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Autore: syontai    22/08/2013    5 recensioni
Violetta si ritrova a dover accettare la missione di catturare le Clow Cards, misteriose entità magiche con poteri straordinari... Il compito è arduo e si rivela più complicato del previsto, anche perché un incantesimo le impedirà di avvicinarsi alla persona che ama. Imprevisti, magia e amore: riuscirà Violetta a diventare la nuova Padrona delle Clow Cards?
'Un’ombra cominciò a disegnarsi dentro la sfera d’acqua, poi lentamente l’immagine si fece più chiara, era una ragazza dallo sguardo dolce, con dei capelli castani lisci e uno sguardo sognante/ “Dimmi il suo nome…” gridò Sakura fissando lo sguardo di pietra della statua di Clow Leed. Si sentì il rumore di un tuono, poi alzò gli occhi e sulla volta notò che le stelle si stavano disponendo per formare un nome: Violetta Castillo.' (capitolo 1)
' Quando riuscì a prenderle il braccio, Violetta si sentì tirare e perdendo l’equilibrio cadde portandosi dietro Leon, che finì sopra di lei. /Il ragazzo le scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e le accarezzò la guancia, accorciando sempre di più le distanze.' (capitolo 9)
[Leonetta con accenni Maxi/Ludmilla, Germangie, Fede/Fran]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 16
The Lock and The Glow

“Sono innamorato di te, Violetta. E desidero baciarti con tutto me stesso”. Aveva gli occhi chiusi, ma poteva benissimo avvertire il respiro di Leon farsi sempre più presente, più vicino al suo viso. Aveva terribilmente paura. Cosa avrebbe fatto adesso? Un tempo pensare di allontanarlo le sembrava una passeggiata, ma adesso…era innamorata di Leon, e questo rendeva tutto più difficile. Perché per quanto la sua mente razionale cercasse di farla rinsavire, il folle impulso di poter sentire le sue labbra calde come nel sogno di The Dream aveva preso il sopravvento. E ormai era in balia degli eventi.
L’allarme anti-incendio suonò e gli erogatori si attivarono allagando tutti i corridoi. Studenti uscivano dalle aule mettendo le borse sopra la testa per non bagnarsi e correvano verso l’uscita. Violetta approfittò di quella situazione propizia per allontanare Leon. Con la coda dell’occhio vide Diego che sorrideva nel suo solito modo un po’ arrogante, e indicava verso il soffitto. Era stato lui. Non sapeva se ringraziarlo o disintegrarlo. Decise che l’avrebbe ringraziato, in fondo aveva appena evitato una catastrofe con il suo aiuto. Il ragazzo misterioso dagli occhi di ghiaccio schioccò un dito e scomparve nel nulla.
Leon era bagnato dalla testa ai piedi e la guardava sconcertato. “Possibile che deve sempre succedere qualcosa?”. Violetta si ritrovò inspiegabilmente a fissare il suo petto perfettamente visibile a causa della maglietta bagnata che aveva finito per aderire completamente al suo corpo. Cavolo, come fa ad essere così bello?, pensò mordendosi d’istinto il labbro inferiore. Leon capì subito tutto e sorrise malizioso. “Forse non è destino” gli disse con il volto sollevato. La tensione si era allentata, ma era ancora ben lontana dallo sparire del tutto. Leon scoppiò a ridere alla sua battuta, quindi prese i lembi della maglietta e la portò su per poi sfilarsela del tutto. A torso nudo in mezzo al corridoio deserto. Qualcos’altro? Violetta voltò di scatto lo sguardo evitando di guardarlo, ma inevitabilmente come se fosse attratta da una calamita finiva sempre per fissare il sole di vetro e il suo petto scolpito. Qualcuno mi aiuti, supplicò con tutta se stessa, mentre Leon rideva divertito di quella reazione. Si avvicinò piano e le diede un bacio sulla guancia, facendola avvampare, quindi si spostò al suo orecchio. “Io non credo al destino, quindi non riuscirai a cavartela ancora a lungo, Castillo” le sussurrò con affetto, prima di allontanarsi e salutarla per andare a prendere un cambio asciutto nell’armadietto. Subito dopo Diego ricomparve dietro di lei e scoppiò a ridere. “Non è divertente, Diego” lo riprese strizzando una ciocca di capelli per liberarsi dell’acqua in eccesso. “Forse non è destino. Non te ne potevi uscire con una frase più stupida” ridacchiò con ormai le lacrime agli occhi. “Scusami, se non ho le frasi pronte per allontanare il ragazzo che mi piace!” si lasciò scappare Violetta, tappandosi subito la bocca. L’aveva detto… ‘il ragazzo che mi piace’. Cavolo, adesso era rovinata. Diego le avrebbe fatto una ramanzina colossale, peggio di quelle di Francesca. Si preparò psicologicamente, ma quello che sentì la sorprese. “Mi dispiace” sussurrò Diego, abbracciandola dolcemente. Violetta si lasciò andare a quell’abbraccio. Ne aveva bisogno, perché si sentiva sola, sola ed eternamente infelice.
Ludmilla era nella sua stanza con l’asciugacapelli in mano. Voleva proprio sapere chi aveva avuto la brillante di far scoppiare l’allarme anti-incendio. Per l’ennesima volta fece un piccolo solfeggio e sorrise soddisfatta. La sua voce era tornata, la sua splendida ed inimitabile voce. Si guardò allo specchio e fece un occhiolino: era ancora la stella dello Studio. Ora doveva pensare a come conquistare Leon, ma aveva già un’idea. Lo avrebbe invitato in un luogo appartato in maniera anonima così da non ottenere un rifiuto, e l’avrebbe convinto di essere la ragazza perfetta per lui. Si, avrebbe fatto così. Prese un cartoncino rosa, una penna rossa e cominciò a scrivere. Dopo aver finito lo ripiegò soddisfatta: il giorno dopo l’avrebbe infilato nell’armadietto di Leon.
