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Autore: avalon9    25/02/2008    4 recensioni
E' facile scrivere un manga. Le redini le ha lui, l'autore. E tutto si dispiega secondo la sua volontà, senza mai deviare. Tutto perfetto. Ma cosa succederebbe se qualcuno si ribellasse? Se si incrinasse un dogma assoluto? Se un personaggio di fantasia divenisse reale?
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Grazie

Grazie!

Mi sembra doveroso iniziare questo secondo capitolo esprimendo la mia riconoscenza verso quanti hanno letto e commentato questo piccolo tentativo di scrittura e anche verso chi, semplicemente, ha scorso lo schermo. Non scrivo per avere commenti ma, come più volte ho detto in separata sede, qualsiasi critica è ben accetta.

 

Grazie, soprattutto a chi ha soffermato il puntatore sulla schermata e ha deciso di dedicarmi un poco del suo tempo. Per un commento. Grazie davvero. Ne sono onorata.

 

Temari: felice di vedere il tuo nome fra i commentatori, soprattutto che sia il primo. Mi onora moltissimo la tua presenza. Ne approfitto anche per farti i complimenti per le Pìnakes che hai rivolto a Goku. Sono davvero molto belle e profonde. Perdona se non ho mai lasciato un commento, ma purtroppo il tempo è tiranno. (Hai visto? Finalmente è uscito il sesto volume di Saiyuki Reload! La narrazione si preannuncia davvero interessante!)

 

Neko-chan: sono contenta che la storia sia di tuo gradimento. Per quanto rigurda Goyjo, comparirà di sfuggita già in questo capitolo. Benchè non abbia, almeno nelle mie previsioni, tantissimo spazio in quanto, bene o male, la storia è nata attorno a Sanzo e al suo rapporto con la ragazza principale, ti rassicuro che non è affatto mia intenzione estromettere lui, o qualcun altro, dalla narrazione. Però, chissà se ti piacerà anche il mio Gojyo.

 

Abc: Sì. I personaggi non sono ancora definiti, infatti. Sono molti, più che altro semplici nomi che si rincorrono. Ci saranno quelli principali, ma anche molte comparse. Forse non tutte fugaci apparizioni, ma anche quelle esisteranno. Non preoccuparti. Ho voluto scrivere così. Per rendere un po’ di mistero. Perché questa storia è davvero un gioco contorto.

 

Son Kla: Una critica. Una vera critica. Costruttiva. Grazie! Dunque: lo stile spezzato, senecano, è volutamente portato all’estremo, a volte. Soprattutto all’inizio, era mia intenzione rendere una sensazione di smarrimento e sconcerto. Il lettore non capisce bene; non ha elementi per capire. Inizio in medias res. I personaggi sanno. Chi legge no. Ma serviva proprio a questo. Dove voglio andare a parare? Bella domanda! Dove mi porterà Sanzo, ritengo. Da quando entrerà in scena (non subito, però. Anche i protagonisti hanno i loro vezzi da prim’attori), forse le cose si sistemeranno. O forse si ingarbuglieranno di più. Spero comunque che continuerai a leggere.

 

Lete89: Visto? Nuovo genere. Dopo le drabble, le one-shont…e non so cos’altro, una What if…? Non in un universo alternativo però. È un po’ più complicato. Ma perché te lo dico? Lo sai benissimo. E sai benissimo anche il perché di questo flusso di coscienza alla Joyce. Con tanti personaggi di contorno che fanno girare la testa e sorridere così. Per chiedersi quando arriverà lui. Lo so che ti piace. Ma dovrai aspettare. Un po’. Giusto poco poco. Vedrai. Intanto, continua a leggere.

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Delusione

 

 

Lucky Strike. Colpo fortunato.

Ha cambiato marca nel 1998. Per festeggiare. Prima, fumava le Star. Ha iniziato presto. A sedici anni il primo tiro; nel piazzale più nascosto della scuola. Aveva una fuku grigia e i loose socks bianchi. E tanta eccitazione in corpo. Di essere scoperta.

