Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |       
Autore: simplythem    21/08/2013    2 recensioni
Harry sapeva perché pensava così, cos'era che lo aveva spinto a considerare le donne intoccabili, frammenti angelici.
Era un passato che voleva dimenticare ma che faceva breccia nella sua mente ogni volta che si vedeva gli occhi, ogni volta che Anne lo guardava triste e malinconica.
"Harry cominciò a piangere forte soffocando la testa contro il suo petto, aspirando il suo profumo. Emanava calore e conforto quel petto, sentiva la mano di Louis accarezzargli i capelli.
Liberò la sua mente attraverso le lacrime, stringeva la sua felpa tra i pugni. Il tessuto morbido lo confortava mentre singhiozzava. Voleva solo essere amato, amato veramente.
Avrebbe voluto aiutare sua madre quando ce n'era bisogno, lo voleva fare tutt'ora.
Voleva scacciare i fantasmi del passato dalla sua mente."
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Benvenuti a tutti nella mia nuova fan fiction.
Premetto prima di tutto e vorrei ringraziare memiina, senza il suo aiuto la trama non sarebbe stata così ricca e concentrata.
Ringrazio tutti voi in anticipo per le letture e le recensioni, che mi farebbe molto piacere leggere e ricevere.
Per vedere soprattutto se la storia piace a interessa.
Detto questo, vi lascio alla lettura del primo capitolo. Ci ritroviamo infondo.

Il trailer della fan fiction:  

https://www.youtube.com/watch?v=WGjS0zIN20w



 

Capitolo uno

 

L'acqua della doccia gli scorreva addosso svegliandolo completamente da quella notte quasi insonne. Si strusciava le mani sul corpo lavandosi e profumandosi con il bagnoschiuma preferito, una marca da uomo che sapeva di menta. Lavatosi anche i capelli, uscì dalla cabina trascinando lateralmente i vetri e si avvolse in un accappatoio che gli stava corto, ma bastava che gli asciugasse almeno un po' il corpo.

Andò in camera strascicando le ciabatte, il sonno cominciava a tornare. Si passò un asciugamano tra i capelli piazzandosi davanti allo specchio.

I riccioli castani gli ricadevano sulla fronte disordinatamente e gli occhi verdi risaltavano sul suo volto. Si guardava il corpo, non ancora interamente da uomo ma dall'anno scorso aveva perso la fisonomia da bambino, un po' grazie alla palestra che aveva frequentato. Quest'anno decise di affrontare uno sport, correre su un tapisroulant lo faceva sentire un criceto.

Sorrise a quel pensiero, scoprì i denti candidi sotto le sue labbra rosacee.

Si toccò le guance in cerca di barba, ma non aveva neanche un po' di peluria.

Si tolse quell'indumento pesante e si accertò di avere le tende tirate sul vetro, per non offrire uno spettacolo di quel corpo nè di un uomo nè di un bambino ai vicini. Si guardò la riga scura che congiungeva il suo ombellico al bordo dei boxer neri. L'elastico nascondeva il continuo di questa.

Sul letto dalle coperte blu, già rifatto, giaceva inanime l'uniforme scolastica. Si mise la camicia a maniche corte bianca e la crabatta blu. Si fece il nodo allacciandosela bene al collo e si mise i pantaloni lunghi grigi. Sapevano di pulito quegli abiti.

Per un attimo invidiò le ragazze che indossavano la gonna al posto dei pantaloni ma ricacciò il pensiero, almeno lui d' inverno non aveva da indossare le calze per proteggersi le gambe dal freddo. Si mise anche le scarpe nere.

-Harry vieni a fare colazione sennò fai tardi- lo chiamò la madre dal piano di sotto.

Scese velocemente le scale quasi trottando e si fiondò in cucina dove un profumo di uova al tegame e pane appena tostato gli invase le narici. Si sedette al tavolo troppo grande per due persone e mangiò insieme a sua madre.

-Ma guardati come sei cresciuto, già al secondo anno di superiori- gli disse lei guardando il figlio con occhi luccicanti. Harry alzò lo sguardo e vide le iridi della madre, troppo chiare per essere come le sue. Sapeva da chi aveva preso il colore degli occhi, ma era troppo impegnato a cancellare qualsiasi cosa gli ricordasse quella persona ripugnante.

