Serie TV > Violetta
Segui la storia  |       
Autore: syontai    20/08/2013    14 recensioni
Per chi si ricordava un'altra presentazione: l'ho cambiata, mi faceva leggermente schifo
Allora, questa storia parla di Leon e Violetta (la mia coppia preferita :3). Si incontrano per caso in aereo e da lì comincia tutto. Non solo, ci sono anche dei nuovi personaggi (Stefan, Ricardo,Gabriella), ognuno con la sua personalità e il suo modo di essere. Poi ci sono Maxi, Francesca, Nata, Ludmilla, un pò tutti insomma. Bene, se vi ho ispirato con queste parole(in realtà anche se non l'ho fatto), leggete e fatemi sapere :D P.S: questa è la mia prima ff (indi per cui siate clementi xD)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 60
Perdonare e Ricominciare

Violetta rimase con gli occhi chiusi anche quando avvertì Leon scostarsi lentamente. Non voleva riaprirli, aveva paura che si fosse trattato di un sogno. Un sogno bellissimo. Però quelle mani che le stavano accarezzando con dolcezza i fianchi non erano frutto di una sua fantasia. E allora perché quella paura irrazionale che sentiva dentro? Leon tornò a baciarla, questa volta con più ardore e passione, e lei trovò la forza di alzare la palpebre quel giusto per scorgere il suo viso. Lentamente portò le mani sui suoi capelli, scompigliandoli scherzosamente. Poté sentirlo ridere per quel gesto. L’aria stava finendo, sfortunatamente, quindi si separarono di nuovo. “Perdonami, sono un mostro” esclamò Leon, rompendo il silenzio. Violetta sgranò gli occhi, e gli accarezzò una guancia con sguardo triste. “Non dirlo mai più. Sei una delle persone migliori che io abbia mai conosciuto” sussurrò, avvicinandosi e dandogli un bacio sulla guancia. Il ragazzo respirò a fondo e poi continuò. “Non è vero, lo sai bene. Sono pieno di difetti: sono geloso, orgoglioso, arrogante, e…ti ho fatto solo soffrire. Non ti merito”. Violetta notò che aveva lo sguardo basso, come se provasse vergogna di se stesso, come se non si sentisse in grado di reggere la sua reazione. Come poteva non comprendere la profonda gioia che gli aveva donato con quei baci? Si, forse aveva sbagliato, ma anche lei aveva commesso i suoi errori.  “Cosa stai dicendo, Leon?”. “Ecco, quando ti ho lasciato dicendoti che non ti amavo, ho mentito. Ti volevo allontanare perché ero sicuro che saresti stata più felice senza di me, che ti ostacolavo” disse con una punta di amarezza. Non riusciva ancora a capire come avesse potuto pensare una cosa del genere.
“Leon, io…”. “Fammi finire” la interruppe, con sicurezza. “Mi è sempre stato difficile ammettere i miei errori, ma questa volta devo farlo. Voglio farlo. E forse così ci sarà una speranza che mi perdoni. Quando ti vedevo con Diego mi sentivo morire dentro, era come se fossi vuoto. E ogni sorriso che gli riservavi era come una lama affilata che mi trapassava” concluse lui, alzando lentamente lo sguardo. La vide sorridere. Si rese conto che anche la sua bocca si era sciolta in un impercettibile sorriso. “Per la prima volta mi sono sentita gelosa. E’ successo con Lara. Sono riuscita a capire come ti senti tu quando mi vedi con un altro ragazzo. E’ stato terribile. Ogni volta sentivo il sangue arrivarmi al cervello, non ragionavo più, agivo solo d’impulso” disse Violetta, prendendogli la mano e portandola sulla sua guancia bollente. “Tu…mi perdoni?!” chiese esterrefatto Leon. Pensava di aver capito bene, ma voleva sentirlo dire da lei. “Si, ti perdono. E tu perdoni me?”