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Autore: dreamlikeview    23/08/2013    14 recensioni
Louis ed Harry hanno una relazione. Edward è ossessionato da Louis.
Louis lavora in un bar, ma una notte un evento traumatico porterà il castano ad allontanarsi da Harry, e a vivere senza di lui per diversi mesi... Ma Louis riuscirà a resistere?
[Larry. Twins!Styles. Mpreg!Louis. Accenni Ziam.]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Mpreg, Non-con, Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'All about them.'
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Desclaimer: I One Direction non mi appartengono (ew, che peccato.) niente di tutto ciò è mirato ad offenderli/parlar male di loro ecc. ecc... e non rappresento in maniera veritiera il loro carattere, niente è scritto a scopo di lucro, personalmente ci guadagno solo soddisfazione personale quando ciò che scrivo è apprezzato.

Crediti: A Lu, per il magnifo banner.

Avviso: SO perfettamente che un uomo non può rimanere incinto, nè avere entrambi apparati, ma Dottor House insegna che tutto è possibile. LOL

Avviso numero due: Liam ha l'età di Louis per necessità di trama. So che ha 20 anni (quasi) modestamente siamo nati nello stesso anno.

Avviso numero tre: Sono 26 pagine, 26.086 parole.

Avviso numero quattro: Harry non ha nessun gemello cattivo. Non inviate messaggi dicendomi che non conosco bene Harry.

Avviso numero cinque: Vi avviso che ho tenuto conto più dell'introspezione del protagonista (Louis) che degli eventi e delle persone. Ci sono poche descrizioni fisiche, ma molte riflessioni.


Avviso numero sei: ENJOY!



Era una notte fredda di fine novembre, Louis Tomlinson, anni ventitre, capelli a scodella lisci e castani, occhi azzurri come l’oceano e il cielo fusi insieme, adorabile, goffo e tremendamente dolce, anche se a volte isterico, era rimasto solo nel bar. Liam Payne, suo migliore amico più piccolo di appena un anno, più alto di lui, capelli castani e tanti, tanti muscoli, aveva staccato prima perché era il suo anniversario con Zayn Malik, suo fidanzato storico fin dal liceo, pelle ambrata, capelli neri come l’ebano e occhi scuri e profondi. Al più piccolo era stato concesso un piccolo permesso, Harry, il ragazzo di Louis, bello da mozzare il fiato, riccio dagli occhi verdi, alto, muscoloso, il ragazzo perfetto a detta di Louis, era partito per il finesettimana con la sua famiglia, e il castano si ritrovava da solo nel bar a sistemare tutto prima della chiusura. Di solito, quando toccava a lui la chiusura, Harry andava lì e gli faceva compagnia, perché il bar era in una zona un po’ troppo isolata di Londra, e per questo il riccio non voleva che il castano restasse solo. Era circa mezzanotte, quando la porta del bar si aprì. Louis non vide chi fosse, era ancora piegato sotto al bancone, ma era convinto di aver girato il cartellino su “chiuso”, a quell’ora non arrivava mai nessuno da quelle parti, perché – ammettiamolo – la zona era troppo isolata affinché qualcuno si recasse lì, infatti Louis aveva l’ordine di chiudere circa un’ora dopo che nessuno si fosse presentato. Per questo, in quel momento temette il peggio, afferrò il primo oggetto contundente trovato sotto al bancone, e si alzò con lentezza, ritrovandosi davanti ad un ragazzo, che lo accolse con un sorriso caloroso. Ricci scuri e definiti, felpa con l’iniziale e i suoi occhioni verdi che lo scrutavano con il cipiglio divertito.
“Haz!” – esclamò Louis tirando un sospiro di sollievo, lasciando cadere la lama che tintinnò al contatto con il freddo pavimento – “temevo fosse qualcuno di… insomma, qualche criminale che voleva farmi fuori.”
Un ghigno sadico si dipinse sulle labbra del ragazzo appena entrato, non disse nulla, si limitò a fargli un cenno con la mano. Louis non se ne accorse per nulla, lui riusciva a vedere solamente quel ragazzo adorabile che gli aveva praticamente conquistato il cuore.
Avvisò il ragazzo che si sarebbe cambiato nel piccolo bagno del bar, dicendogli che poi sarebbero andati via insieme, e andò  a cambiarsi. Fischiettava allegramente abbassandosi i pantaloni, quando qualcosa, o qualcuno lo spinse forte contro il muro, facendolo gemere di dolore.
“Ha-Harry…?”
“No.” – rise allora l’altro ragazzo, e Louis poté giurare a se stesso che quella non fosse la voce di Harry, non era affatto lui, nemmeno i gesti erano suoi, Harry non era così rude, ma dannazione, era identico a lui… – “sono suo fratello, Edward” – spiegò comprimendolo maggiormente – “siamo gemelli, ma Harold si, uhm, vergogna di me e non ne parla mai.”
“C-Che cosa vuoi da me…?”
“Voglio te. Ciò che mio fratello ha e io no, Louis Tomlinson.”
Louis emise un grido strozzato, cercando di dimenarsi da quella presa che lo inchiodava al muro contro la sua volontà. Non riusciva a muoversi, si sentiva bloccato, stretto, vulnerabile, terribilmente vulnerabile.
“Farò quello che vuoi, lo giuro…” – sussurrò terrorizzato – “m-ma non farmi male, ti prego, non farlo…”
Quello rise ancora. La sua risata era sadica, cattiva, sprezzante, non gli importava delle sue suppliche, lo voleva. E l’avrebbe avuto che lui fosse volente o nolente. Louis continuò a dimenarsi fino a che quello, minacciosamente non si avvicinò al suo orecchio, e vi soffiò contro.
“Sta fermo, puttana, ti farò urlare come mai hai fatto in vita tua nemmeno con Harry.”
Louis si vergognò in quel momento. Era vergine, con Harry non aveva ancora fatto assolutamente nulla, e in quel momento si sentì ancora più vulnerabile. Voleva scappare. Cercò di muoversi, di spingere le sue braccia contro il muro e respingerlo da dietro, ma quello, furbo, gli afferrò le mani, tenendogliele alte.
“Dio, quanto sei sexy”  - gli sussurro mentre strappava via la camicia bianca indossata dal castano, e martoriava una sua spalla mordendolo a fondo, fino a sentire il sapore metallico del sangue, facendo urlare di dolore Louis, che si dimenava ancora, imprigionato tra le sue mani.
“No, no, no…” – sussurrava Louis, tremando ora mentre quello cospargeva la sua schiena bianca di morsi e succhiotti, facendogli male fisico e psicologico, trattandolo come nemmeno una bambola poteva essere trattata. Quando sentì le mani di quello staccarsi dai suoi polsi, e lui abbassarsi per togliergli i boxer, allora si mosse veloce, e tentò di uscire dal bagno degli inservienti, ma Edward che era più agile di lui lo afferrò di nuovo sbattendolo malamente contro il muro, stavolta tenendolo girato davanti, verso di sé, per farsi vedere bene.
“Sei un bambino cattivo, vero Louis?” – rise sadicamente, mentre lo bloccava nuovamente tra il suo corpo e il muro, tenendogli saldamente i polsi esili in una sua enorme – come quella di Harry – mano. E fu allora che Louis lo vide bene e se ne rese conto: occhi verdi, due smeraldi che brillavano nella notte, capelli ricci, scuri, ribelli, viso dolce, guance paffute, ma un ghigno terrificante sul viso. Il ragazzo di fronte a lui si privò velocemente dei pantaloni e dei boxer, poi liberò Louis dai suoi, e con una spinta forte, decisa e violenta penetrò Louis, facendolo urlare di dolore, mentre le lacrime che il castano aveva cercato di trattenere scorrevano prima lente sul suo viso, poi sempre più veloci, copiose. Più Louis urlava e piangeva, più andava veloce, più Louis lo supplicava di smetterla, più era violento, più implorava pietà, più non ne aveva. Poi lo avvertì. Un pugno dritto nello stomaco, mentre il dolore lancinante al fondoschiena era ancora presente.
“Urla, puttana, fammi venire dentro di te!” – gli urlò, colpendolo anche al viso, e poi di nuovo all’addome, e poi nello stomaco, un’altra spinta più veloce, ancora più violenza, sempre più violenza sul corpo di Louis, che gemeva per il dolore, che piangeva, che urlava disperato e lo implorava di smetterla, poi quello gli premette una mano sulla bocca, facendolo tacere. Aveva avuto la sua dose di urla, non gliene servivano più. Avvertiva le lacrime di Louis contro la sua mano, ma non se ne curava.
Harry, ti prego basta!” – urlò inconsciamente Louis, urlo che fu represso dalla mano enorme di Edward, che soddisfatto di se stesso e di ciò che aveva fatto veniva dentro al corpo di Louis liberandosi. Lo lasciò andare dopo qualche istante, restando più tempo nel corpo del ragazzo minuto, per sottolineare quando quella notte avesse abusato di lui, e quanto potere ora avesse sul suo corpo.
“Basta, basta…” – sussurrò Louis, stanco, ma per Edward, la nottata non era ancora finita. Non gli diede il tempo di riprendersi e lo costrinse a mettersi in ginocchio davanti a lui. Louis inorridì e scosse la testa deciso, prima che uno schiaffo violentò lo colpisse sulla guancia già arrossata.
“Chissà quanti ne hai fatti a mio fratello, vero?”
“Non ho fatto niente… ti prego…” – ma le sue suppliche furono vane. Si mise davanti a lui e lo costrinse a stuzzicarlo, poi, ancora con violenza, entrò nella sua bocca, facendogli provare un conato di vomito, tirandogli i capelli, e costringendolo a muovere la bocca più velocemente. Quando venne, lo costrinse ad ingoiare tutto, e lo sollevò ancora. Ammirò il bel viso di Louis contratto in una smorfia di dolore, le sue labbra gonfie, che non aveva ancora baciato, le guance tirate, e il suo sguardo adorabilmente terrorizzato.
Harry, Harry… Harry…” – sussurrava senza sosta, e a quel punto Edward lo zittì, baciandolo con foga e violenza. Louis tentò ancora di respingerlo con le poche forze rimastegli. Edward per tutta risposta lo inchiodò al muro e attese di essere colto da una nuova erezione, prima di affondare di nuovo nel corpo del castano.
Quando Louis svenne, gemendo di dolore, e sussurrando ancora il nome di Harry, Edward lo lasciò andare. Uscì da quel bagno, lasciandolo lì, per terra tra sangue e sperma, dopo avergli rubato la verginità.
 