“Aspettami!” strillò Francesca, per raggiungere Thomas, che camminava tranquillamente per la strada. Il Custode si fermò e si voltò sorridendo, fino a quando l’amica non lo raggiunse. “Che ci fai qui? Non dovresti essere in Nord America a cercare la gemma dei Sette Re di Roma?” chiese curiosa. “Visto che Federico non sta bene, lo sto momentaneamente sostituendo…della ricerca se ne sta occupando Nata” rispose prendendole la mano. La guardò negli occhi e notò che erano arrossati dal pianto. “E tu come stai?”. “Bene…credo. Violetta sta catturando più carte possibili, ma il tempo stringe e si è innamorata”. Marcò con cura l’ultima parola, come la più grave delle sventure. “E come farai se dovesse…baciare la persona che ama?” chiese Thomas preoccupato. Sapeva benissimo a cosa avrebbe voluto ricorrere. “Userò il mio artefatto magico” rispose con durezza. Il Custode sbiancò. “No! Non puoi farlo! Non sai che prezzo potrebbe chiederti…e potresti benissimo non riuscire a risolvere il problema”. “Ho altre alternative?” chiese disperata con gli occhi lucidi. Tutto ciò che le era rimasto da provare. “Penso che dovremmo uccidere quel ragazzo che ci crea tanti problemi, o comunque allontanarlo” sentenziò Thomas, fissando il pavimento per timore della reazione di Francesca, che come aveva previsto fu durissima. “Stai scherzando, spero! So benissimo cosa vuol dire amare qualcuno e non potersi avvicinare a lui. So cosa si prova, e non potrei sopportare lo sguardo sofferente di Violetta, sarebbe meglio morire” sibilò, mentre le mani si circondarono di un’aura azzurra. Succedeva sempre così quando perdeva il controllo. Thomas, chiuse gli occhi e poi li riaprì sospirando. “Potrebbe succederti proprio questo. Lo sai che potresti morire usando l’artefatto. Il tuo è il più potente e pericoloso”. “Ho già preso la mia decisione, Thomas, non posso fare altro…non posso permettere che Violetta rischi in questo modo. Devo aiutarla. Non soffrirà di ciò che succederà, non lo potrei permettere, e spero che la mia soluzione possa essere definitiva”. Si voltò di scatto. Era decisa a portare a termine il suo compito: avrebbe fatto ricorso al suo artefatto, e se avesse dovuto pagare con la vita, l’avrebbe fatto.
Il giorno seguente a scuola era ben visibile il fermento per la gita scolastica. Si parlava delle meravigliose escursioni che avrebbero potuto fare; le coppiette già si pregustavano una visita notturna al lago vicino al luogo dove si sarebbero accampati. “Immagino ci voglia andare anche tu al lago di notte” le sussurrò all’orecchio Leon, divertito. Violetta arrossì e cominciò a guardare la parete degli armadietti per non doversi perdere in quei meravigliosi occhi verdi. “Potrei farci un salto con Francesca…Grazie” rispose con una noncuranza palesemente falsa. “Non te lo consiglio, di notte è meglio che ci sia un ragazzo al tuo fianco, se dovesse succedere qualcosa”. “Allora chiederò a Maxi. Lui è un ragazzo, giusto?”. “Mh…non saprei” rispose con un sorrisetto. “Ehi, guardate che non sono mica sordo!” esclamò risentito l’amico che si trovava vicino a loro, a lavorare con alcune registrazioni. “Scusa Maxi” dissero i due all’unisono, poi si guardarono per un secondo e scoppiarono a ridere. “Comunque…non mi scapperai ancora a lungo, Violetta, ricordatelo” disse facendole l’occhiolino e dirigendosi nello spogliatoio maschile. Violetta lo guardò andare via con un’espressione a metà tra il lusingato e il preoccupato. “Il tipo non molla! E le tue argomentazioni fanno pena…” la riprese Maxi prendendola in giro. Incrociò le braccia sul petto con un’espressione irritata. “Ultimamente mi state dicendo tutti le stesse cose”. “Buongiorno a tutti” disse Francesca entrando nello Studio tutta sorridente e venendo verso di loro. “Buongiorno” borbottò Violetta, ancora un po’ arrabbiata per quello che le aveva detto Maxi. “Buongiorno” salutò l’amico allegramente. “C’è lezione di danza adesso, giusto? Su su, andiamo a cambiarci” esclamò la Custode con un sorriso forzato. La discussione con Thomas l’aveva turbata, ma aveva preso la sua decisione, e ne era sempre più convinta.
