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Autore: michiyo1age    23/08/2013    7 recensioni
…e dopo averli lasciati sulle mura come stabilito dal piano, il Capitano Shikamaru Nara...
Certo che correggere i rapporti era una cosa davvero noiosa.
Durante la notte del 23 luglio, il Capitano eseguì il protocollo 51 con successo.
Gli occhi della ragazza si bloccarono su quel piccolo numeretto vergato dalla mano stanca di Shikamaru. Protocollo 51.
Non era di solito una procedura affidata agli shinobi, ma piuttosto alle kunoichi. Era anche estremamente raro che venisse ordinato ormai visto che i genjutsu erano talmente migliorati da renderlo obsoleto e inutile. Nemmeno lei aveva mai dovuto eseguirlo.
Partecipante all'iniziativa - The flower bloomed in adversity- indetto dalla Black Parade
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Protocollo 51

-Bentornato- accennò Temari non distogliendo lo sguardo  dal suo tedioso lavoro.

Erano passate già cinque ore da quando aveva iniziato a revisionare quei dannati documenti e stava cominciando seriamente a dare i primi segni di malcelato nervosismo.

Era ormai un anno dall’ultima volta che si era presa una vacanza e si ricordava bene di aver passato l’ultimo giorno di permesso, eoni prima, dormendo in posa scomposta sul divano mentre Shikamaru, scaraventato a terra, sbavava sul pavimento. Entrambi si erano dati da fare prendendo qualsiasi missione, svolgendo anche il più piccolo incarico, risparmiando al centesimo per il loro fottuto, stramaledettissimo, odiato matrimonio.  L’unico desiderio che avevano espresso una volta capito che ci sarebbe voluta un’altra deriva dei continenti per separarli,  era stato quello di non celebrare tutto in grande ed era, ironia della sorte, l’unica cosa che li avevano costretti a fare.

Temari non era riuscita a figurarsi uno Shikamaru al centro dell’attenzione, protagonista di una farsa inutile codificata da anni e anni di tradizioni che non parlavano di loro. Per quanto le riguardava, non aveva mai sognato la cerimonia, né aveva mai sognato di avere una fede al dito o anche di essere chiamata “signora Nara”. Nel suo villaggio non c’era il costume di dare il cognome ai bambini e l’idea di acquisirne uno dopo tutti gli anni in cui ne aveva fatto comodamente a meno era una cosa che la disturbava. Non ne vedeva proprio l’utilità, quella di sposarsi si intende. Insomma stavano insieme da tanti anni, semi-convivevano da un bel po’,  il semi era dato dal fatto che la residenza “ufficiale” di Shikamaru era la Villa dei Nara che avrebbe dovuto occupare in quanto Capoclan. Viveva invece la maggior parte delle sue ore nell’appartamentino di Temari che era sempre stato il loro nido, se non d’amore, almeno delle loro epiche litigate.

Riguardo al matrimonio, Shikamaru tendeva ad essere tradizionalista: non gli interessava tutto il teatrino e la sciocca commedia dello sposalizio, il pranzo, la torta e tutto quello che ci andava dietro, ma di poter chiamare Temari, almeno in un angolo remoto della sua mente, “moglie". Non solo,  vedeva questo chiarificare in modo definitivo la loro relazione come il primo passo verso la vera evoluzione: da lì in poi sarebbe stato tutto in discesa, pensava,  figli, trasferimento e tutto quello che ne derivava.

Ne avevano pure discusso e alla fine il compromesso era stato favorevole per entrambi. Sarebbero andati in gran segreto in qualche oscuro paesino, avrebbero firmato due o tre carte e sarebbero tornati a casa come se nulla fosse successo. Lui avrebbe avuto la sua “proprietà” come la chiamava Temari “frutto di un’educazione maschilista e bigotta” e lei avrebbe avuto la “dignità e indipendenza femminista”, questa volta erano parole di Shikamaru, “principi inderogabili di una mente malata e di un pessimo carattere”. Si erano capiti, ne avevano parlato e avrebbero avuto successo se non avessero trovato in quello stesso sconosciuto, ma mica tanto, villaggio una bella squadra formata da Konohamaru, Ino, Matsuri e Yukata in missione congiunta. Non c’entrava nulla il fato avverso come aveva pensato inizialmente lo sposo ricordando gli insegnamenti di Neji, perché non era possibile che lì avessero trovati proprio le peggior pettegole del mondo. No, non era possibile. Loro sapevano.

Naturalmente la missione congiunta,  data da Kaze e Hokage in persona, era stata quella di fermarli e portarli al loro, rispettabile, cospetto per redarguirli e punirli.

A quanto pare, non avevano il diritto di fare quello che volevano, come e quando lo volevano a causa del loro ruolo istituzionale che, chissà come mai, veniva spesso dimenticato in molte altre occasioni più cruciali. Le chiacchiere erano state tutte di Naruto e questo aveva fatto nascere una certa speranza nei loro cuori credendo di poter aggirare il cervello sempre meno reattivo del suddetto capovillaggio.  Purtroppo però il verdetto e la conseguente condanna era stata pronunciata dal Kazekage i cui ordini non affatto erano discutibili.