 

Non ha più smesso. Anzi, ha allargato le sue passioni. Distende le braccia e sbadiglia tranquillamente. Si è appena svegliata. Ore diciassette e trenta. Dormire e fumare. Due cardini della sua vita. Ridacchia. Non approverebbero. Ne è sicura. Ma non le è mai importato.

 

I suoi piccoli vizi, come ama definirli. Assieme a mille altri. Sciocchezze. Ma la fanno sentir bene. La rilassano. Da sempre. Come il fumo. E il cibo. Si liscia le labbra. Ha voglia di takoyaki. Il suo takoyaki. Cucinato secondo la ricetta del Kanto. Non si sognerebbe mai di assaggiare quello di Osaka. Troppo delicato. Per palati raffinati.

 

Per incompetenti che non lo sanno gustare.

 

Deve essere forte, nel sapore. Il polipo si deve sentire. Bene. Non quella sfumatura leggera sulla lingua che svanisce subito. Persistente, ma non stancante. Come la salsina. Dolciastra, ma mai amara. E infine, un bicchiere di sake caldo.

 

Sì. Ha deciso. Menu stabilito. Perfetto.

 

Respira ancora il fumo. Lucky Strike. Giocherella con il pacchetto vuoto. Deve ricordarsi assolutamente di comprarne un altro. E di svuotare il portacenere, anche. Non ci sta più nemmeno un granello di cenere.

 

Scrolla le spalle. Fuma sempre di più, quando è nervosa. E in quel momento, è nervosa. Ma al suo solito riposo pomeridiano non rinuncia. Proprio no. Le serve per ragionare. La prendono in giro, ma lei ignora. Le idee le sono venute spesso così. Distesa sul letto o sul divano. Crogiolandosi sotto le coperte.

 

L’illuminazione divina.

 

Ride. Forse, non riesce mai a staccare completamente. E quando un’idea la coglie (perché lo so che prima o poi arriva, l’idea giusta) è capace di sedersi al tavolo da lavoro e restare lì per ore ed ore. In biancheria e maglietta. Come una ragazzina.

 

Piano! Ho solo 33 anni, in fondo

 

Già. Trentatrè. E quindici anni di successo alle spalle. Ha iniziato giovane. Diciotto anni. Fra una sigaretta, una serata con gli amici, e le sue tavole. Un gioco. Come fanno tanti ragazzi. Come ha iniziato lei.

 

Altra boccata. Il fumo si attorciglia piano.

E’ sempre buono il tabacco. Soprattutto con la bocca ancora impastata dal sonno. Un rituale che nessuno le può togliere. Pericoloso toccare le sue innocenti manie.

 

Fumo, alcool e

 

Sbuffa scocciata. Non ci riesce più. Si divertiva a fare il verso agli anni ’60. Svanito. Da sei mesi non ha più senso. Non riesce. Punto. E non capisce perché. L’ultimo numero ha segnato il punto più basso mai raggiunto. Ha toccato il fondo. Non interessa più. Ha deluso.

 

Nuova boccata.

Storce la bocca e strizza gli occhi.

Gliene sono arrivate molte, di lettere di protesta, in redazione. Non si è nemmeno premurata di leggerle. Ci hanno pensato i suoi segretari. Fanno tutto loro. Lei è negata per le scartoffie e l’ordine. Confusionaria. Il suo tavolo da lavoro è sempre un campo di battaglia.

 

Chissenefrega!

 

L’importante è la cartellina in redazione ogni due mesi. Nuove tavole uguale nuove avventure. E’ sempre stato così. Doveva continuare ad essere così. Si stiracchia e appoggia i gomiti al tavolo. In bilico sulla sedia. Quasi appollaiata. Mano a sorreggere la testa.

 

Non va bene. Non va affatto bene.

Infila la sigaretta fra le labbra.

 

Riproviamo

 

Foglio nuovo. Fissato. Bello. Pacifico. Arriccia le labbra masticando il filtro. Sa già che presto lo odierà.

 

Inevitabile.