Così come ogni volta che si guardava allo specchio e notava il colore dei suoi occhi si auto- offendeva e distoglieva lo sguardo concentradosi su qualsiasi altra parte del suo corpo. Odiava quel colore, quel verde chiaro che faceva innamorare molte ragazze.

Le uova di sua madre gli donavano sempre attimi di felicità, avevano un sapore unico. Si alzò e andrò a prendere lo zaino nero e prima di uscire di casa si fermò in salotto a salutare la madre.

-Già passate le vacanze eh?- gli domandò questa.

-Sì, da oggi si parte a studiare ancora- rispose lui, con la sua voce roca e bassa.

-Poi quando torni mi racconti com'è andata-

-Sicuramente-

Si sporse in avanti, abbassandosi leggermente, per baciare la fronte di sua madre.

L'unica donna che si permetteva di toccare.

Aveva molte ragazze che gli stavano dietro ed era ritenuto un ragazzo dal cuore gelido in quanto rifiutasse tutte, una dopo l'altra. Le vedeva correre via in lacrime e ogni volta che tornava a casa dopo un evento del genere restava ore al parco vicino a quell'edificio prendendo a pugni un albero finché le sue nocche non sanguinavano. Si leccava via quel liquido rosso prima di rientrare per non far preoccupare sua madre. Quando lei vedeva quelle ferite Harry le rispondeva dicendole che se le era fatte in palestra.

Si guardò le dita della mano destra, c'erano delle croste. Si era ferito due giorni prima, il giorno del rientro dal mare. Aveva spezzato il cuore a ben tre ragazze e finché la sua mano non grondò sangue non si fermò.

Alzò lo sguardo da terra solo quando la metropolitana si fermò davanti a lui, producendo un odore acre di gomma bruciata e consumata dalle continue frenate.

Come tutte le volte che saliva su un mezzo pubblico, lasciò scendere le persone e far salire tutte quelle accanto a lui. Pur di non toccare una ragazza o una donna, spintonarla o semplicemente sfiorarla, preferiva farle passare tutte e magari perdere la metropolitana.

Quella mattina riuscì ad entrare quasi subito, era molto presto. Si sedette tra due ragazzi. Uno di questi parlava allegramente con la fidanzata accanto a lui. Aveva degli occhi castani molto dolci.

Notò che una ragazza dai capelli rossi seduta di fronte a lui guardava la sua mano ferita, lui la ritrasse distogliendo lo sguardo.

Odiava anche questo, l'idea che si faceva di lui la persona che gli guardava le mani. Lui non era un teppista, anzi, cercava sempre di evitare risse e cose simili.

Lui non aveva il cuore gelido, lui non aveva paura delle ragazze. Né delle donne.

Lui le amava, le rispettava, le adorava.

Amava qualsiasi cosa di una donna: dai capelli ai piedi. Il modo di comportarsi, di parlare, il rossore sulle guance di quelle che gli si dichiaravano.

Le considerava creature sacre e pure.

Nessuno lo conosceva veramente quanto il suo migliore amico Niall, un ragazzo conosciuto quando aveva sette anni in un giardino. Il piccolo biondo era arrivato dall'Irlanda e non conosceva nessuno; Harry piangeva tutti i pomeriggio in quel giardino. Fu un attimo. Gli occhi verdi di Harry incontrarono quelli azzurri di Niall e da allora non si stancarono mai l'uno dell'altro.

Una voce metallica annunciò il nome della fermata in cui lui doveva scendere, scansò elegantemente una donna che entrò di corsa nel vagone e uscì all'aria aperta.

Il vento gli faceva ondeggiare i capelli umidi mentre camminava verso la scuola.

Le strade erano affollate di gente che correva per andare a lavoro o a scuola. Una miriade di persone in ritardo, un vortice di colori creato dalle uniformi di tutte le scuole di Londra.

Arrivò davanti al canello della sua di scuola, impassibile.

Le sbarre di ferro scuro che racchiudevano le mura in mattone blu dellla scuola erano aperte solo in un lato, al cancello. Dietro l'edificio dalle tegole nere e dal bordo delle finestre grigio chiaro c'era un grande giardino con il prato tipico inglese: erba corta e verdissima. La gli studenti cercavano una via d'uscita dalle ore pesanti di scuola, tavolta fumando.

Ad Harry non erano mai interessate quelle cose. Gente superficiale, senza un minimo di personalità. Persone di quinta che lo guardavano con aria di superiorità che lui non tollerava. Era diverso, lui non si sottometteva ai "grandi" della scuola. Sosteneva i loro sguardi, sorrideva loro per dispetto.