Vennero quindi costretti al matrimonio fastoso, pagato solo a metà dalle rispettive famiglie vista la loro insubordinazione. Fastoso in poche semplice parole, significava invitare mezzo mondo conosciuto, compresi rappresentanti di altri villaggi, tutto in pompa magna. Come al solito, trattandosi di un ordine, Temari si era tenuta ad obbedire senza discutere, sebbene in privato avesse rotto ben dei  due sacchi da boxe che teneva in cantina.

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Aveva sempre tenuto fede a questo inderogabile principio del suo nindo, ma questa volta non riusciva proprio a mandarla giù.

-Sarà perché si tratta di te in quanto persona e non come kunoichi della Sabbia?- le aveva suggerito Shikamaru di ritorno da una stressante prova dell’abito.

Dannazione! Odiava dargli ragione.

-Vado a farmi la doccia- l’informò avvicinandosi per darle un bacio sulla guancia.

-Hmm hmm- rispose lei controllando i rapporti delle ultime missioni accorgendosi solo in quel momento del tono stanco e, sfinito del suo uomo: -Com’è andata la missione?-

Fu il suo momento di mugugnare parole sconnesse che le fecero solo capire che Shikamaru aveva mal sopportato l’essere spedito fino agli isolotti ghiacciati della Nuvola solo perché faceva Nara di cognome.  Se fosse stato per lui, in quanto  grado e carriera svolta non sarebbe andato oltre il ruolo di stratega di Konoha, ma a quanto pare tutti sembravano ricordarsi dell’ultima missione di suo padre, del suo cervello e del prestigio del clan Nara.

-Te le danno perché te lo sei meritato e smettila di piangere sempre-

Lui, una dolce mogliettina di quelle che ti dicono “Bentornato a casa” con il grembiulino e la cena pronta in tavola, non l’avrebbe avuta mai.

 

Calda, afosa, mattina di agosto, un mese al matrimonio, due giorni alla ferie. Temari stava cercando in tutti i modi possibili di finire il lavoro arretrato. Si meritava la maledetta vacanza, cavolo se era certa di meritarsela. Aveva sempre portato a termine ogni compito con precisione, in tempo, anzi molto spesso ci aveva messo meno tempo di quello preventivato. E allora come mai stava ancora lavorando?

Ma era semplice! Quel degenerato, pigro, indolente idiota del suo uomo non aveva ancora finito di correggere l’ultimo rapporto che avrebbe dovuto consegnare la settimana precedente. Si era sentita in diritto di prelevare dal suo ufficio  tutte le carte sparse in giro come petali, metterle in ordine e dimostrargli che non aveva fatto un cattivo acquisto scegliendola.

Secondo Ino, che l’aveva colta sul fattaccio, Temari stava cercando di sbrigare i compiti di Shikamaru che così, al ritorno dalla missione, avrebbe potuto godersi le ferie insieme a lei.

Ridicolo. Certo che quella bionda aveva solo farfalle in testa.

Gli voleva solamente dare un esempio di  ninja diligente che faceva tutto  ciò che gli veniva richiesto. Questi tizi di Konoha erano sempre troppo presi da altro. Sempre al bar, a mangiare fuori, alle terme o a chiacchierare di cose inutili che le davano tanto l’idea di un continuo gossip. Sempre a ridere a scherzare, senza prendere le missioni con serietà: lei non aveva permesso comportamenti frivoli durante le missioni, l’avevano ben scoperto a spese loro le sue subordinate che pensavano ogni volta di essere in gita.

…e dopo averli lasciati sulle mura come stabilito dal piano, il Capitano Shikamaru Nara...

Certo che correggere i rapporti era una cosa davvero noiosa.

Durante la notte del 23 luglio, il Capitano eseguì il protocollo 51 con successo.

Gli occhi della ragazza si bloccarono su quel piccolo numeretto vergato dalla mano stanca di Shikamaru. Protocollo 51.

Non era di solito una procedura affidata agli shinobi, ma piuttosto alle kunoichi. Era anche estremamente raro che venisse ordinato ormai visto che i genjutsu erano talmente migliorati da renderlo obsoleto e inutile. Nemmeno lei aveva  mai dovuto  eseguirlo.

Forse non era la stessa cosa, probabilmente a Konoha avevano un modo differente di chiamarlo. Sicuramente avevano un modo differente di chiamarlo. Tornò al rapporto, ma continuava e continuava a leggere sempre la stessa frase, la stessa riga tornava sotto i suoi occhi senza però acquisire significato. La mente si perdeva nella disperata ricerca di informazione che tornavano dall’abisso della memoria. Naturalmente aveva studiato il codice di Konoha a fondo in quanto ambasciatrice e non aveva riscontrato sostanziali differenze con quello di Suna grazie al Trattato di Uniformazione firmato dai Cinque Grandi Paesi al termine della Terza Grande Guerra Ninja.

