Capitolo 12: Sorprese di Guerra
“C |
e ne
hai messo, di tempo!” disse un’infermiera bruna a una collega bionda che stava
scendendo le scale verso l’atrio dell’ospedale St.Mary, di Newhaven.[1]
“Hai
ragione, scusami… avevo dimenticato i referti sul tavolo e sono tornata
indietro per consegnarli al dottor Waxman.”
“La
signorina sbadatella non si
smentisce, eh...?”
“Dai,
ti prego…!” la bionda arrossì vistosamente.
Tempo
addietro la compagna le avrebbe rivolto uno sguardo severo; stavolta le mostrò
invece un affettuoso sorriso e le mise una mano sulla spalla mentre
l’accompagnava fuori. Le due ragazze avevano percorso pochi passi sul
marciapiede, quando avvertirono un rauco suono di claxon; non fecero in tempo a
voltarsi che una jeep dell’esercito si fermò bruscamente vicino a loro.
“Tutte
sole, bamboline?” domandò un ufficiale americano d’aviazione che indossava due
occhiali da sole sotto il berretto d’ordinanza.
La
bionda lo squadrò con sufficienza: “Meglio sole che male accompagnate, ragazzo!”
gli rispose poi in tono asciutto.
“Verissimo,
pupa” la rimbeccò lo yankee sfoderando un sorriso abbagliante “ma scarrozzate è
ancora meglio che appiedate. Dai, saltate su…”
“Sta’
a sentire, pappagallo” sbottò la mora sferzando l’aria con la coda di cavallo
“vedi d’ingranare subito la marcia di quel trabiccolo, se non vuoi ritrovarti
gli attributi nel palato! Rendo l’idea?”
“Ma
Flanny” esclamò scandalizzata la sua amica, col grazioso faccino diventato
rubicondo. Ancora non poteva abituarsi a quello slang da periferia (certamente
acquisito in famiglia) che la collega sapeva sfoderare nelle occasioni
strettamente indispensabili “ti sembrano cose da dire?!”
“A
certi individui sì!” confermò la prima, con le mani sui fianchi, per poi
tornare all’importuno che la fissava beffardo colle braccia appoggiate sul
volante “Sei ancora qui, cocco? Ti avverto che porto sempre un bisturi, nella
borsetta!”
L’altro
non si scompose: “E da quando? Credevo lo tenessi nella giarrettiera.”
La
donna impallidì, sgranando i bellissimi occhi verdi. La sua compagna, più
inquieta per l’incauto zerbinotto che non per lei, la vide spalancare la bocca
e poi chiuderla lentamente per sussurrare: “Pezzo di farabutto…!”
“Fisionomista,
eh?” commentò l’intraprendente aviatore sfilandosi gli occhiali scuri. Come lo
riconobbe, anche l’infermiera bionda alzò gli occhi turchini verso il cielo,
coprendosi con la mano il volto lentigginoso.
“Questo
scherzetto ti costerà caro, sai?” gli prospettò la mora, con la voce più acida
che poteva, mentre si accomodava sul sedile davanti.
“Sono
davvero esterrefatta, Andy” commentò la sua collega, con un più rassicurante
tono semiserio, mentre saliva su quello di dietro “una cosa del genere me la
potevo aspettare dal mio Terry…. ma da te…!”
“Non
penserai che mi faccia batttere da un inglese” le rimpallò l’amico, facendo
ripartire la vettura “e poi stavo scherzando, che diamine!”
“Certo,
come no…!” commentò sarcastica Flanny, mentre si aggiustava i capelli mossi dal
vento della corsa.
“E
dai, amore” replicò il marito, con la voce già un po’ più agitata “guarda che
vi avevo riconosciute da lontano. Non crederai davvero che uno come me si metta
a rimorchiare?”
“È
la prima cosa che hai fatto quando ti ho conosciuto, se non ricordo male!”
rispose la consorte, tenendo le braccia conserte.
“E
poi l’uomo è sempre cacciatore, no? Specialmente un pilota da caccia” aggiunse
scherzosa la bionda “farai bene a tenerlo d’occhio, Flanny!”
“Lo
penso anch’io” convenne quest’ultima, lanciando all’amica un’occhiata eloquente
“e ogni infrazione sarà sanzionata… cominciando da stasera!”
“Bada
che volo anche domani: se mi cala il rendimento, potrebbero accusarti di
collaborazione col nemico!”
“L’hai
presa a rovescio, furbone” lo corresse la moglie, con un sorrisetto maligno “il
tuo rendimento può stare tranquillo, perché ti aspettano tre giorni
d’astinenza!”
“COSA…??!”
sobbalzò l’altro, mentre la jeep sbandava con violenza, provocando un
singultone alla povera Candy “Non fai sul serio…!!”
“Hai
ragione: facciamo una settimana!”
L’espressione
sgomenta del pilota fu ben presto sostituita da un ghignò di ottimistica
incredulità: “Ahh…! Di che mi preoccupo? Non potresti mai resist…”
“Scusa,
Andy, ma dove ci stai portando…?” domandò all’improvviso la bionda,
accorgendosi che stavano uscendo di città, anziché dirigere verso il quartiere
dove avevano i loro alloggi (e anche per interrompere quell’imbarazzante
conversazione fra i due coniugi).
“Facciamo
un salto alla base del 22° Gruppo. Devo riferire a Richardson alcuni dettagli
sulla prossima missione.”
“E
non potevi mandare qualcuno?” gli chiese Flanny “Di solito te le sbriga Stone,
queste faccende!”
“Hai
ragione, ma c’è un altro motivo…”
“Sarebbe?”
“Proprio
stamani arriva il nuovo equipaggio della 44a Squadriglia di Buck
Lang.”
“E
tu cosa centri, se il Gruppo lo comanda Richardson e Sanders comanda lo Stormo?
Sono così importanti da essere accolti direttamente dal comandante della Forza
Aerea?”
“Lo
sai che ci tengo a conoscere di persona tutti i componenti della mia
organizzazione.”
“Sì,
lo so!” rispose lei guardando davanti a sé con un lieve sorriso di
compiacimento. Dopotutto il suo uomo non era cambiato, dai tempi della Cina, a
dispetto di quelle stellette da generale che ora gli spuntavano dalle spalline
della giacca. Anche se le sue responsabilità erano cresciute vertiginosamente
in quei tre anni di guerra, Andrew Steve Greason continuava a sentirsi vicino
anche all’ultimo dei suoi sottufficiali. Superfluo aggiungere che Flanny era
fiera di questo fatto e anche Candy lo stimava notevolmente, quantunque il
rapporto col marito della collega continuasse a non essere del tutto sereno.
