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Autore: grantivre    20/08/2013    9 recensioni
Victoria è un'adolescente quasi del tutto normale, un po' come tutti gli altri. Una sera, però, si trova catapultata in un altro mondo dopo aver accompagnato la sua migliore- si fa per dire -amica ad una festa piuttosto strana e inquietante.
Tormentata da alcune incognite del suo passato, riuscirà a sapere di più su di lei? Su chi sia davvero? Su chi siano tutte le persone che ha conosciuto e con cui ha legato fino ad allora?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Quarto.
 Aracnofobici e promesse alquanto minacciose.


«Credo di aver visto un pipistrello.» Dichiarò Victoria guardando curiosa il soffitto, ormai privo di stalattiti, e tremando impercettibilmente. Non che i pipistrelli la spaventassero, sia chiaro, perché li trovava anche abbastanza carini, ma quel tunnel sotterraneo era terribilmente gelido mentre fuori faceva parecchio caldo per essere una serata d’Aprile.
Forse era sembrato caldo solamente a lei perché stava correndo a perdifiato arrancando dietro a Daniel.
Daniel.
Certo che è un tipo strano. Aveva pensato seguendolo per il corridoio di pietra.
Ogni tanto lui si fermava per raccontarle qualche aneddoto legato alle pareti rocciose, costellate ad intervalli irregolari da pitture o incisioni, sempre con un ghigno saccente e insopportabile sulle labbra. Ma non era né antipatico né freddo, semplicemente si limitava a piccole conversazioni che non comprendevano tutto quello che era successo quella sera o i Guardiani.
Victoria voleva sapere di più, ma il moro le aveva detto di pazientare e che quello non era di certo il luogo adatto per svelarle quella che probabilmente sarebbe stata la cosa più sconvolgente della sua vita.
«E’ normale trovarne qua sotto, mi stupirei del contrario.» Rispose lui, illuminando il soffitto con la sua fiamma colorata. «Paura?»
Le sembrò che Daniel stesse soffocando con scarsissimi risultati una risata e girandosi verso di lui ne ebbe la conferma, così gli diede una gomitata bella forte.
«Ahi, la costola.» Si lamentò lui facendole una smorfia e massaggiandosi la povera parte lesa.
«Non ho paura. E non ti ho fatto niente, sono una povera ragazza innocua, ricordi?» Gli rispose alzando gli occhi al soffitto, accentuando le ultime parole, parole che Daniel aveva usato prima per descriverla chiedendosi come mai due Esiliati non identificati non avessero avuto la meglio su una ragazza inoffensiva come lei.
Il moro rise e alzò le mani in segno di resa, e Victoria si rese conto che la sua risata le piaceva, così bassa ma chiara allo stesso tempo.
«D’accordo, forse non sei così innocua. Non vorrei far arrabbiare Sua Maestà dato che la prospettiva di diventare un arrosto di Guardiano non mi alletta.»
«A proposito di Guardiani..» Provò la ragazza, ma un’occhiataccia del ragazzo la portò ad arrendersi. «Non è il momento, d’accordo. Ho capito.»
Dopo qualche minuto passato in silenzio ad osservare le stalattiti minacciose e le pareti ruvide, Victoria scorse qualcosa che brulicava sul pavimento non più coperto di ossa e si chinò ad osservarlo.
«Cosa fai?» Chiese Daniel voltandosi e alzando un sopracciglio.
Victoria roteò gli occhi: non solo aveva gli occhi chiari, ma sapeva anche alzare un sopracciglio, cose che madre natura le aveva negato e che voleva disperatamente.
Il ragazzo le si avvicinò e poi si ritrasse celermente, come se avesse accostato un dito ad una pentola bollente.
«E’-E’ u-un ra-ragno?» Balbettò appoggiando le mani alla parete dietro di lui.