Ludmilla si aggirava negli spogliatoi maschili ancora deserti. Doveva trovare l’armadietto di Leon e metterci il biglietto che aveva preparato. Si avvicinò ad un armadietto e vi sbirciò dentro: niente che la potesse ricondurre a Leon. Passò a quello dopo, sperando di metterci poco tempo. Di lì a qualche minuto sarebbero arrivati tutti i ragazzi per cambiarsi. Bingo, pensò soddisfatta. In mezzo a quel disordine stratosferico un quaderno blu con la scritta in nero ‘Leon Vargas’ attirò la sua attenzione. Con molta cautela fece scivolare il bigliettino all’interno di una delle piccole grate dell’armadietto, quindi uscì con aria soddisfatta. Fece appena in tempo perché proprio in quel momento entrò nello spogliatoio Leon in compagnia di Andres. “E quindi mi ha rifilato un due di picche grande quanto una casa!” sbottò Leon sedendosi su una delle panche con la faccia depressa. “Beh, te lo dovevi aspettare. Se davvero fosse innamorata di te, non cercherebbe di evitarti in continuazione come invece fa”. “Ma la storia di Martina…”. “Tu stesso mi hai detto che alla festa avevi chiamato a casa di Violetta e lei ti aveva risposto, quindi ti sarai sbagliato. Forse hanno una voce molto simile…”. Leon scosse la testa. “No, io sento che è lei, e comunque, rimane il fatto che ne sono innamorato. Dovrei parlarne con qualcuno che le è vicino”. In quel preciso istante entrò Maxi molto preso dal suo lavoro al pc. “Lupus in fabula!” esclamò Leon alzandosi di scatto con un sorriso soddisfatto. Si avvicinò al ragazzo e passò una mano intorno alle sue spalle in modo amichevole. “Allora, Maxi, che si dice?”. “Niente, ci siamo visti alcuni minuti fa…non ho nulla da dire” rispose Maxi, alzando lo sguardo e riabbassandolo subito sullo schermo. “Era tanto per parlare…comunque tu sei molto amico di Violetta, giusto?”. L’altro annuì, poi come se avesse capito tutto, si scostò con lo sguardo terrorizzato. “Oh, no! So dove vuoi arrivare. Non ti dirò nulla, io sono una tomba”. Leon lo guardò affranto cercando di fargli pena, senza alcun successo. “Almeno ci ho provato” sussurrò rassegnato. “Volevo solo sapere se avevo qualche speranza” aggiunse poi con tono lamentoso. “Ne hai fin troppe…” si lasciò scappare Maxi. Cosa ho detto?, pensò, portandosi una mano alla bocca. Stupida bocca che non risponde agli ordini del cervello. Il volto di Leon si illuminò di colpo, come se gli avessero detto che le vacanze di Natale erano già arrivate. “Dici davvero?” chiese elettrizzato. “Si, anzi no! Dimentica quello che ti ho detto. Dimentica tutto!” disse spaventato. Niente da fare, ormai Leon era partito per la tangente, nessuno l’avrebbe più fermato, e lui si sentì in colpa: aveva praticamente condannato la sua amica. Con il morale a terra si diresse al suo armadietto e prese un quaderno blu. “Ah, Leon, ti restituisco il quaderno che mi hai prestato”. Passò il quaderno all’amico, che ormai era su un altro pianeta. “La porterò al lago! Non ci potrebbe essere un posto più romantico per il primo bacio” disse mettendo il quaderno nel suo armadietto e preparandosi il cambio per la lezione di danza. “Ormai l’abbiamo perso” esclamò Andres, sospirando. Nel disordine del suo armadietto, Maxi trovò un foglietto rosa. Lo prese e ne lesse il contenuto:
‘Mi piacerebbe incontrarti questo pomeriggio. Noi due soli. Ti aspetto nel magazzino del Resto Bar alle 16. Tua, L.’
L…L…Chi conosceva con la lettera L? Ma certo, Lidia, la ragazza che gli faceva gli occhi dolci quando lo incontrava per il corridoio. Tutto soddisfatto, Maxi mise il bigliettino in tasca e cominciò a pensare a quello che avrebbe indossato per l’appuntamento. Si diresse alla lezione di Gregorio per paura di fare tardi. Ci mancava solo un’altra ramanzina oltre quella che gli avrebbe fatto Francesca quando gli avrebbe raccontato della discussione con Leon.
“E’ permesso?” chiese Maxi entrando in uno sgabuzzino stretto e buio. Non appena fu dentro sentì la porta chiudersi e delle labbra baciargli il collo con una certa insistenza. “Lidia…ma cosa stai facendo?”. La figura immersa nell’oscurità si allontanò come se avesse preso una scossa. “M-Maxi?!” esclamò una voce con un tono disgustato. Ma non una voce qualsiasi. La sua voce. “Ludmilla?!” esclamò il ragazzo, passandosi le mani sul collo come per rimuovere i segni di quei baci. “Disinfettante…mi devo disinfettare la bocca!” strillò lei in preda ad una crisi di nervi. “Mica ho la malaria” le fece notare irritato. Ludmilla lo fissò attraverso l’oscurità, volendolo incenerire con lo sguardo. “Ludmilla se ne va!” disse schioccando le dita. Si avvicinò alla porta, ma non riuscì ad aprirla. “Allora non te ne vai più?” chiese scocciato il ragazzo. “Non sai quanto vorrei, ma…la porta è bloccata” spiegò. Il suo tono di voce era leggermente impaurito. Maxi si portò una mano sulla fronte e si mise accanto a lei provando a spingere. Niente. Erano chiusi dentro. Maxi e Ludmilla, Ludmilla e Maxi. Sopravvivere anche un solo minuto sarebbe stata una dura impresa per entrambi.
“Che ne dici di andarci a prendere un frullato?” chiese Francesca, passeggiando con la sua amica spensieratamente. “Cosa dovrei fare?” se ne uscì Violetta troppo presa dai suoi pensieri. “Con il frullato?”. “Con Leon!”. “Leon è anche un nuovo tipo di frullato?”. “No, ma cosa dici!”. “E allora non ho capito cosa c’entri adesso Leon con il frullato” disse la Custode confusa. “Come mai pensi ai frullati? Dico, cosa dovrei fare con Leon? Insomma se lui sapesse che mi piace davvero sarebbe un problema, giusto?” chiese retoricamente. Francesca la guardò accigliata. “Ovvio, quindi direi che la cosa migliore da fare sarebbe nascondergli tutto”. “Ma come faccio a nascondere tutto a Leon?”. “Cosa mi staresti nascondendo?” le sussurrò una voce dietro di lei. Violetta si paralizzò e si voltò trovandosi di fronte Leon. Ma come faceva? Appariva e scompariva allo stesso modo di Diego. Aveva una capacità incredibile per apparire nel momento meno opportuno. “N-niente, non ti volevo dire che…”. “Che io e lei andiamo a prenderci un frullato” la interruppe Francesca prendendole la mano e trascinandola via. Leon rimase a guardarle inclinando leggermente la testa di lato, con fare perplesso. La stranezza delle ragazze non aveva mai fine.
