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Autore: ely_trev    20/08/2013    2 recensioni
[Hélène e i suoi amici]
Avviso subito che la storia sarà comprensibile anche a chi non conosce questo telefilm che Mediaset ha improvvisamente sospeso per non si sa quale motivo ormai più di dieci anni fa. Quest'estate, girovagando su internet, ho scoperto che ne sono stati fatti ben tre seguiti (l'ultimo dei quali, per giunta, in patria, ancora in programmazione a distanza di 20 anni dall'inizio della serie) mai arrivati in Italia; dopo essermi informata a grandi linee sullo svolgimento della storia, ho deciso di riprenderla dal punto di vista di uno dei miei protagonisti preferiti - Christian - provando a portare avanti un mio personalissimo "e se...?".
E se il suo amore verso la fidanzata storica non fosse mai svanito?
E se quell'inaspettato ritorno avesse risvegliato tutti i suoi sentimenti?
E se si fosse reso conto di non essere innamorato della sua attuale fidanzata?
Alcuni personaggi sono stravolti rispetto all'ambientazione originaria, altri (che non conosco bene, non avendo avuto modo di vedere il telefilm tradotto) sono stati eliminati per semplificarmi un po' la vita (anche perché i protagonisti della mia storia sono Johanna e Christian).
Per chi non ha conosciuto la serie, prenda il mio racconto come un originale. Buona lettura!
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Venga, mi segua”.
Il medico pronunciò quelle parole in inglese, ma, questa volta, Christian riuscì a capire.
Che succede?” disse, seguendolo timoroso. “Come stanno? Johanna… Come sta Johanna? E la bambina? Ditemi qualcosa, per l’amor del cielo!”.
Cerchi di calmarsi, Mr. Roqueir. La signora è ancora in camera operatoria, l’intervento si presentava complesso e delicato e non è ancora terminato. Ci sono state complicazioni, una perdita di sangue non prevista, che però, per adesso, è stata arrestata” rispose il medico sconosciuto, mentre Kate aiutava Christian ed Hélène a capire.
Per ora, tutto sta procedendo per il meglio, cerchi di non agitarsi” continuò il dottore “Certo, la posizione in cui si trovava il tumore ed il suo abbondante sviluppo lo rendono particolarmente difficile da asportare senza rischiare di dover recidere qualche nervo importante, cosa che il chirurgo sta cercando di evitare con tutte le proprie forze. Ma questo lo sapevate già, sia lei che la signora”.
Lo sapevano, sì. Ed erano spaventati a morte. La grande forza impiegata da Johanna per far in modo che la loro bambina potesse avere delle possibilità le aveva creato non pochi rischi: non solo quello che i sintomi insorti potessero non regredire, diventando cronici, ma anche quello che, durante l’intervento, per asportare il tumore aggrovigliato tra i nervi, i medici avrebbero potuto trovarsi nell’impossibilità di evitare di renderla invalida. Non nascosero, infatti, che, forse, sarebbero stati costretti a recidere qualche nervo relativo alla vista, all’udito o alla lingua… La situazione era complessa. Decisamente complessa.
Ma, nel frattempo…” riprese il medico, mentre continuava a camminare, seguito da Christian, da Hélène e da Kate “…penso che le possa far piacere conoscere una persona” affermò con sicurezza, indicando una minuscola creatura dentro un’incubatrice.
Erano giunti al reparto di terapia intensiva neonatale.
Christian si voltò lentamente e smise di respirare per un lungo istante.
Mia… mia figlia?” chiese, mentre le lacrime cominciarono ad uscire prima che lui potesse accorgersene. Lacrime di gioia, questa volta. Fino a due giorni prima era un uomo solo, in attesa del nulla, oggi era diventato papà. E non gli sembrava vero. Improvvisamente, vide spalancarsi davanti a sé le porte di un meraviglioso futuro. Perché doveva esserci un futuro. Per tutti e tre. Insieme.
E… come sta?” domandò preoccupato.
La osservò per un lungo attimo, in attesa della risposta del medico: la sua bambina era piccola, lunga neanche come due palmi di mano. E vederla sotto quel vetro, piena di fili e tubi che monitoravano e aiutavano le sue funzioni vitali, gli fece stringere il cuore. Ma sapeva che avrebbe combattuto con tutte le sue forze. Sentiva che ce l’avrebbe fatta.
Considerate tutte le circostanze, sta abbastanza bene” gli confermò il medico. “Ma vi presento la dott.ssa Sullivan, lei vi spiegherà tutto”.
Piacere di conoscervi” disse la dottoressa, stringendo la mano di tutti e tre.