Ma non era possibile che il protocollo 51 fosse stato mantenuto.

E anche se lo fosse? Pensò tirandosi un leggero schiaffo sulla coscia. Shikamaru ha fatto quello che gli richiedeva la missione.

Dopo aver scosso leggermente il capo riprese la penna in mano.

La ritirata venne eseguita in rapidità dal punto D come precedentemente stabilito…

No! Se non fosse stata sicura non sarebbe più riuscita a concentrarsi.

Entrò con aria austera nell’ufficio accanto occupato da un vecchio chunin che aveva il compito di controllare l’archivio.

-Mi scusi, mi saprebbe dire dove posso trovare informazioni sul protocollo 51?-

Il vecchietto sorrise sardonico: -il 51 dice? E’ da un po’ che non ne sento parlare- fece una pausa come assorto nei ricordi –Di certo ora sanno scegliere meglio- proseguì dandole un’occhiata ammiccante – Certo che le sanno scegliere meglio, ora. Alla mia epoca mandavano certi rospi-

-Stia nei suoi ranghi!- lo redarguì Temari.

Non  gli diede neanche il tempo di replicare che lei era già veleggiata lontana ormai certa del significato di quel dannato numero. Chiuse la porta dell’ufficio sbattendola violentemente per poi vergognarsi del suo sfogo su un povero oggetto inanimato. Non aveva mica scopato con l’obiettivo della missione senza riferire nulla alla fidanzata, no?

 Fece un bel respiro non tanto liberatorio quanto utile a raffreddare i bollenti spiriti. Si risedette con calma alla scrivania per poi capire che non sarebbe riuscita a tirar fuori un ragno dal buco. Mise tutto in ordine e si allontanò dal palazzo dell’Hokage salutando brevemente con un cenno di capo segretari e faccendieri untuosi come al solito.

L’aria aperta le fece bene: si sentì incredibilmente stupida. Proprio una cretina.

Non era di certo nel suo carattere fare tutte quelle storie da primadonna, da moglie tradita quando sapeva benissimo che Shikamaru non era mica andato a letto con l’obiettivo perché voleva andarci, ma semplicemente perché gliel’avevano ordinato. Si fa di tutto, anche le cose più atroci sotto ordine, questa volta non era neanche responsabile di una carneficina quindi non capiva proprio perché l’aveva fatta così lunga. Emise una mezza risata liberatoria scostandosi i capelli dalla fronte.

Dio, stare troppo a Konoha l’aveva rammollita.

Tornando a casa fece il giro largo passando dal supermercato per comprare un po’ di carne e le verdure che la mancavano. Si era decisa di fare il gyuudon per farsi perdonare quei pensieri che in ogni caso non avrebbe rivelato.

Fu così che Shikamaru la trovò: in cucina intenta a mescolare bene la carne che sobbolliva. Temari aveva la peculiare abitudine di iniziare a fare altro quando aveva materiale bruciabile sul fuoco e una volta fatto il pasticcio, e qualche imprecazione, era suo compito pulire quel residuato bellico perché “dopotutto lei aveva già fatto la sua parte cucinando per lui”.

-Oh che brava la mia mogliettina- la salutò abbracciandola da dietro posando il mento sull’incavo del collo.

-Non ancora, futuro marito degenere- l’apostrofò pizzicandogli la mano che lui non scostò.

Shikamaru fece scorrere il naso su e giù sulla clavicola che aveva liberato dalle spalline fastidiose. Quando fu il turno della labbra, Temari allungò il collo ghignando leggermente: -Come siamo coccoloni-

Non rispose ma cominciò da imprimerle sulla pelle ambrata piccoli e lenti baciati stringendole la vita ancora di più, avvolgendola con tutto il suo corpo.

-Rischi la fusione nucleare se non ci badi per un po’?-chiese contro la sua pelle, allontanandola comunque dai fornelli.

-Non dovrebbe- e abbassò la fiamma per sicurezza –intanto sei sempre un fulmine-

L’ultimo commento si meritò un bel morso al lobo dell’orecchio.

Il ragazzo la trascinò dolcemente ciondolando un po’, verso il letto, naturalmente sfatto. Vi si sedette facendola salire a cavalcioni mentre lui accarezzava con gioia repressa le cosce lisce libere  dalla minigonna che era salita fino all’inguine.

-A cosa devo tutte queste feste?-

-Siamo ufficialmente in ferie- annunciò regalandole un piccolo ghigno –Sono riuscito a convincere Kakashi che due giorni in più o due giorni in meno non avrebbero fatto molta differenza-

-Ma che bravo- mugolò. Shikamaru era sempre stato bravo a fare i massaggi, da ogni parte.

Le prese la testa tra le mani e avvicinò  due visi per poterla baciare come si deve. Appena sentì le due labbra scontrarsi, Temari fu colta dalla strana visione della stessa scena, con Shikamaru seduto sul letto, ma con un’altra donna in grembo e non riusciva a vederle il volto nascosto dalla penombra. Fece per scacciare il pensiero rapidamente com’era venuto, ma la scena continuava martellarle in testa in crescendo di cocente fastidio.

