PROLOGO: 7 febbraio 1348 – a pochi km
da Avignone.
Non
c’era più niente da fare,ormai Elinor lo sapeva,le forze la stavano
abbandonando,la sua mente vagava già in mondi lontani ove non esisteva il dolore
e la sofferenza,luoghi in cui lei non era rimasta sola al mondo,luoghi in cui la
vita non finiva in una nube di fumo.Elinor non vedeva l’ora di raggiungere quei
luoghi lche le apparivano sempre più vicini.
Ormai
si era isolata dal mondo circostante,non sentiva più nulla se no l’eco lontano
di voci che la chiamavano da dentro,la esortavano a stare tranquilla e che
presto starebbe stata meglio.Non si accorse delle gelide mani che la sollevarono
dal suo giaciglio,non si rese conto che qualcuno la stava portando via dalla
chiesa relegata al rango di obitorio,quel qualcuno la portò nel cure della
foresta che circondava la piccola cittadina dove c’era il suo
castello.
Lei
non poteva rendersene conto,stava morendo,finalmente la peste avrebbe preso
anche lei.
Ma
la sua sofferenza non era destinata a terminare quella notte.Improvvisiamente
avvertì un dolore lancinante al collo,e poi il fuoco,il fuoco ardeva dentro di
lei e sembrava divampare attraverso le sue vene,se quella era la morte era
peggio di quanto avesse mai immaginato.Forse era già morta e si trovava
all’inferno,ma era possibile che nell’aldilà il dolore fosse così fisico e
reale?E perché con il passare del tempo scemava?Possibile che la morte avesse
deciso di allentare la morsa fatale nella quale l’aveva stretta e avesse deciso
di farla fuggire da un male dalla quale pochi trovavano
scampo?
Improvvisamente
com’era divampato l’incendio che l’avvolgeva si spense,si sentiva
forte,invincibile,terribilmente assetata.Aprì gli occhi e si rese conto di
essere al buio,lentamente i suoi occhi si abituarono all’oscurità e riuscì a
distinguere delle pareti di legno,alcuni mobili tarlati e un piccolo caminetto
spento.Era febbraio eppure non sentiva freddo.
Solo
in quel momento si rese conto che c’era un uomo seduto su di una sedia accanto
al suo letto,era il bellissimo stalliere di nome Arthur che lavorava nella
stalla di suo marito,era immobile,sembrava che non respirasse,e la fissava.La
fissava con i suoi profondi occhi neri cerchiati da livide
occhiaie.
Elinor
sentì la vergogna aggredirla come un’ondata d’acqua gelida,non era abituata a
trovarsi da sola in una stanza con un uomo che non fosse suo
marito.
<< Come vi sentite Madonna Elinor? >>
Gli chiese lui,non lo aveva mai sentio parlare prima d’ora,la sua voce era dolce
come il miele,profonda come l’eco di un pozzo,seducente e ammaliante.Esattamente
il tipo di voce che ella aveva immaginato per un uomo così
bello.
<<
Ho sete messere. >> Rispose Elinor sorpresa di aver trovato il coraggio di
rivolgersi all’uomo in quella situazione così insolita ed imbarazzante,cosa si
sarebbe detto di lei se qualcuno l’avesse vista in compagnia di uno stalliere?Le
lavandaie avrebbero sparlato di lei per anni,anche se c’erano rimaste ben poche
lavandaie che fossero ancora in grado di parlare.
<<
Lo so,anche io ho sete.Ma non potevo allontanarmi da voi,mia signora,per andare
a caccia,sarebbe stato vile da parte mia non trovarmi qui quando voi vi foste
svegliata. >>
Elinor
gli rivolse un occhiata vaca e annebbiata,come faceva a sapere che si sarebbe
risvegliata?Erano ben pochi coloro che avevano la fortuna di salvarsi dalla
morte nera.
<<
Messere,come facevate a saper che la morte non mi avrebbe trascinate con se
similmente a tante altre genti? >>
Chiese
ella in un fil di voce,l’espressione di lui rimase impassibile mentre l’ombra di
un sorriso sorgeva dietro le sue iridi nere e senza fondo.
<<
Perché la trasformazione dura tre giorni Madonna Elinor. >>
Risposta
enigmatica quella che diete Arthur ad Elinor,ella aggrottò la fronte senza
riuscir ad afferrare il significato di quelle parole.Lui doveva aver
intercettato quell’espressione,perché il suo bellissimo volto bianco come il
marmo si distese in un sorriso da retrogusto amaro.
