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Autore: violetsugarplum    23/08/2013    6 recensioni
[AU - Amish!Blaine]
Blaine ha vent'anni, cento dollari infilati dal nonno nel taschino della camicia e una consunta valigia di cartone.
Da un po' di tempo vuole sapere cosa c'è al di là dei campi di granoturco che lo circondano e quale occasione migliore del Rumspringa per scoprirlo?
Blaine è un Amish ed è appena arrivato a Los Angeles.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Cooper Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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"Put the swing where the children want it.
The grass will grow back"


- Proverbio Amish







 

Capitolo I
The grass will grow back


Blaine fu felice di scendere dall'autobus dopo un viaggio che, a suo avviso, era durato troppo e non era stato per niente confortevole, con tutti quei rumori e odori forti che gli avevano fatto venire una spiacevole nausea, senza contare la pesante sensazione di essere squadrato dall'alto in basso dagli altri passeggeri.

Era la prima volta che lasciava l'Ohio. O meglio, era la prima volta che lasciava la piccola Westerville, il luogo in cui era nato e vissuto per venti anni, per andare in una città che non fosse la vicina Middlefield per sbrigare alcune commissioni.

Per quanto si sforzasse, ricordò di non aver mai espresso il desiderio di allontanarsi dai campi coltivati che circondavano la sua abitazione perché, in fondo, svegliarsi ogni mattina con il verde brillante dell'erba ancora bagnata dalla rugiada era una delle cose più belle che gli era mai potuto capitare. E il pesante libro rilegato in pelle nera, che ogni giorno, seduto sotto al pergolato, sfogliava con affezione e rispondeva sempre in maniera impeccabile ed esaustiva alle questioni che a volte annebbiavano la sua mente, gli ricordava che la felicità stava proprio nelle cose piccole e nella capacità di soddisfarle rispettando il prossimo senza perdersi nell'arroganza e nella superbia .

Ma quando il volume non riuscì a dar risposta alla questione 'perché, invece di pianificare il matrimonio con Mary, mi piacerebbe poter stringere la mano di Jeremiah, il figlio del pastore, così grande, forte e callosa nella mia?', capì che c'era un problema. Ed era lui stesso.

Rapidamente aveva iniziato a crescere una nuova sensazione dentro di lui: la curiosità di scoprire se c'era qualcosa come lui e, perché no, adatto a lui al di là dei silo pieni di granoturco, lontano dallo sguardo del nonno. Si era sempre sentito incompleto, come se fosse tagliato a metà, proprio come l'erba dopo essere stata appena lacerata dalle lame della falce. Non aveva osato parlarne con nessuno, nemmeno uno dei suoi fratelli o amici, se non con Kurt, da anni quello più caro di cui si fidava ciecamente. Ma Kurt, essendo un cavallo da traino, non aveva mai potuto replicare.

L'opportunità di cambiare si presentò un mattino di pioggia in cui l'acqua cadeva rumorosa giù dalla grondaia piena di foglie e i lavori erano stati momentaneamente sospesi. Doveva essere sincero, ci pensava da tanto, mesi ormai, ma non aveva mai avuto il coraggio di dirlo alla famiglia, dato che ancora ricordava sua madre piangere -un'azione che nessuno, mai nessuno, avrebbe dovuto vedere- a causa di quella ferita ancora aperta. Nemmeno per sbaglio, il nome di suo fratello Cooper era più uscito dalle labbra dei suoi parenti dopo il suo allontanamento.

Aveva appoggiato con misurata cura la zappa contro il legno spesso del capanno degli attrezzi, si era avvicinato lentamente al nonno, intento a molare la lama di un coltello, gli aveva spiegato che non si sentiva più benvenuto nel posto che chiamava 'casa' e, se si fosse sbagliato, sarebbe tornato. L'uomo non disse niente, consapevole di non poterlo fermare; si premurò solo di prendergli la consunta valigia di cartone dalla mansarda e infilargli nel taschino della camicia un biglietto da cento dollari, probabilmente prelevato dalle casse della comunità, e un biglietto di andata e ritorno.