Non solo perché incantavano chiunque, quegli occhi verdi erano conosciuti a tutti in quella scuola perché non si facevano intimidire da nessuno.

Solo dalle ragazze.

Un braccio gli circondò le spalle facendo sussultare, era Niall.

-Ehi!- gli disse l'irlandese.

Harry gli sorrise, Niall era l'unico a sapere tutto di lui.

-Come stai?- gli chiese.

-Bene e tu?- rispose il biondo.

-Al solito-

Con Niall era sicuro di non sbagliare mai, erano troppo uguali e diversi per litigare.

Si raccontarono a vicenda delle ultime settimane estive, da entrambi passate al mare. Mentre Niall gli raccontava di una ragazza dolcissima conosciuta lì, un ragazzo di quinta urtò la spalla di Harry.

I loro occhi si incrociarono e, come il ricciolo si aspettava, erano quelli blu di Louis Tomlinson.

Tra loro era natà una rivalità subito dal primo incontro, avvenuto il primo giorno di scuola di prima superiore di Harry. Louis stava al quarto e si divertiva a spaventare i primini in mensa, così andò da Harry e lo urtò apposta facendolo barcollare con il vassoio in mano, che non cascò come il ragazzo dagli occhi blu si aspettava. Non si ricordò bene cosa gli disse in quel momento, ma da l'occhiata che si lanciarono Harry capì che a Louis la cosa non era andata ancora giù.

Messo in ridicolo da un primino, inconcepibile per la mente del ragazzo. Ma quest'anno era uno dei "grandi" e le cose sarebbero cambiate.

Ma non in quell'istante, così lo sorpassò e Harry si volse ancora ad ascoltare Niall.

Adorava l'accento irlandese del suo migliore amico, capiva perché molte ragazze venivano incantate da esso. Sapeva anche che era davvero un bel ragazzo: magro, slanciato, occhi così chiari da potersi confedere con il cielo e capelli biondi, tinti.

Non c'era femmina che non si girasse a guardarli quando quei due camminavano insieme, in qualsiasi luogo. Niall non ci faceva mai caso, Harry ogni tanto intercettava qualche sguardo subito distolto.

La campanella suonò gelida nel cuore di ognuno confermando quello che meno volevano, le vacanze estive erano ufficialmente concluse.

I due si separarono all'ingresso, Niall cominciava il terzo anno e continuò dritto per quel corridoio fino all'aula contrassegnata con un foglio con su scritto: 3D.

Harry invecè salì le scale fino al primo piano, lasciando passare quelli di quinta al secondo. Svoltò a destra, mentre camminava guardava tutti gli armadietti blu nel corridoio dalle mattonelle nere lucide. A metà, vicino alla sua aula, trovò il suo, lo aprì e ci mise alcune cose e poi entrò nella stanza chiamata anche 2A.

Si sedette in terza fila, accanto al suo amico. Questo arrivò sorridente di rivedere il suo compagno di banco, era un tipo moro dagli occhi ciccocolato. Harry si era seduto accanto a lui per caso ma da quel giorno erano diventati affiatatissimi.

Mentre aspettavano il professore tamburellò le dita sul banco bianco pulito, tutta quella pulizia sarebbe durata pochissimo. Durante le ore noiose si divertivano a giocare a filetto o ad imbrattare qualsiasi cosa fosse loro vicina. Compreso il banco di quello accanto.

Era così che si erano conosciuti il ricciolo e Gall, disegnandosi sul banco a vicenda.

L'ambiente era tetro, i banchi bianchi e i muri candidi emanavano una luce che, secondo alcuni, doveva calmare i ragazzi. Ma quel colore faceva tutt'altro. La lavagna nera era sempre sul lato sinistro dell'aula, alla destra del professore. La cattedra era di legno verde chiaro. Il tutto sapeva di aspro, di un detergente usato dalle custodi per ripulire ciò che lasciavano gli studenti a fine giornata. Non era raro che una di queste entrasse alla prima ora starnazzando e sgridando la classe per il sudicio lasciato la giornata prima, ma Harry in quei momenti, quasi per dispetto, cominciava a disegnare sul banco chiedendosi a quale scopo erano pagate.

-C'è il prof- gli disse Gall.

Si alzarono tutti in piedi, stusciando le gambe delle sedie sul pavimento.

