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Autore: Effie__Pn    20/08/2013    3 recensioni
Questa storia nasce da un'immagine, che ha stuzzicato la mia fantasia.
E se Gale e Madge fossero stati sorteggiati al porto di Katniss e Peeta?
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Madge Undersee, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quella notte, Madge non chiuse occhio. La paura di ciò che avrebbe dovuto affrontare il giorno dopo la schiacciava. Riusciva a malapena a respirare. Si rigirò fra le pesanti coperte per tutta la notte, pensando a ciò che l’aspettava fuori dalla sua stanza. Temeva l’arrivo dell’alba, perché avrebbe significato uscire da lì ed affrontare la morte. Così continuò a rigirarsi fra le coperte, godendosi, anche se per poco, la sensazione di essere al sicuro.

***

Gale non riusciva a dormire. E nemmeno a stare disteso. Per tutta la notte rimase in piedi ad osservare Capitol City dalla sua finestra.  Il suo corpo era immobile, ma la sua mente vagava a chilometri e chilometri di distanza. Quanto avrebbe voluto risvegliarsi, scoprire che si era trattato solo di un brutto sogno. Quanto avrebbe voluto che l’alba che ormai avanzava sulla città fosse solo un’illusione. Quanto avrebbe voluto fuggire nei boschi con Katniss, per ritrovare quella sensazione di libertà, solo per una volta ancora. Ma purtroppo questo era impossibile. L’indomani sarebbe iniziata la più devastante esperienza della sua vita. Forse l’ultima esperienza.
Provò a convincersi che sarebbe andato tutto bene, ma senza successo. Così continuò a guardare fuori dalla finestra, immobile.

***
La camera di lancio era vuota, quando Madge e Cinna vi entrarono. Sarebbero stati i primi ed ultimi ad utilizzarla.
Madge era in uno stato di torpore, dovuto alla notte insonne e al terrore. Cinna le fece indossare gli abiti per l’Arena: un paio di pantaloni, scarponi, una maglietta e un giaccone. I capelli vennero raccolti in una coda di cavallo, in modo che non le fossero d’intralcio.
Madge assisteva a tutti questi preparativi come una semplice spettatrice. In lei ogni singola cellula si dibatteva per impedirle di andare verso una morte certa. Tutto il suo corpo dava lo stesso segnale: “non voglio morire.”
Quando Cinna finì i preparativi, la fece sedere. Madge sentiva lo sguardo dello stilista su di lei, e si decise finalmente ad alzare gli occhi.
“Vuoi parlarne?”- le chiese Cinna.
“No… ecco io… non lo so. Ho paura. Tanta, troppa paura. Pensavo che con lo spirito giusto sarei riuscita a tenerla a bada, la paura. E invece mi paralizza. Non so nemmeno se riuscirò a scendere dal piedistallo.”
“Haymitch non ti ha dato indicazioni in merito?”
“Mi ha detto di stare lontana dalla Cornucopia, e… e di trovare l’acqua. Proprio così. Ha detto che l’acqua è il mio migliore amico.”
“Segui il suo consiglio. Lui sa cosa dice.”
“Lo farò.”
Dall’altoparlante, una voce annunciò “Dieci secondi.”
Madge rivolse a Cinna uno sguardo triste e rassegnato, ed entrò nel cilindrò di vetro.

***
La prima cosa che Gale vide all’uscita del tunnel fu la luce. Una luce gialla, forte. Dopo pochi secondi i suoi occhi si abituarono e vide che si trovava in una radura, affiancato su un lato da una folta foresta, su un altro da un lago e sull’altro ancora da uno strapiombo.
Gale quasi sogghignò quando vide i boschi. Quello era pane per i suoi denti. Si guardò attorno. Aveva sessanta secondi per decidere cosa fare. Avrebbe potuto seguire il consiglio di Haymitch, e fuggire lontano dalla Cornucopia. O avrebbe potuto fare di testa sua e buttarsi nella mischia.
Il gong suonò prima che potesse prendere una decisione. Senza pensarci troppo, si tuffò in avanti, verso uno zaino posato a mezzo metro da lui.
Se lo mise in spalla e corse in avanti, mentre attorno a lui già scorrevano le prime gocce di sangue. Riuscì ad afferrare un coltello, prima di essere spinto a terra dal Tributo dell’11, che gli strappò il coltello di mano. Non appena Gale vide la lama avvicinarsi al suo stomaco, scattò in avanti, sbilanciando il tributo e guadagnandosi la fuga. Non pensò più alle armi: adesso conosceva davvero la paura di morire, e voleva solo trovare un posto sicuro nel bosco in cui nascondersi. Con lo zaino in spalla, sparì tra gli alberi.