La
continua vista dei feriti negli ospedali, la disperazione dei congiunti di
coloro che morivano e di quanti cadevano prigionieri, le notizie sui terribili
bombardamenti eseguiti sull’Europa occupata (ai quali la stessa Forza Aerea di
Andy prendeva parte), la cronica repulsione insomma di tutto quanto sapeva di
guerra impediva a quella ragazza coraggiosa e generosa di provare tutto
l’affetto che pure avrebbe voluto sentire per il compagno della sua ritrovata
amica. E di questo ci soffriva, perché le sembrava di fare un torto a Flanny,
mentre questa le dimostrava ormai quotidianamente quell’amicizia che una volta
era stata soltanto fredda stima.
Ma
c’era anche dell’altro. Forse la figlia adottiva degli Andrew provava
addirittura un sottilissimo rancore per ciò che quell’uomo, altrimenti
straordinario, faceva passare alla sua dolce metà. Perché Candy lo vedeva quel
leggero tremore alle mani che Flanny avvertiva spesso, quando non era in sala
operatoria. Si accorgeva di quei brevi sussulti che agitavano le sue membra
quando squillava all’improvviso il telefono. Le notava quelle lacrime furtive
che l’amica si tergeva con rapidità quando apprendeva di un collega del marito
con la vita stroncata a
Una
sera il nostro pilota era venuto a prendere la mogliettina all’ospedale,
presentandosi con un vistoso cerotto sulla fronte e la garza ancora rossa di
sangue. Flanny, dopo essere impallidita davanti a quella “specie di orrore” (la
perizia dei sanitari delle basi lasciava spesso a desiderare, visto che molti
di loro entravano in servizio dopo un frettoloso corso superficiale) l’aveva
trascinato di peso in ambulatorio, dove gli aveva suturato la ferita come si
deve. Poi, prima di rincasare, la signora Greason si era ritirata in bagno e,
siccome tardava, Candy era tornata indietro a cercarla… trovandola appoggiata a
una parete, con le spalle scosse dai tremiti e dai singhiozzi.
“Due
pollici, Candy…” le aveva sussurrato, dopo che lei l’aveva stretta fra le
braccia “…s’è salvato per soli due pollici…!!”[3]
Quella
era stata l’ultima goccia e più tardi, in un momento in cui erano soli, la
biondina aveva affrontato di petto l’amico: “Per quanto tempo la farai soffrire
così?” gli gridò, scuotendolo fortemente “per quanto tempo, ancora?!”
“Candy,
ti prego… lo sai che non è colpa mia!”
“Sì
che lo è, invece: ormai sei un ufficiale superiore, non dovresti nemmeno volare
più! E invece continui a rischiare la pelle… si può sapere perché lo fai?”
Lui
chiuse gli occhi e sospirò, cercando la migliore risposta che potesse trovare.
Quando credette di esserci riuscito, le disse: “Perché se no mi sentirei un
verme, nei confronti dei miei compagni!”
“Capisco”
rispose l’altra, fissandolo con due occhi di giaccio “e nei suoi confronti come ti senti, invece?”
Andy
strinse la mascella. Quella benedetta ragazza era davvero un osso duro.
“Malissimo”
le rispose, dopo alcuni attimi spiacevoli “ma è proprio la sua presenza, la
forza del suo sentimento… che non mi abbandona nemmeno lassù… a permettermi di
dare sempre il massimo, in modo da poter ritornare da lei!”
“Non
c’è mai nulla di scontato, Andy” ribatté l’amica, cogli occhi lucidi “io l’ho
dovuto imparare più volte, sulla mia stessa pelle! Se un giorno tu…”
“Credi
che non l’abbia messo in conto?”
“Ma
Signore Iddio!! E credi che questo cambierebbe le cose?!”
“No,
non le cambierebbe” l’uomo tornò a sospirare, assumendo un’espressione cupa “e
nemmeno noi possiamo cambiarle, Candy… è la guerra, purtroppo!”
A
sentire ciò, la donna strinse i denti e suo malgrado gli lanciò uno sguardo di
puro astio, non tanto suscitato da lui, quanto dall’uniforme che indossava.
“Se
tanti… come te… non scegliessero il mestiere delle armi, forse la guerra non
scoppierebbe mai!”
Andy
accolse quel severo giudizio con un sorrisetto amaro: “Non basta essere
pacifici, per vivere tranquilli, amica mia” le rispose bonariamente “leggiti un
libro di storia: Si vic pacem para bellum,
dicevano i Romani!”[4]
“Una
bestemmia, nient’altro…!” ribatté Candy, con tono duro.
“Non
pretendo di poterti smentire” rispose lui, pacatamente “ma credo che, se le
democrazie europee si fossero armate più adeguatamente, soprattutto in campo
aereo, non ci saremmo ritrovati coi nazisti fino ai Pirenei… e se lo stato
maggiore sovietico non fosse stato composto da un branco d’incompetenti, purché
di provata fede, i crauti non
sarebbero arrivati fino al Volga… e se la Cina avesse avuto un esercito
efficiente, i giapponesi non avrebbero potuto colonizzarla in buona parte, per
poi sentirsi in grado di attaccare anche noi occidentali!”
La
ragazza sospirò, riacquistando un po’ di calma. Il discorso del suo amico non
faceva molte grinze, ma lei lo trovava un po’ troppo teorico: “E se anche i
rapporti di forza fossero stati invertiti, chi te lo dice che la guerra non
sarebbe scoppiata lo stesso?”
Ma
se Candy sperava di pungerlo sul vivo venne delusa, perché Andrew Steve Greason alzò fieramente il petto: “Me lo dicono i principi di
libertà e di giustizia su cui poggiano gli ordinamenti degli stati liberi… in primis, la nostra Costituzione!” il tono
dell’aviatore era colmo di rispetto, considerando che il suo trisavolo,
Jonathan Mc Geen, aveva partecipato alla Guerra d’Indipendenza, rimanendo
ferito a Saratoga. Ma l’interlocutrice del suo discendente poteva mostrargli
anche lei di non essere affatto digiuna, in materia di storia…
“Davvero?”
gli rispose, incrociando le braccia “Si vede allora che questi principi erano
stati messi in cantina, quando confiscammo la terra ai Pellirosse… o quando
togliemmo il Sud-Ovest al Messico… o dichiarammo guerra alla Spagna…”[5]
Maledicendo
la biblioteca della Saint Paul School
Andy deglutì nervosamente: “Beh… nessun Paese perpetua indefinitamente nel
tempo i politici migliori. Non puoi negare che, nell’epoca presente, i peggiori
si trovano tutti dall’altra parte… perlomeno in senso relativo!”
Candy
fu costretta ad annuire: “Questo te lo concedo… ma anche tu non puoi negare
che, ancora una volta, si sia lasciata troppo facilmente la parola ai cannoni!”
“Io
non sono di questa opinione: ci hanno provato, a trattare con quel pazzo.