La ragazza spostò più volte lo sguardo dal ragno, non più grande del suo palmo, a Daniel, e poi scoppiò a ridere, tenendosi una mano sulla pancia.
«Tu hai davvero paura dei ragni?» Disse tra una risata e l’altra, asciugandosi le lacrime. «Tutte le tue chiacchere sul coraggio, e poi indietreggi davanti a un povero ragno?»
«Non si può non avere paura di qualcosa.» Borbottò lui riprendendosi ma tenendosi sempre a debita distanza dall’aracnide, a cui lanciò un’occhiata diffidente. «E non è povero. E’ pericoloso.»
Victoria dovette sforzarsi parecchio per non scoppiare di nuovo a ridere mentre tendeva il palmo verso l’animale, il quale vi si arrampicò.
«Sei pazza?» Il moro strabuzzò gli occhi e si inchiodò di nuovo alla parete. «Potrebbe essere velenoso.»
«Velenoso? Per favore. Ce n’erano tantissimi, quando andavamo in campagna..» Si bloccò, mentre la sua mente veniva travolta da una montagna di ricordi, o meglio, brandelli di ricordi.
Una donna dai capelli scuri e dagli occhi verdi e sorridenti che la spronava a correre verso di lei su un prato verde, mentre un uomo dai capelli color sabbia e gli occhi neri spingeva un bambino con gli stessi suoi capelli su un’altalena.
Una donna anziana che le sorrideva farcendo dei panini, cercando di impedirle di sgraffignare gli affettati destinati al ripieno.
La melodia di una canzone intonata da cinque persone, e subito dopo uno schianto, e i sedili che si ribaltavano, e lei e la nonna che riuscivano a saltare giù, e la macchina che si schiantava giù per la scogliera e si accartocciava.
Si era ripromessa di non pensare più a quella giornata, ai visi dei suoi genitori che cantavano allegri un attimo prima della fine, al bambino senza volto.
Ecco, il fatto curioso era che il bambino che era con loro non aveva volto, e quando aveva tentato di chiedere a sua nonna chi fosse, lei aveva risposto che non c’era nessun altro bambino lì con loro.
Non poteva esserselo immaginato, ne era sicura, perché aveva ricordi vividi del bambino ovunque, ma per quanto si sforzasse di ricordarne il volto non ci riusciva.
Daniel si era accorto dell’espressione vuota e triste della ragazza e le si era avvicinato, nonostante il ragno, e le aveva poggiato una mano sulla spalla.
«Tutto bene?»
Victoria ricacciò le lacrime e tentò di sorridere. «Tutto bene.»
Il moro fece per aprire bocca, ma il ragno decise di essersi stufato del palmo della ragazza e tentò un approccio alla maglietta del povero aracnofobico che cercò di scrollarselo di dosso facendo però spegnere la fiammella che aveva in mano e lasciandoli completamente al buio.
Il ragazzo emise un gemito mentre l’aracnide gli si arrampicava sul braccio, dimenandosi qua e là e andando a finire direttamente su Victoria, buttandola per terra.
Si trovarono naso a naso, l’uno ansimando per la paura e l’altra con una smorfia di dolore dipinta sul viso.
«Di solito, nei film, è la ragazza che si spaventa e finisce addosso al ragazzo, senza schiacciarlo.» Soffiò quest’ultima.
Daniel ragionò un momento come risponderle e pensò che Dantes avrebbe detto qualcosa come ‘Parecchie ragazze darebbero tutto pur di stare in questa posizione con me’ enfatizzando sul ‘darebbero’ ma lui non era così diretto e incline ai doppi sensi come l’amico.
«Ho sentito parlare dei film, ma non ne ho mai visto uno. Ti sto davvero schiacciando?»
Subito dopo aver finito di parlare si diede dell’idiota e fu preso dall’infrenabile tentazione di sbattere la testa contro il muro più volte.
Forse non la testa, ma qualcun altro.. Disse una vocina nella sua mente, alla quale lui rispose dandosi ancora di più dell’idiota.
