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Autore: Demone    22/08/2013    2 recensioni
Una storia basata sulla mia OTP preferita, coppia ideata da me e una mia amica.
DAL TESTO:
Lei prima esisteva, era qualcosa. Era un peccato. Si, era decisamente un peccato. Era desiderio, passione, potere. Piacere. Lei era il piacere. La sua mente non riusciva a dare altro nome a quel peccato se non lussuria. Lei era la lussuria. Quella che brucia gli uomini e li accompagna negli anni, riempiendo la mente di fantasia e ricordi. Lei era quella che toglieva ogni freno inibitore e lasciava libera solo la passione.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Regina degli Inferi fissava immobile di fronte a se. Una bacinella di oro puro con delle iscrizioni al lato era adagiata su un trespolo di duro ferro. Era piena di acqua e sembrava quasi illuminata dall'interno. Sul fondo infatti brillavano delle fiamme. I capelli rossi le arrivavano a metà schiena in dolci onde mentre gli occhi erano di un azzurro impressionante, lo stesso colore del paradiso, il luogo da cui veniva suo Padre, il suo creatore, mentre i capelli erano dello stesso colore del fuoco che le scorreva nelle vene.
L'acqua si increspò ed un attimo dopo la superficie divenne fredda e dura come il cristallo. Comparve un'immagine sola. Un uomo che si toglieva le braghe mentre nel letto due giovani donne lo spettavano. Sembravano impaurite. Ognuna di loro stringeva l'altra e tremavano mentre nei loro vestiti succinti si capiva l'umile origine di schiave. L'uomo le stava costringendo. Qualche lusinga e qualche minaccia ed ora quelle due donne – più che donne ragazzine- erano pronte ad andare a letto con lui, anche se ogni fibra del loro essere si rifiutava.
Un solo pensiero proveniva dall'uomo. Un solo peccato: lussuria. Lussuria pura. Il desiderio offuscava il rimorso per quello che stava per fare. Ogni pensiero era sostituito dalla sicureza di ciò che stava per accadere. Anche solo l'aspettare portava piacere.
Un sorriso maligno e desideroso al tempo stesso illuminò le labbra della Regina. Rimase immobile a guardare ciò che accadeva, senza muovere un dito per fermare l'uomo.
La sua mente aveva un pensiero solo. L'Inferno, il suo regno, era stato creato da poco e i demoni erano molto pochi. Una manciata, nulla più. Lui, il suo creatore, non sarebbe mai potuto tornare a casa con un esercito così misero e ben poco potente e lei voleva che il suo regno fosse forte e popolato. Voleva creare altre demoni.
Voleva altre figlie. Si, perchè lei era la madre di tutti i demoni. Era lei che li creava, li plasmava e li educava a sua immagine e somiglianza, che insegnava ad ubbidire e a servire. Era lei la padrona dell'inferno, la Regina, la Madre di ogni demone.
Ed ora quell'uomo era lì, pronto a farle creare altre demoni.
Aspettò, immobile, mentre con un dito seguiva la superficie del cristallo.
Eccolo, era quello il momento giusto, ora che l'atto era quasi compiuto, ora che contava solo la lussuria, il piacere, ora era il momento!
Il corpo dell'uomo si immobilizzò. Il cuore cessò di battere. Le membra si irrigidirono nell'ultimo gesto. Poi il corpo divenne fumo nero che scomparve. Le due donne erano riverse sul letto, anch'esse senza vita.
Nella mani della Regina brillava un globo nero. Era vivo, pulsava, si contraeva. Al suo interno brillavano piccoli lampi.
Un sorriso quasi tenero, infantile, brillava sul suo volto. Il globo si divise in due frammenti che si poggiarono a terra, uno ad ogni lato della donna. I lampi aumentavano sempre più fino a quando non illuminarono tutta la stanza.
Era vuota. Non c'era nulla. Anche le pareti erano disadorne. Solo quella bacinella d'oro ed il trespolo in mezzo alla stanza.
