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Autore: karter    20/08/2013    2 recensioni
Questa fic è arrivata terza al contest "La fiera dei Prompt!" indetto da Skyler_
ecco un estratto:
Quante volte aveva pensato di farla finita, di non poter andare avanti, di non riuscire a sopportare tutto quello che quel mostro le faceva, ma ogni volta ripensava alla sua mamma, alla donna che aveva sacrificato la sua vita per permettere a due bambine che con lei non avevano nessun legame di sangue di sopravvivere, alla donna che le aveva insegnato che per essere una famiglia non bisognava avere legami di sangue, bastava volersi bene, perché è il legame affettivo quello che unisce due persone, non altro.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nami
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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-Nick sul forum: karter95
-Nick su EFP:karter
-Prompt e genere usato: malinconico-luna
-Eventuali note autore: è presente un accenno di violenza, ma non specificato, quindi credo che il rating giallo possa andare.
-Eventuale presentazione: la fic è ambientata nel periodo dell’infanzia della navigatrice. Un giorno, mentre si trova su un’isolo per conto di Arlong, decide di passare la notte e inizia a ripensare alla sua vita, ciò che è stato e ciò che è.
-Rating: giallo
 

 

 
 
 
Era notte fonda.
Il cielo era scuro, coperto dalle nubi, minaccioso, chiunque lo guardasse avrebbe pensato che di li a poco sarebbe scoppiato un temporale, una tempesta violenta, ma non lei.
Lei sapeva che quelle nuvole non erano pericolose, sapeva che a breve sarebbero scomparse.
Era ferma, sdraiata su un prato e guardava il cielo.
Spento come i suoi occhi.
Privo di gioia come il suo cuore.
Solo come lei da quel giorno.
Lei una bambina troppo piccola per sapere cos'è davvero la vita, una bambina troppo testarda per potersi arrendere, una bambina troppo buona per pensare solo a se stessa, una bambina costretta a crescere troppo in fretta, una bambina disposta a sacrificare se stessa per il suo villaggio, una bambina non più bambina ormai.
 
Stesa su quel prato la bimba ripensava a tutta la sua vita, dai momenti allegri con Bellmer e la sorella Nojiko, alla vita che conduceva ora al fianco degli uomini-pesce, passando per il giorno della morte della madre, le sue parole piene di affetto, e al sorriso che aveva regalato alle sue bambine prima di finire nell'oblio, ma anche al giorno in cui, con tra le mani una montagna di soldi, era tornata al villaggio, dicendo che si era unita a quei pirati.
Ricordò tutta la gioia, la felicità, l'angoscia, la paura, il disgusto di se stessa, tutto, e tutto ciò le faceva male.
 
Si portò a sedere, e con una mano si toccò la spalla, la spalla dove aveva marchiato la sua appartenenza a quell'essere spregevole che non aveva esitato ad uccidere una donna davanti agli occhi di due bambine, quell'essere che non si era fatto scrupoli ad approfittare di lei e della sua innocenza, quell'essere che con il suo arrivo le aveva strappato la felicità.
 
Pianse la bambina, pianse come ormai non faceva da troppo tempo, pianse tutte quelle lacrime che davanti a quei mostri doveva trattenere, pianse tutte quelle lacrime che chiunque nel suo villaggio avrebbe considerato da coccodrillo, pianse libera di farlo dopo tanto tempo.
Continuò a piangere a lungo, finché una leggera brezza non le sfiorò il volto, facendole alzare nuovamente gli occhi al cielo.
 
Le nubi erano scomparse, il cielo ora era sereno e le stelle risplendevano in esso rendendolo meno cupo, tra esse, però spiccava una sfera più grande delle altre, più luminosa, più bella, più magica.
La bambina si asciugò le lacrime, e rivolse il suo sguardo proprio ad essa, la luna.
Amava la luna, era sempre stata presente nella sua vita, c'era il giorno in cui lei e Nojiko erano state salvate da Bellmer, c'era il giorno in cui aveva mosso i suoi primi passi, c'era il giorno della sua prima litigata con la sua mamma, c'era il giorno in cui le aveva detto addio, c'era quando, sola, nel quartier generale degli uomini-pesce lavorava notti intere per realizzare una cartina, c’era nei momenti di sconforto, e in quelli di gioia, era sempre presente nella sua vita, ormai la considerava la sua unica amica, l'unica che la capisse e davanti alla quale poteva tranquillamente essere se stessa, davanti alla quale non doveva mostrarsi fredda e spietata, ma poteva tornare ad essere una bambina, una semplice bambina di dieci anni, con le sue paure, i suoi sentimenti, i suoi traumi e le sue gioie.
 