Ricordi la conferenza di Monaco? Non è servito a niente: la Cecoslovacchia è
stata occupata lo stesso, anche se aveva ceduto i Sudeti. Poi i tedeschi hanno
attaccato e occupato la Polonia, poi la Danimarca e la Norvegia, poi l’Olanda,
il Belgio e la Francia… l’Inghilterra si è salvata soltanto perché è un’isola e
grazie al valore dei miei colleghi della RAF!
Poi hanno attaccato la Russia e infine istigato il Giappone ad aggredirci. Tu
lo sapevi, cara Candy, che i nipponici ci hanno attaccato proprio durante i
colloqui di pace?”
“Sì,
lo so… ma è proprio ciò che ti stavo dicendo prima: se quei pazzi di Hitler,
Mussolini e Hiroito non avessero potuto contare su tanti volontari disposti a…”
“Non
è una questione di volontari” lo interruppe lui “in quelle dittature ti
comandano di partire e tu vai. Non è consentito il dissenso, pena la vita!”
“Oh,
senti… non verrai a dirmi che laggiù non esistono volontari…!”
“Certo
che esistono, ma la maggior parte sono dei fanatici… persone indottrinate dal
regime fino a convincersi che la prosperità del proprio Paese si ottenga con la
sottomissione di quelli altrui, che ritengono abitati da popoli inferiori!”
Sospirando,
Candy guardò l’amico con uno sguardo obliquo, intriso di materna benevolenza:
“Andy, tesoro… perdonami, se te lo dico… ma sei proprio sicuro che non abbiano indottrinato un po’ anche te…?”
“No
davvero” il suo quasi omonimo scosse la testa, mantenendo un’espressione molto
seria “vedi, Candy, io ci sono stato, in Germania… e ho visto!”
“Che
cosa hai visto?”
“Ho
visto le adunate dei militi che marciavano al passo dell’oca. Ho visto gli
occhi dei giovani e degli anziani… e ancor peggio delle donne” lei sussultò
leggermente “fissare il loro fuhrer
in piena adorazione! Ma soprattutto ho visto le ordinanze contro gli ebrei e
quei disgraziati che circolavano con la stella gialla sul pastrano e gli occhi
velati dalla paura. E poi, quella volta, in quel parco di Berlino…”
“Cos’è
successo…?” lo incalzò Candy, con la massima attenzione.
“Ho
visto due ragazzi della Hitlerjugend[6]
pestare a sangue un povero vecchio, con sua moglie che urlava supplicando verso
due poliziotti di ronda… mentre quelli assistevano alla scena, sghignazzando!”
L’amica
rimase senza fiato. Poi sussurrò, timorosa della risposta: “E tu… che cos’hai
fatto…?”
“Beh…
naturalmente ho visto rosso e sono scattato, a dispetto dei richiami del mio
superiore, che era con me… ho afferrato per la collottola uno di quei
mascalzoni e l’ho steso con un uppercut ben piazzato! Naturalmente quei dannati
sbirri stavano per avventarsi su di me, quando il nostro addetto aeronautico ha
mostrato al più anziano le sue credenziali diplomatiche… così si sono limitati
a dividerci e a riaccompagnarci in ambasciata.”
“E
com’è finita?” chiese ancora Candy, ansiosamente.
Andy
alzò le spalle: “È finita che ho dovuto sorbirmi una filippica interminabile
dal nostro ambasciatore… e il giorno dopo stavo già volando verso la Svizzera,
espulso dal Paese! Non ti nascondo che quell’incidente ha avuto un certo
strascico sulla mia carriera… ma avevo imparato una cosa…”
“Quale?”
“…che
purtroppo il diritto ha bisogno della forza, per essere applicato” sospirò lui,
stancamente “e che certe ideologie perverse non si sconfiggono col dialogo e la
diplomazia, ma solo neutralizzando la potenza militare che le sostiene. Vedi,
Candy… io ero entrato in aviazione soltanto per acquisire in modo rapido le
competenze che mi permettessero, una volta congedato, di guadagnarmi la vita come
pilota civile…”
“Ma
se sei entrato in Accademia…!” lo interruppe lei, con una nota di scetticismo.
Lui
voltò le mani in su: “Soltanto perché i miei genitori pretendevano da me
un’istruzione superiore. Ti assicuro che sono stati i quattro anni più lunghi della
mia vita e se sono riuscito a superarli è stato solo per il desiderio di
passare successivamente alla Scuola di Volo!”
“E
ora…?”
“Che
cosa?”
“Sei
contento di essere un soldato?”
Andy
la guardò per un lasso di tempo abbastanza
lungo, poi rispose serenamente: “Diciamo che sono contento di poter dare il mio
contributo per abbattere le tirannie del nostro tempo… e per far sì che mia
moglie e mio figlio vivano domani in un mondo migliore di quello attuale!”
Dalla
voce ferma e dalla limpidezza del suo sguardo, la dolce Candy non ebbe più
nessun dubbio sulla sua buona fede. Avvicinatasi a lui, alzò la mano destra per
accarezzarlo sulla guancia: “Promettimi solo una cosa…” mormorò.
“Quale…?”
“…fa’
in modo di esserci anche tu, insieme con loro!”
Andy
ebbe un guizzo, ma poi annuì, con un pallido sorriso: “Farò del mio meglio…!”
La
biondina gli scoccò un tenero bacetto sulla guancia e se ne andò. Camminando
lungo il corridoio per tornare alla sua corsia si rese conto di capire meglio
l’eroico stoicismo di Flanny nel sopportare tutta quella tensione. Qualche
tempo prima, quando le aveva raccontato della sua povera amica Patty,
rammaricandosi di come quest’ultima non avesse cercato di dissuadere il suo
ragazzo dal partire per la Cina, la signora Greason aveva pronunciato una frase
che adesso Candy ricordava chiaramente: “Quando un uomo mette in gioco la
propria vita per quello in cui crede, la
sua donna tiene la bocca chiusa!”
***
Dopo
avere attraversato il posto di controllo della base di Lafayette Field, ubicata poche miglia a nord della cittadina
portuale di Newhaven, Andy Greason arrestò la jeep davanti alla palazzina del
comando, varcò l’ingresso e si recò immediatamente nell’ufficio del Servizio
Informazioni, seguito dalle due donne. Al suo avvicinarsi un aitante capitano
si alzò di scatto dalla scrivania: “Buon pomeriggio, signor generale!”
“Salve,
Ferguson… dov’é il colonnello Richardson?”
“Su
alla torre, assieme al maggiore Lang e al capitano Swanson. Stanno aspettando
il contatto del nuovo equipaggio, in arrivo dall’Irlanda del Nord.”