***
Madge era fuggita nel bosco non appena era suonato il gong. Non si era nemmeno fermata a raccogliere una pagnotta caduta dalle mani di un tributo colpito a morte che le era praticamente rotolata sui piedi. Non si era ancora fermata, correva senza sosta nei boschi, alla ricerca di un riparo. Ben presto rimpianse di non aver preso la pagnotta: le sarebbe stata utile per calmare la fame. Ma ancora non aveva trovato l’acqua.
Si avvicinò ad un sentiero in pendenza, e fu costretta a rallentare per non cadere. Scese con calma, guardandosi continuamente alle spalle e aggrappandosi agli alberi per non scivolare.
“Pensa, Madge, pensa. Cosa hai imparato a scuola sull’acqua?”
Ma la sete, la fame e la stanchezza avevano preso il sopravvento, e Madge non riusciva a pensare.
Continuò a camminare senza meta, senza un attimo di riposo. Quando passò vicino ad uno stagno, per poco non andò oltre.
Si tuffò nell’acqua senza farsi troppi domande, e bevve finché non ebbe lo stomaco pieno d’acqua.
Poi riprese a camminare per cercare un riparo, ma senza allontanarsi troppo dal laghetto, il suo unico punto fermo in quella foresta di paura.

***
Gale continuò a camminare fino a notte fonda. Ancora non aveva trovato l’acqua, e la disidratazione stava cominciando a dare i primi segni. Ma non voleva fermarsi. Nello zaino aveva trovato una borraccia piena d’acqua, ma incoscientemente l’aveva finita subito.
Ora era esausto.
Stava camminando nel bosco quando scorse una piccola figura su di un albero. La riconobbe: era la minuscola ragazzina proveniente dal distretto 11. Era stata abbastanza scaltra da trovare un rifugio sugli alberi. Gale proseguì: non aveva armi, e poi non avrebbe mai fatto del male ad una bambina così indifesa.
Indifesa. Quella parola gli riportò alla mente Madge. Chissà come se l’era cavata. Era morta?
Quasi come se gli avessero letto nel pensiero, gli strateghi proiettarono il resoconto dei morti nel cielo scuro dell’arena. C’erano stati tredici morti, ma Madge non era tra loro. Aveva trovato il modo di sopravvivere, almeno per un altro giorno. Il pensiero di Madge gli fece male. Quella ragazza era innamorata di lui, e lui l’aveva sempre trattata male. Il rimorso si fece spazio tra le sue emozioni, ma ben presto fu spazzato via da qualcosa di più urgente. Il bisogno di bere.
Si fermò a sedere su un masso, disperato, guardando fra le sue mani la borraccia vuota.
Chiuse gli occhi, cercando di riordinare i suoi pensieri, ma la mente era confusa. Si addormentò prima che potesse decidere di rialzarsi.


***
Madge decise di vagare tutta la notte nel bosco. Se si fosse fermata a dormire qualcuno l’avrebbe potuta uccidere nel sonno. E se per una strana fortuna nessuno l’avesse uccisa, ci avrebbe pensato il freddo.
Così strinse i denti e continuò a camminare. Piccoli passi, per poi tornare indietro, nelle vicinanza del lago.
Stava proprio avvicinandosi allo specchi d’acqua quando scorse una figura appoggiata ad un masso, alla sua destra. Si avvicinò, cautamente, cercando di non farsi vedere. Ma le fu subito chiaro che quel tributo, chiunque fosse, era addormentato.
Si fece più vicina, con la speranza di poter trovare qualcosa da rubare mentre l’ignaro tributo dormiva.
Con stupore si rese conto che la figura addormentata altri non era che Gale. Sul bel volto illuminato dalla luna si vedevano i segni della giornata faticosa. Le membra erano irrigidite: forse aveva freddo.
Madge continuava a  guardarlo dormire, incantata, ma all’improvviso Gale si mosse.
Spaventata, subito Madge si ritirò indietro. Si sarebbe svegliato? Che le avrebbe fatto? L’avrebbe uccisa?
Ma in realtà Gale era ancora addormentato.
Così la ragazza si fece coraggio e gli chiuse il giaccone tirando su la lampo. Così avrebbe auto meno freddo.
Notò che aveva in mano una borraccia, vuota.
Gliela prese dalle mani e la riempì con l’acqua del lago, per poi rimettergliela fra le dita. Con un ramoscello segnò sul terreno la direzione in cui si trovava l’acqua e silenziosamente si allontanò.
Continuò a camminare per tutta la notte, scuotendo la testa al pensiero di quello che aveva fatto. La sua devozione a Gale superava tutto. Anche gli Hunger Games.

***
Quando Gale si risvegliò, il mattino dopo, aveva le membra intirizzite dal freddo.
Fece per chiudere il giaccone, ma notò che era già chiuso. “Strano- pensò – Non ricordo di averlo fatto.”
Cercò di alzarsi, e vide che tra le mani reggeva ancora la borraccia. Solo che ora era piena d’acqua.
“Che cosa sta succedendo?”-pensò.
Si guardò attorno, e vide che qualcuno aveva disegnato una freccia sul terreno.
Seguì la direzione indicata e trovò uno stagno.
Era stato vicino all’acqua per tutto quel tempo e non se n’era accorto.
Ma chi aveva fatto tutto questo per lui?
Dall’altra parte del lago, scorse una testa di capelli biondi che si allontanava.


  
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