 
Quando la mattina dopo Liam andò al bar, si sorprese di trovare la porta spalancata.
Sapeva che Louis fosse tornato a casa, e che il capo era fuori per affari. Sospettò in un primo momento di una rapina, ma controllando la cassa, tutto l’incasso era lì. Louis non aveva nemmeno svuotato quella. Quindi doveva essergli successo qualcosa. Rimuginò e poi decise di telefonargli. Con orrore constatò che il telefono di Louis fosse staccato, e la paura lo investì, decise di comporre il numero di Harry, per chiarire la situazione, qualcosa non andava.
“Pronto?”
“Harry? Sono Liam” – disse il ragazzo preoccupato – “Louis è con te? Ha il telefono staccato, ieri sera non ha chiuso il locale e non ha nemmeno svuotato la cassa!”
“Cosa? No, io sono in montagna, torno domani!” – esclamò – “ma non importa, se è successo qualcosa a Louis, prendo il primo treno e ti raggiungo.”
“D’accordo, allora… ciao.” – Liam si affrettò a chiudere la telefonata, e batté un pugno sul bancone.
Dov’era finito Louis?
Successivamente, però, udì dei rumori dal bagno degli inservienti, e corse velocemente lì. Quando aprì la porta, restò di stucco. Louis giaceva nudo a terra, tra sangue e… era sperma quello? Era ferito e probabilmente rischiava qualche malattia o qualche emorragia lì per terra.
“Louis, santo cielo!” – esclamò gettandosi accanto all’amico – “cosa è successo? Chi ti ha fatto questo…?”
“Ha-Harry…” – sussurrò. Liam represse un impeto di rabbia, il riccio aveva anche avuto la faccia tosta di mentirgli?
In fretta, il giovane si sfilò la felpa da dosso e la appoggiò delicatamente sulle spalle di Louis, avvolgendolo dentro, poi passò un braccio sotto le sue gambe, tenendone uno dietro la schiena, e lo sollevò. Avvertì il tremore dell’altro, e si affrettò a rassicurarlo.
“Sono io, Lou, sono Liam, non ti farò nulla.”
“Promesso…?” – mormorò appoggiando la guancia contro il petto dell’altro, che annuì energicamente, facendogli un sorriso rassicurante. Fu in quel momento che Louis scoppiò a piangere. Si sentiva male, umiliato, ferito.
Si sentiva usato, sporco. Come non avrebbe mai dovuto sentirsi in vita sua, eppure si sentiva così e non poteva farci nulla. Era stato stuprato.
Si strinse di più a Liam, la sua unica ancora di salvezza in quel momento, che lo stringeva dolcemente tra le braccia, cullandolo e cercando di farlo star meglio. Non aveva paura di lui per un solo motivo. Non aveva gli occhi verdi.
“Ti porto in ospedale, okay?”
“No, no!” – strillò, in ospedale avrebbe potuto incontrare persone con gli occhi verdi disposte a fargli del male, e lui non voleva. Liam annuì tranquillo e lo appoggiò su uno sgabello. Si premurò di abbassare tutte le serrande prima di sfilargli la felpa e notare in che condizioni fosse il suo amico.
“Vado a chiamare Zayn, okay? Lui è infermiere, ci darà una mano.”
Zayn aveva gli occhi nocciola, non verdi, e per questo annuì. Liam lo coprì nuovamente con la felpa e fece per allontanarsi da lui quando Louis urlò terrorizzato afferrandogli la mano. Il giovane apprese che non volesse restare solo, e si sedette accanto a lui, mentre chiamava il suo compagno.
“Zay? Ehi, senti, Louis è stato… uhm… picchiato. Non è che verresti qui con qualche medicazione?” – disse e Louis gli fu grato che non avesse detto quella parola. – “no, è terrorizzato.” – continuò Liam – “d’accordo ti aspettiamo” – sorrise appena – “ti amo anch’io.” – e chiuse. Louis lo guardò per un po’ senza emettere fiato se non respiri strozzati e singhiozzi mal trattenuti.
Liam non sapeva cosa fare, non gli era mai capitata una cosa del genere, e di certo non sapeva affrontare una situazione del genere con il suo migliore amico. Doveva farlo parlare? Doveva aiutarlo a confessare? Doveva farlo denunciare? Non lo sapeva, sapeva solo che il suo migliore amico, di fronte a lui, era terrorizzato e lui non poteva far nulla per impedirgli di stare così, non dopo quello che aveva subito.
“Ce la fai a spiegarmi cos’è successo?” – chiese in un sussurro, avvicinandosi a lui con una tazza di tè caldo. Louis riuscì a mettersi seduto compostamente e prese la tazza tra le mani, stringendosi forte nell’enorme felpa di Liam, riuscendo poi a sorseggiare piano il tè. Tremante raccontò a Liam cosa fosse accaduto la notte prima, i ricordi tornarono vividi in lui, e tremò ancora, come se potesse sentire i suoi tocchi ancora sulla pelle, come se quello lo violasse ancora, e i brividi tornarono violenti sul corpo. Tremò fortissimo, scuotendo la testa. Non voleva rivivere quella situazione, non voleva rivedere Harry, non voleva rivedere quello che gli somigliava.
Aveva paura, aveva troppa paura di fare qualsiasi cosa, non voleva fidarsi di nessuno eccetto Liam, per questo anche quando Zayn giunse nel bar, si strinse forte a Liam evitando di incontrare gli occhi del bruno appena arrivato.
“Lou, ehi, è Zayn, sta tranquillo” – sussurrò Liam al castano, cercando – inutilmente – di staccarlo da sé. Zayn si infastidì leggermente vedendoli così uniti, ma sospettò che ci fosse qualcosa sotto. Louis non era mai stato così terrorizzato da qualcosa, e decise che si sarebbe fatto spiegare tutto da Liam in separata sede.
Medicò Louis, solo quando Liam lo convinse che non gli avrebbe fatto niente.
“Abuso” – sussurrò Liam, quando, una volta medicato, Louis riuscì ad addormentarsi, stretto tra le braccia dell’amico, che non se la sentiva di lasciarlo – “è stato violentato, Zay” – continuò sussurrando, leggermente scosso – “dovevi vedere in che stato era quando sono arrivato. È stato tremendo vederlo così.”
Zayn per un attimo mise da parte l’ostilità che provava nei confronti di Louis, e promise a Liam che avrebbero fatto di tutto per far dimenticare a Louis quanto accaduto.
 
Un mese dopo.
 
Fine dicembre.
Louis non usciva di casa da un mese, non propriamente, era uscito solo per il giorno del suo compleanno, sotto ordine di Liam che l’aveva minacciato di tirarlo fuori da casa a calci.
Non vedeva Harry da un mese.
Non faceva nulla, se non scrivere, da un mese.
Il problema era che si sentiva usato, umiliato, sporco, ferito, ancora usato, e sporco e… troppe cose negative affollavano la sua testa da un mese a quella parte: quegli occhi verdi, spenti, non brillanti come quelli di Harry, quella voce bassa e crudele che gli diceva che l’avrebbe fatto suo, quel nome che riecheggiava nelle sue orecchie, Edward, il dolore lancinante al fondoschiena, l’umiliazione subita quel giorno, quell’orrenda sensazione di impotenza… troppe cose, troppe per una sola persona da sopportare. Inoltre, era da qualche settimana che era estremamente nevrotico e lunatico: passava rapidamente da momenti di tranquillità, a momenti di ira totale. Una cosa stranissima per uno sempre pacato come lui. Gli mancava da morire Harry, non ne poteva più senza di lui, era una sofferenza troppo grande, ma non poteva vederlo, non riusciva a non provare paura.
Era andato una volta, ma non appena aveva udito la sua voce lontano qualche metro, aveva tremato, e Liam – da buon amico che era – lo aveva mandato via senza troppi complimenti. La presenza di Liam, aiutava Louis a sentirsi più al sicuro, meno vulnerabile, protetto.
Fino a quella sera, comunque.
Liam era uscito da poco, e Louis si era barricato in casa: tende chiuse, finestre serrate, tapparelle abbassate, porta chiusa a più mandate, lucchetto inserito, mazza da baseball accanto al letto, porta della camera chiusa a chiave. A prova di ladro o assassino, ma quando qualcuno aveva suonato il campanello, lui era trasalito e afferrando la mazza da baseball, aveva con cautela aperto la porta della camera, percorso il corridoio, con la paura che gli divorava le budella, e aveva controllato nello spioncino chi fosse. Quando un occhio verde investì il suo azzurro, ebbe paura e si lasciò scivolare contro la porta. Iniziò a cullarsi da solo, rannicchiandosi di più su se stesso, divorato dalla paura. Le immagini di quella notte lo investirono in pieno: sentiva le sue mani ovunque, se chiudeva gli occhi poteva vederlo lì, poteva sentire tutto, poteva sentire le sue suppliche di smettere, e i colpi di quello aumentare, sentiva l’umiliazione colare su di lui come cera rovente di una candela, la sentiva solidificarsi su di sé, e imprimersi sulla sua pelle, sentiva la paura avvolgerlo come un enorme telo scuro,  che non lasciava scampo alla luce, si sentiva nuovamente sporco, usato, umiliato, tanto che in un attimo di lucidità, o pazzia, corse nel bagno prese tutte le spugne e svuotò tutto un flacone di bagnoschiuma su di sé, e iniziò a strofinare la sua pelle, prima lentamente, poi sempre con più forza. Strofinò ogni piccolo centimetro di pelle, rendendolo rosso, quasi insanguinato. Ma nonostante i suoi sforzi, non riuscì a togliersi di dosso quella sensazione tremenda, quella paura, quella sporcizia che sentiva addosso, era impressa sotto la pelle, nelle ossa, non poteva liberarsene, avrebbe vissuto sempre con quella addosso, sempre in quel modo orrendo, con quella brutta sensazione. Sarebbe stata una fastidiosa convivente e lui ne avrebbe sofferto più di quanto non avesse già fatto. Quando sentì la porta essere letteralmente buttata a terra, si rannicchiò maggiormente nella vasca in cui era entrato,  raccolse ancora le gambe al petto, sperando di sparire. Aveva freddo, l’acqua era diventata gelata, e a momenti qualcuno avrebbe abusato nuovamente di lui, a cosa serviva vivere? Lasciò che la sua schiena scivolasse sott’acqua, e con essa il collo, e poi il mento, il naso… chiuse gli occhi e si immerse totalmente. Non trattenne il fiato, lasciò che l’acqua invadesse la sua bocca, che lo portasse via.
In quel modo tutto sarebbe svanito, il dolore, la sofferenza, l’impotenza, la sporcizia, l’umiliazione, tutto, tutto sarebbe cessato in un attimo infinitesimale, nel quale la sua vita si sarebbe spenta.
Le gambe uscivano fuori dall’acqua, provocandogli fastidiosi brividi di freddo lungo tutto il corpo, ma a lui non importava, a momenti non avrebbe più sentito nemmeno il freddo.
Dei suoni ovattati giungevano alle sue orecchie, porte che sbattevano, ma nessuno poteva sapere che lui si fosse rifugiato nel bagno. I polmoni presero a bruciare, la fine era vicina. L’acqua lo stava annegando.
Ma una forza, lo trascinò fuori.
Louis però aveva abbastanza acqua insaponata dentro di sé, una quantità sufficiente ad uccidere una persona, probabilmente perché non capiva niente. Gli sembrava di essere in un’altra dimensione, gli sembrava che niente avesse più senso. Il suo corpo non rispondeva più ai suoi comandi, e qualcuno, Louis lo sentiva, premeva sul suo petto ad un ritmo regolare, mentre un altro gli tappava il naso e spingeva l’aria dentro la sua bocca. Quando sentì l’acqua risalire, allora capì di essere ancora vivo. Sputò via tutta l’acqua, riprendendo a respirare, mentre Liam lo abbracciava forte.
“Non va via, Liam…” – riuscì a sussurrare con un filo di voce, prima di venire meno tra le braccia dell’amico, che si allarmò ulteriormente. Con Zayn, Liam portò Louis all’ospedale dopo averlo coperto, e spiegata brevemente la situazione, consegnò l’amico agli infermieri, costringendo Zayn ad andare con loro, mentre lui rimaneva lì, pieno di ansia e paura.
Louis aveva tentato di uccidersi, se non fossero arrivati in tempo, chissà che sarebbe potuto accadere.
Liam non voleva nemmeno pensare a questo.
 
