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Autore: Aissela_    21/08/2013    1 recensioni
Jonathan Rider è un comune diciannovenne di Seattle che ama stare in compagnia degli amici e uscire con le belle ragazze il sabato sera. Ma appena i suoi genitori rimangono coinvolti in un incidente mortale, la vita di Jonathan cambia radicalmente. Viene affidato ad uno degli orfanotrofi più duri del Paese, non avendo più nessun parente ancora in vita. Jonathan si trova costretto a fuggire dalla città, a lasciare i suoi amici e a cambiare nome pur di non finire in orfanotrofio. Inizia così un viaggio verso Miami, una delle più grandi città dell'America, piena di misteri e verità con cui Jonathan dovrà fare i conti. E' proprio qui che scoprirà di non essere un ragazzo qualunque, e che alcune persone farebbero di tutto per arrivare a lui.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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11. I Potenti

Mi risvegliai di soprassalto quando un poliziotto tentò di aprire la porta della mia cella. Mi strofinai gli occhi e mi misi seduto sul materasso sporco, intento ad osservare l'uomo che trafficava con le chiavi nella serratura. Poi la porta si aprì, con un rumore cigolante e il poliziotto disse: "John, puoi uscire. Sono venuti a prenderti i tuoi genitori." Era di sicuro uno scherzo. O forse stavo sognando. Come era possibile che i miei genitori fossero venuti a prendermi se l'ultima volta che li avevo visti erano sepolti sotto terra? "Che cosa?" chiesi io stupito. Ma l'uomo non disse nulla. Si limitò a prendermi per un braccio e a trascinarmi fuori dalla cella. Una volta arrivati nell'atrio, il capo dei poliziotti, lo stesso che mi aveva interrogato la sera prima, mi fece un sorriso e mi disse: "Eh John, sapevo che non dovevo fidarmi di te. Perché non mi hai detto subito che avevi i genitori?" Poi mi diede una pacca sulla spalla, mentre l'altro poliziotto mi lasciava il braccio e uscì dalla stanza. "Ma io non ho..." feci per dire io. "Ne ho conosciuti tanti di ragazzi come te. Dicevano di non avere i genitori per paura di finire nei guai. Ma succede, sai? Alla vostra età è normale finire nei guai e passare una notte in gattabuia. I tuoi genitori non sembravano arrabbiati." mi disse lui, sempre sorridendo. Non riuscivo a capire cosa stava succedendo. Magari Mia e Vince avevano fatto finta di essere i miei genitori. "Firma qui, poi potrai uscire. Ti stanno aspettando qui fuori." mi disse il poliziotto. Firmai su tre fogli diversi, poi uscii dall'edificio. Trovai una grossa macchina nera parcheggiata lì davanti, una specie di pulmino. Ad un tratto uscirono due uomini, uno grosso e pelato e un altro più basso con i capelli lunghi. Mi presero per le braccia e per la maglietta e mi fecero entrare di corsa nella macchina. "Hey hey hey, che volete?" protestai io. Poi entrarono anche loro e misero in moto. "Ma che cazzo succede? Chi siete?" continuai a chiedere io. Seduta vicino a me, c'era una ragazza sui 25 anni, con i capelli rossi e gli occhi azzurri. Era vestita tutta di nero e succhiava un chupa-chups. Uno dei due uomini seduti davanti, quello pelato che guidava, finalmente parlò. "Ciao John. Io sono Dom, lui è Lorenzo e lei è Lexi." disse indicando gli altri due. "Abbiamo fatto finta di essere i tuoi genitori perché ci servi. Ti stavamo cercando, da anni ormai." continuò a dire. Io, visibilmente sconvolto, riuscii a dire: "Cosa? Perché mi cercavate? Che volete?" L'uomo con i capelli lunghi si girò a guardarmi e mi disse: "Davvero non sai di cosa stiamo parlando?" Io scossi la testa. Che cosa volevano? Avevano sicuramente sbagliato persona. Forse cercavano un altro John. D'altronde questo non era il mio vero nome. "Appena arriveremo capirai." disse la ragazza, che fino ad allora non aveva mai aperto bocca, se non per succhiare la caramella.