. “Tu non devi farti perdonare nulla” esclamò Leon al settimo cielo. Era euforico. Ancora non credeva a quello che era successo, voleva uscire dalla grotta ed esultare ad alta voce nel bosco di notte, ma non gli sembrò opportuno. “Ti amo, Violetta. E anche quando eravamo separati non ho smesso per un momento di amarti” disse avvicinandosi piano per baciarla dolcemente. “Anch’io ti amo, Leon” sussurrò con un sorriso sincero, prima che le loro labbra combaciassero. Violetta mise le mani sul suo petto, facendolo ruotare. Dopo poco tempo Leon era steso sul sacco a pelo, mentre Violetta era sopra di lui, continuando a baciarlo con sempre più intensità. Le mani di Leon non si fermavano mai nello stesso punto: continuavano a percorrere il corpo di Violetta costantemente, accarezzandolo con delicatezza. Violetta sentiva i brividi scuoterla continuamente, ma non per il freddo. Anzi, sentiva molto caldo, troppo. Abbandonò le labbra di Leon, scendendo lungo il suo collo e poi lungo il petto e lasciando una scia di baci. Il ragazzo emise un profondo sospiro, mentre i baci di Violetta sul suo petto divennero sempre più frequenti e intensi. Sembrava non volesse lasciare scoperto nemmeno un lembo di pelle. Era come se bramasse il suo corpo in un modo mai sentito prima. Che fine aveva fatto la Violetta timida e paurosa, che arrossiva anche solo quando qualcuno le sfiorava la mano? Erano cambiate tante cose. Ma una cosa non era mai mutata: l’amore reciproco che li univa. Stava ansimando, il suo autocontrollo lo stava lentamente abbandonando. Ma come diamine faccio a controllarmi se lei continua in questo modo, pensò Leon imprecando. Strinse i denti soffocando un gemito, quando sentì la mano di Violetta sopra il tessuto dei suoi boxeur. “V-Violetta…” balbettò Leon, non riuscendo ad aggiungere nulla. Alzò lo sguardo e vide Violetta che lo stava guardando divertita. “Non ti ho mai visto così vulnerabile” esclamò sorpresa. “Sei tu che mi porti a questi livelli” scherzò lui di rimando, facendola stendere completamente su di lui, e avvolgendola in un caldo abbraccio. “Mi sono mancati questi momenti” disse la ragazza sospirando. Leon le diede un lungo bacio. “Anche a me. Solo io e te, e il calore della tua pelle. Ti ho già detto che adoro questa sensazione?”. “Non lo so, ma di certo mi fa piacere sentirtelo dire adesso” scherzò Violetta, accarezzandogli i capelli sulla fronte. “Dormiamo un po’ o vuoi farmi passare la notte insonne?” disse Leon con tono seducente. “Dormiamo…per stanotte” gli sussurrò maliziosa all’orecchio, per poi nascondere la testa nell’incavo del collo di Leon, a chiudere lentamente gli occhi. Il suo profumo…non c’era nulla di più dolce del suo profumo. Posò la mano all’altezza del cuore sul suo petto e si addormentò con il sorriso stampato sul volto.
“Pensi che abbia funzionato?” chiese Arianna nervosa. Leon li aveva appena avvertiti con il walkie-talkie per rassicurarli del fatto che stavano bene. “E’ ovvio…un mio piano non fallisce mai” disse Ludmilla con aria di superiorità, mentre si preparava per dormire nel letto di Violetta. “Beh, una volta finita questa storia siamo pari” continuò con un sorrisetto. Arianna si voltò verso di lei con un sorriso splendente. “Sai, Ludmilla, mi sorprendi sempre. Non so se un giorno potremo diventare amiche, ma sei un’alleata perfetta”. Già, un’alleata perfetta. Non avrebbe mai pensato di allearsi con Ludmilla per far riavvicinare Leon e Violetta, ma d’altronde era stata proprio lei a proporglielo.
‘Ludmilla era di fronte a Villa Vargas e guardava il campanello titubante. Suonare o non suonare? Leon era a lezione allo Studio, e lei doveva parlare con Arianna. Doveva chiarirsi. Con la mano tremante suonò il campanello. Il tempo passava, ma nessuno apriva quella porta, che si stagliava di fronte a lei come se volesse inghiottirla. Dopo quella che le parve essere un’eternità, qualcuno la aprì. Arianna. “Volevo proprio parlare con te, Arianna” esclamò decisa. Chiuse gli occhi pronta a sentirsi sbattere la porta in faccia, invece quello che ottenne fu un’espressione sorpresa della ragazza. Si indico con l’indice, confusa. “Con me?” chiese, volendosi assicurare di aver capito bene. “Esattamente. Posso entrare?” ribatté Ludmilla, abbassando lo sguardo con un atteggiamento umile. Arianna sgranò gli occhi: Ludmilla umile? Cominciò a temere seriamente che il mondo crollasse in quell’istante.’