“Allora
vado là. Ragazze” le due interruppero la loro sporadica conversazione per
voltarsi verso di lui “se volete, potete aspettarmi qui: il gabbiotto della
torre non è un luogo particolarmente confortevole!”
“Staranno
più comode nell’ufficio del colonnello, signore” intervenne l’ufficiale dell’Air Intelligence “le accompagno io!”
“Non
importa: sono così stanca che mi basterà quella poltroncina!” rispose Flanny,
stoica come sempre.
“Per
me va bene anche questa sedia” aggiunse Candy, servendosene “tu va’ pure, Andy:
noi restiamo qui. Sempre se non la disturbiamo!” concluse, diretta a Ferguson.
“Niente
affatto” rispose questi con un largo sorriso “il piacere sarà tutto mio…!”
“Bene”
approvò il generale, con un sommesso borbottio “allora ci vediamo più tardi.”
Greason
si richiuse la porta alle spalle, mentre le due amiche si guardavano
ammiccando, coprendosi la bocca per trattenere un risolino.
“Gradite
un caffè, signore?” chiese il capitano avvicinandosi ad un bricco posto sopra
un tavolinetto.
“Sarebbe
proprio quel che ci vuole!” approvò Flanny.
Anche
Candy assentì: “Sono d’accordo.”
Dopo
avere versato il bricco nella tazza che aveva porto alla moglie del generale,
Ferguson passò a servire la sua collega: “Ecco a lei, signora!”
Candy
arrossì: “Signorina, prego!” lo corresse poi, con lieve moto di disappunto.
“Ah,
mi perdoni…” si scusò il capitano, con leggero imbarazzo “…ma è la prima volta
che la vedo capitare da queste parti. Anzi, se permette” riallargò il sorriso e
si portò scherzosamente la mano alla fronte “capitano Lionel Ferguson!”
“Molto
piacere” le rispose la giovane, mantenendo però un sorriso distaccato “Candice
White!”
“Incantato,
miss Candice… posso chiamarla Candy, vero?”
“Se
proprio ci tiene…”
*Già…
ad andare in cerca di guai!* commentò Flanny, fra sé e sé, assistendo divertita
a quel vano corteggiamento. Aveva ancora ben impresso nella mente il primo
incontro fra il marito e un affermato attore di Broadway, terminato - a causa
di un malinteso - col ricovero precauzionale di entrambi gli interessati
(l’incidente aveva quasi messo a repentaglio la saldezza dell’alleanza
anglo-americana)!
“Ma
lo sa che è davvero curioso?” disse ancora l’ufficiale “Avevo già sentito il
suo nome, di recente!”
“Davvero?”
Candy pensò bene di sgonfiarlo un po’ “Sarà stato durante una libera uscita…!”
disse strizzando l’occhio all’ex condiscepola, che le sorrise compiaciuta,
pensando: *Finalmente sei cresciuta, ragazza!*
“No,
no… niente del genere” obiettò Ferguson, arrossendo a sua volta “l’avevo solo
letto sopra uno dei miei moduli… dov’é che l’ho messo? Ah, eccolo qui…”
Le
due infermiere stavano fissandosi nuovamente con aria interrogativa, prima di
tornare a guardare il capitano: “Eh, volevo ben dire: è proprio il B-17 che stiamo aspettando… numero di
matricola 229815, identificativo Delta-Fox-Fox[7]… nome
di battesimo Candy Candy… ufficiale
pilota…”
“Senti
senti” saltò su Flanny, sorridendo maliziosa all’amica, ma avendo più che altro
lo scopo di scoraggiare ancor di più l’intraprendente giovanotto “non è che a
bordo ci sarà qualche altro tuo spasimante?”
“Tsk…
temo proprio di sì…!” rispose Ferguson per lei, visibilmente contrariato.
Notando
che il bel viso della compagna manteneva un’espressione più sgomenta che
stupita, la buona Flanny pensò bene di dare un taglio all’umorismo: “Via, cara:
stavo scherzando. Non avertene a male, ma in America sono milioni le ragazze
che si chiamano come te…!”
L’interessata
si riscosse e parve ripetersi ciò che aveva sentito, sebbene ci fosse un
particolare che non la tranquillizzava nemmeno un po’…
“Col
nome doppio…?” chiese poi, con voce
un po’ tremula.
Colpita
da questa osservazione, la mora si accigliò e si rivolse a Ferguson, che era
rimasto immobile col modulo in mano e la faccia ormai priva d’ogni residua
baldanza: “Capitano, sarebbe così gentile da leggerci la lista di
quell’equipaggio?”
L’ufficiale
fece una smorfia: “Sono dolente, signora Greason… ma il regolamento non mi
permette di passare un’informazione riservata a delle civili!”
Dopo
avere inspirato una copiosa boccata d’aria, la moglie del generale cominciò a
numerare con le dita: “Primo, noi due non siamo civili qualunque, ma infermiere
assegnate all’assistenza delle forze armate. Secondo, lei sta parlando con la
moglie del comandante in capo dell’intera Forza Aerea. Terzo, stava per
passarci lei stesso quest’informazione riservata solo pochi istanti fa, prima
che io la interrompessi. Quarto…” qui schiarì la sua tipica grinta, facendo gli
occhi dolci a quel ganimede gallonato “…suvvia, sia gentile e faccia uno
strappo. La mia collega è persona fidatissima: garantisce mio marito, per lei.
E poi non lo vede com’è turbata? Non potrebbe certo, nelle sue condizioni,
assistere ancora con efficienza i nostri
ragazzi!”
Lionel
Ferguson spostò lo sguardo dalla coduta infermiera bruna alla collega dagli
stuzzicanti codini biondi e alla vista di quegli imploranti occhi celesti si
rassegnò a rischiare la carriera. Riabbassato il viso, sciorinò allora
meccanicamente e con voce atona i dieci nominativi che avevano dattilografato
su quel maledettissimo pezzo di carta.
***
“Torre
di Lafayette a Fox Otto-Uno-Cinque[8]…
siete autorizzati a scendere sulla pista 1: vento di 4 nodi a favore. La
squadra antincendio è già in posizione. Benvenuti a Newhaven, ragazzi!”
annunciò il sergente Johnson, marconista della torre di controllo.
“Delta-Fox ricevuto… salute a voi.
Teneteci pronto qualcosa di caldo!” rispose una giovane voce dal marcato
accento campagnolo.
“Nessun
problema, Delta-Fox” rispose il
marconista “dopo il rapporto sul trasferimento, potrete scolarvi tutto il caffè
che volete!”
“Ci
occorrono anche dei letti decenti, se non è chiedere troppo!” aggiunse una voce
più matura, dal tono decisamente più snob.
“Faremo
il possibile, comandante” disse ancora il sergente Johnson “per ora vogliate
procedere con l’atterraggio. Passo e chiudo!”