Sul pavimento, dove prima c'erano i frammenti del globo, c'erano due figura accucciate. Una di loro aveva dei capelli neri lisci che le arrivavano a malapena sotto le spalle e incredibili occhi rossi in cui sembravano risplendere le fiamme dell'Inferno. L'altra al contrario aveva lunghi capelli ricci, rossi come il fuoco. Sembrava che lava fusa le scendesse lungo le spalle fino alla vita mentre gli occhi erano due pozze di oscurità. Sulla schiena di entrambe brillavano ali neri come la pece-
Ogni respiro mozzava il fiato. Il fuoco sembrava divorarle, all'interno e all'esterno, rendendo difficile ogni gesto, ogni movimento, anche il più semplice. Il corpo era scosso da spasmi che piano diminuivano sempre più. I polmoni andavano a fuoco.
“Piano, piccole mie. Lentamente. Poco e passerà.”
Sussurrò la donna, osservando le due figura accucciate. Le sue due nuove figlie, le prime figlie della lussuria che creava.
Con difficoltà le due ragazze si misero sedute, con le gambe al petto, entrambe. Il dolore piano piano iniziava a scemare, lasciando solo una strana sensazione. La Regina si chinò alla loro altezza e le scrutò per qualche istante.
“Come vi chiamate?”
Seguì un lungo momento di silenzio in cui entrambe le ragazze aggrottarono la fronte, confuse da quella domanda. Un nome nella mente di ognuna iniziò a prendere forma, come lettere scarlatte su uno sfondo rosso.
“N-naja...”Rispose la ragazza con i capelli neri mentre l'altra rimaneva in silenzio.
“E tu?”
“Io...non so...sono così confusa..credo..Maeve.”
“Maeve e Naja, allora. Io sono Edith. Sono la  Regina degli Inferi. Sono la vostra creatrice, vostra madre. Capite?”
“Si” risposero entrambe.
Le ragazze provarono ad alzarsi ma, appena si misero in piedi, un'occhiata di fuoco di Edith le fece indietreggiare, intimorite. La demone si avvicinò minacciosamente a loro due e poggiò una mano sulla spalla di ognuna di loro, spingendo fino a farle inginocchiare.
“Io sono vostra madre, la vostra padrona, la sovrana di questo luogo! Non osate mai più alzarvi senza il mio permesso. Voi davanti a me vi dovete inginocchiare e dovete attendere un mio permesso per alzarvi, sono chiara? Voi qui siete solo delle demoni appena create. Siete serve. Di fronte a me e di fronte a mio Padre, il mio creatore, vi inginocchierete. Io e Lui comandiamo.  Voi due dovete solo ubbidire.”
La voce era tremante di collera e colpì con un calcio la nuca di nuca di una delle due che cadde a terra, solo per inginocchiarsi di nuovo immediatamente. Lo sguardo di Edith vagò per un attimo sul corpo nudo delle due demone poi fece cenno di alzarsi.
“Seguitemi.”
Le demoni la seguirono. Attraversarono solo una porta e si ritrovarono in un'altra stanza, molto più grande della precedente. Una vasca molto grande, di legno, stava al centro della stanza mentre una parete era occupata interamente da un guardaroba affiancato ad uno specchio con un'elaborata cornice in legno che era composta principalmente da ghirigori che si univano gli uni con gli altri scomparendo e ricomparendo. Vicino ad un'altra parete c'era un divanetto foderato con un tessuto rosso.
“L'acquedotto fornisce l'acqua alla vasca. È fredda ma per voi andrà bene. Lavatevi, vestitevi e mettete le idee apposto. Vi do due ore.”
detto questo, Edith sparì.

“Prima tu o prima io?”
“Vai tu. Io aspetterò.”
“Va bene.”
Rispose Naja con una scrollata di spalle mentre si immergeva nell'acqua. Maeve la guardò per qualche attimo poi andò a sedersi sul divano. Si portò le ginocchia al petto e ci appoggiò il viso sopra, fissando il vuoto con un'espressione indecifrabile. Era confusa, un po' troppo secondo i suoi gusti. Era appena stata creata e tutto era strano per lei. Aveva un corpo. Un vero corpo. Vedeva la pelle rosea e sentiva il caldo che l'attanagliava. Prima non era così. Prima non era tutta quella marea di sensazioni ed emozioni. Il tessuto sotto il suo corpo. Il battito del cuore, il respiro. Era tutto nuovo. Era tutto così forte e...bello.
Lei prima esisteva, era qualcosa. Era un peccato. Si, era decisamente un peccato. Era desiderio, passione, potere. Piacere. Lei era il piacere. La sua mente non riusciva a dare altro nome a quel peccato se non lussuria. Lei era la lussuria. Quella che brucia gli uomini e li accompagna negli anni, riempiendo la mente di fantasia e ricordi. Lei era quella che toglieva ogni freno inibitore e lasciava libera solo la passione.