“Allora, dai qualche spallata e butta giù la porta!” ordinò Ludmilla con fare imperioso. “Ma sei impazzita? Mi rompo la spalla così”. “Che fine ha fatto la tua virilità, Maxi?”. “Non lo so, forse si è andata a fare un giro insieme al tuo cervello” rispose lui in tono acido. Ludmilla incrociò le braccia al petto e cominciò a battere col piede a terra nervosamente. “Hai finito di fare questo rumore? Non riesco a pensare!” la riprese per l’ennesima volta. “Dobbiamo stabilire delle regole di sopravvivenza” esclamò d’un tratto sedendosi per terra lungo la parete di fronte a quella su cui Maxi era appoggiato di spalle. “Innanzitutto ognuno deve avere i suoi spazi. Direi che io mi potrei prendere più o meno i tre quarti dello sgabuzzino e…” cominciò a parlare, ma il ragazzo la interruppe sbuffando. “Siamo in uno sgabuzzino polveroso, stretto e buio, non mi sembra si possa parlare di spazi…”. “Sei impossibile, Maxi!” lo riprese sbraitando. Maxi si tappò le orecchie mentre lei continuava ad arrabbiarsi con lui e la sua mancanza di buone maniere. Vi prego, qualcuno ci salvi, pensò supplicando. Anzi, no, qualcuno mi salvi.
“Ma Maxi che fine ha fatto?” chiese Violetta sorseggiando un frullato ai frutti di bosco. Francesca finì di dare un altro lungo sorso con la cannuccia, e si leccò le labbra soddisfatta prima di rispondere. “Aveva un appuntamento al buio, mi ha detto solo questo” rispose maliziosamente. “Wow…beato lui” disse lei con una risata. Chissà dove era in quel momento e con chi…Riprese a sorseggiare il suo frullato. I frullati del Resto Bar erano i più buoni di tutto il quartiere. Improvvisamente un senso di vuoto si impadronì di lei, era come se fosse entrata in apnea, i suoni arrivavano alle sue orecchie ovattati. Un brivido corse lungo la schiena. Conosceva bene quella sensazione, ma stavolta era più forte, quasi totalizzante. Una Carta di Clow era nelle vicinanze.
“Niente, non si riesce a uscire…rimarremo chiusi qui a vita!”. Ludmilla cominciò a piangere proferendo quelle parole, facendo colare tutto il trucco. Per quanto a Maxi desse fastidio quella ragazza, non poteva vederla in quello stato. Si sedette vicino a lei, e la abbracciò al buio. “Perché ultimamente sei sempre tu a consolarmi?” chiese tra le lacrime e i singhiozzi. “Non lo so, buffo, vero?”. “Se non ci trovasse nessuno?”. “Non succederà”. “E questo chi me lo assicura?” chiese asciugandosi le lacrime con una mano mentre sorrideva amaramente. “Fidati, non succederà” le sussurrò facendole poggiare il capo sul suo petto.
Violetta corse verso la fonte della magia e vide una porta. Il simbolo di un lucchetto era impresso sulla sua superficie e brillava incessantemente. Una strana consapevolezza di essere l’unica a vedere quel simbolo insieme a Francesca si impadronì di lei. “Quello è The Lock. Non è una Carta pericolosa ma è in grado di chiudere qualunque cosa: porte, stanze…tutto. Non è facile catturarla, ma tu hai la Chiave del sigillo che spezza il lucchetto, quindi non dovresti avere problemi” spiegò Francesca guardandola seriamente. Violetta annuì e richiamò lo scettro magico. “Scettro che possiedi il potere dell’Oscurità, Chiave che detieni la magia di Clow, apri il lucchetto”. Un’improvvisa luce scaturì dallo scettro colpendo il centro del sigillo a forma di lucchetto. Si voltò verso Francesca sorridendo, e la vide preoccupata. “Non funziona…Violetta, tu stai scomparendo!”. Si guardò le mani: stavano lentamente diventando trasparenti. Cosa non stava funzionando? Tutto ciò che la circondava stava perdendo consistenza. E intorno vedeva solo porte. Porte ovunque.