Il
colonnello John Bart Richardson, comandante del 22° Gruppo da Bombardamento, si
girò verso il generale Greason, suo vecchio compagno d’Accademia: “Esigenti, i
nuovi acquisti, non è vero?”
“Già…
soprattutto il capo-equipaggio. Speriamo bene!” rispose costui.
“Dopotutto,
lo hai scelto tu…!”
“Sì,
ma non è che avessi molte alternative. L’Ottava e la Quindicesima possono
permettersi di pretendere il meglio, in quanto a equipaggi, ma noi…”
“Simpatici,
Eaker e Doolittle,[9] a lasciarci gli scarti di
magazzino…!”
“Che
ci vuoi fare?” Andy allargò le braccia “Con la scusa che la nostra è una forza
jolly per impegnare i crucchi nella Francia settentrionale, in vista del futuro
sbarco e che noi, del suo Stato Maggiore, siamo speciali nell’estrarre il
meglio da tutti i complementi, perché mai dovrebbero mandarci il personale
uscente dalle migliori selezioni?”
“Un
ragionamento davvero calzante” grugnì ancora Richardson “anche se potevano
almeno evitare di scaricarci elementi con trascorsi disciplinari…!”
“In
guerra non si può scartare nulla” sospirò ancora il generale “in fondo, tutto
l’equipaggiamento che ritenevamo necessario per svolgere il nostro compito, ce
l’hanno concesso: volevamo i razzi aria-terra per distruggere i convogli
tedeschi nelle retrovie e ce li hanno mandati; volevamo le Fortezze Volanti per
spianare gli scali ferroviari e i depositi logistici e le abbiamo avute. Non
potevo fare il difficile con Arnold e Spaatz,[10]
anche sugli equipaggi!”
“Non
si preoccupi, signore” intervenne un ufficiale dalla corporatura robusta e i
lineamenti marcatamente teutonici “se occorre dare loro una raddrizzata, provvederò
io!”
Il
comandante della Decima FA si voltò verso il comandante della 66a
Squadriglia, che avrebbe preso in consegna il nuovo equipaggio, sorridendogli
con fiducia: “Conto su di lei, Buck… so che ne farà dei veri uomini!”
“Ci
può scommettere” confermò il maggiore dalla capigliatura biondiccia “quel
signorino imparerà alla svelta che qui non siamo nell’alta società!”
“Hai
poi deciso di metterlo in pattuglia con Swanson?” domandò il comandante di
gruppo.
“Sì,
colonnello. Mi sembra la soluzione migliore: Nat è un capo-pattuglia di polso e
Askey, il suo gregario destro, è un ottimo elemento, soprattutto nel rispetto
delle procedure. Compenserà le deficienze dell’altro, finché dureranno.”
“Beh,
mi pare azzeccato” approvò Andy “d’altra parte, Buck, lei ha già il suo daffare
nel controllare uno come Morrison!” concluse con un ghigno.
“Non
me lo dica, signore” sbuffò Lang “per fortuna il problema riguarda soltanto la
libera uscita, perché in volo è un gran bravo pilota!”
“Ehi…
che diavolo succede, là fuori…?!” esclamò improvvisamente Richardson.
Anche
gli altri notarono l’agitazione apparsa di colpo sul terrazzo della torre e si
affrettarono ad uscire dal casotto. Andy si avvicinò ad un ufficiale munito di
binocolo, affacciato alla ringhiera che dava sul piazzale.
“Che
succede, capitano?”
“Non
capisco, signore… guardi laggiù!”
Puntando
l’occhio nella direzione indicata il generale si accorse di un gruppo di avieri
che stava rincorrendo freneticamente una jeep, sopra la cui parte posteriore un
vistoso pannello giallo riportava la scritta nera Follow Me.[11] Era
la vettura segnalatrice che veniva mandata incontro agli aerei che atterravano
sulla base per la prima volta, in modo da guidarli verso le piazzole di
parcheggio. La sua presenza nell’attesa del nuovo B-17 era quindi del tutto normale, ad eccezione di quel misterioso
inseguimento.
“Santo
Cielo… sarà mica un sabotaggio?!” esclamò il capitano Nathan Swanson, temendo
si trattasse di un agente nemico che si fosse impadronito del veicolo per
impattarsi contro la Fortezza e farla saltare in aria! Ma il cervello di Andy
Greason, allenatissimo a elaborare tutte le situazioni in maniera pressoché
istantanea, realizzò che un sabotaggio simile non era molto pratico, perché i
serbatoi del velivolo dovevano essere ormai quasi vuoti, dopo le ultime 355
miglia da Belfast (dove veniva eseguito un rifornimento appena sufficiente) e
le probabilità di distruggere completamente il bombardiere sarebbero state
troppo basse per pagarle con la “bruciatura” di una spia.
“Mi
dia quel binocolo, Dumfryes…!” ordinò al responsabile del controllo aereo.
Andy
puntò le lenti verso il segnalatore, sempre inseguito da tre componenti del
personale di terra, mentre dalle baracche del presidio aeroportuale stavano
sopraggiungendo altre quattro jeep gremite di soldati e munite di
mitragliatrici Browning da mezzo
pollice. Subito dopo fu costretto a deglutire per combattere lo sconcerto,
mentre scuoteva incredulo la testa. Poi si affrettò a rientrare nel casotto,
dov’era piazzato un microfono collegato all’impianto per le comunicazioni.
Pochi secondi più tardi la sua chiara voce si diffondeva attraverso gli
altoparlanti per tutta la base: “Messaggio per le squadre della sicurezza:
ordine tassativo di non aprire il
fuoco. Ripeto: non aprite assolutamente
il fuoco…!!”
Quindi
uscì di nuovo per dirigersi alla scala esterna che collegava il terrazzo col piano inferiore: “Andiamo giù, presto!” disse ai
suoi subordinati, che lo guardavano cogli occhi fuori dalle orbite.
“Ma
chi diavolo sta portando quel seguimi...?!”
chiese Richardson, al colmo dello stupore.
“Soltanto
la sanità… ma non è quella di questa base….!” rispose asciutto il generale
mentre scendeva le scale precipitosamente.
***
Per
quanto Flanny Greason potesse ormai asserire di conoscere piuttosto bene la sua
collega di lavoro e passata compagna di studi alla Scuola Mary Jane, doveva pure ammettere che la sua capacità di
stupire rimaneva sempre abbastanza efficace.
Nell’udire
il primo nome contenuto nella lista di Ferguson, la nostra amica aveva sbarrato
gli occhi; al secondo aveva sussultato e al terzo aveva stretto i pugni…
all’ultimo s’era infine alzata con un’aura talmente nera da indurre il non più
esuberante ufficiale a nascondere parzialmente la sua faccia dietro al modulo
che teneva in mano. La stessa Flanny - ed era tutto dire - s’era leggermente
spaventata davanti a quello sguardo che
avrebbe potuto incenerire anche un blocco di cemento armato!
