Grazie!
Mi
sembra doveroso iniziare questo secondo capitolo esprimendo la mia riconoscenza
verso quanti hanno letto e commentato questo piccolo tentativo di scrittura e
anche verso chi, semplicemente, ha scorso lo schermo. Non scrivo per avere
commenti ma, come più volte ho detto in separata sede, qualsiasi critica è ben
accetta.
Grazie,
soprattutto a chi ha soffermato il puntatore sulla schermata e ha deciso di
dedicarmi un poco del suo tempo. Per un commento. Grazie davvero. Ne sono
onorata.
Temari: felice di vedere il tuo nome fra i commentatori,
soprattutto che sia il primo. Mi onora moltissimo la tua presenza. Ne
approfitto anche per farti i complimenti per le Pìnakes che hai rivolto a Goku.
Sono davvero molto belle e profonde. Perdona se non ho mai lasciato un
commento, ma purtroppo il tempo è tiranno. (Hai visto?
Finalmente è uscito il sesto volume di Saiyuki Reload! La narrazione si preannuncia
davvero interessante!)
Neko-chan: sono contenta che la storia sia di tuo gradimento. Per
quanto rigurda Goyjo,
comparirà di sfuggita già in questo capitolo. Benchè
non abbia, almeno nelle mie previsioni, tantissimo spazio in quanto, bene o
male, la storia è nata attorno a Sanzo e al suo
rapporto con la ragazza principale,
ti rassicuro che non è affatto mia intenzione
estromettere lui, o qualcun altro, dalla narrazione. Però,
chissà se ti piacerà anche il mio Gojyo.
Abc:
Sì. I personaggi non sono ancora definiti, infatti.
Sono molti, più che altro semplici nomi che si rincorrono. Ci saranno quelli
principali, ma anche molte comparse. Forse non tutte fugaci apparizioni, ma
anche quelle esisteranno. Non preoccuparti. Ho voluto scrivere così. Per
rendere un po’ di mistero. Perché
questa storia è davvero un gioco contorto.
Son Kla: Una critica. Una vera
critica. Costruttiva. Grazie! Dunque: lo stile
spezzato, senecano,
è volutamente portato all’estremo, a volte. Soprattutto all’inizio, era mia
intenzione rendere una sensazione di smarrimento e sconcerto. Il lettore non
capisce bene; non ha elementi per capire. Inizio in medias res. I
personaggi sanno. Chi legge no. Ma serviva proprio a questo. Dove voglio andare a parare?
Bella domanda! Dove mi porterà Sanzo, ritengo. Da
quando entrerà in scena (non subito, però. Anche i
protagonisti hanno i loro vezzi da prim’attori), forse
le cose si sistemeranno. O forse si ingarbuglieranno
di più. Spero comunque che continuerai a leggere.
Lete89: Visto? Nuovo genere. Dopo le drabble,
le one-shont…e non so cos’altro,
una What if…? Non in un
universo alternativo però. È un po’ più complicato. Ma
perché te lo dico? Lo sai benissimo. E sai benissimo anche il perché di questo flusso di coscienza alla
Joyce. Con tanti personaggi di contorno che fanno girare la testa e
sorridere così. Per chiedersi quando arriverà lui. Lo so che ti piace. Ma dovrai
aspettare. Un po’. Giusto poco poco. Vedrai. Intanto,
continua a leggere.
2. Delusione
Lucky Strike. Colpo
fortunato.
Ha cambiato
marca nel 1998. Per festeggiare. Prima, fumava le Star. Ha iniziato presto. A sedici anni il primo tiro; nel piazzale più nascosto della scuola.
Aveva una fuku
grigia e i loose socks bianchi. E tanta
eccitazione in corpo. Di essere scoperta.
Non ha
più smesso. Anzi, ha allargato le sue passioni.
Distende le braccia e sbadiglia tranquillamente. Si è appena svegliata. Ore
diciassette e trenta. Dormire e fumare. Due cardini della sua vita. Ridacchia.