Una stanza bianca quadrangolare molto simile a quella in cui aveva ricevuto il suo incarico di Cattura-carte si estendeva in tutta la sua purezza. Era una stanza enorme, e su tutta la parete vedeva porte addossate l’una all’altra. Erano tutte uguali, quindi si avvicinò a quella più vicina e l’aprì. Un vento nordico le scompigliò i capelli, mosse un piede al di là e lo sentì affondare in qualcosa di freddo e soffice. Neve. Spaventata richiuse la porta con il respiro affannato. Ma dove era finita? Sembrava un punto di passaggio per vari luoghi, come una sorta di aeroporto. Alzò lo sguardo e vide che anche sul soffitto c’erano numerose porte. Ma lei doveva trovare quella che l’avrebbe portata indietro. Cercò di concentrarsi, e avvertì un flebile soffio magico risuonarle nell’animo. Proveniva da una porta sull’estrema destra della stanza; camminò tenendo lo sguardo fisso sulla parete e e si fermò di fronte a quella porta che la stava chiamando, che la attirava con la sua magia. La aprì con la mano tremante e continuò a muovere i passi uno davanti all’altro. Un distesa verde la circondò prepotentemente. Alzò gli occhi, ma dovette riabbassarli accecati dalla forte luce del sole. Sembrava un luogo idilliaco. Non era sola: un ragazzo e una ragazza non poco distanti erano stesi all’ombra di un albero. Il ragazzo aveva la schiena appoggiata sul tronco, mentre la sua compagna teneva la testa appoggiata sul suo petto. Sentì il vento farle ondeggiare lentamente i capelli. Ma…quello era Leon! Chi è quella maledetta infame con cui sta?, pensò furiosa. Quando fu ancora più vicina si accorse che distesa accanto al ragazzo, c’era…lei. Lei, Violetta. Non era possibile, doveva stare sognando. C’erano due Violette? I due si guardarono negli occhi e si sussurrarono qualche parole dolce. Una lacrima le rigò il viso. Come era possibile, non lo riusciva a capire. In mezzo alla distesa verde, una donna le sorrideva. Sakura, pensò Violetta. Era proprio la precedente Padrona delle Clow Cards. “Hai aperto la porta del tuo cuore, Violetta” sussurrò la donna, ma le parole rimbombarono nell’aria. “Dovrai soffrire ancora,Violetta, dovrai superare molte prove, ma alla fine sarai tu la Padrona, ci riuscirai” concluse per poi scomparire del tutto. L’ambiente circostante si dissolse insieme alla figura, finché non si ritrovò nuovamente nella stanza bianca con le porte. La visione di ciò che si celava all’interno del suo cuore la sconvolse ma non poteva perdere tempo, o avrebbe rischiato di rimanere in quel luogo per sempre. Adesso la sentiva…una nuova sensazione, come un’ondata gelida che si impadroniva del suo corpo. Guardò sopra di sé e fissò la porta sul soffitto. “Carta che possiedi il potere dell’oscurità, io ti invoco. Vai, The Fly”. Delle ali comparvero ai lati dello scettro permettendole di volare. Raggiunse la porta e la aprì attraversandola. Poteva benissimo vedere lo sgabuzzino, ma era come se una parete di vetro la separasse. Un lucchetto verde con due piccole ali bianche comparve svolazzando. “Ritorna prigioniera della Clow Card, è la tua padrona che te lo ordina!”. La parete incantata si infranse e i lucchetto magico venne risucchiato all’interno della Carta magica. Si ritrovò con la porta aperta dentro la sgabuzzino, e rimase scioccata dalla visione al suo interno: Maxi e Ludmilla si stavano baciando. Non appena avvertirono lo spiraglio di luce, i due si separarono. “Violetta?!” esclamarono i due all’unisono scattando in piedi. Violetta rimase paralizzata: non sapeva se piangere o ridere. “E’ tutto un malinteso!” cominciò a spiegare Maxi rosso come un peperone. Ludmilla aveva lo sguardo perso nel vuoto. La sua reputazione, quella fatica fatta per ottenere la fama all’interno dello Studio…tutto buttato all’aria per una stupida debolezza. “Non è come sembra…è stato lui!” si difese subito puntando il dito verso il ragazzo. “Bugiarda! Sei tu che hai detto che visto che tanto saremmo morti, tanto valeva darsi un addio come si deve”. “Non osare contraddirmi, verme! Comunque sia avete capito tutti male, questa storia non deve uscire da qui, altrimenti ve la farò pagare. Ludmilla se ne va!” concluse lei schioccando le dita e uscendo di corsa. Maxi fece spallucce come per dire ‘sappiamo com’è fatta’. Violetta con le lacrime agli occhi scoppiò a ridere, portando le mani sulla pancia, e piegandosi in due. “Non è divertente” borbottò Maxi. “Ti assicuro che dal mio punto di vista lo è davvero tanto”. “E allora per me è divertente il fatto che Leon ha saputo che sei innamorata di lui”. Silenzio. Violetta smise di ridere all’istante, e nel frattempo Francesca, entrata in quel momento, aveva sentito tutto. “Tu cosa hai fatto?!” sbraitarono le due. Il ragazzo rabbrividì e si appiattì alla parete, mentre veniva guardato da due paia di occhi assassini. Adesso non era più tanto divertente. Proprio per niente.