“Che grande errore avrei fatto se avessi rifiutato di ascoltarti!” esclamò d’un tratto Arianna, ancora presa da quei pensieri rivolti al passato. “Beh, sei una persona che non ha pregiudizi” si complimentò Ludmilla con un sorriso mesto. “E tu in fondo sei una brava persona. E molto in fondo credo che potrei essere tua amica” ribatté l’altra alzandosi e sedendosi ai piedi del letto di Violetta. “Pensi che a quest’ora abbiano già fatto pace?” chiese d’un tratto, rivolgendo lo sguardo verso la finestra e osservando il paesaggio notturno che si estendeva al di là di essa. “Ne sono sicura. Dai loro sguardi è visibile l’amore che provano l’uno nei confronti dell’altro. Devono solo potersi chiarire in santa pace” spiegò Ludmilla, mettendosi sotto le coperte. Appoggiò la testa sul cuscino e gli occhi lentamente divennero lucidi. Anche lei voleva essere amata in quel modo. Anche lei voleva essere vista da qualcuno come Leon vedeva Violetta. Eppure l’amore sembrava essere in antitesi con la sua essenza. L’aveva sempre saputo in fondo, ma adesso ne era certa. Ludmilla era destinata a rimanere sola. Arianna sembrò leggere i suoi pensieri perché disse: “Non sarai mai sola”.
‘Arianna era seduta di fronte a lei, e la squadrava curiosa. “Ne sei sicura?” chiese dubbiosa. Insomma si aspettava da tutti un aiuto per far rinsavire il suo testardo fratellone, ma non lei. Non Ludmilla, la sua acerrima rivale. La ragazza bionda di fronte a lei annuì appena, guardandola seria. “E perché vorresti farlo?” chiese d’un tratto. “Lo devo a Leon, e lo devo a te. Leon adesso è un mio amico…”. Le parole le morirono in gola. “E…e mi devo far perdonare per il brutto tiro che ti ho giocato durante le vacanze di Natale. Per colpa mia hai rischiato l’espulsione definitiva” concluse infine. Nata le aveva detto di cominciare a farsi perdonare dalle persone che aveva fatto soffrire maggiormente. E’ il tuo modo per redimerti, le diceva Nata con un sorriso dolce dopo averla abbracciata. Un abbraccio di Nata per lei era più prezioso di tutti i vestiti che aveva addosso. Era qualcosa che aveva sempre cercato, ma che solo ora si era deciso ad accostarsi alla sua vita. Era puro e semplice affetto.’
“Adesso sarà meglio dormire, però” disse Ludmilla. Prese un cuscino e glielo lanciò affettuosamente per farle segno di andare nel suo letto. Arianna ubbidì con una risata. “Sai, sei simpatica. E scusa per quella volta dei vermi nei tramezzini”. Ludmilla la guardò e sorrise: rimaneva una in gamba. “Buonanotte, Arianna” disse, sporgendosi per premere l’interruttore della luce. “Buonanotte” rispose l’altra, sprofondando in un sonno profondo.
German non riusciva a stare fermo un secondo. Quei giorni erano per lui ricchi di tensione. Era felice di non avere Violetta per casa, perché altrimenti non avrebbe saputo come fare a nascondergli certe cose. Di lì a qualche minuto Cristobal sarebbe venuto a casa sua, e insieme sarebbero andati in ospedale per consegnare il campione prelevato, ossia una ciocca di capelli ottenuta di nascosto, ed effettuate il test del D.N.A.. Prese il cellulare e controllò l’ora. Sette e mezza. Era tardi, tremendamente tardi. I suoi nervi stavano per collassare, era ridotto in uno stato pietoso. Non appena sentì il suono del campanello, scattò in piedi dal divano su cui si era seduto solo da qualche secondo, e si precipitò alla porta. Aveva dato ad Olga la giornata libera, e per non farla insospettire l’aveva data anche a Roberto. Meno persone erano in quella casa, meglio era.