Quella fu la notte più lunga e assurda per Liam Payne.
Aveva soccorso il suo migliore amico, quasi annegato nell’acqua tremendamente piena di sapone; con il suo ragazzo lo aveva portato all’ospedale, e a momenti gli avrebbero detto le sue condizioni, e sperava non fossero troppo gravi.
Sonnecchiava su una sedia blu nella sala d’aspetto, quando un’infermiera giovane, dall’aspetto carino ed elegante, lunghi e ricci capelli neri, leggermente scura di pelle, agli occhi castani e splendenti si avvicinò a lui.
“Lei è un parente di Louis Tomlinson?”
“Sono il fratello, mi dica, sta bene?” – mentì spudoratamente sul grado di parentela, guadagnandosi un sorriso da parte della giovane.
“Sta bene, il peggio è passato.” – comunicò lei guardando una cartellina – “tutto il detergente ingerito è stato eliminato prima che facesse del male all’embrione.”
“S-cusi, embrione?” – chiese Liam, incredulo.
Non era possibile, era assurdo.
Aveva capito male.
“Ha capito bene, abbiamo fatto tutti i controlli.” – confermò l’altra – “vede, suo fratello ha una malformazione genetica molto rara. Alla sua nascita, aveva tutti e due gli organi genitali, ma quello maschile si è sviluppato, prevalendo sull’altro, mentre quello femminile è rimasto inattivo, fino ad ora” – spiegò lei – “sembra che l’abuso che ha subito, abbia messo in funzione anche quello femminile, fecondando un ovulo apparentemente inattivo.”
Liam si sentì quasi svenire. Era la cosa più assurda che udiva da quando aveva sentito che i dinosauri si fossero estinti a causa di un gigantesco peto. Un uomo non poteva avere entrambi gli organi genitali, era… contro natura.
“Mi sta dicendo che Louis è… incinto?”
“Esattamente, a quanto pare sì.”
“Oh santo cielo, e ora chi glielo dice?”
“Il paziente è stato già avvisato. E non vuole chiamare il presunto padre del bambino” – sorrise cordialmente la ragazza, mentre Liam si reggeva ad una sedia ancora imbambolato e scosso dalla notizia. Era una cosa assurda.
Louis non avrebbe retto a tanto.
Ma le stranezze per Liam Payne, quella notte non erano ancora finite.
 
Quando Liam entrò nella stanza in cui avevano ricoverato Louis, era preparato al peggio. Conosceva Louis, e le sue reazioni esagerate alle scemenze e non osava immaginare come avrebbe potuto reagire ad una cosa così seria e delicata.
Contro le sue aspettative, Louis era seduto al centro del letto, teneva la pancia scoperta e la osservava con un sorriso dolce impresso sul viso. Liam non seppe se interpretare quella visione positivamente o negativamente, insomma, non era da Louis essere così pacato. Quando poi iniziò ad accarezzarsi la pancia dolcemente, tutti i dubbi di Liam scomparvero. Louis aveva preso bene la gravidanza, sembrava anche aver riacquistato il sorriso, che da un po’ non aveva. Possibile che volesse quel bambino? Possibile che la notizia non lo sconvolgesse tanto?
“Piccolo, è arrivato lo zio Liam!” – esclamò rivolto alla pancia, accorgendosi della presenza dell’amico nella stanza.
“Quindi non stavi diventando anoressico, ma… erano ormoni?” – chiese con un sorriso avvicinandosi a lui, e sedendosi sulla sedia di plastica accanto al letto di Louis. Il castano annuì sorridendo.
Non sapeva perché si sentisse così… allegro.
Certo, appena gliel’avevano comunicato era svenuto, e per poco non aveva avuto un collasso, ma, dopo essersi ripreso, quando aveva davvero realizzato che dentro di sé, nonostante tutto crescesse una vita, e che questa vita probabilmente avrebbe avuto i connotati di Harry – il suo Harry, che lui amava ancora tanto – non aveva potuto fare a meno di sorridere.
Era ovvio che Harry non avrebbe mai saputo niente di quel bambino, perché insomma, Louis non aveva per niente dimenticato ciò che era successo un mese prima, né tutte le spiacevoli sensazioni provate a causa di quell’incidente, e non l’avrebbe fatto tanto presto, ma quella gravidanza improvvisa, e inaspettata, unita al fatto che non si sarebbe più sentito solamente usato, e al fatto che finalmente si sarebbe preso cura di qualcuno, avevano riportato una cosa che Louis non era riuscito più a trovare da nessuna parte: la speranza.
Speranza che tutto tornasse come prima.
Speranza di non avere più paura di Harry.
Speranza che tutto andasse al suo posto.
Speranza solo verde speranza, verde come gli occhi di Harry, smeraldo fuso, quel colore che aveva conquistato Louis da sempre, e non accingeva ad uscire dalla sua testa, che era impresso non nella mente, ma nel cuore, quel colore che aveva anche abusato di lui, quel colore che ora viveva in lui a causa del piccolo ‘vermicello’ che viveva dentro di lui.
“Già, fantastico, vero?” – sorrise, si sentiva speciale – “quanti altri uomini incinti vedrai nella tua vita?” – rise, con somma gioia di Liam, Louis stava ridendo – “magari un giorno mi studieranno, sai? Come fenomeno da baraccone”
“Ti stai già montando la testa, Tommo?”
“No!” – rise – “ma faranno gli esperimenti sul mio corpo, lo so!”
“Hai solo una malformazione genetica” – osservò Liam, spegnendo tutti i “sogni” ad occhi aperti di Louis, che gli rifilò una botta sulla spalla, offeso.
“Ehi, piccoletto, non ascoltare lo zio Liam. Lui è stupido.”
Liam scoppiò a ridere, coinvolgendo anche l’amico, che si teneva una mano sulla pancia.
Liam non vide la lacrima solitaria di Louis che scendeva giù, lungo la sua guancia.
Liam non vide il lampo di tristezza che passò negli occhi di Louis.
Liam non vide nulla, perché Louis aveva alzato un muro impenetrabile tra lui e il mondo esterno, mostrava solo ciò che gli altri volevano vedere.
Aveva la speranza dentro di sé, ma non stava bene.
La speranza era l’ultima a morire, ma a Louis non bastava.
Aveva bisogno di lui.
Del ragazzo che amava, dei suoi ricci, dei suoi occhi smeraldo, della sua risata, del suo sorriso, delle sue fossette, del suo corpo, di lui, la sua boa di salvataggio, la sua oasi nel deserto, la sua salvezza; Semplicemente della sua presenza.
Aveva bisogno solo di una cosa: lui.
 
Secondo mese.
 