- Mi manca- disse continuando a guardare quella sfera di luce - Mi mancano i suoi sorrisi, le sue carezze, le sue parole confortanti, i suoi caldi abbracci, anche i suoi rimproveri, mi manca tutto di lei- continuò, mentre le lacrime che si era asciugata, riniziarono a rigarle il dolce volto - Spesso mi chiedo perché abbia voluto proteggerci sacrificando la sua vita, perché non si è voluta salvare? - chiese alla luna, ormai lo faceva spesso, parlare con quella sfera luminosa l'aiutava a sfogarsi, a stare meglio, e a sopportare senza ribellarsi ai soprusi di quei mostri - A volte penso che se noi non ci fossimo state Bellmer sarebbe ancora qui, non sarebbe morta- continuò sfogando tutte le sue frustrazioni - Mi sento così colpevole- aggiunse mentre delle gocce cristalline, imperterrite, continuavano a fare capolino dai suoi occhi - Pensavo che cercare di liberare il villaggio mi avrebbe aiutato a stare meglio, a non sentirmi così in colpa, ma è difficile, è così dura dover guardare quei mostri distruggere il villaggio per cui sto lottando e non poter far niente per impedirlo, a volte mi viene voglia di mollare tutto e scappare, andare in un posto lontano, lontano da tutto e tutti, lontano dagli sguardi di odio che tutti mi rivolgono, lontano dagli sguardi lussuriosi di quei mostri che si divertivano con il mio povero corpo, che calpestano i miei sentimenti come se non ne avessi - continuò ormai preda dei singhiozzi ricordando le mani di quei mostri toccarle ogni centimetro del suo corpo, le loro lingue leccarla con foga in punti che per molto tempo sarebbero dovuti restare inviolati, le loro labbra baciarla con avidità sempre maggiore, ricordando le lacrime trattenute, dopo ogni sera che Arlong la faceva chiamare per passare il tempo e soddisfare il suo corpo, rinchiusa in quella che ormai era diventata la sua stanza.
 
Quante volte aveva pensato di farla finita, di non poter andare avanti, di non riuscire a sopportare tutto quello che quel mostro le faceva, ma ogni volta ripensava alla sua mamma, alla donna che aveva sacrificato la sua vita per permettere a due bambine che con lei non avevano nessun legame di sangue di sopravvivere, alla donna che le aveva insegnato che per essere una famiglia non bisognava avere legami di sangue, bastava volersi bene, perché è il legame affettivo quello che unisce due persone, non altro.
 
Ora, su quel prato, la sua mente era invasa da mille pensieri e non sapeva cosa fare, voleva fuggire lontano da quei mostri, provare a ricostruirsi una nuova vita, una vita in cui nessun uomo-pesce le avrebbe detto cosa fare o l’avrebbe anche solo sfiorata, una vita in cui non doveva avere rimpianti e sensi di colpa, una vita..
- Ma che mi passa per la testa- disse alzandosi e continuando a guardando la sua unica amica – Non posso dargliela vinta, non posso mollare proprio ora- continuò asciugandosi le lacrime - io sono Nami, la figlia di Bellmer, e non posso arrendermi, io salverò il mio villaggio e realizzerò il mio sogno, si, io disegnerò la cartina di tutti i mari- aggiunse finalmente sorridendo - Io ti renderò fiera di me mamma!- e detto ciò, con il sorriso sulle labbra, cadde finalmente in un sonno profondo cullata dalla flebile luce della luna.



Angolo combina disastri:
dopo una lunga assenza eccomi con una nuova shot sull'infanzia della navigatrice, spero vi piaccia xD
kissss
karter

  
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