Blaine era un Amish ed era appena arrivato a Los Angeles.

*

Rivedere Cooper dopo così tanti anni era stato meraviglioso e, anche se non era solito mostrare le sue emozioni, una lacrima quasi era riuscita a scappare dalla trappola delle sue lunghe ciglia.

Si sorprese quando il fratello lo strinse forte a sé in un abbraccio e il gesto gli fece volare via il cappello dalla nuca. L'ultima volta che l'aveva visto era ancora un bambino troppo piccolo per sapere il significato della parola 'bandito' ma abbastanza grande da capire che non avrebbe più abitato a casa con loro.

Cooper era tanto diverso da Blaine. Innanzitutto era altissimo, pieno di muscoli -messi in risalto da strategiche maglie aderenti- e aveva due enormi occhi azzurri, proprio come i loro avi della Germania, mentre Blaine... Beh, era Blaine. Più di una volta si era chiesto se fosse stato adottato perché nessun altro in famiglia aveva una cascata scomposta di riccioli scuri sulla testa ed era alto come un soldo di cacio. E, dopotutto, forse Dio aveva una ironia tutta sua se aveva trovato divertente metterlo in una famiglia di Amish.

Suo fratello, dopo interminabili lotte contro il nonno, era stato mandato via dalla comunità per inseguire il sogno di diventare qualcuno di importante e a Blaine ci volle qualche minuto prima di comprendere che non aveva salvato vite umane né era diventato un politico, ma vendeva materassi e pentole sul trentesimo canale della tv. Ma, se era un lavoro onesto, non c'era niente di malvagio.

Viveva in un appartamento nella periferia losangelina sopra una rosticceria a forni accesi ventiquattro ore su ventiquattro. “Non fare quella faccia”, gli aveva detto notando la sua smorfia leggermente disgustata. “Prima o poi ti abituerai all'odore di pollo allo spiedo.”

Nonostante questo, Blaine non poteva dire di aver nostalgia di casa perché c'erano così tante cose che non aveva mai visto prima. E questo già solo nell'alloggio di suo fratello. Ad esempio, non solo aveva l'elettricità, ma aveva addirittura l'acqua corrente e sempre calda! Non gli mancava proprio tirare su il secchio d'acqua ghiacciata del pozzo, soprattutto di prima mattina.
 

*

Pochi giorni dopo il suo arrivo, in cui aveva avuto solo tempo di disfare la valigia contenente quei pochi abiti poiché troppo preso a smanettare con quella scatola di colore nero che suo fratello aveva detto di chiamarsi 'X-Box', Cooper lo trascinò in un centro commerciale così pieno di negozi con le loro luci e musiche a volumi folli da fargli girare la testa. Era giunto il momento di fare il primo passo per integrarsi nella nuova cultura: togliersi quegli abiti consunti e trovare qualcosa di nuovo, qualcosa di 'inglese'.

La sua prima esperienza di shopping non era stata così entusiasmante come gli era stato promesso, ma almeno aveva smesso di indossare una camicia bianca ormai sformata e pantaloni che riusciva a tener su per miracolo con le bretelle e che tutti non avevano smesso di fissare, accompagnati da risatine, da quando era entrato nell'edificio. Aveva comprato, sotto l'attenta supervisione di Cooper, qualche paio di pantaloni dai colori sgargianti e, forse, perfino eccessivi, magliette scure e alcuni cardigan. Ma l'acquisto di cui andava più orgoglioso era un papillon. Non gli era mai stato concesso di indossare accessori -se non il pesante cappello di feltro per ripararsi dal sole durante il lavoro nei campi- e avere tra le mani quel piccolo fiocco di stoffa, comprato per piacere personale, per Blaine significava tanto. Era di un materiale lucido e morbido, grigio come l'asfalto su cui ogni giorno vedeva sfrecciare da lontano automobili che avrebbe tanto desiderato guidare, e sapeva di libertà. Continuò a girarselo tra le dita per parecchi minuti, sorridendo tra sé e sé e ignorando il fratello che lo incitava a provare una giacca di pelle.