 

Inchiostro nero. Perfetto. Solita marca. Keiji ha fatto in fretta ha rinnovarle la scorta. Impeccabile come sempre. Dovrebbe ricordarsi di ringraziarlo. Dovrei. Se ne dimenticherà; come sempre. E il suo assistente, a inizio settimana, sarà ugualmente lì, a sorbirsi i suoi sbalzi d’umore e i suoi capricci da prima donna.

 

Intinge il pennello e lo tempera.

 

Perfetto.

 

Spessore raggiunto.

Sistema meglio la sigaretta.

 

Ho paura

 

Chiude gli occhi. Calma! Espira-inspira. Espira-inspria. Ancora. Svuota la mente; rilassati. Non fare stupidaggini. Lo sia che non puoi essere così tesa. Faresti solo un pasticcio; una macchia. Sfila la sigaretta e soffia.

 

Ancora un minuto.

 

Espira. A fondo. Va bene. Pronta.

 

La mano scorre veloce. Morbida. Tratto sottile.

Il viso allungato e un po’ spigoloso; intrigante.

 

Riuscito.

 

Capelli. Odia disegnarli. Chissà perché ha deciso di fare del manierismo la sua sigla. Risparmierebbe un mucchio di tempo se semplificasse tutto. Non ci pensare adesso; respira. Tanti piccoli tratti. Vicini. Il ciuffo ribelle.

 

Dividi la frangia.

 

Il collo, e poi di nuovo al viso. La linea sottile del naso.

 

Rimane.

 

Labbra incurvate. Sorriso o indifferenza? Ridacchia. Facciamo a metà. Come sempre. Con quell’accenno intrigante che lo fa piacere. Niente sigaretta. Per un volta, si può fare un’eccezione. Va bene ugualmente.

 

C’è. C’è.

 

Gli occhi, adesso. Contorno. Leggermente all’ingiù. E poi l’iride. Scuro. Penetrante. Sfuma. Sfuma di più. E scurisci nella pupilla. Ancora un po’. Lasciali in ombra. Fatti fissare. Dimostragli chi comanda.

 

Muove la sigaretta in bocca.

 

Ultimo punto.

 

Cambia pennello. Nuovo inchiostro. Rosso.

Svita veloce il tappo. Trema leggermente. Versa un po’ di colore. Fa lo stesso. Il tavolo si può sempre pulire. Non è la fine del mondo.

 

Ecco. Ecco. Ci sono.

 

Intinge. Alla fronte.

Preme leggermente. Un puntino.

 

Finito! Finito!

 

Cerca di sorridere. Si è fatta delle paranoie per niente. Mesi ha fissare quel foglio bianco con terrore. Stupida! Era solo un po’ esaurita. Tutto qui. Come succede a tutti. Non è facile tenere i ritmi di edizione: 200 pagine ogni due mesi. Duecento pagine di storie e avventure nuove ogni sessanta giorni.

 

Sfiancante. Anche se le piace. Dovrà ricordarsi di chiedere una dilazione. Ancora per un po’. C’è tempo per riprendere il vecchio ritmo. Se lo può concedere.

 

Solleva il disegno. Vorrebbe ridere.

Abbozza un sorriso.

 

La sigaretta le cade di mano.

 

No! No!

 

I contorni sbiadiscono. Il rosso se ne va. Spariscono il mento e i capelli sottili.

 

Fermati!

 

Cancellati gli occhi. Il naso diritto.

Per ultimo, quel maledetto sorriso. Provocatorio. Irrisorio.

 

Perché? Perché?

 

Inghiottito. Svanito.

 

Perché?!

 

 

 

*****

 

 

 

Diverso.

Lo percepisce benissimo. Sembra tutto normale, e invece non c’è nulla di uguale. Lo sente. Gli pesa sulle spalle, sulla testa. Sugli occhi. Soprattutto sugli occhi. Ha voglia di piangere. Fregarsene degli altri e mettersi a urlare.

 

Forte, forte. Come un bambino. Come uno stupido! Lo ha fatto anche quel maledetto giorno. Non si è preoccupato di niente. Non gli interessava che alle sue spalle ci fossero demoni pronti a trapassarlo; non si è ricordato che stava combattendo. È rimasto seduto a stringerlo. Forte forte contro il petto. Piangendo. Urlando e piangendo.