Era appena arrivato gennaio, e il nuovo anno era da poco iniziato, Louis aveva ripreso ad uscire, e ad andare a lavoro. Lo shock non l’aveva superarto, affatto, ma si era auto convinto ad andare al lavoro per poter mantenere il bambino una volta nato. Non entrava mai nel bagno, nemmeno per cambiarsi, quel luogo gli riportava alla mente degli orrendi ricordi, anche il bar, ma lì doveva andarci quasi per forza, non sapeva dove altro cercare lavoro, per poter mantenere il bambino, ma Liam gli aveva assicurato che avrebbero fatto sempre i turni insieme, e lui non sarebbe mai stato da solo in quel luogo, quindi si sentiva leggermente più tranquillo a lavorare lì. Sorrideva a tutti, a quelli con cui aveva più confidenza diceva del bambino, spesso e volentieri si toccava la pancia, accarezzandola piano per assicurarsi che il piccolo fosse sempre lì, e che lui riuscisse a proteggerlo da tutto. La cosa negativa dell’essere al secondo mese di gravidanza?
Le nausee.
Le odiava. Odiava il sapore disgustoso che gli rimaneva in bocca, odiava il mal di stomaco, odiava il momento in cui gli mancava il fiato, e odiava il momento in cui rigettava anche l’anima. Odiava soprattutto il doversi recare nel bagno, ma aveva imparato ad usare quello delle donne, lì non era successo niente, per sua fortuna e poteva ancora utilizzarlo normalmente. Ma proprio non sopportava quei momenti e sperava con tutto il cuore che il bambino quella mattina non decidesse di fargli capire la sua presenza.
Stava servendo un caffè macchiato, l’odore dell’essenza di caffè, mista al poco latte utilizzato, gli penetrò le narici e per il suo organismo fu un odore troppo forte da sopportare, portò una mano alla bocca velocemente, mentre sentiva che la colazione che Liam gli aveva fatto mangiare, quasi costringendolo, risaliva velocemente su per l’esofago dallo stomaco. In breve corse nel bagno piegandosi su se stesso, tenendosi lo stomaco con due mani.
Odiava davvero, con tutto il cuore quella sensazione. Non riusciva a sentirsi meglio, quel giorno la nausea era più forte del solito, e lui sentiva di non farcela. Vomitava, e ad un certo punto credette che anche il bambino potesse uscire fuori. Non appena riuscì a calmare quell’atroce mal di stomaco, si sedette per terra e si appoggiò con la schiena al muro, e si alzò la maglietta per accarezzarsi la pancia.
“Tu stai bene, vero piccolo?” – sussurrò accarezzandosi il ventre ancora piatto. – “mi dispiace, ogni tanto il papà ha un po’ di mal di stomaco.” – sussurrò sfinito.
Socchiuse gli occhi appena per qualche istante, come per recuperare le forze venutegli a mancare a causa di quel vomito. Mentre formulava quel pensiero però, una nuova nausea lo colpì. Era stata causata, probabilmente dalla puzza che aleggiava in quel bagno. Si teneva alla tavoletta del water ancora, e non riusciva a placare quella spiacevole sensazione, dopo più di un mese, non aveva fatto l’abitudine a quella spiacevole che veniva direttamente da dentro di lui. Louis sapeva che era il modo del suo bambino di fargli capire che lui fosse lì, che esistesse.
Quando finalmente Louis riuscì ad avere forza a sufficienza, premette sul suo cellulare il numero ‘tre’, numero sul quale aveva impostato la chiamata rapida per Liam, che, non appena ricevette l’SOS, si precipitò nel bagno e soccorse il suo amico. Gli mise un braccio dietro la schiena e uno sul petto, tirandolo su dal pavimento, poi lo scortò fino al lavandino, lo aiutò a pulirsi la bocca, e poi lo fece bere.
Un’altra cosa negativa della gravidanza di Louis era il suo isterismo.
Liam davvero non sapeva più cosa fare per calmarlo in quei momenti, o  come fare per placare le nausee, Zayn gli aveva detto che era una cosa naturale, ma Liam non sopporta per nulla vedere Louis in quelle condizioni, specialmente se dopo le nausee il suo livello di intrattabilità cresceva a livelli esponenziali.
Mentre Liam lo faceva bere, Louis lasciò cadere il bicchiere per terra, portandosi una mano alla bocca, e appoggiandosene una sullo stomaco, come per proteggere il bambino, ma poi subito si appoggiò con entrambe le mani al lavandino e vomitò ancora una volta. Liam lo sorresse per la schiena e lo aiutò a rimettersi diritto.
“Lou, dovresti seriamente tornare a casa. Stai troppo male oggi.”
“Lasciami in pace!” – strillò alterato, riprendendosi in fretta – “non sei nessuno per dirmi cosa devo fare!”
“Louis, ti prego. Sta’ calmo, voglio solo aiutarti, okay?” – fece prendendolo delicatamente per le spalle, ma Louis lo spinse via, spalancando gli occhi quasi sconvolto.
“Non toccarmi!” – urlò – “non devi toccarmi! No, non voglio!”
Era come se, trovandosi in quel bagno con qualcuno, avesse paura di tutto e tutti, che tutto riaccadesse come la prima volta, che il senso di umiliazione lo colpisse ancora, che tutto ricominciasse da capo, a partire dal dolore.
“Lou, sono Liam, non voglio farti del male, calmo…”
“Non toccarmi, non toccarmi, non toccarmi!” – indietreggiò fino alla porta, sentendosi così in trappola come quella volta, ed ebbe paura, ancora di più. Stavolta non aveva paura per se stesso, ma per il suo bambino, l’unico esserino in grado di dargli ancora una ragione di vivere, non importava come fosse stato concepito. – “non farmi del male, ti prego, ti prego…” – sussurrò lasciandosi scivolare contro la porta, sedendosi sul pavimento e raccogliendo le gambe al petto, stringendo le braccia intorno alle ginocchia piegate, guardando con le lacrime agli occhi il ragazzo di fronte a lui, che lo guardava impotente. Portò istintivamente una mano sul ventre e lo accarezzò come per calmare il bambino, per rassicurarlo, per fargli capire che lui l’avrebbe protetto nonostante non fosse capace di proteggere se stesso. – “il papà ti protegge, piccolo, lo prometto…” – sussurrò, scoppiando in lacrime quando vide Liam avvicinarsi e alzarlo dal pavimento, tenendolo per le braccia. E dopo aver pianto, urlò. Urlò con quanto più fiato avesse in gola, urlò di disperazione e paura, cose che provava solo quando in mente gli tornavano le scene di quella maledetta notte.
“Calmati, Louis, calmati! Sono Liam, sono io, Liam!”
“L-Liam…” – fu colpito da un lampo di lucidità e allacciò le braccia intorno al collo dell’amico, affondando il viso nell’incavo del suo collo, e singhiozzò, fino a perdere le forze, fino a svenire, come era successo quella maledetta notte.  – “portami via…” – furono le sue ultime parole.
Le urla di Louis, comunque, non passarono inosservate, e dopo qualche istante, il proprietario del bar, che sapeva tutto ciò che era accaduto, spalancò la porta, facendo sobbalzare Liam, che prendeva in braccio Louis, per riportarlo a casa come aveva chiesto.
“E’ tutto okay, ragazzo?” – chiese quello.
“Sì, tutto okay. Non si sentiva bene, è meglio che lo riporti a casa.” – disse serio, mentre lo stringeva per non farlo cadere. L’uomo annuì e gli diede il permesso di tornare a casa prima, avrebbe chiamato gli altri baristi per quel giorno. Liam ringraziò con un sorriso e stringendo sempre Louis tra le braccia, uscì dal bagno, per dirigersi all’auto. Una volta lì, depositò Louis sui sedili posteriori, distendendolo lì e si mise alla guida dell’auto, riportandolo a casa loro.
Quando Louis rinvenne era sul suo letto, con un lenzuolo tirato fino alla gola, e un piacevole profumo nelle narici. Immediatamente la sua mente andò ad Harry. Nei suoi sogni, viveva con Harry, nella stessa casa e che si prendesse cura di lui, che gli preparasse la colazione, il pranzo e la cena, magari anche la merenda il pomeriggio, che gli stesse accanto in ogni istante della loro vita, loro e del bambino, che poi lo aiutasse quando stava male in bagno, quando la notte avvertiva quel terribile senso di solitudine, di smarrimento che solo le sue braccia potevano alleviare, che si svegliasse accanto a lui, magari stringendolo forte mentre accarezzava il suo ventre, che poi si sarebbe gonfiato, che poi avrebbe accudito il loro bambino, e lo immaginava già correre per il giardino della loro villa di tre piani con il bambino sulle spalle inseguito da un cane e due gatti. E quell’immagine nella sua mente era così vivida che istintivamente portò una mano sul ventre e l’accarezzò lentamente con affetto, e avvertì un certo languore provenire da lì, quindi decise di andare a vedere Harry cosa gli avesse preparato di buono, ma appena arrivò in cucina ed aprì gli occhi, la triste verità gli si piazzò davanti agli occhi, e lo colpì come un pugno forte nello stomaco.
Ai fornelli c’era Liam, il suo migliore amico, non il suo ragazzo, come lui immaginava, il sorriso scomparve quasi subito dalle sue labbra, e fu investito nuovamente dal senso di solitudine e terrore che provava senza di lui.
Nuovamente la sua vita gli apparve sbagliata, totalmente sbagliata come lo appariva sempre da quando non c’era Harry con lui. Harry d’altra parte era il suo sole, la sua Stella Polare, il suo punto di riferimento. Da quando lo conosceva poteva dire che la sua vita fosse completa, ma da quando non era più con lui era ritornata monotona, piatta. Se non fosse stato per il bambino che aveva portato una ventata di novità, responsabilità e una parvenza di allegria, sicuramente avrebbe tentato di nuovo di uccidersi, forse bevendo del veleno o tagliandosi le vene, ma per sua fortuna, era arrivato quel bambino – non ancora nato – a  salvargli la vita.
Per quanto strana e innaturale quella gravidanza era stata una benedizione, un raggio di luce in un deserto nebbioso e oscuro, un faro nella notte, il Sole per chi viveva nel buio, in breve l’unica cosa in grado di farlo stare meglio.
Nient’altro.
Da quando aveva avuto la notizia di essere in dolce attesa, stava dedicando la sua vita, anima e corpo, per la creaturina che il suo ventre custodiva.
Appena Liam si accorse della sua presenza, gli sorrise genuinamente, invitandolo a sedersi. Gli comunicò che Zayn sarebbe arrivato a momenti, e che avrebbe cenato con loro, e Louis non ne fu tanto contento: era invidioso. Liam aveva Zayn al suo fianco, Zayn lo coccolava la notte, e invece lui era solo, senza il suo Harry.
“Oh, fantastico” – borbottò, mentre Liam si lasciava scappare un risolino, in fondo, sapeva che Louis e Zayn non fossero mai andati d’accordo, ma come poteva scegliere tra il suo migliore amico e il suo fidanzato? Non poteva.
Quando il campanello suonò, Louis rassicurò Liam che sarebbe andato lui ad aprire, e quando trovò Zayn davanti si sforzò di sorridergli, ma quello lo spintonò con una spalla, facendogli mordere le labbra per il dolore. La sua soglia del dolore si era abbassata drasticamente con la gravidanza, quasi poteva comprendere le donne nel loro periodo del mese, che, appunto, sentivano tutti i dolori amplificati.
“Ciao anche a te, Zayn” – brontolò in un lamento, mentre quello di voltava di scatto verso di lui, e lo fulminava con lo sguardo, in maniera così minacciosa da far tremare  Louis sul posto.
“Non ti sei ancora trovato un altro posto, Tomlinson?” – sputò acido.
“Questa è casa mia, Zayn.” – rispose mantenendo un tono calmo e pacato, cercando di non alterarsi ulteriormente.
“Ma la paga il mio ragazzo, perché non te ne vai da quello stronzo del tuo ragazzo?” – Louis si irrigidì solo sentendolo pronunciare – “ah, no. Scusa, dimenticavo che sei una palla al piede. Anche per Liam, ma non te lo dice, perché gli fai pena.” – scosse la testa, mentre Louis iniziava a tremare – “sei un peso. E sei malato.”
Il cuore di Louis si contrasse nel petto, il suo stomaco vorticò ancora, e si ritrovò con le spalle alla parete, una mano sulla pancia per non far sentire quelle brutte parole al bambino – o cercava di contenere un conato di vomito – e gli occhi pieni di lacrime. Doveva lasciare la casa, non sapeva dove sarebbe andato, ma avrebbe lasciato quella casa, si sarebbe rifatto una vita insieme al suo bambino, oppure sarebbe tornato da sua madre, doveva ammettere che un po’ gli mancava, ma non si mosse restò lì, lasciandosi scivolare sulle proprie gambe, e rannicchiandosi su se stesso, iniziò a piangere tutte le lacrime che gli rimanevano nel corpo, e singhiozzò così forte che Zayn, ancora davanti a lui, si sentì leggermente in colpa per ciò che aveva detto, singhiozzò così forte che Liam dalla cucina lo sentì e corse da lui.
Stupidi ormoni – pensò Louis, quando si rese conto che effettivamente stesse piangendo troppo forte, e stupidi ormoni – pensò nuovamente, quando solo le braccia di Liam riuscirono a tranquillizzarlo, quando solo lui riuscì a trasmettergli un po’ di pace, e tranquillità, quando solo Liam riuscì a farlo sentire accettato realmente e non un peso per chiunque. Gli era davvero grato, da quando aveva scoperto della gravidanza gli era stato accanto come avrebbe dovuto stare Harry, non gli aveva fatto mancare nulla, e soprattutto lo aveva fatto stare bene, meglio di quanto pensasse.
Ma si sentì in colpa, quando Liam iniziò a litigare con Zayn.
 “Non puoi difenderlo sempre!”- urlava Zayn.
“Aspetta un bambino, che dovrei fare? Chiuderlo fuori di casa, quando questo appartamento è anche suo?” – aveva risposto alterato Liam, abbracciando ancora Louis, che tremava come una foglia.
“Beh, potrebbe imparare a cavarsela da solo!”
“N-non voglio farvi litigare” – aveva sussurrato ad un certo punto, si era sciolto dall’abbraccio di Liam ed era corso in camera sua. Aveva preso uno zaino e ci aveva infilato un paio di magliette, un pigiama e un pantalone, aveva poi indossato le scarpe sotto la sua tuta, e si era diretto alla porta, ancora in lacrime, e non si era curato di Liam che gli urlava dietro di fermarsi. Aveva deciso di andare via, non voleva essere un peso per Liam, non voleva che Zayn lo odiasse – anche se lo aveva fatto da sempre – e aprì la porta, non riuscì ad oltre passarla a causa di Zayn che lo fermò per un braccio e lo costrinse a restare in casa.
“Scusami, okay? E’ che non sopporto non poter più stare con Liam” – disse Zayn costretto dallo sguardo truce di Liam, e Louis si lasciò scappare un sorriso, tra le lacrime.
Quella sera, ebbe la conferma che Liam non l’avrebbe mai abbandonato, nemmeno se significava litigare con Zayn.
 