Non fare la stupida.

Si ripeté mentre apriva di più le labbra per far entrare Shikamaru. L’idea non l’abbandonava. E peggiorava.

Il solo pensiero che un’altra aveva baciato quelle labbra che un’altra aveva sentito il sapore di quella bocca la distraeva dalle abili mosse del suo uomo.

-Che c’è?-

Scosse la testa brevemente come per assicurare che non c’era assolutamente alcun problema. E gli prese la testa tra le mani per provarglielo. Shikamaru le passo le dita alla base del collo per poi catturare la nuca per avvicinarla sempre più.

Chissà se anche con l’altra aveva fatto le stesse mosse. Dopotutto sono preferenze della persona, non sono movimenti studiati o stereotipati. Non si può essere unici perché in ogni caso uno non può avere settanta mosse o modi di essere. Quindi anche a lei aveva  fatto una leggera pressione sulla schiena per farla distendere su di lui ormai avvolti dal morbido materasso. Aveva fatto il solletico anche a lei come stava facendo ora.

Il pensiero le divenne talmente insopportabile che si alzò di colpo abbandonandolo afono.

-Il gyuudon brucia- addusse come scusa.

 

La mattina seguente, il primo giorno delle sue gloriose ferie, si svegliò da solo nel letto matrimoniale. A dargli gentilmente il buongiorno era  stata la porta d’ingresso sbattuta con delicatezza contro il muro. A quanto pare la futura signora Nara era di nuovo andata a fare la spesa. Non capiva bene se prevedesse una carestia imminente o se l’aria di vacanza le avesse messo un appetito fuori dal comune. Oppure se avesse invitato Chouji a cena.

Avanzò verso la cucina mentre l’arpia già apriva e chiudeva sportelli presa dal Dio dell’Ordine. L’osservò intenta ai suoi lavori donneschi per un buon quarto d’ora prima di avvicinarsi per un bacio mattutino. Fu breve, freddo e niente a poco soddisfacente.

Ormai erano tre volte che l’aveva respinto, anche al momento di andare a letto quando l’aveva abbracciata, si era scostata bruscamente abbaiandogli addosso che aveva caldo.

Mah doveva avere le sue cose.

-Stattene in piedi come una bella statuina che tranquillo mi servi più così-

Di certo l’erano arrivate le sue cose.

Una volta terminato l’uragano, Temari si bloccò sul posto come smarrita. Adesso cosa avrebbe fatto?  Era tutta la mattina che si costringeva ad occuparsi la mente con le cose più stupide, che sfaccendava in giro e che rimetteva a posto quelle quattro cose che possedeva.

È tutta suggestione si ripeté senza successo. Quella notte non aveva dormito a causa del suo dibattersi tra la razionalità che l’aveva guidata fino a quel momento e quel sordo fastidio che pulsava ogni volta che ci pensava.  Era stupido, incredibilmente stupido, per di più non solo si stava facendo del male da sola non riposando, ma era sicura che non avrebbe potuto allontanare Shikamaru con scuse ancora plausibili.

Se questa era la crisi prima del matrimonio, non le piaceva per niente, proprio per niente. In questi casi di solito ci si affidava alle migliori amiche, che lei non aveva, o alle sorelle, ma sfortunatamente il fato le aveva destinato due fratelli a tre giorni di cammino, uno con la capacità introspettiva delle sue marionette e l’altro con gravi problemi emozionali.

-Vado a dormire un’oretta-  disse fiondandosi in camera senza incrociare lo sguardo con l’essere apatico che alzò le spalle e aprì il frigorifero.

Questa non era una tipica crisi pre-matrimoniale. Di solito si hanno dubbi sul passare l’intera  vita con il futuro sposo, se si riuscirà a sopportare i suoi difetti, se lui riuscirà a sopportare i propri, non la completa assenza di dubbi, ma…ma cosa?

Cos’era che non le dava requie?

Che Shikamaru fosse andato a letto con un’altra? Che non gliel’avesse detto?

E anche se gliel’avesse riferito cosa avrebbe potuto dirgli? Non si riconosceva per niente nella patetica fidanzata che lo prega di rinunciare alla missione soprattutto perché non l’avrebbe ritenuto giusto. Era un ordine, una missione,  era il suo unico dovere farlo. Non aveva fatto proprio niente di male nell’accettarla e neanche nell’eseguirla, era solo lei che si continuava ad immaginare quella sconosciuta in ogni momento.

Magari era stata più brava, più bella, più… Ma che discorsi erano? Cose le cambiava? Nulla perché ormai era morta e sepolta. Il pensiero la fece sorridere di piacere. Si tirrò un pugno: era stata una cattiveria, non era bello gioire delle morte di nessuno, neanche di un nemico.

-Che vuoi per pranzo?- la testa dell’interessato fece capolino.