Cosa ne sarebbe stato di lei se Edith non l'avesse trasformata in una demone? Si sarebbe consumata. Si, ne era certa. Si sarebbe consumata alla fine dell'atto carnale. Quando il piacere fosse finito, lei sarebbe sparita, sostituita dal rimorso e dal rimpianto e dal dolore di quelle due donne. Invece ora era viva. Era viva e sarebbe vissuta per sempre, ne era sicura.
Si sfiorò la nuca, lì dove Edith l'aveva colpita, ed un altro pensiero le entrò nella testa. Prima era libera. Ne era sicura, prima era libera. Nulla la tratteneva. Invece ora aveva un corpo e doveva ubbidire. Doveva servire. Non era più un essere libero. Allora perchè quella sensazione non svaniva nel nulla? Perché lei la sentiva ancora? Si, sentiva ancora quella sensazione.
Pulsava nel suo petto, le riempiva la mente con una voglia strana, le accorciava il respiro. La mano andò lì, al petto, dov'era il cuore. Ecco, era lì che quella sensazione era più forte.
Tutto era nuovo, tutto era confuso per lei. I denti iniziarono a mordere il labbro e ad un tratto una goccia di sangue le cadde in bocca. Ecco, un'altra sensazione nuova. Un sapore nuovo.
Una mano fredda, bagnata, le si posò sulla spalla mentre alzava lo sguardo ed incontrava quello di Naja. Un'altra sensazione. Quella di un contatto con un'altra persona.
“Hai paura, Maeve?”
“Io non lo so. Credo di si ma qui è tutto così confuso...”
“Capisco. Credo che fra un po' andrà meglio.”
La voce esitante di Naja fece sorridere appena Maeve che annuì e si avvicinò alla vasca. Rimase immobile ad osservare l'acqua che la colmava. Naja. Si sentiva legata a lei. Era come se fossero la stessa persona. Erano gemelle. Erano un solo peccato diviso a metà. Sospirò, immergendosi nella vasca e lasciando che i capelli la circondassero.

I passi affrettati di Edith riempivano il corridoio vuoto mentre si dirigeva in un piccolo salottino dove sapeva che avrebbe trovato Lui. Era felice. Non aveva neanche aspettato che lui la chiamasse, appena aveva lasciato Naja e Maeve da sole era corsa subito da lui. I capelli le cadevano in ciocche sul viso, nonostante i suoi tentativi di buttarli indietro. Correva quasi. Raggiunse la porta e la spalancò.
Aveva ragione, eccolo l', ad osservare fuori dalla finestra. Sulla schiena rivolta alla porta di ingresso, spiccavano le ali. Edith si inchinò velocemente.
“Padre...”
Lo salutò. Un attimo dopo, senza aspettare alcun comando, si alzò e corse da lui. Lentamente il suo creatore si girò e la guardò negli occhi, fissando quegli occhi chiari come il paradiso, la casa che aveva perduto. Sua figlia, la sua prediletta, scintillava di felicità.
“Chi erano?” Chiese Lui freddamente, senza distogliere lo sguardo.
“Due nuovi demoni. Le prime demoni della lussuria. Sono gemelle.”
Si girò di nuovo verso la finestra ma assottigliò lo sguardo. “Lussuria? Bene, molto bene. Saranno utili in futuro. Qualcuno le ha già iniziate?”
“Gli ho fatto capire che devono ubbidire a me e, ovviamente, a te. Credo che questa parte sia abbastanza chiara.”
“Non mi riferivo a questo ma hai fatto bene. Dove sono?”
“Ho dato loro un po' di tempo per placare i pensieri e vestirsi, nella sala affianco a quella della creazione”
“Sono demoni della lussuria, devono essere iniziate al loro peccato. Chi l'ha fatto?”
“Nessuno, per ora.”
“Bene. Iniziala una tu e una portala a me.”
“Ma...sono inesperte. Perchè usare loro se ci sono io?” La voce di Edith era malferma.
Lui si prese tutto il tempo prima di girarsi e fissare la demone che subito cadde a terra, vittima delle convulsioni e di dolori atroci. “Non domandare. Esegui. Chi delle due è più confusa?”
“Ma-maeve..” sussurrò con voce roca Edith.