 
“Ahia! Ahia!”. Maxi camminava con la valigia che si era preparato cercando di fare attenzione a dove metteva i piedi. Si sentiva tutto dolorante. Non pensava che una come Francesca nascondesse così tanta forza e riuscisse a picchiare in quel modo. Davvero impressionante, pensò Maxi, soffocando l’ennesimo lamento. Si fermò davanti all’entrata dello Studio: erano passati solo alcuni giorni e già era ora di partire. Il vociare emozionato degli studenti era come un fastidioso ronzio nelle sue orecchie. Violetta e Francesca lo stavano aspettando entrambe con le loro valigie, una grigia e una rossa. Maxi appoggiò la sua blu vicino e si avvicinò sventolando un fazzoletto bianco. “Vengo in pace!”  esclamò pentito. Violetta gli mise una mano sulla spalla rassicurante. “Non importa, ormai è andata…e poi forse è meglio così”. “Meglio così un corno! Ringrazia la pazienza di Violetta, fosse per me ti avrei incenerito” sbottò Francesca voltando lo sguardo dall’altra parte risentita. Il pullman diede un colpo di clacson per attirare l’attenzione dei ragazzi, e ognuno fu invitato a mettere i bagagli al loro posto. Non appena Violetta fu salita sul pullman notò che quasi tutti si erano già seduti. “Ci mettiamo vicine di posto, Fran?” chiese speranzosa, temendo di rimanere da sola. “Ma certo…”. “No!” la interruppe qualcuno da dietro. “Mi dispiace, stavolta dovrai stare con Maxi, se non ti da fastidio. Con Violetta mi siedo io” esclamò Leon deciso, allontanando la Custode e Maxi che furono costretti a sedersi vicini. “Ma veramente io…” balbettò Violetta. Non fece in tempo a dire nulla che si ritrovò seduta accanto a Leon che non smetteva di guardarla sorridendo. “Come mai mi fissi così?” chiese spaventata. “Niente, solo che…è bello stare con te” disse senza smettere di sorridere. Il cuore le cominciò a battere fortissimo. Perché? Perché doveva essere così…perfetto? Non lo sopportava, rendeva sempre più difficile allontanarlo. Vide davanti a sé Diego che la guardava serio. Forse aveva paura che prima o poi Leon l’avrebbe baciata. Non doveva temere, non l’avrebbe permesso. Non sarebbe mai più ricaduta in quel tranello. “Leon, smettila” disse lei secca, cercando di sembrare fredda. “Non ho detto niente di male! E poi Maxi…”. “Maxi si è inventato tutto. Leon, ne abbiamo parlato tantissime volte e sai benissimo che per te non provo niente”. “Non ti credo” rispose facendosi serio. “Fai come ti pare, allora” esclamò lei, tirando fuori le cuffie e ascoltando la musica a tutto volume. Stava soffrendo, non poteva negarlo a se stessa, ma era necessario. Non doveva dargli speranze, nemmeno la più piccola, o sarebbe scoppiata la catastrofe. Con la coda nell’occhio osservò l’espressione di Leon: continuava a guardarla, ma il sorriso gli era morto sulle labbra. Al suo posto c’era solo delusione e frustrazione. Non poteva vederlo così. Resisti, Violetta, resisti, si disse cercando di trattenersi dall’abbracciarlo e rimangiarsi tutte le parole dette.
Dopo quella che le fu parsa un’eternità, finalmente raggiunsero la radura dove avrebbero dovuto montare le tende. “Allora per i ragazzi…Maxi, Andres, Leon e Diego, voi starete nella stessa tenda. Violetta, tu starai con Ludmilla, Francesca e Camilla” spiegò Angie con un sorriso, porgendogli le tende da montare. Violetta afferrò la sua con forza squadrando Maxi: stavolta non doveva commettere errori.
Le ragazze finirono di montare la tenda, tappandosi le orecchie per non ascoltare le continue lamentele di Ludmilla sul fatto che ci fossero troppi insetti, o troppo poco sole. “Vi prego, qualcuno la sopprima” esclamò Camilla, avendo ormai raggiunto il limite della sopportazione. Francesca e Violetta cercarono di reprimere le risate. “Qualcuno ha visto la mia crema abbronzante?” chiese la bionda con le sue arie da diva. “Hai provato a controllare nella tua valigia?” chiese Camilla con una finta gentilezza. “Sarà una lunga, lunghissima vacanza” sentenziò Francesca con un’aria seria.
“No, il paletto non va lì, hai capito?” sbottò Leon, strappando l’oggetto acuminato dalle mani di Diego. “E sentiamo, chi saresti tu per dire che non dovrebbe andare lì? Abbiamo di fronte il re del campeggio?” ribatté il ragazzo, guardandolo torvo. “Senti, carino, io faccio campeggio da quando ho cinque anni, quindi ne capisco, va bene?”. L’aria si stava surriscaldando: sembrava proprio che quei due non potessero andare d’accordo. Maxi guardava Andres spaventato: nessuno dei due sapeva cosa fare. “Diciamo pure che ti rode” disse Diego con un sorrisetto beffardo. “Ma si può sapere di che stai parlando?” chiese Leon infuriato. Teneva stretti i pugni cercando di trattenersi. “Ti da fastidio il fatto che qualcuno ti sia superiore? Violetta è ancora innamorata di me, e continua a respingerti, ma tu continui a insistere…” lo provocò tranquillo, dando un calcio a un sassolino per terra. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Leon si avventò su Diego prendendolo per il colletto della maglia. “Ripetilo, se ne hai il coraggio” sibilò digrignando i denti. Maxi e Andres intervennero per allontanarlo, mentre Diego lo guardava trionfante. “La verità brucia, vero Leon?”. Leon riuscì a liberarsi della presa e si scaraventò addosso al rivale facendolo cadere per terra. I due continuarono a picchiarsi, finché Beto, insegnante di musica, non si mise in mezzo a loro, facendoli smettere. “Finitela subito! Basta, basta!”. I due la finirono. Diego aveva la guancia un po’ gonfia a causa di un pugno ricevuto, Leon invece era pieno di graffi, ma il suo sguardo lasciava scoprire una furia omicida pronta a scatenarsi nuovamente. “Per punizione non parteciperete al falò di questa sera, ma rimarrete nella tenda. E non tollererò altri atteggiamenti del genere” sentenziò Beto severo. I due si rialzarono con lo sguardo basso scuotendosi la polvere e la terra dai vestiti, e annuirono lentamente.