Parlava in francese, evidentemente aveva immaginato che Christian potesse avere qualche problema di comprensione. Era gentile, molto. Probabilmente, il suo modo affabile serviva anche tranquillizzare i genitori in ansia. Come lui. Oddio, era un genitore! Faceva ancora fatica ad identificarsi come tale. Vent’anni prima era scappato dall’eventualità di poter aver un figlio, oggi si era abituato all’idea in due soli giorni. Ma che diceva? Sentiva di essersi innamorato di sua figlia nell’attimo esatto in cui l’aveva sentita muoversi all’interno del ventre di Johanna. Gli occhi gli bruciavano, ma, anche se era molto stanco, il suo non era sonno: erano quelle lacrime che tornavano a salire prepotentemente, facendolo sembrare debole e pauroso. Ma erano lacrime di gioia. Non amava esternare i propri sentimenti, neanche quelli positivi. Lo faceva solo davanti a Johanna e, solo raramente, davanti ai suoi amici. Ed ora questa dottoressa sconosciuta, che lo aveva fatto avvicinare all’incubatrice, facendogli inserire le mani in due fessure che gli avrebbero permesso di accarezzare per la prima volta la sua creatura, lo stava vedendo piangere come se fosse un bambino. Quello scricciolo di neanche 35 centimetri per un chilo e duecento grammi di peso lo stava facendo vacillare per l’emozione. Era… impressionante… Era minuscola. Perfino il pannolino che le avevano messo sembrava inghiottirsi metà del suo corpo. Però era anche… perfetta nelle sue fattezze. Aveva dita lunghe e sottili ed una pelle rosa acceso, morbida come il velluto. Aveva quasi paura a sfiorarla con quelle mani così grandi rispetto al suo corpo, ma, allo stesso tempo, anche se sapeva che per la sua piccola era utile restare sotto quel vetro, lo rattristava il fatto di non poterla prendere in braccio e stringerla a sé. La dottoressa assecondò questo primo contatto tra padre e figlia con un lungo momento di silenzio. Si vedeva che era abituata a trattare con genitori in ansia.
Sta bene” disse, poi, all’improvviso, con un sorriso che voleva essere rassicurante. “Considerato quello che ha passato… sta bene. La sua crescita si è rallentata un po’, ma solo nelle ultime settimane, quindi è sottopeso, ma non eccessivamente. I suoi organi sono formati, ma devono imparare a funzionare autonomamente. Ci vorrà un po’ di pazienza, ma tutto tornerà a posto”.
È vero, dottoressa? Non avrà problemi?” chiese Christian, ansioso.
No, non avrà problemi. E, per quanto sia molto simpatica, faremo di tutto perché non ci faccia troppa compagnia” scherzò la dottoressa.
Christian sorrise a quella battuta, si sentiva rasserenato dalle parole del medico. Finalmente una bella notizia in quella lunga giornata, che sembrava non finire più! La dottoressa si era allontanata ed anche Kate ed Hélène avevano fatto ritorno alla sala d’attesa di fronte la camera operatoria, lasciandolo lasciato solo, a godersi il primo attimo vissuto insieme alla sua bambina. Era giusto così, se lo meritava quel momento di felicità, dopo tanta sofferenza. Christian sfiorò la manina della piccola con il suo dito e restò incantato a guardarla per dei minuti interi. Era incapace di volgere lo sguardo altrove. Era impossibile essere più felice di così. O forse sì. Sarebbe stato più felice solo se avesse diviso con Johanna quel momento fantastico. Johanna. Per un attimo non ci aveva più pensato, sua figlia aveva catturato tutta la sua attenzione. Alzò lo sguardo verso l’orologio rotondo attaccato alla parete: segnava le nove in punto. Johanna era in sala operatoria da quasi dodici ore e lui, senza accorgersene, aveva trascorso con la piccola più di tre ore. Che fine avevano fatto Kate ed Hélène? E cosa era successo a Johanna? Non sapeva se restare lì, in contemplazione di quella meraviglia della natura, o andare ad informarsi su quello che poteva essere successo durante la sua assenza. Non doveva allontanarsi, gliel’aveva promesso. Ma forse Johanna lo avrebbe perdonato se aveva deciso di trascorrere del tempo con la loro bambina. Perché era quello che voleva, quello che gli aveva chiesto di fare. Ma la bambina, in quel momento, stava bene; ora doveva capire come stava la mamma.
Amore mio, tesoro… Non puoi neanche immaginarti quanto mi hai reso felice e quanto ti voglio bene. Resterei con te, a guardarti dormire, fino alla fine dei miei giorni” sussurrò con gli occhi dolci verso la bambina. “Ma anche la mamma ha bisogno di me. Non ti arrabbi se vado a vedere come sta, vero?” continuò, alzandosi dalla sedia sulla quale si era seduto. “Oddio, ma come faccio a lasciarti? Non ci riesco!” esclamò subito dopo, ritornando sui suoi passi. “Non pensavo si potesse provare tanto bene! Ti adoro! Sei la mia vita! Ma, dimmi un po’: devo andare a vedere anche come sta la mamma. Come faccio a dividermi, tesoro? Come faccio?” si domandò, incerto, fin quando una voce alle sue spalle lo chiamò. Era Hélène che chiedeva di seguirla; l’operazione su Johanna era giunta al termine.

   
 
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