“Voglio lei. E ricordati che io sono tuo Padre.” Distolse lo sguardo e la demone riprese fiato.
“Io...io sono più brava...non voglio essere sostituita da una demone appena nata..”
Lo sguardo dell'uomo di addolcì per qualche attimo. “Non sarai sostituita da una demone appena nata. Tu sei mia figlia, sei molto più forte. Voglio solo divertirmi.”
rincuorata da quelle parole, anche se la collera restava, Edith annuì e si inchinò di nuovo prima di uscire dalla camera e percorrere a passo lento i corridoi per tornare dalle due demoni appena nate. Fuori sembrava tranquilla, come sempre, ma all'interno ribolliva di rabbia. Non sapeva il motivo ma sentire che Lui voleva quella demone e non lei le faceva venire voglia di ucciderla. Non lo avrebbe fatto, lo sapeva, ma la rabbia le ribolliva dentro.
Era lei la Regina. Lei valeva d più.

Il guardaroba era pieno di vestiti maschili e femminili. Erano tutti molto eleganti, raffinati. C'erano di tutte le fogge possibili: da schiave, da artigiane, cortigiane, nobili e regine. Ma nessuno era minimamente paragonabili ai vestiti di Edith. Lei si vestiva come solo un'imperatrice poteva fare.
“Naja secondo te noi quale dobbiamo scegliere? Edith ha detto che noi siamo serve, che dobbiamo solo ubbidire allora dovremmo prendere quelli da serva ma qui ce ne sono così tanti...”
Naja si limitò ad una scrollata di spalle anche se lei, come la sorella, non sapeva bene cosa fare. “Credo che dobbiamo scegliere noi. Sono solo vestiti, Maeve.”
Le ragazze rimasero immobili per qualche istante poi iniziarono ad osservare gli abiti. Uno per uno, provandoli, ridendo, scherzando.
Quando le due ore che avevano a disposizione finirono, Edith tornò a prenderle. La Regina era decisamente molto più calma. Era riuscita a sedare parte di quella rabbia che covava dentro al pensiero di essere stata sostituita da quella demone. Ma, come aveva detto Lui, lei era molto più importante. Quella demone era solo un modo per divertirsi, un passatempo, nulla in più. Solo un passatempo.
Nonostante questo non poté non rimanere sorpresa dall'aspetto delle due demoni. Il vestito di Naja era scollato e lungo, di un nero intenso. In vita c'era una cintura di oro bianco che sottolineava la vita stretta della demone. I capelli erano stati acconciati in tante piccole treccine che erano state a loro volta unite fra di loro a formare altre trecce. Il risultato finale era una lunga treccia composta da altre trecce più piccole e chiusa da un fermaglio d'oro. Maeve invece aveva scelto un lungo vestito color dell'oro, con un po' di maniche. Sotto al seno aveva annodato una striscia rossa che evidenziava il petto prosperoso. I capelli erano stati tirati tutti sul capo e lì erano stati intrecciati, legati e fermati da un fermaglio d'oro in un'acconciantura che non lasciava libero neppure un ricciolo. La vista delle due demoni toglieva il fiato.
Per qualche attimo solo Edith rimase a contemplarle poi sentì rimontare di nuovo quella rabbia. Non aveva alcun motivo per essere infuriata. Non avrebbero mai raggiunto la sua bellezza. Mai.
Naja e Maeve appena incontrarono lo sguardo della demone si affrettarono ad inchinarsi e rimasero immobili mentre Edith le osservava. Le fece alzare velocemente poi in silenzio le condusse da una stanza all'altra, fino a farle uscire da quel palazzo. Non si fermò per neanche un attimo, togliendo la possibilità alle ragazza di osservare il paesaggio che gli si presentava avanti. Era una città di fuoco. Altri modi per definirla non esistevano. Il caldo era incredibile, per qualunque umano sarebbe stato affissante ma non per i demoni che abitavano l'Inferno. Quel caldo sembrava rinvigorirli. Non pochi di loro osservarono le due demoni passargli accanto con curiosità e non uno di loro non abbassò la testa in segno di rispetto di fronte ad Edith. Palazzi più o meno guardi si estendevano a perdita d'occhio ma nessuno era così sfarzoso e così ricco come quello da cui erano appena uscite. La loro meta non era molto lontana. Vicino a quel palazzo, sicuramente la residenza di Edith e del suo creatore, ce n'era un altro, più piccolo.