Si girò dall’altra parte in chiaro segno  di non voler essere disturbata.

Shikamaru tornò in cucina sbuffando a metà tra l’irritato, immaginava un inizio di ferie più felice, e il sollevato per essere nato uomo senza sbalzi d’umore incontrollabili.

 

Era arrivato il giorno di scegliere i fiori del bouquet. Questo significava che mancavano poche settimane al matrimonio e doveva avere un poco desiderato faccia a faccia con Ino. Quella ragazza capiva sempre tutto e sempre troppo in fretta. Aveva cercato di invitarla per una “chiacchierata tra ragazze” un paio di volte senza molto successo.  Dubitava che fosse per la scusa che aveva rifilato a Shikamaru, ovvero che voleva convincerla a farle da damigella d’onore.

Entrò nel negozio accolta dallo scampanellio della porta non che dal gioviale e acuto: -Buongiorno- della sua commessa più richiesta.

-Ah Temari, pensavo che avresti inventato una scusa per non venire-

Ricambiò il sorriso falso con un uno ancora più lezioso: -Perché mai avrei dovuto?- rispose facendo un giro per il negozio toccando le piante e osservandole con attenzione.

-Mmm non so- finse seguendola con la sguardo –forse perché stai facendo passare a Shikamaru delle giornate d’inferno?-

-Ti ha detto questo?-

-No, no. Lui non dice niente lo sai-

-E allora non impicciarti-

Si inginocchiò per osservare meglio una calendula che l’aveva attirata per la sua freschezza. Accarezzò i petali quasi assorta.

L’espressione di Ino si irrigidì, quel fiore veniva utilizzato per esprimere “dispiacere”  e aveva quasi la certezza, sesto senso lo potete chiamare, che Temari non glielo stesse indicando così per caso. 

-Non penso che  sia il più adatto per il tuo bouquet. Non pensi che siano meglio i Non-ti-scordar-di-me?-

Non pensi che sia amore vero?

-Mah non so, le rose gialle…-

Gelosia, risentimento, vergona…infedeltà

Ino si ritrasse un secondo un po’ sorpresa. Avrebbe voluto chiedere e farsi spiegare. Ma Temari indicò  inaspettatamente la canapa indiana e lì capi con sicurezza che non si stava sbagliando , perché quella pianta significava dubbio.

-Ma dai- rise nervosa – Non vorrai mica sposarti così- Le porse un po’ tentennante delle caroline.

-Assolutamente no!-

Non voglio separarmi da lui!

-E allora cosa vuoi?-sbottò.

-Non lo so, non so cosa pensare- era sconfitta e sfibrata.

Se Temari non fosse stata Temari avrebbe chiesto consiglio e aiuto ad Ino che aveva dimostrato sempre buonsenso in faccende personali, in passato come ora.

Se Ino non fosse stata Ino se ne sarebbe infischiata del fatto che la situazione sembrasse delicata e avrebbe cercato di immischiarsi a forza tra loro due.

Ma entrambe erano loro stesse e in pieno possesso delle loro facoltà mentali, quindi entrambe rimasero in silenzio fino a quando, al sopraggiungere di un nuovo cliente, Temari uscì dal negozio facendo un cenno con il capo.

 

-Temari vuoi per piacere dirmi che cavolo ti succede?- le parole sembravano emanare fuoco, ma il tono era calmo come stesse facendo commenti sul tempo. Un tempo che era sempre stato nuvoloso e non si riusciva a capire quando sarebbe arrivato il sereno.

-Non mi sta succedendo proprio nulla-

Shikamaru circumnavigò il divano per avvicinarsi alla ragazza che era stata a debita distanza tutta la sera.

-No?- disse cercando di toccarle il viso con conseguente scostamento da parte sua.

-Non rompere-  rispose senza guardarlo negli occhi e andando a rifugiarsi in camera più o meno come  aveva fatto nelle scorse settimane. Questa volta, capita l’antifona, l’aveva bloccata sullo stipite.

-Ne vuoi parlare?-

-Non c’è nulla di cui discutere- Non aveva mai capito la differenza abissale tra parlare e discutere.

-No?- era già la seconda volta che usava quell’interrogativo fastidioso che le dava sui nervi. E lo sapeva bene.

-NON c’è nulla da discutere- digrignò i denti cercando di forzarsi il passaggio, senza successo soprattutto perché sembrava essere diventato una roccia.

-A me non sembra. Tem, vuoi guardami?- le prese il mento con una mano per fissarla bene negli occhi. Non erano freddi come li aveva immaginati, ma dubbiosi, spaventati, ma non da lui. Scosse la testa violentemente e cercò di allontanarsi.

-Ho  preso la lebbra recentemente? A mia insaputa? Hai fatto un voto? È una sfida: in quanto tempo riesco a far incazzare Shikamaru? No, dimmi perché io, ho finito con le ipotesi-

-Hai preso una missione che non avresti dovuto!- urlò guardandolo finalmente in faccia.