Terzo mese.
 
Essere incinto, al terzo mese, per Louis era estenuante, specialmente con il freddo di febbraio. Le nausee erano peggiorate, aveva costantemente fame di qualsiasi cosa, sbalzi d’umore continui e una voglia insensata di coccole. Ne cercava costantemente, e la vittima di questa sua “voglia” era Liam, che non riusciva mai a dirgli di no. Louis nascondeva quanto in realtà volesse Harry, e non voleva che Liam se ne accorgesse, altrimenti avrebbe fatto di tutto per farglielo dimenticare. Non aveva eliminato dalla sua mente il tentativo inutile di Liam di fargli conoscere qualcuno per dimenticare Harry/Edward e il terribile episodio, che si era concluso con una crisi isterica di Louis, e una nottata in bagno a vomitare. Tutto ciò era accaduto prima che Louis scoprisse della gravidanza. Ora dava un senso a tutte le nausee avute, ma iniziava a non sopportarle più. Odiava quella sensazione, gli sembrava di svuotarsi.
Era dimagrito di almeno cinque chili, ed era diventato quasi scheletrico, nonostante mangiasse tantissimo, a volte si odiava, credeva di non avere abbastanza spazio dentro di sé per ospitare il bambino, temeva che non riuscisse a crescere, insomma, non aveva nemmeno un accenno di pancia, ed era già al terzo mese.
“Liam!” – urlò dalla sua stanza, con la speranza che l’amico lo sentisse e giungesse da lui, prima che si sentisse nuovamente male. Voleva solo che quello schifo di nausea finisse, non ne poteva più. Eppure ricordava che sua madre, quando aspettava le gemelle non stava così male, o forse sì, ma non era questo il punto. Lui odiava le nausee, odiava il doversi alzare dal letto per andare in bagno e vomitare, odiava tutto quello.
Non riusciva a sopportare quella situazione, e insieme a tutto questo, odiava stare senza Harry. Avrebbe voluto averlo accanto a sé, farsi stringere da lui, e lasciarsi coccolare, abbracciare, e baciare con dolcezza, avrebbe voluto perdersi nelle sue braccia, e non tornare mai più alla realtà, avrebbe voluto sparire tra quelle, e lasciarsi proteggere da lui, dal suo ragazzo, che nonostante tutto, non era più tornato.
Louis non poteva sapere che Harry chiamasse tutte le sere a casa, perché lui aveva il cellulare costantemente spento, e che Liam non glielo passasse per “motivi di protezione”, Louis non poteva sapere che Harry non era riuscito a dimenticarlo, esattamente come lui, e invece credeva il contrario, credeva che il riccio si fosse rifatto una vita, che avesse dimenticato tutto ciò che avevano fatto, di tutte le volte che Harry era stato a pranzo e cena dalla famiglia di Louis, di quelle volte in cui la madre lo aveva costretto a guardare le foto di Louis da bambino, che puntualmente si imbarazzava, specialmente quando Harry urlava un “Oddio che adorabile!” oppure “Oh amore, eri bellissimo”, e ancora “Santo cielo che guance tenere, da prendere a morsi”, di quando la donna saliva a mettere a letto le gemelle, e loro rimanevano da soli, sul divano, Louis seduto sulle gambe di Harry, con le braccia intorno al suo collo, e si guardavano negli occhi, si perdevano in essi, poi poco prima che la donna scendesse, si scambiavano un bacio casto, sulle labbra, quasi sempre seguito dalle carezze sulla schiena, che Louis amava davvero con tutto se stesso, dopo le coccole, solitamente appoggiava la testa nell’incavo del collo di Harry, e chiudeva gli occhi, beandosi del suo profumo dolce, della morbidezza dei suoi capelli, ogni qual volta allungava in essi le mani e massaggiava con movimenti conosciuti e studiati. Mentre ricordava tutto ciò, delle lacrime scapparono dai suoi occhi, accucciandosi sotto le coperte, stringendo il cuscino tra le braccia, cercando una traccia di Harry, che non c’era.
Quando Liam entrò dalla porta, e lo vide in quello stato si affrettò a correre accanto a lui e ad abbracciarlo forte, mentre Louis si lasciava prendere come una bambola, si lasciava stringere forte, e si sfogava contro il petto dell’amico, prendendolo leggermente a pugni, sfogando la sua frustrazione, la sua tristezza, la sua voglia di non essere lì, ma tra le braccia del ragazzo che amava, che l’aveva dimenticato.
“Mi manca, Liam, mi manca…” – sussurrò tra i singhiozzi – “io lo voglio, lo voglio con me, ma… mi ha abbandonato, gli faccio schifo…” – singhiozzò ancora – “chi vorrebbe il ragazzo incinto, malato, che è stato violentato da uno che è uguale a lui?” – urlò carico di cattivi sentimenti – “chi? Chi?!” – strillò – “non uno perfetto come Harry Styles!” – singhiozzò ancora – “n-non mi vorrà, m-mai più, lu-lui ha di meglio, non se ne fa nulla d-di me, i-io sono un-una nullità, l-lui è-è… perfetto, i-io, no…”
“Ma cosa dici, Lou?” – sussurrò cullandolo – “magari Harry non ti vorrà più, ma troverai qualcuno che ti ama, e che non ti faccia del male, mh?”
“Non lo troverò, io amo lui, solo lui…” – singhiozzò – “il mio cuore è suo, da sempre, da quando l’ho conosciuto, il mio cuore gli appartiene, è suo, io sono suo…”
In quel momento realizzò che non fosse propriamente suo, visto che il suo corpo era stato violato da un altro, visto che aveva perso la verginità con un altro e non con Harry, visto che lui aveva subito di tutto quella notte di tre mesi prima. Quelle immagini non riusciva a cancellarle dalla mente, e ogni volta che ripensava a quella notte, il terrore lo invadeva, come se non potesse scappargli come se tutto quello che provava realmente fosse sbagliato totalmente, avrebbe dovuto avere paura di lui.
Perché spesso, un dubbio lo prendeva: se Edward avesse mentito sulla sua identità? Se quello fosse stato Harry, e avesse detto un altro nome, solo per abusare di lui, e poi tornare da ragazzo innocente?
E no, no, no quello era il suo Harry, non gli avrebbe mai fatto del male, fino a quel momento aveva aspettato il momento giusto, aveva atteso che fosse pronto, e non l’aveva mai forzato.
Ora capiva perché Harry non l’avesse mai fatto andare a casa sua, o non gli avesse mai presentato la sua famiglia. Perché, in fondo, aveva qualcosa da nascondere.
E la verità lo colpì in faccia con violenza: Harry gli aveva mentito.
Si strinse più forte a Liam, e per un attimo si pentì di essersi innamorato di uno come Harry, di un bugiardo, di uno che permetteva al gemello di stuprarlo, di uno che andava in vacanza lasciandolo solo. L’attimo dopo, si pentì di aver dubitato del suo Harry, di avergli detto mentalmente cose brutte, e di nuovo, singhiozzò forte e nuovi singhiozzi si aggiungessero ai precedenti rendendo a Liam il compito ancora più arduo.
Niente sembrava calmarlo, niente.
Poi com’era arrivata, la crisi svanì nel nulla, e Louis si calmò, asciugandosi tutte le lacrime.
“Lui tornerà da me e mi abbraccerà, mi proteggerà e mi terrà per sempre con sé” – sorrise sornione, con gli occhi ancora rossi e gonfi, una luce strana in essi. Per Liam aveva qualche rotella fuori posto, ma non vi badava tanto, era Louis era da sempre imprevedibile.
“Louis, ma cosa…?”
“Ho proprio voglia di una pizza, Lì!” – esclamò, mentre Liam spalancava gli occhi, lui per cena aveva preparato delle banali fette di carne con dell’insalata, perché il dottore aveva raccomandato Louis di fare una dieta sana, e a questo ci pensava Liam, come sempre, era il papà della casa – “con tanta mozzarella, pomodoro, prosciutto, mais… no, anzi facciamo senza pomodoro! Con il mais, il prosciutto, la mozzarella e tanta panna!”
“Louis, ma…”
“Oh e una coca cola fredda, la birra no, non posso bere alcolici fanno male al bambino.”
“Lou, per favore, ascoltami…!”
“Lì, mi prendi anche quelle polpettine fritte con la mozzarella e la carne?” – sorrise sbattendo le palpebre, gli occhi ancora rossi e gonfi e un’aria tranquilla sul volto. Un minuto prima non stava piangendo?
“Louis…”
“Oh, già che ci sei anche il gelato al cioccolato!”
“Dove lo trovo il gelato al cioccolato, il 10 febbraio?”
Louis alzò le spalle e sorrise ancora timidamente, com’era solito fare quando voleva qualcosa che non poteva avere, e c’era una cosa in lui che catturava tutti: i suoi occhioni azzurri come il cielo. Difficilmente un umano, maschio, femmina o un essere vivente qualsiasi, come gatti o cani, riusciva a resistere al fascino di Louis Tomlinson, era una cosa a dir poco impossibile, e Liam rientrava nelle persone che proprio no, non riuscivano a dire di no a quegli occhioni intensi, ora gonfi e contornati da uno strato rossiccio. Poteva notare il ventre impercettibilmente gonfio di Louis, e non riusciva a credere a tale miracolo. Era una cosa che aveva colpito un po’ tutti, e Liam si sentiva in dovere di aiutare Louis in quella piccola battaglia, perché, insomma, sarebbe diventato zio – aveva concordato con Louis, che essendo loro come fratelli, i loro figli avrebbero visto l’un l’altro come zii e non come amici di famiglia – e proprio non poteva contenere la gioia, Zayn non capiva, non poteva capire il rapporto che i due avevano, perché era lontano anni luce da ciò che era a normalità di due amici, erano complici in tutto: Liam avrebbe potuto svegliarsi una mattina e decidere di rapinare una banca, Louis sarebbe stato lì al suo fianco, e viceversa per questo ora, Liam si dedicava anima e corpo dalla salute di Louis e del suo bambino. E di questo, Zayn era geloso.
“D’accordo, Lou, ti troverò tutto, ma vedi di tenerlo nello stomaco quello che mangerai.”
“Promesso!”
Liam sorrise scuotendo la testa, e andò a chiamare la pizzeria e successivamente uscì per cercare una gelateria, in febbraio. Era una cosa assurda, ma del resto chiunque aspettasse un bambino, aveva voglie strane. Louis non era da meno degli altri. Non appena entrò in una delle poche gelaterie aperte, però, riconobbe una persona, che non avrebbe mai voluto incontrare: Harry. Il locale era piccolo, accogliente, ma incontrare lui, non era esattamente nei piani di Liam. Tra tutte le gelaterie, doveva finire proprio in quella in cui lavorava lui.
“Ciao Liam.” – fece il riccio guardandolo. Liam sbuffò, e lo guardò in modo eloquente – “Louis sta bene?”
“Come un qualsiasi uomo incinto, ovvio.” – borbottò.
“Fammi indovinare, gelato al cioccolato?”
“Sì. Ne ha voglia.”
“Ti prego, permettimi di vederlo, ti prego, Liam…” – fece Harry, riempiendo una vaschetta con del gelato al cioccolato, il preferito di Louis – “ho bisogno di lui, e lui di me. Non mi fai parlare con lui al telefono, e lui ha sempre il telefono staccato, ho bisogno di lui, per favore.”
“Dovevi pensarci prima di violentarlo.” – comunicò il castano, attendendo la vaschetta di gelato.
“Non sono stato io!” – sbottò il riccio, passandogli la vaschetta – “è stato mio fratello, per favore, vi spiegherò tutto.”
“No.” – fu l’unica parola di Liam, prima di lasciare i soldi sul bancone, afferrare la vaschetta e andare via, senza rispondere, senza voltarsi indietro. Non tornò subito a casa, passeggiò per un po’ per la strada, per sbollire la rabbia, non sopportava ciò che quel ragazzo avesse fatto al suo migliore amico, odiava il fatto che Louis fosse ancora innamorato di lui, e soprattutto non sopportava il fatto che si ostinasse a dire di non essere stato lui, la prima cosa che Louis aveva detto, dopo quella notte, era stata, appunto, “Harry”.
Quando ritornò a casa, leggermente scosso, Louis dormiva beato sul divano, ignaro di tutto, con una mano sulla pancia e il cartone di pizza intatto sul tavolino. Probabilmente lo aveva aspettato, e si era addormentato così. L’incontro con Harry l’aveva un po’ turbato, per questo preferì lasciar perdere, prendere Louis in braccio e riportarlo in camera sua. Non gli avrebbe mai rivelato di averlo incontrato, non si fidava, e di rimettere Louis in pericolo proprio non se la sentiva.
Louis sobbalzò dal sonno, non appena Liam lo depositò sul letto, il giovane lo guardò sorpreso da quella reazione, e gli accarezzò una spalla per rassicurarlo, prima di chiedergli cosa avesse.
“Non ho fatto gli auguri ad Harry per il suo compleanno…” – si lamentò. Liam sorrise intenerito, e si stese accanto a lui, abbracciandolo.
“Se ti facessi le coccole? Penseresti ancora ad Harry?” – chiese baciandogli delicatamente la guancia, facendolo sorridere appena.
“Sì… lo penso sempre, ma mi aiuterebbe a non pensare troppo a lui…”
Liam annuì e pian piano iniziò a coccolarlo, prima gli accarezzò il ventre, poi prese a fargli carezzine ovunque potesse, fino a che non sentì Louis rilassarsi sotto il suo tocco, e allora sospirò tranquillizzato.
Certo, Louis non avrebbe mai più rivisto Harry.
Ma la domanda era, sarebbe riuscito a tenerli distanti, solo ed esclusivamente per il bene di Louis?
 
Quarto mese.
 