Senza
pronunciare nemmeno mezza sillaba, la fiera Candice White Andrew girò
repentinamente su sé stessa e si fiondò fuori dal comando, dirigendosi verso le
piste di volo. Ai bordi della numero 1, un nutrito gruppo di aviatori stava
osservando la discesa finale di un Boeing
B-17 F dipinto nella mimetica da guerra,[12]
sulla quale spiccavano le vistose insegne gialle di reparto.
“Eccolo
là” commentò un ufficiale pilota dall’aspetto un po’ imberbe, ma dal deciso
sguardo d’acciaio “finalmente è arrivato il rampollo di buona famiglia…!”
“Già,
ho sentito parlare di lui” rispose un suo collega coi gradi di tenente “cognome
altolocato e curriculum censurato” poi ridacchiò, divertito dalla sua stessa
battuta “perlomeno dal punto di vista disciplinare!”
“Il
fatto curioso” aggiunse un terzo ufficiale dai capelli ricci “è che i suoi compagni
non sono affatto altolocati: pare che alcuni di loro provengano addirittura da
un orfanotrofio!”
“Beh,
mi sembra logico” commentò un altro tenente, dai capelli a spazzola “tutte le
mele marce in un paniere…!”
“C’è
poco da ridere, Irwing” lo riprese il suo comandante, passandosi una mano sui
capelli corvini “ci dovremo volare noi, in pattuglia con quelli!”
“Oh,
non temere, Al” ribatté l’interpellato, con noncuranza “ci penserà la Luftwaffe a drizzargli la schiena, se
non lo ha già fatto il riformatorio!”
“MA
COME SI PERMETTE…??!!”
Il
gruppetto di ufficiali, appartenente al bombardiere che sarebbe diventato il
compagno d’ala di quello che stava arrivando, girarono la testa per trovarsi di
fronte a “un gran bel pezzo di figliola” (questo fu il giudizio mentale del
tenente Sergio Mantano, co-pilota del Saint
Tail), la cui avvenenza rimaneva purtroppo parzialmente offuscata da una
collera davvero notevole. Discretamente imbarazzato, il tenente Irwing Seaton
l’apostrofò con un timido sorrisetto che illuminò timidamente la sua faccia da
moccioso: “Mi scusi, signorina… ho forse detto qualcosa che non va?”
“Per
sua regola, quello non è affatto un riformatorio,
bensì un orfanotrofio! E quelli non sono dei poco di buono… non tutti, almeno”
iniziò a tremarle la voce “sono solo… dei disgraziati…!”
“Se è per quello, sorella “intervenne
amaramente il capitano Alan Askey “quaggiù siamo tutti dei disgraziati!”
L’infermiera
lo guardò duramente, per poi annuire: “Ha ragione… ma quelli lo sono di più!”
“E
perché?” chiese l’ufficiale da capelli ricci, che rispondeva al nome di Rory
McChuck “Hanno solo staccato un biglietto per venticinque missioni di guerra,
esattamente come noi. Cos’hanno di speciale?”
La
dolce Candy squadrò severamente anche quel ragazzo, mentre sentiva la collera
trasformarsi fatalmente in malinconia.
“È
inutile” gli rispose, con gli occhi leggermente umidi “tanto lei non potrebbe
capire!”
“Via,
non si disperi” intervenne il tenente Mantano, con un sorriso ammiccante
(proveniva dalla scuola di Ferguson) “ho sentito che fra non molto i nostri
caccia disporranno dei nuovi serbatoi di riserva per poterci scortare fin sopra
Berlino… e se riusciremo a ridurre le
perdite delle incursioni al di sotto del 4%, avremo finalmente la speranza di
tornare tutti a casa!”
L’infermiera
impallidì: “Co… come dice?” balbettò “Sol… solamente col quattro per cento…?!”
“Eh,
sì” le rispose il capitano Askey, gran patito della matematica “lei capisce:
anche al rateo del 4%, con venticinque missioni da compiere, ciascuno di noi è
già teoricamente morto…!”[13]
A
quella crudissima osservazione la giovane donna s’impietrì, per portare poi le
mani a comprimere le sue dorate chiome ricciolute, mormorando: “Non può
essere…!! Anche loro, no…!! Mio Dio…!!”
“Candy…”
la chiamò piano la sua collega, che l’aveva raggiunta silenziosamente.
“Ma
perché…? PERCHÉ, SANTODDIO…??!! PERCHÈÈÈ…???!!!” urlò quell’altra, disperata,
stringendo i pugni e chiudendo gli occhi. Quando li riaprì poté rivedere tutti
i presenti che le stavano sempre intorno, guardandola con muta e sincera
comprensione, congiunta ad una viva quanto grata simpatia. I suoi occhi si
posarono poi su quel bombardiere che
aveva già appoggiato le ruote principali sulla pista, a circa mezzo miglio da
loro e adesso abbassava dolcemente la coda per posare anche il ruotino. Una coppia di avieri si stava nel frattempo
avvicinando ad una jeep, sulla quale era montato un traliccio reggente un
cartello con la scritta seguimi,
sormontato da due fanalini di segnalazione.
“Dai,
Jeff… andiamo a prendere i nuovi polli!” disse uno di loro.
A
sentire quell’ultima “spiritosaggine” la povera Candy non poté più dominarsi.
Scattò verso la vettura, scansò bruscamente l’aviere più vicino e si piazzò al
volante. Prima che i due specialisti potessero riaversi dalla sorpresa, videro
il seguimi dirigersi a tutta birra
verso la Fortezza, facendo lampeggiare le sue luci arancioni.
Quando
fu in grado di connettere, l’aviere scelto Jeff Bowman parlò lentamente al
collega: “Sai… quand’è scoppiata la guerra mio cognato faceva il tassista a
Honolulu. T’ho mai raccontato cosa gli è successo?”[14]
***
“Porca
vacca” esclamò sbadigliando il giovane co-pilota che aveva dialogato con la
torre, mentre si stiracchiava con voluttà “sono pieno di crampi dappertutto…
scambierei volentieri il purosangue che mi ha donato l’anno scorso il mio
vecchio per un morbido materasso di piume…!”
“Bel
cow-boy degenerato, che sei” ribatté alle sue spalle il motorista, un ragazzo
dall’aspetto decisamente più maturo “hai pronunciato una vera bestemmia!”
“Lo
spirito è forte, Tom, ma la carnaccia è debole! Da quante ore siamo volo?
Dodici o quindici…?”
“Tolte
le soste, dal decollo al Mitchell sono
esattamente tredici ore e ventitre minuti!” lo informò il navigatore, dal
comparto di prua.