“Quando mio Padre ha ideato questo posto, ha ordinato che affianco al suo palazzo ce ne fossero due dedicati solo alle demoni della lussuria, in modo da poter avere sempre dei passatempi non molto lontani dalla nostra residenza. Uno di quei palazzi è mio, l'altro è di Samael. L'ultimo piano di ogni piano è dedicato alla demone preferita. Voi, come uniche due demoni, abiterete all'ultimo piano. Naja nel mio palazzo e Maeve nel suo.”
detto questo si fermò di front ad uno di quei palazzi. Il portone era enorme, tutto piena di oro e metallo che, nel riverbero del tramonto, sembrava fuoco vivo. Edith diede un mazzo di chiavi a Maeve e le indicò con un cenno del capo che quello era il suo palazzo.
“Tu per il momento sei una sua demone.”
“Cosa devo fare..?”
“Nulla.” Sbuffò Edith, impaziente. “Vai all'ultimo piano e aspetta. Basta.”
“E che cosa succederà..?”
“Basta! Non tocca a me dirti quello che devi fare. Devi solo aspettare poi se ne occuperà lui. Ora sparisci.” sibilò Edith prima di strattonare Naja per un braccio e portarla nell'altro palazzo.
Maeve rimase immobile per qualche istante. Cosa sarebbe successo ora?

Dalla finestra del suo salone, Lui vedeva appena le tre figure che camminavano, dirette ad uno dei due palazzi affianco al suo. Da quell'altezza non riusciva a distinguere molto, se non sua figlia, la figura centrale, e pochi dettagli delle demoni affianco a lei. Una di loro era vestita completamente di nero mentre l'altra ad ogni passo mandava riverberi, per il sole che colpiva il vestito. Vide il terzetto fermarsi accanto ad un palazzo e dopo poco due figure ripresero a camminare. La terza, invece, rimase immobile per qualche istante vicino alla porta poi entrò nel palazzo.
Per un solo secondo lui ebbe l'impressione che lei l'avesse guardato.

Maeve era seduta da un bel po' sul letto e le mani continuavano a passare e ripassare sulla coperta di seta. Non aveva mai sentito quella sensazione. La seta sembrava scivolarle fra le mani. Quel contatto sembrava rassicurarla un po' anche se il cuore continuava a batterle nel petto come se volesse uscirne ed il respiro era corto. Cosa sarebbe successo? Cosa stava per accadere?
Era la prima volta che stava da sola. La prima. Fino a quel momento era sempre stata con Naja ma ora era completamente sola. Sapeva che sarebbe successo qualcosa, qualunque cosa, ma non sapeva cosa. Qualcosa di importante.
L'ignoto la spaventava. Continuava a muovere la mano su quella coperta di seta, continuava a cercare di calmarsi, ma non ci riusciva.
Cosa sarebbe successo?
Avanti ed indietro sulla coperta, a semicerchio. Avanti ed indietro. Avanti ed indietro. La seta le scivolava fra le dita. Avanti ed indietro.
La porta si aprì all'improvviso e un uomo entrò nella stanza. Maeve si alzò di scatto, guardando a terra, in imbarazzo.
“Io...io...non stavo facendo nulla...”
L'uomo alzò un sopracciglio con aria ironica. “E' la tua stanza, non ti devi giustificare.” lo sguardo vagò sul corpo della demone per qualche istante. “Edith non ti ha detto che di fronte a me ti devi inginocchiare?”
Gli occhi di Maeve si spalancarono di colpo e si affrettò ad inginocchiarsi, a testa bassa. “Io non sapevo che voi eravate il suo creatore... Perdono..”
Sussurrò appena con la voce tremante. L'uomo rise e si abbassò al suo livello. Le mise un dito sotto al mento e glielo fece alzare. “Non importa. Solo per questa volta non importa. Sei appena stata creata."
Lo sguardo si soffermò per qualche istante sul viso della demone. I capelli rossi gli incorniciavano il volto latteo su sui spiccavano gli occhi neri, in quel momento spalancati e pieni di confusione e paura. Si sentì attrarre da quello sguardo per qualche attimo. Rimase immobile a guardare quegli occhi neri che lo fissavano di rimando. Sorrise, senza neanche rendersene conto. Aiutò la demone ad alzarsi e rimase a guardarla per qualche istante.