Era un pomeriggio di metà marzo, Louis si osservava allo specchio, tenendosi una mano sulla pancia.
Era al quarto mese, adesso, il ventre iniziava ad evidenziarsi. Era un po’ più accentuato, e  Louis aveva preso il vizio di guardarsi allo specchio, tenendosi una mano sulla pancia, sorridendo come un ebete.
Le voglie assurde erano sempre maggiori, e le nausee erano sempre più rare, finalmente iniziava a sentirsi meglio, ed aveva anche chiamato sua madre, invitandola a casa sua e di Liam per “parlarle”, insomma non era facile dover confessare alla propria madre di avere una malattia genetica, di essere stato stuprato e inoltre di aspettare un bambino da colui che aveva abusato di lui. No, non era affatto facile, ma dopo quattro mesi, e qualche settimana da quell’ “incidente” era pronto, più o meno per parlare, lei non sapeva nemmeno che non stesse più con Harry, momentaneamente, o per sempre? Louis non lo sapeva, voleva ancora che Harry tornasse da lui, ancora, e lo abbracciasse. Strinse appena la mano sulla pancia, ripensando a tutto quello che stava passando senza di lui, e pensando che lui ormai avesse davvero un'altra persona. Non ce la faceva più, voleva Harry con sé, ma non poteva dirlo a Liam, perché, insomma, gli avrebbe detto ancora di dimenticarlo, come se fosse stato possibile, per lui.
Liam entrò velocemente nella camera, e lo vide che si specchiava con la mano sulla pancia, e sorrise intenerito.
“Ancora? Ti stai misurando ancora la pancia con il metro?”
“No, no… è che… io sono grasso, okay, ma il bambino riesce a crescere?” – se il mese prima credeva di essere magro, attualmente, al quarto mese, credeva di essere troppo grasso.
Era un continuo cambio di idee negative sul proprio conto.
“Certo che riesce, dai, non preoccuparti.”
Louis sospirò annuendo, e seguì Liam nella cucina, dove un piacevole profumo di manicaretti lo colpì in pieno, facendolo sorridere. Aiutò ad apparecchiare, e di tanto in tanto si accarezzava la pancia, per rendere partecipe il suo bambino. Liam gli fece un sorriso addolcito mentre lo guardava. Avrebbe voluto che Zayn si accorgesse che faceva tutto quello solo per proteggere Louis, e non perché voleva mollarlo o qualcosa del genere. Il bruno era palesemente geloso, e quella sera era stato invitato anche lui, in modo che si accorgesse che lui e Louis non erano altro che buoni amici, nient’altro.
La signora Tomlinson era una persona giovanile, dai lunghi capelli neri, raccolti in una croccia composta sulla nuca, indossava sempre abiti eleganti, non troppo colorati. Era composta, e gli occhi erano azzurri come quelli del figlio.
Quando la donna giunse all’appartamento, in perfetto orario, si stupì nel vedere il figlio ingrassato, e di non vedere Harry da quelle parti, insomma, Harry c’era sempre con Louis. Si stupì maggiormente quando il figlio l’abbracciò e restò distante di qualche centimetro, in modo che le pance non si toccassero, ma quando iniziò la cena e lo vide appoggiare una mano sul proprio ventre, si preoccupò.
Anche Zayn era arrivato, e sedeva accanto a Liam durante la cena, mentre Louis e la madre erano l’uno di fronte all’altro.
“Louis, c’è qualcosa che vorresti dirmi?”
Louis lanciò un’occhiata d’intesa a Liam, ed annuì.
“Mamma, io… è difficile da spiegare, insomma, in queste circostanze è una cosa… strana.” – la donna lo guardò preoccupata più che mai, mentre il ragazzo si alzava elegantemente, e si avvicinava a lei con un’aria rilassata, per niente da Louis, una volta vicino a lei, le prese una mano appoggiandosela sulla pancia.
“Io… aspetto un bambino.” – sospirò – “lo so che è assurdo, ma… insomma, ho una…”
“Malformazione genetica. Lo so.” – completò la donna, mentre il ragazzo perdeva il sorriso e spalancava occhi e bocca – “ci era stato anche chiesto di decidere se farti operare da bambino, o no, ma poi non l’abbiamo fatto, e non avresti mai dovuto scoprirlo.”
Louis si portò una mano sulla fronte e rischiò di svenire, se non fosse stato per Zayn che, prima di Liam, si alzò velocemente e lo afferrò per le spalle, facendolo reggere in piedi.
“Come lo sapevi? Che significa che lo sapevi?”
“Quando ero incinta di te, ho fatto l’amniocentesi, e… era risultato questo. Non ho voluto farti subire danni alla tua nascita, per questo non ti ho fatto operare, ma… non era previsto questo.” – scosse la testa inorridita – “e il padre chi è? Harry o…” – indicò Zayn – “o Liam?” – indicò l’altro.
“N-nessuno di loro… insomma d-di Harry…” – non riuscì a confessare totalmente la cosa, perché insomma, era sconvolto. Liam lo guardò sospirando, sapeva anche lui che Louis aveva preparato tutto il discorso, e che quell’improvvisata avesse annullato tutti i suoi piani. Come poteva sapere che la donna sapesse, e che soprattutto non gli avesse detto niente?
Improvvisamente sentì tutta la cena risalire su per l’esofago, e velocemente si divincolò dalle braccia di Zayn e corse verso il bagno, prontamente seguito da Liam, una volta in bagno, si piegò su se stesso, e riversò tutto nella tazza. Erano due settimane che non si sentiva così male – forse non avrebbe dovuto mangiare anche la torta con la doppia panna – ma non poteva farci nulla. Quella confessione di sua madre l’aveva scioccato, lei non gli aveva mai detto nulla, assolutamente nulla, nemmeno un accenno, e se non fosse stato stuprato? Non l’avrebbe mai saputo? O l’avrebbe scoperto perdendo la verginità con Harry?
Scoppiò in lacrime – maledetti ormoni – e continuò a vomitare l’anima, eliminando dal suo stomaco tutto ciò che aveva ingerito a pranzo, e probabilmente anche ciò che aveva mangiato durante la cena del giorno prima, o addirittura durante il pranzo del giorno prima, perché quando riuscì a calmarsi si sentiva totalmente senza forze, tanto che Liam dovette portarlo in braccio, prima fino al lavandino per aiutarlo a pulirsi e poi fino al letto. La donna, rimasta in salotto con Zayn, era scioccata dalla reazione del figlio, insomma, era stata puramente esagerata, ma sapeva cosa si provava ad avere tutti gli ormoni alterati. Si alzò poi dal tavolo, rendendosi conto che suo figlio già normalmente fosse un ragazzo sensibile, figurarsi poi con gli ormoni impazziti a causa della gravidanza, soprattutto dopo uno shock come quello appena subito. Dopo aver rivolto un sorriso di sbieco al moro, si diresse nella stanza in cui Liam aveva portato Louis, percorse il breve corridoio che c’era e raggiunse il figlio, sistemandosi accanto a lui. Proprio non riusciva a capacitarsi del perché suo figlio fosse in quelle condizioni, insomma  non era possibile che potesse avere una gravidanza, non si era sviluppato quell’apparato, com’era possibile che fosse accaduto?
“Louis” – sospirò sedendosi – “com’è possibile? Insomma…”
“Mamma, ho una malformazione genetica, hai detto che lo sai, e…” – deglutì, non poteva dirlo davvero. Non poteva umiliarsi in quel modo, non poteva e basta.
“E poi? Che è successo?”
“I-io…” – la sua voce si spezzò in un singhiozzo – “n-non ce la faccio…”
Liam non aspettò oltre e lo abbracciò forte, stringendolo al suo corpo, cercando di tranquillizzarlo, per non farlo piangere ancora in quel modo. Iniziò a sussurrargli di stare calmo, che tutto andava bene, perché Liam sapeva che se si parlava di quell’argomento, Louis diventava più sensibile, più terrorizzato che mai, ma soprattutto più fragile di quanto lo fosse di solito.