 

Sempre. Sempre.

 

Chiamandolo. Invocandolo. Rantolando il suo nome.

 

Inutile.

 

Si sistema meglio. Non ha nemmeno voglia di litigare con Gojyo perché lo sta soffocando con il fumo e occupa da solo quasi tutto il posto. Non ha più senso. Ci hanno provato. Le solite battute. Le solite offese. Stuzzicarsi per venire alle mani, per divertirsi. Le solite offese. Banali. I soliti piccoli, insignificanti pretesti. Irritanti.

 

Non riescono più a litigare. Non c’è più gusto a litigare. Nessuno li ferma, nessuno li rimprovera. E lui non capisce più nulla. Hakkai è raggelante. Cortese. Estremamente cortese.

 

Fin troppo!

 

Con il suo solito sorrisino stampato in faccia. Falso. Falso come sempre.

 

Inquietante.

 

Sorride sempre, anche senza un vero perché. Ma non parla più. Non ha più nessuno stimolo a farlo. Si limita ad obbedire. Ingrana, sterza, frana, accelera. Come se lui non pensasse. Lui è solo il conducente.

 

Non è più nemmeno assillante come prima. E questo è davvero terrificante. Ignora tutti. Anche Gojyo. Non lo rimprovera per nulla, non scherza su nulla: donne, alcool, mozziconi sparsi in giro. In verità, non ce n’è nemmeno più bisogno. Non fa assolutamente nulla da mattina a sera. Fuma. Fuma e basta. Se lo vedesse senza la sua sigaretta si preoccuperebbe.

 

La sera, non va a donne; non va a giocare d’azzardo. Resta in camera a fissare il soffitto. Non beve nemmeno più. Solo acqua. Gojyo che beve acqua. Sembrerebbe una barzelletta.

 

Goku scrolla le spalle. Lo sa benissimo che qualcosa non va. Se lo sente nelle ossa. E gli dà fastidio. Perché non lo riesce ad accettare. Non lo può accettare. Sapere cosa è cambiato, perché; e non poter tornare indietro. Doversi rassegnare.

 

È tutto buio, adesso.

 

Posto passeggero. Occupato. Normale. No. Ricorda bene. Non è normale. È cambiato qualcosa. La luce è sparita. E lui ha di nuovo paura del buio. A volte, di notte, si costringe a rimanere sveglio. Perché, altrimenti, le tenebre potrebbero portarlo via.

 

Non c’è più la luce.

 

Socchiude gli occhi. Non si sente bene. E sa che non si può guarire facilmente. Gli hanno detto che ci vuole tempo, per guarire. Per sopportare. Ma il viaggio non può essere interrotto. Devono andare avanti. Come deciso.

 

Fregatene di tutto. Ammazza chiunque ti voglia ostacolare.

 

Sono i suoi insegnamenti. Le lezioni impartite da sempre. Quello che non si deve tradire. Guardare solo avanti. Vivere per se stessi. Il loro orgoglio. Stringe i pungi. Lo sa bene. Gliel’ha sentita ripetere mille volte, quella predica.

 

Il tuo credo.

 

E allora perché? Perché lo ha tradito?

 

Perché?!

 

Ha tradito tutti loro. Così. Senza una vera ragione. Solo per non obbedire. Perché nessuno deve dargli ordini. In nessun caso. E adesso, avrebbe voglia di prenderlo a pugni. Di pestarlo per bene fino a far scomparire dalla sua faccia la solita aria scocciata. La smorfia perenne sulle labbra.

 

Non sorridi mai

 

Spia il posto accanto al conducente. Normale. Veste chiara. Sutra sulle spalle. Silenzio…come definirlo? Scocciato, riflessivo. Forse sta pregando. Niente fumo. Gli manca l’odore delle sigarette.

 

Sanzo.

 

Scuote la testa. Ricorda. È tutto come prima. Adesso, il gruppo è riunito: Sanzo e compagni. Perfetto, costante, inalterabile. Maledettamente diverso. E Goku lo sa. Lo sa bene. Lo vede nel compagno.