La porta si aprì, mostrando un uomo sulla trentina con delle occhiaie tremende. Anche lui non ha chiuso occhio queste ultime notti, pensò German con una punta di soddisfazione. “Sei pronto?” chiese Cristobal, reggendosi a stento in piedi. “Vuoi prima un caffè?” domandò German, con tutte le migliori intenzioni possibili. “Così potrai avvelenarlo? No, grazie, voglio rimanere vivo. Andiamo” ribatté l’altro. Doveva essere ironico, ma era troppo stanco per farlo capire dal tono della voce. “Facciamo questo benedetto test del D.N.A. per capire chi è il padre effettivo di Violetta, e togliamoci questo dubbio angosciante” concluse l’uomo, prendendo le chiavi della macchina. “Non c’è nessuno a casa?”. “C’è solo Jade, ma adesso dovrebbe essere a dormire” rispose con noncuranza German, prendendo il soprabito e uscendo di casa, insieme al suo odiato rivale del passato. Il destino si diverte proprio a prenderti a calci nel sedere, constatò semplicemente, mentre entrava in macchina. Inserì la chiave per accendere il motore, e partì spedito. Prima arrivava, prima finiva, prima poteva trovare un minimo di pace. E non aveva paura, nemmeno un po’. Lui sapeva di essere il padre di Violetta, ne era sicuro. Sicuro.
Erano in uno di quei corridoi tristi e dall’odore di disinfettante. Stupidi ospedali. Aveva sempre odiato gli ospedali. Camminava nervosamente cercando il reparto giusto, mentre Cristobal parlava al cellulare, fissandolo di tanto in tanto. “Si, è con me, tu sei arrivata?” chiese al telefono, cercando di mantenere il tono di voce basso. Inevitabilmente German aveva sentito tutto. E’ una trappola, pensò furioso. E infatti, non appena voltato l’angolo si ritrovò davanti una giovane donna dai capelli biondi lucenti con alcuni riflessi castani. Era Angie. “Che ci fai tu qui?” chiese duro. La donna rimase ferma a guardarlo, con un timore reverenziale negli occhi. “German, io…”. “Io non ti conosco, Angeles. Questa è la prima volta che ci vediamo” la interruppe freddo. Angie non ce la fece più e scoppiò a piangere.
‘Che stai aspettando? Consolala, abbracciala, insomma fa qualcosa, non rimanere fermo come un imbecille!’ gli fece notare la sua vocina interiore, riprendendolo come fa una madre con un figlio.
Lei mi ha tradito, mi ha nascosto la verità.
‘E te ne importa qualcosa adesso? Avrà avuto i suoi motivi…ma non soffri a vederla in questo stato?’.
Certo che soffro, stupida vocina interiore, lo sai meglio di me, pensò di rimando l’uomo. Era entrato in conflitto con se stesso. Perfetto.
 ‘Sei un testardo cocciuto di prima categoria’.
Ma tu sei la mia vocina interiore!
‘Appunto, se non lo so io…’.
Battaglia persa in partenza, si disse German con la testa confusa. Con poca convinzione e in modo goffo, appoggiò la mano sulla sua spalla e diede un colpetto affettuoso.
Angie sollevò lo sguardo e lo fissò dritto negli occhi. Poteva vedere benissimo la freddezza di quegli occhi. Non era lo stesso German che aveva conosciuto, e che aveva imparato lentamente ad amare. Era uno sconosciuto per lei. Conoscere la verità l’aveva cambiato. Si scostò muovendo qualche passo indietro e corse via piangendo. Era stato un errore presentarsi e cercare di convincerlo a perdonarla. Doveva ricordarsi chi era: era l’uomo che le aveva impedito di vedere la nipote. Eppure non poteva non provare amore nei suoi confronti, non ci riusciva.
La luce dell’alba si infiltrò con prepotenza nella grotta. Violetta aprì lentamente gli occhi e la prima cosa che vide fu il collo di Leon. Sorrise e richiuse gli occhi. Non aveva sognato, Leon era lì con lei. E non se ne sarebbe andato questa volta, non l’avrebbe lasciata sola. Non più. Sentì le mani del ragazzo poggiate sulla sua schiena, e si strinse ancora di più a lui. I suoi capelli erano sparsi e spettinati, e le punte sfioravano leggermente il petto di Leon, dandogli una piacevole sensazione di solletico. Violetta cominciò a baciargli il collo sempre ad occhi chiusi, sentendo il sapore della sua pelle con le labbra, beandosi di quel momento così intimo e dolce. Leon si svegliò subito dopo con un sorriso. Le accarezzò la schiena percorrendo con cura tutta la sua spina dorsale. Il tocco leggero di Leon le dava i brividi, brividi di piacere e gioia. Diede un piccolo morsetto al collo quindi si avvicinò al suo orecchio. “Buongiorno” gli sussurrò con voce assonnata. 
