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Autore: Leo    23/08/2013    1 recensioni
Silent Hill - 1997
Dio è morto. Sembra un trattato di filosofia, ma qui è successo per davvero. Dio è morto, l'ha ucciso lei. Lei, che ora non dovrà più nascondersi. Lei, che ora dovrà tornare a casa. Lei, che ora non ha più nessuno. Sembrava solo uno stupido gioco, fin'ora; ma tutto cambia quando torni a casa e ti accorgi che non era un sogno, che è davvero finita, la tua vita è finita. Già, Cheryl, come potrai vivere ora senza tuo padre che ti protegge?
Genere: Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cybil Bennet, Douglas Cartland, Harry Mason, Heather Mason
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Si può sapere perché mi hai trascinato via così?”

Cheryl camminava nervosamente un passo avanti all’investigatore, e gli rivolgeva la parola senza guardarlo, con i pugni serrati. Douglas invece non si scomponeva più di tanto.

“Aveva ragione, no?! Ormai è tardi, avete bisogno di mangiare entrambe, e a te fa bene prendere un po’ d’aria, che non sia quella di casa tua o quella di una cella umida.”

“So io quello che fa bene a me, e ti assicuro che mi farebbe molto bene sapere che cosa è successo a quella donna dodici anni fa.”

L’uomo rallentò per accendere una sigaretta; quando Cheryl se ne accorse si innervosì ancora di più, ma si fermò a sua volta per aspettarlo. Quando fu di nuovo vicino, riprese il discorso.

“Anche quella volta mio padre uccise un dio, o, meglio, quel demone. Ma questo non li ha fermati. E se non li avessi fermati neppure io?! Se tutta questa storia non fosse finita così, se ce ne fossero altri e quella donna fosse in grado di aiutarmi ad eliminarli una volta per tutte?”

“Non credo che possiate farlo proprio stanotte, e in ogni caso ti sconsiglio di provarci a stomaco vuoto. Una volta ho lavorato senza mangiare per ventiquattro ore, e indovina un po’?! Quando mi trovai sul posto, con la pistola nella mano, svenni nel cassonetto dove mi ero nascosto in attesa di arrestare quel tipo. È stata una pessima esperienza…”

“Insomma Douglas, mi vuoi dire perché lo hai fatto?!”

La voce della ragazza si era imposta prepotentemente, e questo fece rabbuiare il viso dell’uomo che la guardò seriamente negli occhi.

Restò immobile in silenzio per qualche secondo, poi con un tono molto più basso disse:

“Credi di essere l’unica ad aver perso qualcuno di molto importante?!”

Cheryl trasalì.

Si voltò per guardarlo negli occhi, quasi offesa, ma nell’incrociare il severo sguardo di rimprovero di Douglas finalmente capì. Cominciò a metabolizzare il racconto di Cybil, estrapolando le informazioni che a primo impatto le erano sembrate secondarie. Harry Mason non era solo suo padre; era prima di tutto un uomo. Un uomo che aveva vissuto qualcosa di unico insieme ad un'altra persona e che, per questo motivo, era rimasto indissolubilmente legato a lei. E Cybil era quella persona.

Era troppo piccola per capire? O forse era…gelosa?!

Gelosia…un esasperato senso di proprietà! Quello era Suo padre, Suo amico, Suo dio. Erano sempre stati solo in due e, si, a volte poteva sembrare una splendida storia d’amore, una di quelle perfette.

Improvvisamente le tornò alla mente un momento della sua infanzia. Erano appena tornati dalla scuola; suo padre andava sempre a prenderla, anche se distava solo poche centinaia di metri da casa, e quando se lo trovò di fronte, in mezzo a una moltitudine di donne che aspettavano gli altri bambini cominciò a riflettere.

“Papà, dov’è la mia mamma?”

La domanda sorprese l’uomo, che interruppe quello che stava facendo. All’epoca Heather aveva 8 anni e gli occhi risplendevano enormi sotto i capelli neri come la pece. Lo guardava con l’innocenza di chi reagisce solo alla curiosità. Harry sorrise, ma alla bambina non sfuggì il nervosismo di quel sorriso tirato.

“Purtroppo la tua mamma è in un posto lontano…”

“E perché non viene mai a trovarci?”

“Oh, lo vorrebbe piccola mia. Lo vorrei anche io, in realtà, ma non può.”

“Come mai?”

Harry sorrise prima di rispondere. È sempre così quando si sta mentendo.

“Perché ci protegge dal posto dov’è!”

Anni dopo Heather trovò le fotografie di Jodie che il padre teneva conservate nella sua scrivania. Per tutto quel tempo pensava che si stesse riferendo alla sua defunta moglie. Da qualche giorno, invece, sapeva come era nata, e credette che le parole del padre fossero per la piccola Alessa, che in qualche modo cercava di proteggere sé stessa e quindi anche lei. Ma ora il dubbio si insinuò di nuovo nella sua testa, e cominciò a credere che dopo tutto quel tempo Harry non avesse dimenticato la giovane Cybil, ed era convinto che la sua testardaggine la spingesse ancora a cercare la verità anche per lui.

Douglas non sapeva leggere la mente, ma riusciva ad interpretare gli sguardi. E ciò che vide sul volto di Cheryl lo rassicurò e gli fece tornare il sorriso sulle labbra. Ripresero a camminare in silenzio, mentre l’oscurità si imponeva sempre di più nelle strade, costringendo i negozianti ad usare la luce artificiale dei neon.

Douglas entrò per davvero in un negozio di cucina italiana. Cheryl non lo aveva mai visto, nonostante abitassero in quella zona da 12 anni ormai. Non si stupì però. Il posto era una topaia, e stava in un vicolo poco illuminato. Aveva solo un cartello all’ingresso che per il resto si presentava come un’anonima porta in vetro con saracinesca alzata. L’insegna recitava “da Giuseppe” e c’era l’immagine di un uomo con una folta barba e un colletto di camicia rossa.