Non approverebbero. Ne è sicura. Ma non le è mai
importato.
I suoi piccoli vizi, come ama definirli.
Assieme a mille altri. Sciocchezze. Ma la fanno sentir
bene. La rilassano. Da sempre. Come il fumo. E il cibo. Si liscia le labbra. Ha
voglia di takoyaki. Il suo takoyaki. Cucinato secondo la ricetta
del Kanto. Non si sognerebbe mai di assaggiare quello
di Osaka. Troppo delicato. Per palati raffinati.
Per incompetenti che non lo sanno gustare.
Deve
essere forte, nel sapore. Il polipo si deve sentire. Bene. Non quella sfumatura
leggera sulla lingua che svanisce subito. Persistente, ma non stancante. Come
la salsina. Dolciastra, ma mai amara. E infine, un bicchiere di sake caldo.
Sì. Ha
deciso. Menu stabilito. Perfetto.
Respira
ancora il fumo. Lucky Strike. Giocherella con il pacchetto
vuoto. Deve ricordarsi assolutamente di comprarne un altro. E di svuotare il
portacenere, anche. Non ci sta più nemmeno un granello
di cenere.
Scrolla le
spalle. Fuma sempre di più, quando è nervosa. E in quel momento, è nervosa. Ma
al suo solito riposo pomeridiano non rinuncia. Proprio no. Le serve per ragionare. La prendono in giro, ma lei
ignora. Le idee le sono venute spesso così. Distesa sul letto o sul divano.
Crogiolandosi sotto le coperte.
L’illuminazione divina.
Ride. Forse,
non riesce mai a staccare completamente. E quando un’idea la coglie (perché lo so che prima o
poi arriva, l’idea giusta) è capace di sedersi al tavolo da lavoro e
restare lì per ore ed ore. In biancheria e maglietta. Come una ragazzina.
Piano! Ho solo 33
anni, in fondo
Già. Trentatrè. E quindici anni di successo alle spalle. Ha
iniziato giovane. Diciotto anni. Fra una sigaretta, una
serata con gli amici, e le sue tavole. Un gioco. Come fanno tanti
ragazzi. Come ha iniziato lei.
Altra
boccata. Il fumo si attorciglia piano.
E’ sempre
buono il tabacco. Soprattutto con la bocca ancora impastata dal sonno. Un
rituale che nessuno le può togliere. Pericoloso toccare le sue innocenti manie.
Fumo, alcool e…
Sbuffa
scocciata. Non ci riesce più. Si divertiva a fare il verso agli anni ’60.
Svanito. Da sei mesi non ha più senso. Non riesce. Punto. E non capisce perché.
L’ultimo numero ha segnato il punto più basso mai raggiunto. Ha toccato il
fondo. Non interessa più. Ha deluso.
Nuova
boccata.
Storce
la bocca e strizza gli occhi.
Gliene
sono arrivate molte, di lettere di protesta, in redazione. Non si è nemmeno premurata
di leggerle. Ci hanno pensato i suoi segretari. Fanno tutto loro. Lei è negata
per le scartoffie e l’ordine. Confusionaria.
Il suo tavolo da lavoro è sempre un campo di battaglia.
Chissenefrega!
L’importante
è la cartellina in redazione ogni due mesi. Nuove tavole
uguale nuove avventure. E’ sempre stato così. Doveva continuare ad essere così. Si
stiracchia e appoggia i gomiti al tavolo. In bilico sulla sedia. Quasi
appollaiata. Mano a sorreggere la testa.
Non va
bene. Non va affatto bene.
Infila
la sigaretta fra le labbra.
Riproviamo
Foglio
nuovo. Fissato. Bello. Pacifico. Arriccia le labbra masticando il filtro. Sa
già che presto lo odierà.
Inevitabile.
Inchiostro
nero. Perfetto. Solita marca. Keiji ha fatto in
fretta ha rinnovarle la scorta. Impeccabile come sempre. Dovrebbe ricordarsi di
ringraziarlo. Dovrei. Se ne
dimenticherà; come sempre. E il suo assistente, a inizio settimana, sarà
ugualmente lì, a sorbirsi i suoi sbalzi d’umore e i suoi capricci da prima
donna.