Il professore, un tipo di trent'anni, basso e con pochi capelli entrò in aula. Matematica per le prime due ore di lunedì. La classe sperò in silenzio che l'orario sarebbe stato cambiato perché quelle due ore del primo giorno della settimana sarebbero state un suicidio.

Il professor Leenys fece le solite raccomandazioni e incitò gli alunni a non infastidire quelli di prima, Harry sbuffò pensando che quelle cose dovevano essere dette ai ragazzi di quinta e, in particolare, a Tomlinson.

Così quelle due ore passarono velocemente, a sorpresa di tutti. Nessuno aveva un libro o un quaderno di matematica e si misero a fare un breve ripasso delle cose studiate l'anno prima...studiate alle medie.

Quando la campanella suonò la ricreazione quasi tutti uscirono in giardino. Harry rimase all'interno dell'edificio a girare per i corridoi, salutando l'irlandese, e poi risalendo per dirigersi in bagno.

Quando ebbe finito, mancavano pochi minuti alla campanella. Svoltò a sinistra, abbassò la testa e ci passò le mani appena lavate sitemandosi i capelli e il ciuffo. Alzò lo sguardo e rientrò in classe, lasciando così dietro di sè almeno quattro ragazze con il cuore che batteva forte e le guance rosse.

Quelle altre due ore passarono come le prime, Gall e Harry disegnarono sui loro banchi rinnovandoli.

Arrivò l'ora di pranzo e aspettò che tutti corressero alla mensa, al piano terra. A lui non importava di arrivare tra i primi, fare a spintoni per prendersi una delle prime tre posizioni. A quale scopo?

Avevano un'ora e mezzo per mangiare, essere servito tre minuti dopo non gli aveva mai cambiato niente. Mentre sorpassava le porte antipanico della mensa una fanciulla di prima si fermò a guardarlo, posò gli occhi sul suo petto. A differenza di alcuni, la camicia dell'uniforme gli stava bene. Il bianco metteva in risalto i suoi muscoli, la sua tartaruga sullo stomaco.

Sfilò un vassoio blu dal carrello posto sulla destra. Cercò gli occhi blu ma non li vide, così si avviò per andare in coda. In quella massa uniforme di studenti che aspettavano che una ciotola con del cibo caldo gli fosse posta su quella tavola di plastica. Almeno la mensa di quella scuola aveva una cucina e un buon cuoco, così non avevano da lamentarsi.

Quasi arrivato dietro l'ultimo, i suoi occhi guizzarono all'entrata della mensa. Quando arrivavano i "grandi" tutti si scansavano per farli passare. Li riconoscevi: i ragazzi portavano l'uniforme scomposta, i bottoni delle camice aperti. Le ragazze tenevano la gonna molto più corta rispetto alla lunghezza voluta dall'etichetta scolastica, lasciavano un bel pezzo di coscia in mostra.

Fu un attimo.

Louis varcò la soglia seguito dai suoi amici. Individuò una primina sperduta lì vicino loro, una biondina. Anche quelli di prima si riconoscevano bene: i primi giorni i loro movimenti erano veloci, a scatti. I loro occhi erano impauriti e tremavano.

Ella non si accorse del ragazzo che le passava accanto, così lo sfiorò. Gli occhi di Louis la intercettarono e il suo braccio si mosse. Ma invece di colpire quello della ragazzina per farla barcollare, si fermò su quello di Harry.

Nella mensà calò il silenzio. Nessuno osava commentare o aprire bocca, avevano smesso di mangiare. Le forchette lasciate cadere sui vassoi o sospese in aria, impugnate da mani legate a braccia immobili.

I due ragazzi si guardarono.

Harry aveva difeso una primina e Louis era uno di quinta. Fermato da uno di seconda.

L'altra mano gli partì stretta a pugno, ma Harry parò il colpo con il vassoio. Incrinandolo.

La tensione in quel momento poteva essere tagliata con un coltello, fendendo l'aria. Louis non ci vide più dalla rabbia, prese il ricciolo per le spalle e lo lanciò contro il carrello dei vassoi puliti, l'impatto della schiena di Harry e il carrello produsse un rumore sordo, che rimbombò tra le pareti.

-Tomlinson e Styles richiamati dal preside- tuonò la voce di questo, appena entrato in mensa e vista la scena.

 


 

*lalla's space*

Dunque come premesso sono di nuovo qua. Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, vi aspetto al prossimo.

Grazie.

 

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: simplythem