Shikamaru abbassò le braccia, rispose con lo sguardo perso nel vuoto, capendo subito a cosa lei si stesse riferendo.

-Non dici più nulla ora? Bene- e con una spallata entrò in camera.

 

La trovò che stava fissando il pavimento in parquet.

-Mi dispiace di non avertelo detto- le si sedette accanto con cautela, quasi fosse malata o estremamente fragile. –Non volevo darti preoccupazioni-

-Preoccupazioni? Hmpf-

-Temari- tentò portandole una mano intorno alle spalle che lei fece per scostare, ma la presa si rafforzò –Lo so che avrei dovuto dirti tutto, ma alla fine ho pensato che fosse meglio di no, cioè alla fine…-

-Stai zitto. Non voglio sentire!-

Non l’aveva mai vista in questo stato, mai, neanche una volta in tutti gli anni che la conosceva l’aveva vista così poco sicura, così in conflitto con se stessa.

-Alla fine era solo una missione- concluse.

-Solo una missione?- sbottò alzandosi –Tu quella te la sei fatta!-

A sentire quelle parole chiuse gli occhi come per cancellarle, ma non riuscì a bloccare lo sdegno di cui le aveva infuse.

-Te la sei scopata! Trombata! E non guardarmi così! Potevi fare qualsiasi altra cosa! Tu sei il genio di Konoha.- lo indicò con l’indice accusatorio -Hanno inventato i genjutsu perché tu non passassi la gonorrea a tua moglie, cazzo!-

E dopo un bel respiro e qualche ripensamento, Shikamaru la guardò negli occhi:-Comprendo il tuo punto di vista. Ma non potevo evitarlo, c’era una barriera che impediva l’uso di qualsiasi Arte e abbiamo dovuto fare alla vecchia maniera- La voleva lasciar sfogare e sopportare tutte le ingiurie che gli avrebbe rivolto: se le meritava. Aveva accettato la missione, con qualche riserva, cercando di svicolare, ma non stava parlando con gente di Konoha che lo conosceva e con la quale avrebbe potuto contrattare in qualche modo. A Kumo aveva diverse responsabilità e tra  queste c’era anche quella di dimostrare CHI fosse Konoha e non aveva potuto così fare nulla se non eseguire gli ordini e recitare bene.

Era stato un atto meccanico, qualcosa di completamente diverso da quello che faceva con lei, era stato qualcosa privo di tutti quei piaceri e della bellezza che portava con sé. L’aveva sgozzata prima di concludere.

-Era solo una missione-

-Non era solo una missione, potevi rifiutare-

-Ma se sei TU quella che mi dice sempre che “gli ordini sono ordini”, “l’ho fatto perché me l’hanno ordinato”, sono parole tue, le riconosci mm?- la raggiunse torreggiandola.

-Si, ma l’hai detto anche tu. Questa è la nostra vita privata!-

-Non fare l’ipocrita!- la riproverò–Se tu fai una cosa va bene, ma  se la faccio io….eh no non va mica bene-

-Non sto parlando di qu…-

-Stai appunto parlando di questo! Non credermi di farmi fesso Temari della Sabbia- non era mai un buon segno quando la chiamava con il nome completo, ma in questo momento non poteva importarle proprio nulla se a lui non andava bene qualcosa. –Non è giusto che sia sempre io quello che è ha sbagliato. Ok, lo ammetto, avrei dovuto dirti che nella missione che mi avevano dato c’era il protocollo 51, ma sarebbe stato giusto che tu non ne venissi mai sapere. Era una missione, non sono tenuto a parlarne con nessuno, per di più con una straniera- si morse la lingua un secondo dopo.

-Ah bene! Ora sono diventata una straniera!-

Shikamaru cercò di calmarsi risedendosi sul  letto e aspettando che lei si fermasse visto che sembrava sua ferma intenzione consumare il pavimento.

-No, non sei una straniera. Sei mia moglie e-

-Non ancora-

-E vorrei che tu mi parlassi-

-Stiamo parlando- ringhiò sperando che si alzasse, cominciasse ad urlare a farla sentire un verme. Aveva ragione e voleva che glielo sputasse in faccia, voleva che avesse così tanto ragione da farle cambiare idea per farle dimenticare tutte quelle immagini che la stavano perseguitando. Sapeva che avrebbe fatto lo stesso al posto suo: aveva tradito alleati, frantumato ossa a bambini e chissà cos’altro le avrebbero ordinato di fare o lei stessa avrebbe ordinato se non fosse diventata un’ambasciatrice.

-Non è questo il problema-

-Allora quale diavolo è il problema?- sbottò Shikamaru che difficilmente riusciva a stare dietro ai complicati processi mentali delle donne. La sua più grande fortuna era stata quella di avere Temari che si vergognava di mostrare il grande lato femminile che possedeva e spesso reprimeva.

Ma questa non era una di quelle volte.