 

Perché Sanzo?!

 

 

 

*****

 

 

 

“Non abbiamo ancora perso”

 

Che piacevole ironia! Ha fatto mille ipotesi. Divertenti. Una scommessa che si gioca da anni. Contro la noia. Un’ipotesi formulata con la leggerezza di una battuta, dietro il sottile filo di fumo di una sigaretta.

 

Vogliamo provare?

 

Vincere la noia. Ha sempre cercato qualcosa che lo stimolasse. Sfide. Complicazioni. Lotte. L’astinenza non fa per lui. Meglio vivere e cercare di sopravvivere. Nulla di eclatante. Solo andare avanti. Sempre. Sempre.

 

Senza avere nulla.

 

Ha trovato un nuovo giocattolo. Interessante. Davvero interessante. Non obbedisce ai piani. Non si può prevedere. Sembra facile capirlo: ragiona per assurdo. Ti imbatti in lui con facilità, allora. Con quell’aria un po’ sfrontata che ha fin da bambino.

 

Intrigante.

 

Il premio in palio. Una vincita davvero intrigante. Così diviso a metà, così ferito e sicuro. Così affascinante per le sue contraddizioni. Sorride inspirando a fondo il fumo. L’ha beffato per bene. Ma in fondo poteva aspettarselo, da lui. Sa perfettamente che ama barare.

 

Getta indietro la testa. La luna è ancora lì. È sempre lì. Accecante e intramontabile. Non è ancora stata inghiottita. Lui non è ancora riuscito a inghiottirla.

 

Che seccatura!

 

Si toglie gli occhiali. Adesso, dovrà trovare un nuovo passatempo. Qualcosa per cui valga di impegnarsi almeno un po’. Lui ne valeva la pena. È come un fantasma. Si è chiesto spesso con chi giocasse in realtà. Gli lanciava segnali che non raccoglieva, ignorava. O davvero non li capiva?

 

Scrolla le spalle. Ormai, non ha più importanza. Lo elettrizzava, e adesso il gioco è finito. Troppo presto. Troppo velocemente. Facile. Dannatamente facile.

 

Game over.

Deludente.

 

 

Stiracchia le labbra. Si sarebbe aspettato di meglio. Così, è decisamente banale. Quasi una beffa verso di loro, che gli sono stati addosso per anni. Non ha voluto dar loro nemmeno questa soddisfazione.

 

Crepato per una stupidaggine.

 

Ridacchia piano.

Nuovi interessi. Lo sa bene.

Deve trovare nuovi stimoli.

 

A cosa potrei giocare?

 

Sbuffa massaggiandosi la testa. Non c’è più gusto. Ha perso la sua pedina preferita. Non ha senso continuare. Non ha senso andare avanti con nulla. È rimasto solo quello: il vuoto.

 

Ho vinto io, allora?

 

Stiracchia le braccia. Inclina appena la testa. Il coniglietto gli sorride placido. Indifferente. Non è ancora il momento di chiudere la partita. Getta la sigaretta. Ironia.

 

Non ha vinto.

E non gli dispiace affatto. È rimasto solo il vuoto. Va bene: ma lo si può riempiere. È già pieno. È ancora pieno. Come quando è iniziata quella strana sfida. Con uno scambio di sorrisi assurdi. In una notte capace di giocare.

 

Tu non sei ancora tramontato, Komyo.

 

Ficca le mani nelle tasche del camice. Vuole un’altra sigaretta. E poi, un bicchiere di whisky. Preferirebbe il sake, ma in fondo non è piacevole bere da solo. Ma sa aspettare. Prima o poi, troverà qualcuno con cui ricominciare a bere.

 

Accende.

Inspira.

Soffia lentamente. Gustosa.

Sorride.

 

Va bene: darà tempo al tempo. Aspetterà.

Chissà. Potrebbe sempre riservargli qualche altra sorpresa. Ha perso un sole. Ma rimane sempre chi ha chiamato il sole.

 

 

 

 

 

  
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