“Ouch…!
Facevi meglio a non rispondermi, Cookie” gemette il co-pilota, grattandosi la
schiena “come va il tuo mal d’aria, piuttosto?”
“Mi
ha piantato in mezzo all’Atlantico, Jimmy… e spero che rimanga laggiù!”
“Ancora
non capisco che ci fa in aviazione uno come te” intervenne il puntatore,[15]
seduto vicino a lui “col tuo curriculum nel servizio mercantile, se ti fossi
arruolato nella Navy, a quest’ora saresti già vice-ammiraglio!”
“Può
darsi, Charlie. Ma quando la Seagull
è stata colata a picco da quell’U-Boat e mio suocero è tornato a casa più morto
che vivo, Sandra me l’ha proibito tassativamente!”
“E
tu, da bravo marinaio, hai eseguito in silenzio.” commentò il marconista, con
ironia.
“Esattamente,
Gil!”
“Dolce
tirannia, il tuo nome è femmina” decantò nuovamente il secondo pilota, voltando
poi la testa verso il posto di sinistra “vero, capo?”
“Falso,
Jimmy” rispose secco il comandante, muovendo le manette per togliere potenza
“per quel che riguarda me, era piuttosto amara!”
“Scusami,
Neal… dimenticavo!” mormorò allora il compagno, con un guizzo.
“Lascia
perdere e abbassa quelle ruote!”
Il
co-pilota azionò allora l’interruttore per la discesa del carrello,
controllando che la successiva accensione della spia verde confermasse
l’avvenuto bloccaggio. Tenendo quindi d’occhio l’indicatore di velocità, il
tenente Curtright iniziò a scandirne i valori per dar modo al capitano Legan di
regolarsi sulla manovra: “220 nodi… 200… 180…”[16]
“Giù
i flaps!” ordinò il comandante.
“Fatto!
150 nodi… 120… 90…”
Due
colpi ovattati, uniti a un leggero stridore,
annunciarono che le ruote anteriori avevano toccato il cemento della pista.
Neal richiamò dolcemente la cloche per consentire alla coda di abbassarsi e
quando toccò terra anche il ruotino, Jimmy lo sbloccò per lasciarlo libero di
sterzare. Il Candy Candy si era
finalmente posato sul suolo britannico.
Premendo
entrambi i propri pedali, i due piloti agirono sui freni, in modo che la velocità
del bombardiere si riducesse a quella normale di rullaggio.
“Sta
arrivando il seguimi!” annunciò il
tenente Charlie Boyle, osservando l’esterno dall’estremità del muso di
plexiglas.
“Vedo”
confermò il navigatore Cookie Laffey “ma che diamine fanno? Dovrebbero girarsi
col cartello verso di noi!”
Stranamente
il veicolo segnalatore, invece di eseguire l’approccio regolamentare, mantenne
il muso puntato verso la Fortezza, fino ad arrestarsi in mezzo alla pista, più
o meno a una trentina di metri…
“Che
mi venga… ferma, lassù…!!!” gridò Charlie, piuttosto allarmato.
Legan
e Curtright spinsero i pedali a fondo e il primo pilota tolse completamente il
gas: “Che cazzo succede??” domandò, abbastanza alterato.
“Non
lo so, ma qualcosa non va” convenne il suo secondo, slacciando la cintura e
togliendosi la cuffia della radio “tieni i motori accesi, Neal, scendo a
vedere!”
“Bene…!”
grugnì quest’ultimo.
Il
piccolo Jimmy girò attorno al suo sedile e s’infilò nella botola che metteva in
comunicazione la cabina di pilotaggio col comparto inferiore. Raggiunto quindi
il portello di uscita, si affrettò a spalancarlo…
***
Qualche
attimo prima la jeep con a bordo Andy Greason, John Bart Richardson, Buck Lang
e Nathan Swanson raggiungeva il bordo della pista n°1, dove gli altri equipaggi
della 66a Squadriglia stavano commentando animatamente l’accaduto.
Mentre arrestava la vettura il generale sentì la moglie che diceva al
comandante Askey: “Le sue spiegazioni sono state precisissime, capitano. La
ringrazio di cuore, soprattutto da parte della mia collega…!”
“Mi
spiace molto di averla impressionata, signora. Ma d’altra parte…”
“Flanny,
presto: monta su…!” le gridò suo marito.
Mentre
tutti scattavano sull’attenti salutando militarmente il comandante in capo,
l’infermiera si affrettò a montare sulla vettura, dopo che il colonnello
Richardson le aveva ceduto il posto. Con la sua abituale prontezza di riflessi,
il generale aveva compreso immediatamente come prepararsi ad affrontare meglio
quella bizzarra situazione.[17]
La
jeep ripartì di scatto verso il punto della pista dove la loro amica aveva
arrestato il seguimi, per avvicinarsi
poi al rullante bombardiere e bloccarsi di fronte ad
esso con le mani sui fianchi e i codini piegati in avanti dal risucchio delle
eliche. Ciò che l’aveva fermata era stata la vista della figura che decorava il
muso dell’aereo: una ragazza dalla bizzarra acconciatura bionda ornata da due
fiocchetti rossi, “austeramente” ricoperta da una spartana salopette di jeans e
da una camicetta a righe.[18] Alla
sua destra compariva, in caratteri gialli semicubitali, un nome uguale a quello
che aveva sentito dal capitano Lionel Ferguson.
“Ma…
ma quell’aereo…!!” esclamò Andy Greason a bocca aperta, non appena la sua vista
acuta gli permise di discernere a sua volta le fattezze di quella
personalissima “pin-up”. Anche Flanny riconobbe la figura, senza che la cosa
provocasse la minima incrinatura nella sua proverbiale compostezza.
“Ahimè,
non era una coincidenza…!” mormorò soltanto fra i denti.
Risoluto
a capirci qualcosa il suo consorte accelerò la marcia,
ma prima che potessero giungere sul posto, avvenne un radicale mutamento di
scena…
Si
vide il portello di prua richiudersi con violenza dopo che un membro
dell’equipaggio si era già affacciato. Si videro le quattro eliche riprendere a
girare vorticosamente, mentre il timone di coda piegava tutto a destra in
compagnia del sottostante ruotino, in modo da permettere al velivolo d’infilare
repentinamente un provvidenziale taxi-way[19]… si
vide insomma il Boeing B-17 Flying Fortess modello F numero di
matricola 229815, sigla identificativa DF-F,
battezzato col nome di Candy Candy
uscire dalla pista numero 1, percorrere il raccordo suddetto, raggiungere il
piazzale di parcheggio centrale, attraversarlo, infilare un secondo raccordo,
prendere la pista numero 3 e ridare tutta potenza ai quattro motori Wright Cyclone per ridecollare in pochissimi istanti fra lo sbigottimento generale
dell’intera base di Lafayette Field e a dispetto degli isterici
messaggi lanciati dal marconista Curly Johnson: “Torre a Delta-Fox…!! Torre a Delta-Fox…!!