-Non riesco a vivere con te con il pensiero che tu sei stato con quella-

Sembrava che fosse una confessione ammessa a caro prezzo. Ma la pena che lei doveva aver provato non era nulla in confronto a quello sconforto. Lo capì subito quando non riuscì a controbattere.

Se un’idea è sbagliata, si può darle torto, se ci si pone davanti ad un bivio, si può scegliere una strada, se la via è intricata, si può consigliare, ma in quel momento, nella sua testa troppo decantata, c’era il nulla più assoluto. Lui non poteva fare nulla se le scuse non era quella che cercava, se le promesse non lenivano il suo dolore.

Era lì fermo e meditabondo.

A vederli da fuori sembravano due persone ad un funerale, persi nel mondo di congetture impossibili e finali alternativi.  Dopo interminabili minuti Shikamaru proferì: -Dai andiamo a letto-

Sconfitta.

Temari quella sera bagnò il cuscino in silenzio. Se lui non era riuscito a trovare una soluzione, chi mai ci sarebbe mai riuscito.

 

L’aveva osservata tutta la notta dormire. Proprio come le prime volte, quando si stupiva che lei fosse nel suo letto. Così ferma e calma, ma anche così precaria e pronta a lasciarlo solo.

Solo.

Solo.
No, non sarebbe riuscito ad esserlo, non dopo lei, non dopo loro. Non sapeva come, ma era diventato normale pensare per due, non unicamente per lui. La calcolava sempre e se pensava “vengo prima io” era solo in opposizione a lei, mai per oscurarla o cancellarla. Quello che le faceva bene, gli faceva bene, quello che le faceva male, gli provocava seccature. Era entrato in simbiosi con lei, ma senza essere una di quelle coppie patetiche che non riescono a vivere l’uno senza l’altra.

A pensarci, lui era esattamente così in quel momento.

Non aveva bisogno della presenza di Temari in ogni momento, ma doveva saper che lei c’era e ci sarebbe stata. Dirsi “ti amo” per lui era una cosa da idioti e da insicuri. Rimarcare continuamente che quel sentimento c’è, che non se n’è andato a spasso, ma che è ancora lì forte come prima. Lui non l’aveva mai fatto, vuoi per l’effettiva difficoltà di articolare due parole, cinque lettere, vuoi per l’effettiva inutilità di sottolineare l’ovvio. Temari era stato lo stesso, sia per la sua incapacità di scendere in quello che chiamava “patetico”, sia perché era inutile ribadire l’incontrovertibile.

Ma ora lui ne aveva bisogno.

Come l’aria nei polmoni.

Osservandola gli venne anche l’insano desiderio che non si svegliasse più, che rimanesse così per sempre. Sua.

La toccava, accarezza, scostava e riscostava i capelli. Ad un suo subitaneo e intenso abbraccio, Temari si svegliò. Era caldo e freddo insieme. Le veniva la pelle d’oca al contatto come se il corpo le stesse chiedendo di avvicinarsi di più. Ed era lì, Shikamaru come era sempre stato.

Ma non più suo.

Si allontanò.

Perché, perché, perché le dava così fastidio? Era così una bambina da fare i capricci. Visto che ci avevano giocato gli altri ora lei non lo voleva più? Era così altezzosa da aver pensato che sarebbe stato sempre l’unica?

O forse era proprio perché non era più l’unica? Non era più nel gradino più alto. Faceva così schifo.

-Temari-

No, non lo voleva sentire. Anche lui se n’era accorto.

-Annulliamo il matrimonio-

Gli occhi le si spalancarono e le iridi divennero piccole per la paura.

-Non fraintendermi-

-Non penso che ci sia molto da fraintendere- sbottò acida.

-E non andare sulla difensiva- le rimproverò.

-Non sto andando sulla difensiva-

-E appunto quello che stai facendo. Quando ti difendi, attacchi- illustrò sorridendo un po’ sconfitto. Alle volte era convinto di conoscerla meglio lui, che lei se stessa.

-Cosa dovrei dire visto che hai deciso di mandare tutti questi anni a puttane!-

-Non lo sto facendo- la sua calma era quasi insopportabile, ma cavolo non poteva arrabbiarsi come un essere umano normale? –Se mi lasciassi spiegare, Regina delle Seccature, sapresti  che voglio annullare solo il matrimonio. Tutte queste pressioni, cose da fare, promesse di amore eterno…sono solo seccanti. Io non ti voglio per l’eternità, ma solo per tutti i giorni della mia vita-

-Che è poi la stessa cosa- mugugnò per controbattere.

-No- come faceva ad essere così calmo?!

Ma Shikamaru non lo era affatto. Aveva solo realizzato che trai due qualcuno doveva fare la colonna indistruttibile o almeno fingerlo per permettere all’altro di trovare la giusta via.

-Dico solo che possiamo passare ogni giorno insieme senza pensarci-

-Come? Nascondendo che c’è un problema? Facendo finta che non sia mai accaduto? Ci autodistruggerà, Shikamaru- si era alzata, litigava sempre meglio in piedi.