“Un ragazzo ha abusato di lui.” – disse Liam al posto suo, mentre Louis iniziava a tremare, e a stringersi forte a lui, impaurito. Ecco, ecco che le terribili immagini di quella notte tornavano, che lo tormentavano, che lo facevano sentire umiliato, usato, torturato, sporcato, e tutto diventava sbagliato, tutto anche il suo bambino lo diventava. Si pentì di quell’ultimo pensiero, ma non riusciva a fare a meno di pensarci, era ingiusto per lui, voleva solo dimenticare, e invece qualcuno doveva sempre riportarglielo in mente.
“Ma… come?” – chiese la donna, tremante – “insomma, nessuno l’ha impedito?”
“Era solo, doveva chiudere prima, e quello si è introdotto al bar. Se ci fossi stato l’avrei fermato.”
Louis si strinse a lui, ringraziandolo, e Liam ricambiò la stretta energicamente, per trasmettergli la protezione di cui lui necessitava in quel momento. La donna annuì, leggermente scettica. Il figlio conviveva con un ragazzo gay e fidanzato, ma quel fidanzato nell’altra stanza era nervoso, e probabilmente geloso, era gay anche lui e fidanzato con un altro ragazzo che non era lì in quel momento e…
Un momento.
“Ho capito tutto.” – fece lei, mentre Liam spalancava gli occhi, seguito da Louis, ed entrambi guardavano la donna esterrefatti – “è stato Harry, vi siete mollati e ora Liam si prende cura di te e del bambino.” – sorrise – “auguri, siete davvero una bella coppia!”
“N-no, mamma, non è così…” – riuscì a mormorare Louis tra i vari singhiozzi, non doveva credere che la madre pensasse che Harry fosse il responsabile, no… Harry non era il colpevole, no.
“Sì, signora, più o meno è così.” – disse invece Liam, precedendo Louis – “è stato Harry, ma io e Louis non stiamo insieme, cioè, mi prendo cura di lui, ma siamo solo amici, io sto con Zayn!”
“Zayn è quel ragazzo di là?” – chiese la donna, e Liam annuì, senza capire perché glielo stesse chiedendo – “oh, povero ragazzo, dovevi finire con un teppista come quello? Con tutti quei tatuaggi…”
Liam spalancò gli occhi ancora di più, non poteva permettere che parlasse così del suo ragazzo, del suo Zayn. Era assurdo, non era giusto.
“Zayn è un infermiere, e non è un delinquente.” – fece calmo – “ha salvato un sacco di vite, nonostante abbia tanti tatuaggi.” – fece leggermente piccato – “e noi due abbiamo intenzione di sposarci, quindi veda di farsi gli affari suoi, che nonostante sembri un cattivo ragazzo, è il ragazzo più dolce del mondo, e non lascerebbe mai Louis da solo, come non lo farei io!” – esclamò, infine, arrabbiato. Non sopportava che si parlasse male di Zayn davanti a lui, e quella era  una di quelle occasioni. La signora Tomlinson non doveva osar parlare male di Zayn, era una cosa impossibile da fare in presenza di Liam.
“Calmo, ragazzo. Sembravi più affiatato con mio figlio che con lui.”
Liam alzò le spalle. In fondo, non gli importava del giudizio altrui, lui amava Zayn, e non gli importava che la gente lo vedesse meglio con qualcun altro, perché lui stesso non si vedeva bene con altri che non fossero Zayn, il quale sentì tutto da dietro la porta, e assopì dentro di sé la sfuriata di gelosia che si era già preparato perché Liam l’aveva lasciato solo, invece riuscì solo a sorridere più forte di quanto la normalità consentisse. In fondo, a chi importava se per un po’ Liam si prendeva cura di Louis? Niente. Lui amava Liam proprio per questo suo naturale altruismo verso tutti, per la sua innata bontà e non potette far altro che entrare nella stanza e abbracciarlo da dietro, sussurrandogli un tenero ‘ti amo’ dritto nell’orecchio, facendolo arrossire di botto.
La signora Tomlinson si rabbuiò per un attimo, consapevole che prima o poi Liam avrebbe abbandonato il figlio, per volere del suo fidanzato, e che quindi avrebbe dovuto accollarsi lei tutte le spese del bambino e del figlio, di nuovo tutto a carico suo, non poteva riprendersi sulle spalle un figlio e anche un nipote, solo ora iniziava a liberarsi dei figli.
“E cosa farai quando nascerà?” – chiese – “hai intenzione di crescere un bambino frutto uno stupro?” – chiese ancora alterandosi – “dovevi abortire, è solo un errore!”
Louis inorridì a quelle parole, e appoggiò entrambe le mani sul suo ventre.
“Tu non sai nulla. Nulla!” – urlò – “questo bambino è l’unica cosa che mi fa andare avanti, ho cercato di uccidermi, dopo lo stupro, lo sai?” – era seduto al centro del letto, Liam lo guardava supplichevole, cercando di farlo ragionare, e Zayn spalancava la bocca, incapace di dire qualcosa. – “oh, certo che non lo sai, non volevo farti preoccupare.” – rise ironicamente – “tu non hai idea di quanto sia difficile per me.” – scosse la testa – “non mi accettavo prima, con tutti i miei difetti, come potrei accettarmi ora? Ora che sono stato violato, quando ero ancora vergine, eh? Cosa dovrei fare? tentare di uccidermi ancora? Magari! L’avrei già fatto, sai?” – non riusciva a controllare le parole, quelle uscivano veloci come un fiume in piena, dalla sua bocca – “come dovrei sentirmi visto che è stato il gemello del ragazzo che amo a farmi questo?” – strillò, ora, istericamente – “come dovrei sentirmi visto che il ragazzo che amo mi ha dimenticato?” – altre strilla, la voce di Louis era sempre più acuta – “come? Come? Vorrei mettere fine a tutto questo, lo vorrei con tutto il cuore!” – si scoprì i tagli sui polsi, custoditi ancora dalla maglietta, tagli che ora erano solo un ricordo – “non ti sei mai accorta di quanto stessi male, non ti sei mai accorta di nulla!” – e ora piangeva, singhiozzava e non voleva che nessuno lo fermasse – “Harry se n’è accorto e mi ha salvato. Liam mi ha trovato nella vasca quando volevo affogarmi!” – urlò tra i singhiozzi – “e tu, tu non sei nessuno per giudicare se io debba tenere o no il bambino! Io lo terrò, ora è tutto ciò che ho per andare avanti.” – concluse il discorso, stringendosi le ginocchia al petto, senza avvicinarle troppo al ventre – “e Zayn, libererò la casa al più presto, tranquillo, cercherò un altro alloggio, in modo da non essere un peso per te e Liam” – aggiunse, infine, alzandosi dal letto. La madre era in lacrime, Louis anche, mentre Liam e Zayn erano semplicemente sbigottiti. Era la prima volta, da quando era stato violentato che esternava in quel modo tutto ciò che sentiva, e i due ragazzi sapevano che quello che aveva confessato, fosse solo un ottavo di quello che teneva dentro, ma non vollero indagare oltre.
Tempo pochi minuti, che la madre di Louis si liquidò dai ragazzi con una banale scusa e tolse il disturbo, chiudendosi la porta alle spalle, probabilmente per non aprirla mai più, mentre Louis iniziava a riempire una valigia con i suoi averi.
“Ehi, non sei un peso. Hai bisogno di noi, no?” – sorrise Zayn, mentre Liam compiaciuto, guardava fiero il suo ragazzo –“puoi contare su di noi, anzi sai che ti dico? Faccio venire anche Niall, così una sera ci divertiamo tutti e quattro insieme, che ne dici?”
“Magari, sarebbe okay.” – sorrise Louis, timido come al solito, poi lanciò un’occhiata a Liam, che senza dire una parola, gli andava vicino e lo avvolgeva in uno dei suoi Payne-abbracci. Quelli di cui nessun essere vivente poteva fare a meno, o almeno Louis non poteva farne a meno. E con quello ebbe la conferma di non essere realmente un peso per il ragazzo, la loro amicizia aveva davvero trasceso tutte le aspettative.
 