«Te ne consiglierei qualcuno, ma non credo che a Guardianolandia abbiate dei televisori. Comunque, abbastanza.»
«Scusa.»
Dopo un po’ di tempo passato a guardarsi- Secondi? Minuti? Né Victoria né Daniel lo sapevano- il ragazzo decise che era ora di alzarsi e di accendere un’altra fiamma, così porse la mano libera alla ragazza, tirandola su delicatamente.
«Fa male?» Chiese con aria colpevole mentre la ragazza si piegava in due poggiando le mani sulla base della schiena.
«E’ sopportabile.» Rispose lei facendo una smorfia e inarcando un attimo la schiena per stiracchiarla. Dopodiché si girò verso di lui e lo guardò negli occhi. «Hai gli occhi cangianti, o sbaglio e sono diventata daltonica?»
Daniel le sorrise a trentadue denti e si mise la mano libera in tasca. «Già. A volte sono azzurri, a volte verdi, raramente grigi. Dipende.»
«E’ ingiusto.» Dichiarò Victoria. «Sai alzare il sopracciglio, hai gli occhi chiari e pure cangianti. E’ ingiusto.»
«Perché mai?» Chiese il moro senza abbandonare il sorriso e inclinando leggermente la testa.
«Perché c’è a chi tutto e a chi niente. Io non so alzare il sopracciglio e ho gli occhi color escremento. Forse sono anche loro cangianti: variano dall’escremento di mucca alla diarrea di cane.»
«Gli Esiliati avevano ragione su una cosa, sai?» Daniel scosse la testa sorridendo ancora di più all’espressione stupita della mora. «A volte vaneggi.»
Victoria fece per parlare, ma il ragazzo la bloccò. «Comunque, gli occhi chiari sono sopravvalutati. E, se posso permettermi, i tuoi occhi mi ricordano il cioccolato, non delle feci» Continuò sottolineando l’ultima parola con una smorfia.
La ragazza fece per ribattere ancora, quando intravide degli scalini di pietra a pochi metri da loro.
«Siamo arrivati?»
«Già, qua sopra ci sono le catacombe. Se sei claustrofobica, è il momento giusto per dirmelo.»
«C’è qualche via alternativa?»
«No.»
«Bene, tanto vale continuare. Se sverrò mi avrai sulla coscienza.» Borbottò la ragazza a testa alta avvicinandosi a passo di marcia verso le scale, lasciandosi dietro un Daniel divertito.


Dantes boccheggiò mentre gli occhi di Nicole decisero di voler sfidare Giove in dimensione e circonferenza.
«Hai fuso l’anima della Creatura con la tua? Ma è proibito!» Esordì quest’ultima, senza  riuscire a non far passare lo sguardo dalla Creatura alla vampira.
Tale processo, chiamato appunto Fusione, era stato spesso usato dai generali degli Insorti durante la Grande Guerra: fondevano la loro anima con quella di qualcun altro o di qualcos’altro messo al sicuro e poi partivano per la guerra risultando invincibili. Per ucciderli, infatti, bisognava ammazzare entrambi nel giro di pochi minuti, tempo necessario per rigenerarsi.
Tuttavia, questo metodo creava non pochi inconvenienti perché l’anima portava con sé anche personalità e abitudini; difatti c’erano stati casi di uomini che abbaiavano, sputafuoco o  persino non capaci di parlare ma soltanto di cinguettare.
E, soprattutto, spesso si perdeva l’immortalità.
«Come se mi importasse delle vostre stupide regole. E Balere e io abbiamo un’intesa vincente, dico bene?»  La pseudo-pantera parve rispondere alla compagna con un ruggito che fece tremare impercettibilmente Nicole e deglutire preoccupato Dantes.