Intinge
il pennello e lo tempera.
Perfetto.
Spessore
raggiunto.
Sistema
meglio la sigaretta.
Ho paura
Chiude
gli occhi. Calma! Espira-inspira.
Espira-inspria. Ancora. Svuota la mente; rilassati.
Non fare stupidaggini. Lo sia che non puoi essere così tesa. Faresti solo un
pasticcio; una macchia. Sfila la sigaretta e soffia.
Ancora un minuto.
Espira.
A fondo. Va bene. Pronta.
La mano
scorre veloce. Morbida. Tratto sottile.
Il viso
allungato e un po’ spigoloso; intrigante.
Riuscito.
Capelli.
Odia disegnarli. Chissà perché ha deciso di fare del manierismo la sua sigla.
Risparmierebbe un mucchio di tempo se semplificasse tutto. Non ci pensare
adesso; respira. Tanti piccoli tratti. Vicini. Il ciuffo ribelle.
Dividi la frangia.
Il
collo, e poi di nuovo al viso. La linea sottile del naso.
Rimane.
Labbra
incurvate. Sorriso o indifferenza? Ridacchia. Facciamo a metà. Come sempre. Con
quell’accenno intrigante che lo fa piacere. Niente sigaretta. Per un volta, si può fare un’eccezione. Va bene ugualmente.
C’è. C’è.
Gli
occhi, adesso. Contorno. Leggermente all’ingiù. E poi l’iride. Scuro.
Penetrante. Sfuma. Sfuma di più. E scurisci nella pupilla. Ancora un po’.
Lasciali in ombra. Fatti fissare. Dimostragli chi comanda.
Muove
la sigaretta in bocca.
Ultimo punto.
Cambia
pennello. Nuovo inchiostro. Rosso.
Svita
veloce il tappo. Trema leggermente. Versa un po’ di colore. Fa lo stesso. Il tavolo si può sempre
pulire. Non è la fine del mondo.
Ecco. Ecco. Ci sono.
Intinge.
Alla fronte.
Preme leggermente.
Un puntino.
Finito! Finito!
Cerca
di sorridere. Si è fatta delle paranoie per niente. Mesi ha
fissare quel foglio bianco con terrore. Stupida!
Era solo un po’ esaurita. Tutto qui. Come succede a tutti. Non è facile tenere
i ritmi di edizione: 200 pagine ogni due mesi. Duecento pagine di storie e avventure nuove
ogni sessanta giorni.
Sfiancante.
Anche se le piace. Dovrà ricordarsi di chiedere una dilazione. Ancora per un
po’. C’è tempo per riprendere il vecchio ritmo. Se lo può concedere.
Solleva
il disegno. Vorrebbe ridere.
Abbozza
un sorriso.
La
sigaretta le cade di mano.
No! No!
I
contorni sbiadiscono. Il rosso se ne va. Spariscono il mento e i capelli
sottili.
Fermati!
Cancellati
gli occhi. Il naso diritto.
Per
ultimo, quel maledetto sorriso. Provocatorio.
Irrisorio.
Perché? Perché?
Inghiottito.
Svanito.
Perché?!
*****
Diverso.
Lo
percepisce benissimo. Sembra tutto normale, e invece non c’è nulla di uguale. Lo
sente. Gli pesa sulle spalle, sulla testa. Sugli occhi. Soprattutto sugli
occhi. Ha voglia di piangere. Fregarsene degli altri e mettersi a urlare.
Forte,
forte. Come un bambino. Come uno stupido!
Lo ha fatto anche quel maledetto giorno. Non si è preoccupato
di niente. Non gli interessava che alle sue spalle ci fossero demoni pronti a
trapassarlo; non si è ricordato che stava combattendo. È rimasto seduto a
stringerlo. Forte forte contro il petto. Piangendo.