Maeve fino a quel momento aveva guardato solo gli occhi dell'uomo, non si era soffermata sul suo viso. Non sapeva neanche se aveva il permesso di farlo, così si limitò a tenere lo sguardo basso. L'uomo rimase qualche istante ancora a contemplare come il vestito le scivolava sul corpo, come la fascia rossa evidenziava il seno. Osservò lo sguardo puntato in basso e come i suoi occhi non smettessero di sbirciare per vedere qualcosa di lui, spinti da una curiosità mal celata. Scoppiò a ridere, fermandosi di fronte alla ragazza e alzandole di nuovo il volto.
"Non vuoi vedermi? Non vuoi guardarmi? Puoi farlo se vuoi."
Maeve incoraggiata da quelle parole osservò il volto dell'uomo. Era diverso dagli altri demoni che aveva visto. Lui aveva una carnagione più pallida e i capelli di un biondo scuro quasi castano. Gli occhi invece erano neri. Lo sguardo si spostò sulle braccia nude dove posò un dito, seguendo il contorno dei muscoli, poi passò alla schiena da dove partivano delle maestose ali nere. Maeve ne era completamente affascinata. Le guardò, trattenendosi appena dallo sfiorarle. Non erano come le sue. Quelle ali, molto più grandi delle sue, portavano i segni di una caduta e questo, agli occhi della ragazza, le rendeva ancora più belle.
L'espressione di sorpresa sul suo volto fece ridere l'uomo. Una risata triste, amara.
"Non ti piacciono, vero? Fanno paura, sono brutte, rotte, come quello di un uccello caduto dal proprio nido." Restò in silenzio per qualche attimo. "E' quello che è successo, dopotutto. Sono stato buttato giù dal mio nido. Ti fanno ribrezzo."
Maeve scosse solo il capo. "No, mi piacciono. Sono bellissime."
"Non mentire con me su queste cose. Non prenderti gioco di me, demone." Sibilò l'uomo con rabbia, stringendo un pugno.
"Non sto mentendo. Sono bellissime." Rispose Maeve, fissandolo negli occhi, senza distogliere lo sguardo. Non stava mentendo. Neanche l'uomo distolse lo sguardo ma rimase immobile a fissarla fino a quando Maeve non cedette. A quel punto sorrise.
"Sei coraggiosa. Neanche Edith sostiene così il mio sguardo. Con il tempo si vedrà." L'uomo iniziò a girare per la camera, sfiorando i mobili e le colonne del letto a baldacchino. "Ti piace la tua casa?"
Maeve annuì, per poi continuare ad osservare le ali dell'uomo.
"Come ti chiami?"
"Maeve."
"Maeve... Si, Edith me l'aveva detto. " Si fermò di nuovo di fronte alla ragazza e le sfiorò la guancia, spostandole un boccolo ribelle. Sorrise. "Sei confusa, vero? Spaventata. Non sai cosa succederà."
"Si.." disse in un soffio quasi impercettibile.
"Ti aiuterò io a capire." Le mani scesero dal volto al collo, poi sulle spalle e sul seno, fermandosi poi alla vita. Più le mani scendevano lente sul corpo di Maeve, più lei chiudeva gli occhi e si lasciava guidare da quelle mani.
"E voi come vi chiamate..?"
Una risata gutturale uscì dalle labbra dell'uomo mentre con il naso seguiva la curva del collo di Maeve, fino all'orecchio dove sussurrò appena. "Qui, nell'intimità della tua camera, ora, non darmi del voi."
"Non hai risposto." Sussurravano entrambi. Brevi bisbigli mentre la sera si trasformava in notte.
"Non lo farò, per ora. se mi soddisferai, te lo dirò." Continò a tracciare il contorno del suo collo, fermandosi solo vicino alle labbra. "Ti piace? Questo contatto ti piace?"
"Si.."
"Ti fidi di me"
"Io...si, mi fido di te."
Le labbra dell'uomo si posarono su quelle della donna e iniziò a baciarla, dapprima lentamente poi sempre più veloci. Maeve, dopo un attimo di confusione, ricambiò il bacio. Portò le sue mani sul torace dell'uomo e da lì risalì fino alle spalle, per poi passare alla schiena, dove iniziavano le ali. L'uomo la spinse lentamente verso il letto e la fece stendere. Le sciolse i capelli, togliendole quell'unico fermarglio, e rimase immobile per qualche attimo ad osservare la cascata di capelli rossi come lava.