Che diavolo di cacchio fate…?? Tornate giù immediatamente…!!!”
Ma
il sergente Gilbert Evans, ex distributore di giornali nella solatia Florida,
non rispose alle chiamate della torre. Aveva i suoi buoni motivi per questo,
anche se meno “tangibili” rispetto ad altri suoi compagni di equipaggio!
***
Andy
Greason, fermata bruscamente la sua jeep accanto a quella del seguimi, era disceso dirigendosi verso
la collega di sua moglie, ben deciso a ottenere una spiegazione plausibile per
il suo comportamento eterodosso (frammenti di conversazioni avute con Flanny e
coi coniugi Cornwell facevano diabolicamente capolino nella sua mente). Quando
prese però coscienza di ciò che stavano facendo i nuovi complementi li rincorse
istintivamente per una manciata di metri, dopodiché allargò le braccia
sconsolato per farsele ricadere sulle cosce. Si portò la mano alla fronte,
scosse ancora la sua povera testa intronata e guardò in viso il maggiore Lang,
che lo aveva rapidamente raggiunto.
“S’incomincia
proprio bene…!” commentò il comandante di squadriglia.
“Ma
che succede, qui…?!” sibilò il generale, rifiutandosi di credere a ciò che
aveva visto.
“Non
capisco neanch’io, signore” osservò pacatamente il capitano Swanson “a quanto
pare sono ripartiti…!”
“MA
COSA SONO, SCEMI…??!! Avranno si è no carburante per dieci minuti! E per andare
dove…? Cosa diavolo gli ha preso?!”
“Lo
sa soltanto il diavolo” replicò il maggiore Lang, grattandosi il mento irsuto
“sembra che qualcosa li abbia spaventati!”
“E
SI PUÒ SAPERE COSA CACCHIO POTREBBE AVERLI…” mentre urlava, ormai fuori di sé,
Andy incrociò lo sguardo della sua “quasi omonima”, la cui cupezza, tutt’altro
che comprensiva, bastò a dissipare le sue restanti perplessità. Prese allora un
respiro profondo, raddrizzò le spalle quasi a rischio di cascare all’indietro e
si piantò a mezzo metro da lei, fissandola con decisione nei suoi bellissimi
occhi azzurri.
“Candy…
credo tu mi debba delle spiegazioni!” esclamò, con le mani sui fianchi.
Lei
scosse leggermente la testolina dorata: “Ti sbagli, caro: sei tu che le devi a me!!” rispose con tono glaciale tenendo le braccia conserte.
“Okay,
vedo che dobbiamo parlare. Maggiore…”
“Comandi!”
sospirò il leader della 66a Squadriglia.
“Tornate
alla torre e fate rientrare quei disgraziati. Dite loro che, qualunque cosa abbiano visto, non la
ritroveranno qui nuovamente. Chiaro?”
“Affermativo.
Andiamo, Swanson!”
“Signorsì…!”
rispose il capitano.
I
due ufficiali montarono sul seguimi e
ripartirono alla volta della torre di controllo, mentre il comandante della
Decima Forza Aerea risaliva sull’altra jeep assieme alla donna che aveva
ispirato il nome all’aeroplano dei fuggiaschi. La vettura si mise quindi in
marcia verso l’uscita della base e la signora Greason, che era sempre rimasta a
bordo senza spiccicare una parola, guardò preoccupata il marito sedere al
volante, scuro e taciturno. Osservando poi di sfuggita anche il viso della
collega, se possibile ancora più nero, le venne una stretta al cuore: *Mi
dispiace, tesoro… temo proprio che tu sia nei guai!*
E
mentre lo pensava gli stringeva affettuosamente la spalla destra.
[1] Piccolo centro portuale sulla costa della Manica, più o meno a metà strada fra la città di Brighton e la punta di Beachy Head. Flanny ed il suo staff vi si erano fatte trasferire dopo la costituzione della Decima Forza Aerea, stanziata nelle due nuove basi vicine.
[2] Più di
[3] Poco più di
[4] Se vuoi la pace prepara la guerra.
[5] A seguito della strage di Forte Alamo (1845) il governo del Presidente James F. Polk dichiarò
guerra a quello messicano del generale Fernando Lopez de Santa Anna, che si
concluse con l’annessione del Texas, del Nuovo Messico, dell’Arizona e della
California. Nel 1898, invece, le forze spagnole che cercavano di domare la
rivolta dei ribelli cubani, colpirono per errore la cannoniera americana Maine, provocando l’intervento del
governo Mc Kinley. In seguito alla sconfitta,
[6] L’organizzazione paramilitare del partito nazista, nella quale venivano iscritti i giovani tedeschi.
[7] La sigla identificativa di un aeromobile viene espressa ancora oggi mediante il cosiddetto alfabeto fonetico: A come Alpha, B come Bravo, C come Charlie, eccetera. È analogo al sistema che usiamo quasi tutti in Italia per non confondere le lettere, utilizzando i nomi delle città: A come Ancona, B come Bologna, C come Catania…
[8] Per semplicità si usava contattare i velivoli facendo riferimento alla lettera finale della sigla (che identificava direttamente l’aeroplano, mentre le prime due si riferivano all’unità di appartenenza) seguita dalle ultime tre cifre del numero di serie.
[9] Ira Eaker e James Doolittle, rispettivamente comandanti dell’Ottava e della Quindicesima Forza Aerea (schierata quest’ultima nell’Italia del sud).
[10] Carl Spaatz, comandante delle Forze Aeree Statunitensi in Europa.
[11] Seguimi.
[12] Verde oliva nelle parti superiori e grigio chiaro in quelle inferiori. Ben presto quella opaca livrea sarebbe stata abbandonata lasciando risplendere gli aerei nel loro alluminio naturale.
[13] Le maggiori perdite subite dall’aviazione americana nelle sue incursioni diurne sull’Europa occupata dai nazisti si ebbero nell’attacco alle fabbriche di cuscinetti a sfera vicino a Schweinfurt , eseguite il 17 Agosto e il 14 Ottobre 1943 (rispettivamente col 19 e il 26% di perdite fra i velivoli impiegati).
[14] Vedi capitolo 6.
[15] Addetto allo sgancio delle bombe sul bersaglio.
[16] Un nodo (o miglio marino orario) equivale a
[17] Della serie: “Mi porto dietro la mamma, ‘ché non si sa mai…!”
[18] In genere, quelle “figurine” erano decisamente più discinte…!
[19] Raccordo di congiunzione fra le piste dell’aeroporto.