Leon rabbrividì a sentire il fiato caldo di Violetta sul collo e poi la sua voce melodiosa all’orecchio. “Se mi potessi svegliare così ogni giorno sarei la persona più felice del mondo” disse lui ridendo. Violetta si scostò per guardarlo negli occhi con un’espressione seria. Gli accarezzò piano i capelli, mentre con lo sguardo puntava alle sue labbra. Si avvicinò e lo baciò. Fu un bacio lento e passionale allo stesso tempo. Si separarono e Leon sorrise nel vedere le guance rossissime di Violetta: alcune cose non cambiavano mai, per fortuna. Rimaneva sempre la sua dolcissima Violetta. Le scostò una ciocca di capelli per vederla meglio. “Perché mi guardi così?” chiese lei all’improvviso, diventando un po’ nervosa. “Voglio che mi rimanga scolpita nella memoria l’immagine del tuo bellissimo viso” le spiegò alzando la testa per baciarla nuovamente. Violetta teneva la mano sinistra intorno al suo collo, mentre con la destra gli massaggiava il petto all’altezza del cuore. Sentì Leon ansimare al suo tocco, mentre continuava a baciarla. Non ce la faceva più, aveva capito di desiderare Leon fisicamente, e se non fosse stato per la situazione particolare, gliel’avrebbe detto anche in quel momento. Fece scendere l’altra mano al petto e fece leva per separarsi. Doveva farlo, non poteva sopportare più quella passione che continuava a crescere e a bruciare dentro il suo corpo. “Forse…dovremmo…andare”. Ogni parola era interrotta da un respiro profondo per prendere aria. Leon la guardò malizioso. “Possono anche aspettare tutta la vita per me…”. La baciò nuovamente e cingendole la vita con le braccia portò i loro corpi a coincidere. Violetta fece per rialzarsi, ma si ritrovò avvinghiata al busto di Leon, con le gambe che gli circondavano la vita e le braccia che stringevano la sua schiena. Il ragazzo era seduto e con le mani le accarezzava la schiena. Come diavolo ci erano finiti così? Non stava cercando di alzarsi? Pazienza, ci avrebbe pensato dopo. Portò le mani al suo viso e continuò a baciarlo, mentre sentiva il cuore volergli uscire dal petto per quanto rimbombava forte. Maledetto Leon, continuava a fargli perdere la testa. E per colpa sua stava perdendo la cognizione del tempo, facendo preoccupare gli altri. Gli avrebbe fatto una bella ramanzina. Dopo però.











NOTA AUTORE: insomma qualche momento loro ci voleva dannazione, sono stati separati una vita, diamogli un po' di gioia (e me la do da solo ù.ù). Questo capitolo non mi dispiace affatto. Allora, ricapitolando, Leon e Violetta hanno finalmente fatto pace. Leon si fa perdonare (ma che cucciolo :3 Cioè, Violetta, non me lo fare penare così che poi io soffro ç.ç), e insieme tornano più Leonettosi che mai :3 Finalmente capiamo come è nata l'alleanza Ludmi-Arianna (che tenera la mia Ludmi...che cosa sto dicendo O.O). German...oddio la scena del dialogo con la voce interiore è bellissima. Giuro, sto morendo xD *immagina la scena e l'espressione di German* Ma povera la mia Angie...e adesso? Il test del DNA? Chi sarà il padre di Violetta, German o Cristobal? Lo scopriremo (credo) nel prossimo capitolo. E poi volevo finire con un'altra scena Leonettosa (la vendetta LOL), in cui si svegliano e...Violetta. Mi fai morire quando fai così. ahahahhaa, non contiene più i suoi ormoni *le da una pacca sulla spalla* Brava, ragazza, brava. Comunque, spero che il capitolo vi piaccia; ringrazio tutti come sempre e dedico il capitolo capitolo a WELOVEJORGEBLANCO (che è gentilissima e mi ha chiesto di aggiornare presto <3), e alla prossima ;D (sono io o sono diventato impedito a scrivere scene Leonettose? :O E' una cosa grave :O)

 
  
Leggi le 14 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Violetta / Vai alla pagina dell'autore: syontai