«Bando alle ciance. Che dici, è troppo tardi per la cena, Balere?» La risata quasi isterica della vampira echeggiò nella notte stranamente silenziosa, mentre Balere si leccava il muso in un modo che non faceva presagire nulla di buono.
Dantes ebbe giusto il tempo di imprecare e Nicole di sfoderare il coltello, prima che le due si scagliassero addosso a loro.
Il ragazzo schivò agilmente la pantera e riuscì ad assestarle un colpo abbastanza buono nel fianco, mentre Nicole aveva intrapreso una danza mortale con la vampira, che combatteva con una frusta nera come gli occhi della sua compagna di anima.
La ragazza balzò su un comignolo per sfuggire al nerbo dell’altra, trovandosi in netto svantaggio per colpa della necessità di vicinanza richiesta dal combattimento col coltello.
Non riusciva neanche a vedere come se la stesse cavando suo fratello data l’incredibile velocità con la quale doveva balzare da un posto all’altro per evitare un colpo dello scudiscio letale.
Proprio mentre saltava, però, la vampira la colpì sul braccio facendole cadere il coltello dalla mano, dopodiché cadde in ginocchio tenendosi una mano sul braccio pulsante e dolorante, cercando di sopportare il dolore stoicamente a denti stretti.
«Questo coraggio non ti servirà nella tomba, dolcezza.» Disse melliflua la bionda, avvicinandosi lentamente. «Come non è servito al tuo fratellino, laggiù. Balere lo sta divorando.»
La rossa-momentanea si impose di non girarsi e di convincersi che a Dantes non fosse successo niente, così continuò a fissare la vampira negli occhi digrignando i denti.
«Che c’è? La pantera ti ha mangiato la lingua?» Era a tre metri da lei. Due. Un metro solo. Si accucciò per arrivare alla sua altezza. «Guardiani. Siete così facili da uccidere.»
Tirò fuori uno spillone terribilmente appuntito dalla tasca della giacca e sorrise girandoselo fra le dita.
«Vorrei poterti dire che non sentirai nulla, ma non è così.»
Fece per infilzarla, ma un grido disperato squarciò il silenzio carico di attesa, facendo distrarre la vampira e dando a Nicole un’occasione unica: prese uno dei suoi altri coltelli dall’interno della giacca e trafisse la bionda dritta nel cuore, dopodiché si girò di scatto e lo lanciò dritto nel fianco della belva che sovrastava Dantes, trapassandola da parte a parte.
Dopo qualche momento, il ragazzo si alzò e corse da lei, circondandola in un abbraccio strettissimo, disperato, caldo e affettuoso, seppellendo la faccia nei capelli rosso ciliegia della ragazza.
«Temevo che saresti morta.»
La ragazza alzò il viso verso quello del fratello, trattenendo a stento le lacrime di sollievo.
«Era tuo quel grido?»
Dantes annuì passando le dita sul viso di Nicole, partendo dalla fronte, accarezzando gli zigomi e le guance per poi tracciare il contorno della bocca e sfiorare le labbra.
«Mi hai salvato la vita, Dantes.»
«Credo di aver salvato anche la mia, di vita. Se fossi anche riuscito a sopravvivere a quelle due, non sarei mai riuscito a vivere senza di te. Non mi sarei mai riuscito a perdonarmi il fatto di non essere riuscito a salvarti. Mai.»
Il biondo chiuse gli occhi e sospirò, così Nicole decise di rischiare il tutto per tutto mettendogli le braccia dietro al collo e appoggiando le labbra alle sue.
Dapprima Dantes, sorpreso, si limitò a ricambiare il bacio lentamente senza riuscire a muoversi, ma subito dopo le afferrò i fianchi e la baciò con passione e trasporto.