Urlando e piangendo.
Sempre.
Sempre.
Chiamandolo.
Invocandolo. Rantolando il suo nome.
Inutile.
Si
sistema meglio. Non ha nemmeno voglia di litigare con Gojyo
perché lo sta soffocando con il fumo e occupa da solo quasi tutto il posto. Non
ha più senso. Ci hanno provato. Le solite battute. Le solite offese.
Stuzzicarsi per venire alle mani, per divertirsi. Le solite offese. Banali. I soliti piccoli,
insignificanti pretesti. Irritanti.
Non
riescono più a litigare. Non c’è più gusto
a litigare. Nessuno li ferma, nessuno li rimprovera. E lui non capisce più
nulla. Hakkai è raggelante. Cortese. Estremamente cortese.
Fin troppo!
Con il
suo solito sorrisino stampato in faccia. Falso. Falso come sempre.
Inquietante.
Sorride
sempre, anche senza un vero perché. Ma non parla più. Non
ha più nessuno stimolo a farlo. Si limita ad obbedire.
Ingrana, sterza, frana, accelera. Come se lui non pensasse. Lui è solo il conducente.
Non è
più nemmeno assillante come prima. E questo
è davvero terrificante. Ignora tutti. Anche Gojyo.
Non lo rimprovera per nulla, non scherza su nulla:
donne, alcool, mozziconi sparsi in giro. In verità, non ce n’è nemmeno più
bisogno. Non fa assolutamente nulla da mattina a sera. Fuma. Fuma e basta. Se
lo vedesse senza la sua sigaretta si preoccuperebbe.
La sera,
non va a donne; non va a giocare d’azzardo. Resta in
camera a fissare il soffitto. Non beve nemmeno più. Solo
acqua. Gojyo che beve acqua. Sembrerebbe una
barzelletta.
Goku
scrolla le spalle. Lo sa benissimo che qualcosa non va. Se lo sente nelle ossa.
E gli dà fastidio. Perché non lo riesce ad accettare. Non lo può accettare. Sapere cosa è cambiato, perché; e non poter tornare indietro.
Doversi rassegnare.
È tutto buio, adesso.
Posto
passeggero. Occupato. Normale. No.
Ricorda bene. Non è normale. È cambiato qualcosa.
La luce è sparita. E lui ha di nuovo paura del buio. A volte, di notte, si
costringe a rimanere sveglio. Perché, altrimenti, le tenebre potrebbero
portarlo via.
Non c’è più la luce.
Socchiude
gli occhi. Non si sente bene. E sa che non si può guarire facilmente. Gli hanno
detto che ci vuole tempo, per guarire. Per sopportare.
Ma il viaggio non può essere interrotto. Devono andare
avanti. Come deciso.
Fregatene di tutto. Ammazza chiunque ti
voglia ostacolare.
Sono i suoi insegnamenti. Le lezioni impartite
da sempre. Quello che non si deve tradire. Guardare solo avanti. Vivere per se
stessi. Il loro orgoglio. Stringe i pungi. Lo sa bene.
Gliel’ha sentita ripetere mille volte, quella predica.
Il tuo credo.
E
allora perché? Perché lo ha tradito?
Perché?!
Ha
tradito tutti loro. Così. Senza una vera ragione. Solo per non obbedire. Perché nessuno deve dargli ordini. In nessun caso. E adesso, avrebbe voglia di
prenderlo a pugni. Di pestarlo per bene fino a far scomparire
dalla sua faccia la solita aria scocciata. La smorfia perenne sulle
labbra.
Non sorridi mai
Spia il
posto accanto al conducente. Normale. Veste chiara. Sutra
sulle spalle. Silenzio…come definirlo? Scocciato, riflessivo. Forse sta pregando.
Niente fumo. Gli manca l’odore delle sigarette.
Sanzo.
Scuote
la testa. Ricorda. È tutto come
prima. Adesso, il gruppo è riunito: Sanzo e compagni.