Blaine poteva dire di starsi divertendo per la prima volta nella sua vita. Los Angeles non si fermava mai, proprio come i polli che ruotavano sullo spiedo sotto casa, e non era Westerville, la cui massima attrazione erano i dolcetti bruciati da sua sorella alla fine del picnic domenicale. Era veloce, viva, e non vedeva l'ora di esplorarla e, anche se non glielo disse in maniera diretta, iniziare ad essere sciolto e disinvolto come Cooper.

Una sera, in cui suo fratello non aveva voglia di riscaldare nel piccolo forno con piatto rotante -c'erano così tante cose di cui doveva imparare ancora i nomi!- un piatto di verdure lesse, mise piede in un ristorante per la prima volta. E lì fece la conoscenza di Eve, una ragazza di una bellezza quasi eterea, che portava il greve peso del nome della prima donna e che, evidentemente non approvava la scelta di abiti con cui coprire le sue grazie. Eve era la fidanzata di Cooper, anche se il fratello aveva più volte rimarcato il fatto che erano solo 'scopamici', termine che fece arrossire Blaine fino alla punta dei riccioli e quasi soffocarsi con la sua pizza ai peperoni.

Un po' gli dispiacque scoprire che Cooper non provava per i ragazzi ciò che sentiva lui perché contava di rivelargli le sue paure e insicurezze e trovare in lui un appiglio e conforto, ma non riuscire a dormire per colpa delle urla animalesche e continui colpi contro il muro che provenivano dall'altra stanza era decisamente peggio. Blaine tenne il cuscino stretto sopra le orecchie, sperando con tutte le sue forze che a Los Angeles ci fosse qualcuno in grado di capirlo e, perché no, fargli provare... E si addormentò.

*

Ogni mattina Blaine usciva e distribuiva curriculum in ogni negozio in cui entrava, ma nessuno cercava personale, sebbene dotato di buona volontà, in grado di mietere il grano, riparare lavandini e spalare letame. Un giorno seguì addirittura suo fratello sul set di una nuova pubblicità, augurandosi di essere notato da un agente, ma non funzionò. Tuttavia, grazie ad alcune strane conoscenze di Eve, riuscì a farsi assumere in un piccolo bar poco lontano dall'appartamento e dovette imparare presto a preparare caffè dai nomi e dalle miscele più strane. E pensare che a casa non aveva mai toccato nemmeno una padella, dato che quello era il lavoro che spettava alle donne.

Preferiva stare dietro al bancone fino a tardi a preparare cappuccini ed essere rimproverato dal suo datore per la sua scarsa velocità piuttosto che tornare a casa e stare attento a non inciampare sugli indumenti dei due amanti e rinchiudersi in camera, fingendo di non sentire.

La situazione era diventata insostenibile.

Era quasi l'una, le gambe e la schiena gli dolevano per aver percorso il bar almeno un centinaio di volte portando gli ordini a destra e a manca e non c'era verso che quei due smettessero o, almeno, abbassassero il tono della voce. Continuava a girarsi nel letto senza alcun risultato, poiché il sonno era sparito e non aveva intenzione di tornare. Decise allora di uscire, rimettendosi gli abiti con cui era arrivato -poiché gli altri erano tutti da lavare- e infilandosi la banconota data dal nonno nel taschino della camicia, in una direzione priva di meta e godendosi l'aria tiepida di quella notte stellata. Non aveva mai visto la città di notte ed era arrivato il momento di conoscerla.