“Come mai Leon e Diego non sono qui al falò?” chiese Violetta leggermente preoccupata. “Sono stai messi in punizione per aver fatto a botte” spiegò Maxi triste. Francesca sgranò gli occhi, mentre l’amica scattò in piedi. “Come mai?”. “Hanno litigato per te, Violetta. Diego ha provocato Leon e così sono finiti alle mani. Penso che lui sia davvero innamorato di te, e dovresti dirgli la verità. Potrebbe anche crederti”. “Balle!” si intromise Francesca irritata. “E’ solo uno sciocco ragazzino. Non deve dirgli nulla, altrimenti la situazione potrebbe peggiorare. Penso che Diego abbia agito bene” concluse la Custode, tornando riflessiva. “Vado a parlarci” esclamò Violetta, dirigendosi verso la tenda dei ragazzi. La luce crepitante del falò acceso in mezzo al campo si rifletteva sulle pareti della tenda. Fece un respiro profondo e decise di entrare. Dentro c’era solo Leon che fissava il vuoto steso sul suo sacco a pelo. “Leon…” sussurrò lei portandolo a guardarla negli occhi. “Ciao. Hai saputo, eh?”. “Dov’è Diego”. Il ragazzo si irrigidì a quella domanda. “Penso sia andato in bagno” rispose freddo. “Si può sapere che ti ha detto per farti arrabbiare così?” chiese, sedendosi accanto a lui con le gambe incrociate. “Niente”. “Non penso che si tirino pugni per niente”. “Non mi ha detto nulla di importante…”. “Non ti far pregare per favore”. Leon si sollevò con il busto e i loro visi furono pericolosamente vicini. “Tu…sei innamorata ancora di Diego?” chiese titubante. La domanda fu una vera e propria sorpresa. Violetta non sapeva che rispondere: era ovvio che non fosse innamorata di Diego, non lo era mai stata. Ma allora perché quella domanda? Doveva avere a che fare con qualcosa che gli aveva detto Diego. Leon interpretò quel silenzio come un si, quindi si distese nuovamente e si voltò dall’altra parte. “Se non ti dispiace adesso vorrei dormire” sussurrò stanco. “S-si, ti lascio solo” balbettò lei confusa. Non appena uscita dalla tenda, sentì la testa scoppiargli. Le immagini erano sfocate, le voci indistinte. Mosse qualche passo in avanti, poi cadde a terra svenuta.
La scacchiera si estendeva tutt’intorno a lei. Sedendo sul freddo scranno bianco, osservava con orrore il combattimento tra Diego e Li. Le spade si incrociavano e i combattenti arretravano sulla difensiva. Sembrava una danza mortale. Sakura era paralizzata, non si muoveva, ma guardava tutto in modo distaccato. Un sorriso enigmatico aleggiava sul suo volto. La spada di Li trafisse il suo avversario che cadde a terra privo di vita. La casella bianca si tinse di rosso, il sangue sgorgava senza fermarsi. Violetta si alzò in piedi con le lacrime agli occhi: aveva paura ad avvicinarsi. Lentamente camminò incerta verso il cadavere al centro della scacchiera. Un urlo le morì in gola. Di nuovo alla sua vista si presentava il corpo senza vita e pallido di Leon. “E’ tutto necessario, Violetta” ripeté la Regina Nera comprensiva, senza però far scomparire quel maledetto sorrisetto dal volto. “Leon, no!” strillò disperata buttandosi per terra e piangendo senza più controllo.
“Violetta, Violetta!” la chiamò una voce conosciuta. Aprì lentamente gli occhi. Si trovava nella sua tenda, ma non riusciva ancora a mettere a fuoco le immagini. “Ti sei svegliata finalmente” esclamò Leon, pallido come un lenzuolo. “Che…che è successo?” chiese stropicciandosi gli occhi. Un forte mal di testa le impedì di alzarsi, quindi rimase stesa fissando un punto indefinito sopra di lei. “Ho sentito un tonfo fuori dalla tenda, quindi mi sono alzato e ti ho trovato svenuta. Ti ho preso in braccio e ti ho portato nella tua tenda, e…”. Leon non riusciva a proseguire. Che cosa era successo? Violetta deglutì lentamente, aspettando che continuasse. Il ragazzo prese un respiro profondo e ricominciò a parlare. “Hai cominciato a delirare. Continuavi a dire il mio nome in continuazione, forse hai avuto un incubo, sembravi spaventata. Mi hai fatto preoccupare, stavo per chiamare gli insegnanti” concluse passandosi una mano sulla fronte, sollevato. Il silenzio calò tra i due, fino a quando Leon, tirò fuori dalla maglia il sole di vetro e cominciò a passarselo nella mano, come per spezzare la tensione. Si fece coraggio e si avvicinò a lei. Violetta arrossì violentemente, cercando di arretrare, ma si sentiva debole. Gli baciò la fronte dolcemente. “Non hai la febbre, credo…” sussurrò sospirando. Violetta annuì, ma proprio in quel momento vide la mano di Leon percorrere il laccio nero che portava al collo e far scivolare fuori dalla maglia il suo ciondolo. La luna di vetro scintillò leggermente, mentre Leon la guardava sorpreso. “Allora…me l’hai regalata tu?!” disse indicando il suo ciondolo. Violetta non disse nulla, ma con le energie residue che le erano rimaste scattò in piedi e corse fuori dalla tenda, ignorando Leon che continuava a chiamarla.