-Non sto dicendo questo. Voglio solo dare tempo al tempo. Avere una scadenza entro cui pensarci non aiuta-

-Ma io ci ho PENSATO- strillò frustrata. Non era una questione di tempo. Non era un processo di caricamento entro il quale tutto si sarebbe risolto.

-E io ti chiedo di pensarci ancora-

-Ma mi ascolti? Ci ho già pensato!-

-Non a fondo!-

-Si, invece- Shikamaru si alzò per riuscire ad affrontarla meglio.

-Ah e quindi sei arrivata alla tua brillante conclusione, no?- non sentì risposta –Bene e allora puoi fare uno sforzo in più-

La faceva facile lui! Pensaci Temari, su, intanto cosa vuoi che sia, no?

-E se non ci riuscissi?-

-Perché sei così decisa a mandare tutto in malora?- si arrabbiò. Certo che non poteva mica lottare solo lui contro un muro inamovibile.

-Io non sono decisa. È solo che non ci r-i-e-s-c-o-

-Ma fammi il piacere- Ora era proprio incavolato, avrebbe voluto scrollarla, morderla, punirla in qualche modo per la sua assurda testardaggine.

-Non c’è una soluzione-

-C’è-ribatté.

-Non fare il bambino!-

-Io non sto facendo il bambino cazzo! Io ti amo, porca di quella p- sbatté il pugno con il muro –E se tu mi ami, significa che vuoi stare con me. Con me, ok? Sono io. Sempre io- si indicò il petto come a sottolineare che nessuno aveva fatto uno scambio in quella missione –Io voglio passare i miei giorni con te, litigare con te, fare l’amore e anche fare sesso, ma perché sei tu, semplicemente tu, Temari. Nessun’altro. Non mi interessa nulla sei bella o brutta, se hai fatto quello invece di quell’altro. Anche commettendo le cose più atroci, io ti amerei sempre.- ah no la soddisfazione non gliel’avrebbe data. -Per te non è la stessa cosa? Perché se non è così non c’è molto altro da dire-

-Mi lasceresti?- ecco di nuovo la paura che faceva capolino nelle sottili pieghe della sua voce.

-Mi dispiace deluderti Temari, ma non ti lascerei neanche in quel caso- sorrise mestamente, credendosi un folle per aver detto quelle parole, ma redendosi conto che erano giuste. Le si avvicinò raggiante. Ormai aveva trovato quella certezza nella vita che stava cercando. Era lì di fronte a lui e non l’avrebbe lasciata fuggire. –Mi ami?-

-Si, idiota. Se non fosse così non sarei qui, no?-

-E allooooooora. Qual è il problema?- rise questa volta circondandole la vita e avvicinandola a sé.  –Riusciremo a farcela- disse pieno di fiducia –Ho sempre pensato che sarei stato io quello che avrebbe dovuto sopportare. Meglio per me, se lo sei  tu. Così mi risparmio la seccatura-

-Cretino- rispose dandogli un pugno, ma ridendo insieme a lui.

Si oscurò subito. E’ troppo semplice. Pensò. Troppo semplice che finisca così.

-Tem, non cercare sempre il valore assoluto. Non tutto è bianco o nero.-

Ma forse lei era bianca o nera.  Forse…forse…

-Shhh-

Shikamaru le strofinò il naso contro la guancia.

-Vuoi stare con me?-

Annuì senza guardarlo.

-E allora non rompere, seccatura-

 



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Salve a tutte...ma soprattutto: Buon Compleanno Temari!
Ok, forse non è proprio il regalo migliore da farle queste fic, ma  questo è quello che è venuto fuori da terribili elucubrazioni dovute ad una cattiva digestioneXD. Diciamo che tutto è stato aiutato da Brunella Gasperini e dalle sue incredibili risposte, la consiglio a tutte/i. Avevo già utilizzato in precedenza  il tema del "vero mestiere degli shinobi" solo che questa volta è al contrario. Ho sinceramente sofferto per portarla a termine, insomma il litigio mi stava bruciando la pelle, alla fine pensavo di concludere tutto con una fuga di gas e farli esplodere. Trai i due litganti il terzo gode no?
E invece sono riuscita a non uccidere nessuno. E sono fiera di me. Come si capisce i due non si sposeranno facendo arrabbiare così tutti e due i capivillaggio e preoccupare amici e famiglie mentre i nostri due mosconi si faranno un bel viaggetto cercando di sistemare tutto  a modo loro. Secondo me, il tempo è terapeutico il resto lo lascio immaginare a voi.
Veniamo alla burocrazia: la fic partecipa all'iniziativea "The flower bloomed in adversity" indetto dal meraviglioso forum The Black Parade che prevedeva di inserire i fiori e il loro significato. Io ne ho messi un bel po', tanto per non farmi mancare nulla. Non avrei mai immaginato che la rosa gialla fosse così negativa.
E un grazie speciale al mio capo (Sacchan), che si è dannata per fare questi bellissimi banner personalizzati per tutte noi<3.photo rosagialla_zps27e594bb.png

   
 
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