Dentro l’ingresso era separato idealmente dalla sala per mangiare da alcune panche in legno. Il parquet era graffiato in molti punti, e il bancone era uno scarno tavolo lungo su cui era appoggiato il registratore di cassa.

A un tavolo erano seduti due uomini in doppiopetto, e poco più in là un ragazzetto con una camicia bianca con le maniche arrotolate fino al gomito se ne stava sbracato su una sedia fissando i nuovi arrivati, ponendo particolare attenzione alla ragazza che era ancora vestita di nero dalla mattina.

“Ma dove mi hai portato?!” chiese Cheryl a bassa voce, cercando di non attirare troppo l’attenzione.

Douglas dal canto suo si comportava come se nulla fosse, e consigliò alla ragazza di fare altrettanto e di stare tranquilla.

“L’importante qui è il cibo!” concluse consultando un foglio plastificato unto che doveva essere un menu.

Una donna si avviò dietro al bancone da una porta che evidentemente dava alla cucina, e si avvicinò agli ospiti. Portava un vestito che metteva in risalto tutte le sue curve, con le spalle scoperte e una vertiginosa scollatura. Teneva una mano su un fianco e una sul bancone, e in quella posa l’abbondante seno veniva messo ancora più in mostra. Il tutto risultò molto volgare agli occhi della ragazza, mentre Douglas non si scompose e con voce sicura ordinò senza fare una piega.

Cheryl ne approfittò per dare ancora un’occhiata in giro. L’arredamento era molto povero, se non per qualche quadro appeso, ma ogni tavolo aveva una tovaglia bianca e una rosa in un bicchiere al centro, il ché un po’ stonava con l’atmosfera tutt’attorno. Nascosto a prima vista, c’era poi un caminetto. Era chiaramente spento, vista la temperatura, ma a Cheryl sembrò quasi che fosse finto, e fosse stato montato con il solo scopo ornamentale. Magari dentro ci sono delle lampade che fanno l’effetto di una fiamma. Nello spostare lo sguardo dal camino, la ragazza incrociò di nuovo gli occhi del ragazzetto seduto al tavolo. Si accorse solo in quel momento che anche i due uomini avevano smesso di parlare tra di loro per fissare i due.

Cheryl cominciò a innervosirsi, e supplicò con lo sguardo Douglas.

“Andiamo, ci metteremo poco, il tempo di prendere la cena e siamo fuori di qui.”

Ma a Cheryl sembrava sempre troppo.

Uno dei due uomini si alzò e si avvicinò al bancone. Si muoveva disinvolto, quasi come se fosse dentro il salotto di casa.

“Doreen!”

Urlò per attirare l’attenzione della donna che nuovamente si affacciò dalla cucina.

“Il conto per favore. Dobbiamo andare via.”

Doreen non si scompose minimamente, e rispose con voce ferma e sicura.

“Te lo porto al tavolo dolcezza” e rientrò lasciando volteggiare la porta a vento più volte.

L’uomo rimase appoggiato al bancone, continuando a fissare i due ospiti, mentre con una mano cercava dietro al registratore di cassa un barattolo in vetro che conteneva delle liquerizie rosse. Cheryl si accorse dello sguardo puntato, mentre Douglas sembrava distratto a leggere qualcosa su di un volantino. Allora si avvicinò di più al detective sperando di attirare la sua attenzione o quantomeno di far capire a quell’uomo che erano insieme, sperando che questo in qualche modo gli facesse distogliere quello sguardo insistente. A quel gesto l’uomo sorrise spavaldo e si rialzò dirigendosi verso il tavolo.

Dopo poco tempo la donna uscì con delle buste fumanti che appoggiò con poca delicatezza sul banco.

“Ecco a te dolcezza”

“Credi che io sia troppo piccola per capire certe cose?”

La domanda balenò dal silenzio più assoluto. Stavano tornando a casa in assoluto silenzio, e Cheryl non aveva nemmeno commentato l’esperienza del ristorante appena vissuta. Poi d’improvviso quelle parole, così fulminee da risultare assai ragionate.

Douglas non rispose immediatamente. Guardò la ragazza che procedeva ora a testa bassa, aspettando una triste verità. Certe domande vengono poste solo per cercare conferma.

Ma il detective sorrise.

“Penso che tu sia dovuta crescere troppo in fretta e che per la tua età sei fin troppo matura. Così hai nascosto una parte della tua infanzia in piccole cose, la paura per gli specchi ad esempio, oppure la tua spontaneità nel trattare le persone. E il legame con tuo padre fa parte della tua infanzia, perciò ti risulta difficile accettare che questo tuo legame non sia puro come pensavi e che qualcun altro possa frapporsi tra quello che c’era tra te e lui. Ma sei anche una persona comprensiva e intelligente, e nonostante la tua indole aggressiva sai riconoscere un tuo errore. Ed è per questo che mi stai facendo questa domanda…non è vero?!”

La ragazza continuò a fissare i suoi passi, senza dire nulla. Sentiva le lacrime agli occhi, ma al tempo stesso quella risposta l’aveva rincuorata. Poi, d’improvviso, alzò la testa con uno scatto, sforzandosi di sorridere.

“Sbrighiamoci…Cybil avrà fame!”

 

Ho deciso, i capitoli saranno più brevi, sperando così di ottenere aggiornamenti in tempi minori. Quindi vi propongo questo nuovo capitolo, chiedendovi come al solito pareri, consigli e commenti vari!

Un grazie a chi legge e a chi commenta

Leo

 

  
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