Era così sollevato che Nicole avesse fatto il primo vero passo, perché lui non credeva di esserne capace. Ogni tanto cercava di avvicinarsi a lei, ma gli rimbombava in testa la voce del padre che si diceva orgoglioso di avere dei figli come loro, che pur non avendo un vero e proprio legame di sangue erano più uniti dei fratelli carnali. O quella della madre che si lamentava dei figli di un’ amica, scappati per vivere insieme, chiedendosi cosa avesse fatto di male la povera Claire per meritarsi tale discendenza depravata.
Entrambi sapevano già da più di un anno dei loro reciproci sentimenti, ma nessuno dei due era riuscito a fare il primo passo, come Daniel aveva consigliato ad entrambi, fino a quella notte.
«Temevo che non l’avresti mai fatto.» Disse Dantes quando si staccarono, poggiando la fronte a quella di Nicole.
«Non dovrebbero essere i ragazzi a fare il primo passo?» Rispose quest’ultima inclinando la testa, sorridendo al largo sorriso del fratellastro.
«Forse, ma sei tu la più coraggiosa tra i due, almeno in questioni come questa.» La baciò un’ultima volta e poi le cinse le spalle con un braccio. «Forza, dobbiamo raggiungere Daniel.»
Nicole si voltò, ma desiderò non averlo mai fatto: i corpi della pantera e della vampira erano scomparsi, lasciando il posto a un’enorme scritta rosso sangue.
«Qualcosa mi dice che non significa ‘Congratulazioni’.» Mormorò Dantes.
La ragazza si voltò verso di lui scuotendo la testa. «E’ latino. Significa ‘Tornerò’.»


Saaaalve belli.
Come va? Sto scrivendo questo ‘angolino’ in vacanza, senza internet, quindi non posso dire di essere tornata dalle mie tre settimane in Calabria, ma se state leggendo queste parole vuol dire che sono già a casa (o che è successo un miracolo e ho trovato un modo per collegarmi).
Sto scrivendo tantissimi capitoli, non vi libererete facilmente di me.
Sto vaneggiando, come Victoria. (E’ il mio alter-ego più fortunato e bello, siamo quasi del tutto uguali a parte questo.)
Che ne dite? Ho introdotto una nuova coppia- vi prego, shippatela con me.
DICOLE, DICOLE, DICOLE!- O è meglio Nantes? Mhn.
Non sono molto incline al romanticismo da diabete, ma Dantes lo è un pochino, per cui perdonatemi il ‘Non avrei potuto vivere senza di te’ e compagnia se è stato troppo.
Li shippo da morire, e la me fangirl ucciderà la me autrice se succederà mai qualcosa a questi due.
Una cosa è certa: non sarà tutto rose e fiori per loro, temo.
Ecco, già mi voglio uccidere.
Sto vaneggiando di nuovo.
Il finale è inquietante, lo so, ma la vampira è vendicativa. Piccola anticipazione: si chiama Helene.
Che altro posso dire? Ah, sì.
SI ACCETTANO SCOMMESSE PER LE SHIP.
Anche se ho in mente qualcosa che nessuno di voi riuscirà a prevedere, dato che implica nuovi personaggi. Altra piccola anticipazione: ci saranno una Daphne e un mago, prima o poi.
…Credo di essere arrivata alla fine, ma devo fare i ringraziamenti una volta per tutte.
Grazie a tutti quelli che hanno la pazienza di recensire, mettere tra le seguite o le preferite la mia storia. Lo apprezzo tantissimo.
Grazie anche a chi legge silenziosamente.
Grazie a tutte le donzelle del fake di FLW (Comunque, vi consiglio di leggere la fanfiction, ché è un capolavoro sulla New di Harry Potter), che anche se non c’entrano molto con la mia storia, mi sento in dovere di ringraziare per avermi sopportato.
E grazie a Erika, che mi fa da supporto per la storia e mi dà una mano con i nomi e i prestavolto e, soprattutto, mi patisce.
Grazie per esserci, Eri.
So, è arrivata la fine del chilometrico ‘angol(in)o’.
Adiosss, al prossimo capitolo.
-Mockinghunter
  
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