Passò circa un'ora prima che arrivammo ad una vecchia casa abbandonata nel bel mezzo del nulla. Ci trovavamo su una specie di montagna, circondati da abeti. Sebbene fossero circa le 11 del mattino, il cielo era spaventosamente scuro. Appena sceso dalla macchina, i due uomini mi ripresero per la maglietta e mi tirarono in casa. Una volta dentro mi gettarono violentemente per terra. Caddi in avanti, con un tonfo. Attutii la caduta con le mani, poi mi girai mettendomi a sedere. La casa era un'unica grande stanza. Da un lato c'era la cucina, da un'altro un piccolo divano e infine due letti matrimoniali, l'uno di fianco all'altro. C'era poi una piccola porta, probabilmente il bagno. L'uomo pelato, Dom, si avvicinò al frigorifero e prese una birra. La stappò con i denti, poi si piazzò davanti a me. Dovetti alzare la testa per vederlo in faccia. Era enorme. Gli altri due invece si erano seduti sul divano e mi fissavano. Dopo aver bevuto un sorso della sua birra, Dom disse: "Vuoi sapere perché ti abbiamo portato qui, John?" Annuii. Cominciavo ad agitarmi. Non mi piaceva quell'uomo. Diede un altro sorso alla birra e poi disse: "Bene. Noi sappiamo che tu non sei un ragazzo normale, tutt'altro. Hai dei poteri come noi." POTERI?! Okay, questi sono matti. "Ma di che diavolo parli?" chiesi io, aggrottando le sopracciglia. "Oh, andiamo John, sappiamo che tu sei il figlio di Tod Rider, il più grande Potente che sia mai esistito. Tutti ti stanno cercando." spiegò irritato Dom. Come facevano a sapere che mio padre era Tod Rider? E che diavolo è un Potente? "Vi giuro che non so di cosa stiate parlando. Cos'è un Potente? E perché mi cercano?" chiesi io, visibilmente allarmato. "Non sai neanche cosa sia un Potente? Spero che tu ci stia prendendo in giro, John. Tuo padre non ti ha mai detto niente su di noi? Non ti ha mai detto che cosa sei?" chiese Dom, con un briciolo di speranza nella voce. Feci di no con la testa, lui alzò gli occhi al cielo e disse: "Ti stanno cercando tutti perché tu sei l'unico della nostra specie ad essere metà umano e metà Potente. Tuo padre è uno di noi, ma tua madre no. Lei era umana. Astrea, la madre di tutti i Potenti, cacciò tuo padre dal nostro pianeta proprio perché lui era innamorato di una mortale. Astrea pensava che sarebbe sicuramente morto sulla Terra. Invece solo pochi giorni fa è venuta a sapere che Tod aveva un figlio, ovvero te. Perciò ha fatto uccidere i tuoi genitori. E ha ordinato a noi Potenti di cercarti, di portarti da lei." Rimasi a bocca aperta. Erano sicuramente tre fuori di testa, non c'era altra spiegazione. Mi alzai con uno scatto, scrollai la testa e dissi: "Okay, non mi va di giocare a questo stupido gioco per sfigati con voi, mi dispiace." Mi diressi verso la porta, ma qualcuno mi mise un braccio intorno al collo e mi strinse forte. Era Dom, che mi teneva stretto sul suo petto e mi sussurrava nell'orecchio. "Non è un gioco, John. Purtroppo per te questa è la verità. Tu hai dei poteri magnifici di cui ignori l'esistenza. Potresti addirittura bruciare tutta la Terra in un batter d'occhio, solo che non sai come. Per questo Astrea vuole ucciderti per rubarti i poteri. Lei saprebbe come usarli." mi disse, continuando a stringermi forte la gola. Respiravo a fatica, ma riuscii a dire: "Che cosa? Vuole uccidermi?" Dom mi tolse il braccio dal collo, mi prese per la maglietta e mi trascinò su una sedia, facendomi sedere con forza. "Dobbiamo aspettare che vengano a prenderci, per tornare sul nostro pianeta. Non appena troveremo un segnale, avviseremo Astrea." disse Dom, guardando gli altri due seduti ancora sul divano. Poi fece un cenno con la testa a Lorenzo, che si alzò e andò a prendere qualcosa dentro un cassetto. Poi mi si avvicinò e notai che era un rotolo molto grande di nastro adesivo nero. Mi spinse le mani dietro alla sedia e mi legò. Poi passò alle caviglie. "Voi siete pazzi, non potete legarmi!" protestai io. Non credevo sarebbe andata a finire in questo modo. Erano sicuramente tre persone malate, indipendenti dai giochi di fantascienza. Non poteva essere la realtà. No, era una cosa assurda. Ma mentre pensavo questo, Lexi alzò una mano, verso la televisione e come per magia il telecomando che era lì vicino si alzò e volò velocemente verso di lei. Gli cadde precisamente in mano. Non poteva essere vero. Spalancai gli occhi e quando Dom mi vide cominciò a ridere. Allora alzò anche lui la mano, ma questa volta verso di me. Vidi che la collanina con l'aquila d'oro di mio padre che tenevo al collo si alzò lentamente, si sfilò e andò a finire dritta nella mano di Dom. Rimasi a bocca aperta. Allora era tutto vero? Anche io potevo farlo? I miei genitori non erano morti per un'incidente stradale, ma erano stati uccisi volontariamente? Quindi mi avrebbero davvero ucciso, come mi avevano detto? No, doveva essere un sogno. Quella non era la realtà. Cercai di distogliere lo sguardo da Dom, ma non ci riuscii. Lui mi guardò sorridendo, uno di quei sorrisi malvagi e poi con tutta la tranquillità del mondo disse: "Allora? Adesso ci credi?"







Buonasera bellissimiii :') Finalmente siamo arrivati al pezzo forte della storia *-* John è un Potente, come suo padre, ma molto molto molto più importante di lui. Riuscirà a scappare da Dom e dai suoi amici? E Vince e Mia? Si accorgeranno della scomparsa di John? Presto pubblicherò il seguito, tranquilli :') Intanto voi recensite in tantiii *-*

Un giorno morirò davanti a queste foto *O*

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Questo invece è Dom, ovvero Vin Diesel :')

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Poi c'è Lexi, ovvero Rachel Nichols :')

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Ed infine Lorenzo, ovvero Colin Farrell :')

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