metallici, lo sgretolarsi della roccia, un vociare sempre più chiassoso riempivano l'aria in un crescente frastuono. Gli occhi di Thea si spostarono per un attimo oltre Mab, a guardare il corridoio che si stava affollando di detenute e Guardiani, poi una linea argentata tagliò l’aria davanti a lei.
«Portami con te»
Thea guardò Mab ponderando la possibilità, che chiaramente non aveva dato per scontata.
«Per favore»
«La mia destinazione è la Confederazione» confessò.
Mab deglutì. Una prigione certa per una probabile. Ad ogni modo non poteva certo rimanere lì ora. Annuì mentre all'improvviso colse lo spavento di Hilda.
«Aspetta!»
«Cosa c’è?»
Si maledisse nel momento stesso in cui si rese conto che le parole che stava per dire erano l’inesorabile verità.
«Non posso andarmene senza di lei»
«Chi?»
«Hilda. E’ imprigionata al piano di sopra»
«Non è un’incanalatrice quindi...»
«E’ una Figlia della Luce»
Thea alzò le sopracciglia e piegò leggermente la testa.
«E tu che c’entri?»
«E’ una lunga storia, ma non posso proprio permettere che le capiti qualcosa» Mab prestò più attenzione alla tessitura che la donna stava ancora tessendo, comprendendone in parte la composizione. Incanalò e intessè flussi che si unirono a quelli di Thea. Comprese meglio, ma da sola non avrebbe saputo farlo «Posso raggiungerla facilmente. Poi ce ne andremo dove vuoi tu. Per favore»
L'altra non rispose, ma lasciò che Mab prendesse il controllo dei flussi.
Raggiungere Hilda fu semplice, bastò lasciarsi guidare dal legame e oltrepassare il passaggio. Mab fu pervasa da un gradevole senso di conforto nel rivedere la sua compagna, subito annientato dall’orrore per quello che il passaggio aveva causato: una pozza di sangue si stava allargando sotto i suoi piedi, là dove giaceva una Guardiana, la cui gamba sinistra era stata tagliata con innaturale precisione per quasi tutta la sua lunghezza. Lo stomaco di Mab sobbalzò, pronto ad espellere ogni cosa contenesse. Per poco non lo fece. Le grida della donna coprivano ogni altra cosa. Istintivamente Mab si abbassò per soccorrerla, ma una mano le strinse un braccio impedendoglielo: era Thea che contemporaneamente teneva lontane altre guardie con flussi d’aria.
«Lascia perdere. Dov’è lei?» chiese brusca alzando la voce per superare le grida della donna ferita.
«E’ lei» rispose Mab avvicinandosi alla cella da cui Hilda la fissava sgomenta «Spostati» le disse, poco prima di incanalare terra per piegare le sbarre quel tanto che bastava a far uscire le donne imprigionate.
«Lady Al’Kishira»
Thea, ancora impegnata a fermare le guardie che si avvicinavano, non toglieva gli occhi sgranati da Hilda, la quale rispose con un tacito saluto militare, mentre un turbine di paura e vergogna inondava il legame. Mab spostò lo sguardo dall'una all'altra. In fondo erano entrambe Manti Bianchi e Hilda era un capitano, il giovanissimo capitano donna Al'Kishira: era più che normale che Thea, che aveva tranquillamente ammesso di essere una Figlia, la conoscesse. Quello che stupiva Mab erano il timore e la vergogna che strattonavano il tentativo della sua compagna di stare calma.
Non era il momento per farsi certe domande. Smise di guardare le due donne e si concentrò sulla situazione che le circondava: un'altra prigioniera era uscita dalla cella, impaurita fino alle lacrime; lungo il corridoio, da ogni lato, giungevano Guardiani che tentavano invano di varcare i flussi di Thea; a terra un lago di sangue assorbito dalla pietra circondava il corpo ormai esanime della donna ferita, che aveva perso i sensi. Le sue urla strazianti erano finalmente cessate, per lasciar posto alle donne che imploravano dalle altre celle di essere liberate e le Guardiane che imprecavano per ristabilire l'ordine. Mab cominciò ad incanalare in aiuto a Thea,
Tremò tutto per qualche secondo, tanto forte che le gambe dolevano e la testa le prese a girare, dandole qualche problema a stare in equilibro. Il boato si propagò quasi contemporaneamente. Infine le urla, provenienti dal fondo del corridoio, oltre il portone che era stato richiuso.
Mab gridò soltanto
«Riapri il passaggio!»
Prima di farlo Thea intrappolò in flussi d'aria un paio di Guardiani, forzò le sbarre di varie celle e solo quando ci fu sufficiente confusione nel corridoio da tenere impegnati i rinforzi che arrivavano, cominciò la tessitura per Viaggiare. Mab l'aiutò, si scambiò uno sguardo con Hilda, in cui si dimenava un groviglio di emozioni capace di far star male entrambe, poi si mosse per varcare il passaggio. Hilda la bloccò prendendole un braccio
«Aspetta! Non possiamo!» disse guardando dietro le altre donne uscite dalle celle.
«Lady Al’Kishira, io non so se...» l'atteggiamento reverenziale di Thea era impressionante. Hilda la guardò soltanto per farla tacere.
«Da questa parte» disse, aiutando una mezza dozzina di donne a varcare la soglia davanti a loro. Poi anche Mab passò, seguita da Thea e il portale si chiuse alle sue spalle, mozzando una spada in uno stridente suono di metallo.



continua...



Aaron Gaeleaf Selohim di -ws
Dorian di mercutia - su EFP
Mabien Asuka di mercutia - su EFP
Merian Elen Syana di SilmaCauthon
Morgan Neglentine di Neslepaks
Norah di Semirhage
Siadon di -ws
Toras Skellig di Neslepaks

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