Lo sguardo di Violetta si perse a contemplare la superficie scura del lago. Vide in lontananza un piccolo molo e decise di raggiungerlo, stringendo le braccia intorno al corpo per il freddo. Era scappata via, non riusciva a mentire ancora. Non più. Si avvicinò al molo e il terreno lasciò il posto alla superficie di legno. Uno strano scintillio proveniente dal cielo illuminò il paesaggio. Delle piccole luci di un colore bluastro scendevano senza tregua. Violetta si incantò ad ammirare quello strano fenomeno, tirò fuori la luna di vetro e la vide rispondere di mille colori. Quella era magia, ne era sicura. Ma per una volta non sentiva una sensazione di pericolo, bensì di pace, di tranquillità. Le sembrava che quelle luci sferiche intendessero cullarla, consolarla per il dolore che provava in quel momento. Richiamò lo scettro quasi senza rendersene conto e si spinse all’estremità del ponte di legno, sempre accompagnata da quel fenomeno magico. Vide il suo riflesso e notò che sopra di lei una creatura magica simile ad uno spirito silvestre. Era piccolo e luminoso, portava un abito nero che però appariva quasi bianco con tutta quella luce che si diffondeva. “Una Clow Card” sussurrò con un mezzo sorriso. Alzò lo sguardo e la creatura magica la sorrise, un sorriso caldo e rassicurante. “Grazie” disse prima di catturarla con lo scettro. Era la prima Carta che interveniva per consolarla, per farla sentire protetta, e la cosa la rendeva felice. La scritta ‘The Glow’ comparve sulla Clow Card appena catturata. “Lo Splendore…che Carta buffa” disse a bassa voce prima di metterla nella tasca della gonna di un rosa pallido e continuare ad osservare il paesaggio notturno. Sentì un rumore di passi dietro di lei, e si voltò di colpo terrorizzata. Lo sguardo pentito di Leon la fece sentire ancora peggio. “Non volevo farti scappare, mi dispiace. Torniamo indietro, altrimenti ti ammalerai, qui fa freddo” disse lui avvicinandosi e salendo sul molo. “Leon, non è come sembra” esclamò per difendersi, ma si bloccò quando lo vide annuire piano. “Lo so, è solo un regalo, niente di più, giusto?”. Stava guardando il pavimento e parlava imbarazzato. “No,  non è solo un regalo per me. E’ molto di più” si lasciò scappare consapevolmente. Poteva mentire su tutto, ma non sull’amore che lei riponeva in quei due ciondoli. Non poteva dire che non significavano nulla, gli avrebbe fatto troppo male. Leon alzò lo sguardo sorridendo, e la abbracciò di scatto. Il contatto con il calore corporeo del ragazzo le fece venire dei brividi di piacere. Passare dal freddo della notte al tepore che le stava donando era qualcosa di meraviglioso, di magico. “Non voglio che tu prenda freddo” disse piano, separandosi quel tanto per poterla guardare negli occhi. “E poi ti avevo promesso che ti avrei portato al lago di notte” scherzò ironico. Violetta rise piano, sentiva ancora le braccia di Leon intorno alla sua vita e il suo fiato caldo sul viso, ma non riusciva a separarsi. Leon le scostò una ciocca di capelli e si avvicinò socchiudendo gli occhi. Fu questione di un secondo e fece congiungere le loro labbra. Violetta sgranò gli occhi: era terrorizzata. Aveva fallito, sarebbe diventata di cristallo, ma non poté fare a meno di pensare a quanto fosse meravigliosa quella sensazione. Portò le mani sui suoi capelli, stringendone affettuosamente le punte, mentre Leon rafforzava la presa e la baciava con sempre più passione. Le luci di ‘The Glow’ riapparvero, come se la Carta fosse stata richiamata nuovamente, e si andarono dissolvendo piano non appena toccarono il terreno o la superficie del lago. Violetta chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare da quel meraviglioso bacio, che la stava consumando completamente, come un fuoco che brucia e che consuma la legna. Leon, la passione di quel bacio erano il fuoco, la sua anima era la legna. E mentre sentiva il freddo della morte cadere su di lei, capì che in fondo, quel bacio era stata la sua salvezza, perché le aveva fatto capire cose fosse davvero l’amore. Due amanti sfortunati sulla riva del lago. Ci sarebbe venuta fuori una bella tragedia un giorno. Ma nessuno sapeva. Nessuno sapeva che dietro un cespuglio distesa per terra, con la pelle bianca come la neve e lo sguardo perso nel vuoto, Francesca giaceva senza vita con in mano un’ampolla di cristallo. E nessuno sapeva che di lì in poi il destino avrebbe cambiato il suo corso. 




 

ANGOLO DELLE CARTE: Eccomi con un nuovo capitolo. In quanti lo stavano attendendo? *si sente il silenzio di tomba e una balla di fieno rotola* Ok, non tutto questo entusiasmo, mi raccomando. Questo capitolo mi piace tantissimo, perché ha sia parti divertenti, che parti dolci che parti angoscianti. Partiamo dall'inizio. Per Ary_6400: Leon che si toglie la maglietta bagnata è una scena scritta tuuuuutta per te *attiva il tuo pervy se vuoi LOL*. Comunque...succedono cose strane. La parte di The Lock mi ha fatto morire dal ridere. Maxi e Ludmilla....LOOOOOOOOOL. Io non sono per questa coppia però la trovo davvero particolare, e in questa storia la sto amando xD E il povero Maxi che ci rimette le botte da Fran! (hai capito Fran come picchia O.o). Ma il resto dei commmenti di questa prima parte li lascio a voi: momento preferito? Scambio di battute preferite (io personalmente amo quando Fran dice 'Leon è anche un nuovo tipo di frullato?' ahahahahah xD)? Insomma ditemi tutto ciò che vi è piaciuto della prima parte. La seconda parte è meno movimentata, ma più tenera. Anche se all'inizio Violetta spezza il cuore del povero Leon, nel finale i due si baciano. O meglio Leon bacia Violetta. TRAGEDIA. Cosa succederà? E la povera Francesca? E' viva? Che le sarà successo? Cosa sarà quell'ampolla che stringe tra le mani? Davvero tanto mistero che sarà svelato nel prossimo entusiasmante (sembra che sto facendo pubblicità O.o) capitolo :D Grazie a tutti coloro che seguono questa storia così particolare, e alla prossima :D Buona lettura! *O*

  
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