<<
Se vo’signoria vuole seguirmi … >>
Elinor
balzò giù dal letto con una vitalità che mai si sarebbe aspettata di
avere,soprattutto dopo una lunga degenza.A passo spedito seguì Arthur attraverso
una porta consunta che faceva d’accesso ad una seconda stanza leggermente più
grande rispetto alla precedente,era meglio arredata,al centro della stanza
campeggiava un grosso tavolo di legno massiccio,un caminetto di pietra lavorata
dentro alla quale scoppiettava un allegro fuoco che gettava sulla stanza una
luce vermiglia,e dal lato opposto rispetto al suo vi era uno specchio. Elinor
non ebbe il tempo di stupirsi della presenza di uno specchio in una casa così
povera,perché fu la sua immagine riflessa ad attirare maggiormente la sua
attenzione.
Erano
in molti a considerarla una ragazza carina,ma mai nessuno aveva osato dire che
fosse bella,invece adesso era
bellissima.I capelli lunghi e neri che solitamente ricadevano inutili e privi di
vita sulle spalle diafane adesso erano corposi e lucenti,le incorniciavano il
viso che assomigliava al suo,ma che era molto più bello,dalla forma
perfettamente ovale,il naso più piccole e leggermente all’insù,la pelli
decisamene più pallida del solito,e le occhiaie,profondo occhiaie violacee che
le circondavano gli occhi dalla forma leggermente allungata e dall’iride di
un’impressionante rosso cimino.Il corpo era decisamente più magro e
slanciato,più avvenente,in grado di sedurre chiunque. Elinor spalancò la bocca
stupefatta,Arthur silenzioso e aggraziato le cinse le spalle con un braccio,un
gesto intimo,troppo intimo per Elinor che provò l’impulso di scostarlo da se.Si
sporse verso il suo orecchio e le sussurrò dolcemente:
<<
Sei un vampiro adesso Elinor,ma non preoccuparti,io ti spiegherò ogni cosa.
>>
Elinor
voltò la testa per guardarlo,piantò le sue iridi rosse come la lava fusa in
quelle nere come il legno bruciato di lui,le sue parole le suonavano
sinistramente assurde,eppure sentiva che erano vere,lei si sentiva diversa…Lei
aveva una sete terribile,sete di sangue.Con questa consapevolezza nel cuore gli
lanciò un’occhiata terrorizzata,lei sarebbe diventata un mostro,un assassino
peggiore della morte nera.
Una
domanda le sorgeva spontanea e violenta alle labbra.
<<
Perché avete salvato me messere?Tra tante belle donne che vi sono in queste
terre.. >>
Iniziò
a dire Elinor,ma il resto della frase le morì in gola dinanzi l’espressione di
lui,la guardava come nessun’uomo l’aveva guardata mai.
<<
Perché io vi amo Madonna Elinor,vi ho amata fin dal primo momento in cui vi
vidi,quel pomeriggio nella foresta mentre andavate a cavallo insieme alla
Signora madre vostra.Quel giorno mi venne l’idea di lavorar al vostro castello
come stalliere.Vi sapevo sposata,ma non volevo rinunciare a voi,prima o poi vi
avrei avuta.E mi avete fatto attender molto Madonna,secoli sono trascorsi più
rapidamente dei pochi mesi che voi e i vostri cari avete impiegato ad
ammalarvi.Ho sperato che voi foste l’ultima,per sottrarvi alla morte senza dolor
alcuno per nessuno,e così è stato.
Madonna
Elinor,abbandonate per me il vostro titolo che d’ora in poi non vi appartiene
più,iniziate con me una nuova vita,una vita eterna.
>>
Arthur
le tenne le mani per tutta la durata del discorso,Elinor se ne sentiva
impaurita,ma sapeva di non poter avere scampo,il mondo non era fatto per una
donna sola,anche se si trattava di una bellissima vampira.
Elinor
si sforzò di sorridergli,infondo era un bel ragazzo,un vampiro come lei che
l’avrebbe guidata tra le insidie della sua nuova vita,lei aveva bisogno di lui
almeno quanto avesse bisogno del sangue umano,non aveva
scelta.
<<
Come desiderate Messere,d’ora in poi per me sarete Arthur e io per voi Elinor.
>>
Arthur
sorrise estatico e si chinò su di lei per sfiorare le sue labbra di marmo,dopo
di che la baciò.Elinor ricambiò quel bacio forzato come avrebbe ricambiato
quello di William,suo marito che ormai distava secoli dalla sua mente,lui
apparteneva ad un’altra vita.
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