Perfetto, costante, inalterabile. Maledettamente diverso. E Goku lo sa. Lo sa
bene. Lo vede nel compagno.
Perché Sanzo?!
*****
“Non
abbiamo ancora perso”
Che
piacevole ironia! Ha fatto mille ipotesi. Divertenti. Una scommessa che si gioca
da anni. Contro la noia. Un’ipotesi formulata con la
leggerezza di una battuta, dietro il sottile filo di fumo di una sigaretta.
Vogliamo provare?
Vincere
la noia. Ha sempre cercato qualcosa che lo stimolasse.
Sfide. Complicazioni. Lotte. L’astinenza non fa per lui. Meglio vivere e
cercare di sopravvivere. Nulla di eclatante. Solo
andare avanti. Sempre. Sempre.
Senza avere nulla.
Ha
trovato un nuovo giocattolo.
Interessante. Davvero interessante. Non obbedisce ai piani. Non si può
prevedere. Sembra facile capirlo: ragiona
per assurdo. Ti imbatti in lui con facilità, allora.
Con quell’aria un po’ sfrontata che ha fin da bambino.
Intrigante.
Il
premio in palio. Una vincita davvero intrigante.
Così diviso a metà, così ferito e sicuro. Così affascinante per le sue contraddizioni. Sorride inspirando a fondo il
fumo. L’ha beffato per bene. Ma in fondo poteva
aspettarselo, da lui. Sa perfettamente che ama barare.
Getta
indietro la testa. La luna è ancora lì. È sempre
lì. Accecante e intramontabile. Non è ancora stata inghiottita. Lui non è ancora riuscito a inghiottirla.
Che seccatura!
Si toglie gli occhiali. Adesso, dovrà trovare un nuovo
passatempo. Qualcosa per cui valga di impegnarsi almeno un po’. Lui ne valeva la pena. È come un
fantasma. Si è chiesto spesso con chi giocasse in realtà. Gli lanciava segnali
che non raccoglieva, ignorava. O davvero non li capiva?
Scrolla
le spalle. Ormai, non ha più importanza. Lo elettrizzava, e adesso il gioco è
finito. Troppo presto. Troppo velocemente. Facile. Dannatamente facile.
Game over.
Deludente.
Stiracchia
le labbra. Si sarebbe aspettato di meglio. Così, è decisamente
banale. Quasi una beffa verso di loro, che gli sono stati addosso per anni. Non
ha voluto dar loro nemmeno questa soddisfazione.
Crepato
per una stupidaggine.
Ridacchia
piano.
Nuovi
interessi. Lo sa bene.
Deve
trovare nuovi stimoli.
A cosa potrei giocare?
Sbuffa
massaggiandosi la testa. Non c’è più gusto. Ha perso la sua pedina preferita.
Non ha senso continuare. Non ha senso andare avanti con nulla. È rimasto solo quello: il vuoto.
Ho vinto io, allora?
Stiracchia
le braccia. Inclina appena la testa. Il coniglietto gli sorride placido.
Indifferente. Non è ancora il momento di chiudere la partita. Getta la
sigaretta. Ironia.
Non ha
vinto.
E non gli dispiace affatto. È rimasto solo il vuoto. Va bene:
ma lo si può riempiere. È già pieno. È ancora
pieno. Come quando è iniziata quella strana sfida. Con uno scambio di sorrisi assurdi. In una notte capace di giocare.
Tu non sei ancora tramontato, Komyo.
Ficca
le mani nelle tasche del camice. Vuole un’altra sigaretta. E poi, un bicchiere
di whisky. Preferirebbe il sake, ma in fondo non è
piacevole bere da solo. Ma sa aspettare. Prima o poi, troverà qualcuno
con cui ricominciare a bere.
Accende.
Inspira.
Soffia
lentamente. Gustosa.
Sorride.
Va
bene: darà tempo al tempo. Aspetterà.
Chissà.
Potrebbe sempre riservargli qualche altra sorpresa. Ha perso un sole. Ma rimane
sempre chi ha chiamato il sole.