Un passo seguì l'altro e non si accorse nemmeno di essere arrivato vicino alla zona in cui, come gli aveva detto Cooper, brulicava la vita notturna. C'era un mucchio di ragazzi, più o meno della sua età, vestiti con abiti costosi che aspettavano di entrare nei locali dall'aspetto lussuoso, così lontani da lui e dalla sua idea di divertimento. Strinse nervosamente i polsini della camicia nei pugni, sperando di passare inosservato e di continuare senza problemi la sua passeggiata. Sapeva che sarebbe potuto accadergli qualcosa di brutto e, la cosa peggiore, è che nessuno si sarebbe fermato a prestargli aiuto. Non era più nella sua comunità; era fuori e, soprattutto, era completamente da solo.

La strada erano gremite di persone e, all'improvviso, si ritrovò in mezzo ad una coda interminabile, stipato tra un ragazzo vestito da marinaio e un altro che indossava un'oscena parrucca rossa e sandali con vertiginose zeppe di sughero.

Oh, Dio, dov'era finito?

L'uomo nerboruto vestito di nero all'ingresso del locale gli chiese un documento di riconoscimento, ma Blaine capì subito che era una formalità poco importante dato che, con uno spintone, gli augurò buona fortuna e lo fece barcollare fino all'interno del locale.

Blaine non aveva mai visto -e nemmeno immaginato- niente di simile, nemmeno sforzandosi con la fantasia. C'erano uomini che ballavano insieme, coi corpi pressati l'uno contro l'altro, e donne che si baciavano tranquille, tenendo in mano bicchieri contenenti liquidi dai colori quasi fosforescenti.

Rimase impalato in mezzo all'entrata ad osservare ciò che la sua famiglia avrebbe definito come il luogo in cui risiedeva il Male in persona, fino a quando un gruppo di ragazzi che ridevano allegri gli passò a fianco. Decise di seguirli ma, trovandosi subito a disagio a causa dei loro sguardi che indugiavano un po' troppo, si diresse verso il bar. Magari un tè freddo avrebbe potuto farlo sciogliere un pochettino e godersi la serata più assurda della sua vita.

Cercò di attirare l'attenzione del barman senza riuscirci ed era a tanto così dall'accasciarsi sul bancone, ormai sconfitto dalla vergogna e dalla stanchezza, quando davanti a lui il ragazzo poggiò poco delicatamente un bicchiere stracolmo di quello che era proprio tè. Accidenti, se fosse stato anche lui in grado di leggere la mente delle persone, sarebbe stato un barista perfetto!

Giocherellò con la cannuccia, facendo vorticare i cubetti di ghiaccio, e assaggiò assetato il liquido ambrato. Mancò poco che lo sputasse. Bruciava come il fuoco e si sentì subito la gola chiudersi di scatto. Era senza ombra di dubbio un alcolico e Blaine non aveva mai bevuto niente di simile, siccome agli Amish della sua età era severamente vietato.

Il barman roteò gli occhi, gli indicò un punto non precisato della pista e gli disse qualcosa che non capì; la sua voce completamente sovrastata dall'eccessivo volume della musica. Blaine fece un sorriso imbarazzato, interpretando il suo gesto come un modo per incentivarlo a lasciarsi andare. Facendo una fatica immensa, Blaine buttò giù un altro sorso della bevanda e si sorprese di sentirlo sempre più dolce e piacevole sul suo palato. Non poté fare a meno di berne ancora, e ancora, e ancora, fino a finirlo schioccando deliziato le labbra.

Gli sembrò di bere del coraggio liquido perché, con la testa improvvisamente più leggera, si alzò prontamente dallo sgabello su cui era appollaiato per dirigersi in mezzo alla pista, facendo lo slalom tra le persone. Si ritrovò a muoversi, magari perfino in maniera scomposta, al ritmo di una musica che non aveva mai sentito e si sentiva bene, finalmente libero.

Non si scostò quando sentì una mano, calda e forte, posarsi al fondo della sua schiena. Anzi, ridacchiò appagato per l'improvviso contatto e fissò dritto negli occhi il suo proprietario.

Sembrava un angelo. Splendido, incantevole e perfetto. E sulla schiena aveva anche un piccolo paio di ali piene di piume bianche come la neve che svolazzavano qua e là staccandosi dalla struttura appoggiata sulle spalle.