La demone in quel momento era come una bambina. Era appena nata, era confusa, eppure quella sua innocenza nascondeva la lussuria che le covava nel petto. Ben presto quella stessa lussuria sarebbe scoppiata per lui. Sarebbe stato il primo regalo della demone. L'unico regalo che non avrebbe dato mai a nessun'altro. Gli faceva quasi tenerezza.
Era una bambina che lentamente sotto i suoi tocchi sarebbe diventata una demone. Si avvicinò di nuovo a lei e stavolta le tolse il vestito. La baciò di nuovo, sulle labbra poi, senza smettere di baciarla, le sussurrò all'orecchio.
"Non legare mai più i tuoi capelli in quel modo. I tuoi capelli sono fuoco. Sono vivi. Voglio vederli sempre sulle tue spalle."

Maeve sentì la veste che scivolava a terra, lasciandole un ultimo caldo abbraccio. I baci dell'uomo iniziarono a farla sciogliere. La sua pelle rispondeva ad ogni tocco.
Ogni tocco la faceva sentire viva. Sempre di più.
Sentiva le sue mani sulla pelle bianca. Sentiva la sua lingua che passo dopo passo la esplorava. Le baciò il petto, il collo, le spalle ed il ventre. Poi si posarono sul seno. Quelle labbra tracciarono ogni contorno del suo corpo. Ogni bacio riempiva di sensazioni una parte del corpo, provocando brividi su brividi. Prima ancora che se ne potesse rendere conto, stava slacciando i vestiti all'uomo. Le sue mani passavano sui suoi muscoli, senza soffermarsi su nessuna parte in particolare, mentre continuava a baciarlo. Le mani si spostavano sui suoi capelli, sulle sue ali e sulla sua pelle muscolosa. Le labbra di lui continuavano a baciarla fino a quando delicatamente non le aprì le gambe ed iniziò a baciarle l'inguine.
Un calore iniziava a riempire il corpo della donna che, ad occhi chiusi, si lasciava trasportare da quelle sensazione e da quel pulsare che le diceva cosa fare.
Ad occhi chiusi la bambina stava diventando una demone.
Piacere.
Desiderio.
Strani gemiti che le sfuggivano dalle labbra rosee. Sussurri in cui chiedeva di più.
Piacere.
Desiderio.
La sensazione di qualcosa che entrava dentro di lei. Movimenti di due corpi uniti. Gemiti nel buio. Mani di uno che si perdevano nel corpo dell'altro.
Piacere.
Desiderio.
Lussuria.

Erano stesi sul letti, nudi entrambi. Maeve aveva ancora gli occhi chiusi. Si mordicchiava il labbro mentre quella bellissima sensazione iniziava a svanire, sostituita dalla stanchezza. le mani dell'uomo percorrevano ancora il profilo della sua schiena, affondando nei morbidi ricci.
"Ti è piaciuto."
"Si."
"Sei stanca, piccola?"
"Un po'." Restarono in silenzio entrambi. "Io sono questo, vero?"
"Si. Sei la lussuria ed ora sei anche mia."
Maeve sorrise. Dopo poco, mentre stava per scivolare nel sonno, sentì un solo sussurro. "Satana."

8000 ANNI DOPO.

Satana osservò il corpo steso accanto al suo, capelli lunghi, color del fuoco. Ne avevano passate tante, insieme, ma ora eccoli lì. Uniti. Insieme. Lei era sua, sua, sua e solo sua. Era diventata la regina degli inferi. Era sua moglie. Le baciò lentamente le labbra, svegliandola. Lei mugugno appena, infastidita, poi sbattè un paio di volte le palpebre.
"Ben svegliata..."
Maeve si rifugiò di nuovo sotto le coperte, con un broncio infantile. "Non ho intenzione di alzarmi."
Satana scoppiò a ridere, guardandola. Quell'espressione le ricordava così tanto la bambina che era ottomila anni prima. Iniziò a baciarle la guancia
"Ed ora?"
"No." Mugugnò lei.
"E se ti prometto che se ti alzi, questa sarà una giornata speciale?"
"E perchè dovrebbe esserlo?"
"Perchè ottomila anni fa, ti ho stretta per la prima volta e perchè ti amo. "
"Ti amo anch'io."
  
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