Probabilmente era morto e quello era il Paradiso, di cui aveva letto in tanti libri.

“Ti è piaciuto, vero?”

La sua voce era bassa, più melodiosa di uno stormo di usignoli, e si era poggiata sopra la sua pelle come le gocce di pioggia di un temporale estivo improvviso. Annuì semplicemente, perché era più facile dirgli di sì piuttosto di cercare di capire a cosa si riferisse. E poi, sì, tutto quello che stava facendo -come avvicinarlo a sé, lasciandolo inebriare con il profumo della sua colonia, e muovere i fianchi avvolti in jeans stretti contro il suo basso ventre. Oh, era così alto...- era più che piacevole. Convenne, allora, di essere ancora decisamente vivo.

“Non potevo non offrirti da bere, altrimenti avrei avuto questo rimpianto per il resto della notte”, disse il ragazzo pericolosamente vicino al suo orecchio e Blaine percepì ogni sillaba tra un soffio di fiato bollente e al sapore di alcol e l'altro. “Non potevo lasciarti finire tra le braccia di un altro.”

Arrossì violentemente e tentò di ribattere qualcosa, anche solo per non fare la figura dell'idiota, ma dalle labbra non uscì altro che un gemito. Cercò di pensare alla realtà dei fatti, e cioè che si stava strusciando contro un completo sconosciuto, probabilmente era ubriaco, era dolorosamente eccitato ed era un Amish. Tutte cose sbagliatissime e tutte nello stesso istante.

“Il tuo costume da campagnolo è così eccitante”, continuò il ragazzo, il cui principale obiettivo era, a quanto pareva, farlo implodere da un momento all'altro. “Non ti ho mai visto qui prima d'ora. Come ti chiami?”

“B-Blaine”, rispose in un respiro mozzato, ricordandosi che fornirgli il suo vero nome non era stata un'idea molto brillante ma, ormai, il danno era stato fatto. Era un problema cercare di mentire con la testa che pulsava annebbiata dalle fitte e dal desiderio. “Mi chiamo Blaine.”

“Io sono Sebastian.”


 

E Sebastian gli offrì un altro bicchiere, o forse erano due o tre, e continuò a ballare con lui stringendogli i fianchi, sussurrandogli nell'orecchio una marea di cose a cui Blaine non replicò, vuoi per imbarazzo, vuoi perché non sapeva come rispondere a commenti tanto diretti. Uscirono dal locale e Sebastian gli strinse la mano per non fargli perdere l'equilibrio e, solo una volta all'interno dell'ascensore illuminato fiocamente che conduceva all'appartamento, Blaine notò che i suoi occhi erano la cosa più particolare che avesse mai avuto occasione di vedere. Più verdi dei fili d'erba del prato, più azzurri del cielo limpido di un pomeriggio d'agosto e che, mescolati insieme, creavano il paesaggio più straordinario che avesse mai visto.

“Tu... Tu sei come me”, riuscì ad articolare con enorme sforzo, non facendo nemmeno caso all'assurdità di ciò che aveva appena detto.

Sebastian lo osservò in silenzio per un istante che a Blaine parve infinito, prima di sorridergli compiaciuto, mostrandogli denti dritti e bianchi che sicuramente avrebbero suscitato l'invidia del dentista del villaggio.

“Sì, sono come te.”

Fu l'ultima che udì prima di sentire la bocca del ragazzo sul collo, mentre tutto attorno a loro girava in un turbine senza fine.




 


Eccomi qui con una nuova mini long demenziale, ma da troppo tempo l'idea di Blaine versione Amish frullava nella mia testa e grazie a Breaking Amish (il mio nuovo guilty pleasure) è diventato necessario scriverla LOL

In tutto i capitoli sono cinque e, cosa importante, sono già terminati. Yaaay!

Spero vi possa interessare e divertire e grazie per aver letto già fino a qui! Grazie, davvero.

Alla prossima settimana! ♥

-violetsugarplum

 

 

 

 

 

  
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