 
Quinto mese.
 
Louis se ne stava seduto sul suo letto, mentre Liam e Zayn discutevano nell’altra stanza riguardo chi dovesse accompagnarlo in ospedale per l’ecografia mensile. Prima se ne occupava sempre Liam, ma ora Zayn si era intestardito che, occupandosi anche lui di Louis, dovesse accompagnarlo, ma Liam, ancora più caparbio di lui, gli ripeteva che avrebbero scoperto il sesso del loro bambino, e lui voleva essere presente. Alla fine, Louis si era addormentato e non aveva capito chi dei due l’avesse accompagnato, magari avrebbero chiamato Harry.
Oh, il suo Harry non aveva ancora visto il bambino in ecografia, insomma, doveva. Era loro figlio, doveva pur vederlo?
Ogni giorno, da cinque mesi, circa, fissava il suo cellulare spento, valutando se accenderlo o no. Desiderava chiamare Harry da un lato, ma dall’altro temeva quella possibilità di vederlo. Per questo, dormiva sul suo letto, con una mano sul ventre gonfio da solo. Scegliere di tenere il bambino era stata davvero la scelta migliore che potesse mai aver fatto, e non se ne sarebbe mai pentito in tutta la sua vita. Anche se gli ‘effetti collaterali’ di quella scelta si facevano sempre sentire con insistenza: le voglie erano sempre più frequenti e sempre più strane, le nausee erano diminuite, ma non poteva sforzarsi troppo, e – quello che più odiava – aveva sempre, costantemente fame.
Zayn gli ripeteva che “mangi per due, Louis, è normale”, mentre Liam con pazienza lo assisteva e usciva anche alle quattro del mattino a cercare, ad esempio, delle crocchette di pollo, o ancora peggio, quando gli era venuta voglia di pesche, frutto tipico estivo, ed erano impossibili da trovare nel periodo tra marzo e aprile, eppure Liam le aveva trovate,  o meglio, gli aveva preso un barattolo di pesche sciroppate, e per Louis non aveva fatto grande differenza, bastava che fossero pesche, andava bene tutto. E insomma, era diventato davvero insopportabile, sia per le voglie che per le continue crisi di bassa autostima, che lo colpivano nei momenti meno opportuni: era capitato spesso che si fosse trovato davanti allo specchio, e fissandosi il ventre gonfio, aveva mormorato che fosse grasso, troppo grasso, e che avrebbe dovuto essere più magro, non era possibile essere così grassi. Ma poi si era tranquillizzato, perché non era grasso, no, quello era il suo bambino, c’era stato bisogno dell’intervento di Niall, l’amico di Zayn, per placarlo, ma alla fine l’esuberanza e l’allegria del biondo irlandese avevano condizionato Louis, aiutandolo a superare una delle sue crisi. Sì, odiava gli ormoni. Li detestava davvero, lui era già caratterialmente ipersensibile, dalla lacrima facile e dalla ‘depressione’ sempre pronta, ma con tutti quegli ormoni era peggiorato di gran lunga. Non gli si poteva dire mezza parola che andasse contro al suo pensiero che subito impazziva, urlava e piangeva. I ragazzi, alla fine, avevano optato per non risvegliare troppo il suo lato suscettibile e lasciargli prendere tutte le decisioni, almeno fino alla fine della gravidanza, ovviamente.
“Lìììì!” – urlò con la voce impastata dal sonno, quando si svegliò. Il ragazzo arrivò prontamente da lui, e gli sorrise dolcemente. Conosceva Louis, e sapeva che non voleva uscire di casa per nulla. L’idillio di Louis che usciva per andare al lavoro o da qualsiasi altra parte? Svanito. Era durato solo il primo mese, quando la pancia aveva iniziato a formarsi, Louis era rimasto a casa, avrebbe ripreso a lavorare una volta che il piccolo fosse nato.
“Lou, dimmi tutto!”
“Coccole…” – biascicò. Ecco, un’altra delle sue voglie insane era, appunto, la ricerca costante di affetto, ma nessuno aveva capito che Louis volesse solo quello di una persona che non era lì con lui in quel momento. Lo sguardo volò nuovamente al cellulare, ma scosse la testa, e quando Liam fu vicino, affondò il viso sul suo petto, lasciando che l’amico lo coccolasse come desiderava e lo abbracciasse, proteggendolo da tutto com’era solito fare: Liam era diventato un punto di riferimento per Louis.
“Lo sai, vero, che oggi hai l’ecografia?”
“Mmh… non voglio uscire, non ne ho voglia” – si lamentò con la voce bambinesca, mentre  Liam sopprimeva una risata nella sua bocca. Era peggio di un bambino in quelle condizioni, anche un cieco se ne sarebbe accorto.
“Sapremo se è maschio o femmina, non sei curioso, Lou?”
“No… dai, restiamo a casa…”
“Non possiamo. Dai, ti riporto subito.”
“Uhm. Viene anche Niall?”
“Niall?”
Louis annuì. Almeno il biondo gli avrebbe sollevato l’umore con le sue battute scadenti, e l’avrebbe fatto sorridere anche quando stava per avere una crisi. Era divertente, ma non era Harry.
“Va bene, verrà anche Niall, ma preparati che alle quindici dobbiamo essere lì.”
“Sì, papà.” – borbottò chiudendo gli occhi, addormentandosi sul petto di Liam, come se quello fosse stato il più comodo dei letti. Liam non riuscì a svegliarlo e rimproverarlo, perché, insomma, era dolcissimo, anche se insopportabile.
 
Qualche ora dopo, un Louis, che si manteneva nervosamente la pancia, accarezzandola, un Liam che lo fissava leggermente in ansia, uno Zayn che non capiva nulla e un Niall che cercava di far ridere Louis, attendevano fuori dallo studio del ginecologo di Louis, che pochi minuti dopo, di interminabile attesa, permise a solo due persone di entrare, il paziente e un’altra persona, possibilmente il padre del bambino, e visto che quest’ultimo non c’era, Louis scelse di portare con sé, con sommo stupore di tutti, Niall. Il dottore, un certo dottor Smitherson, specializzato in malattie genetiche, oltre che di parti, lo fece accomodare sul lettino, poi accese il macchinario per l’ecografia, spalmò un po’ di gel sul ventre di Louis, facendolo rabbrividire, e iniziò l’ecografia. Per i primi tratti tutto era sempre scuro, poi la forma del feto in via di sviluppo comparve sul monitor e Louis non riuscì a trattenere un versetto felice ed addolcito.
“Volete sapere il sesso?” – chiese il dottore.
“Sì.” – rispose prontamente Louis.
Il dottore annuì, e fissò per qualche istante la figura nel monitor. Louis proprio non ci sarebbe arrivato, non era esperto in quel genere di cose, insomma, lui sarebbe diventato padre, non dottore.
“Beh, è un bel maschietto, complimenti.” – si complimentò con entrambi il dottore, sorridendo genuinamente.
Louis sorrise dolcemente, e gioì internamente. Era un maschietto, avrebbe avuto tutto di Harry ne era sicuro. Avrebbe avuto i suoi capelli, le sue labbra… le sue mani, i suoi… oh santo cielo… occhi.
“E’ in ottima salute, e anche lei signor Tomlinson, sta bene, continui pure così. Ci vediamo tra un mese.”
Niall annuì sorridendo anche lui. Per lui era stato uno shock essere stato scelto, ma poteva capire il motivo: sia Liam che Zayn avrebbero dato di matto in quel momento. Louis proprio non poteva sopportarlo, odiava quando qualcuno era più ansioso di lui, e Niall, sicuro al cento per cento non gli avrebbe dato alcuna pressione di nessun genere, né alcuna ansia. Il biondo passò uno strappo di Scottex a Louis, mentre il dottore stampava l’ecografia del bambino, e la porgeva al ‘padre’ del bambino.
I suoi occhi.
Sorrise a Niall, e fece per alzarsi dal lettino, facendo un cenno anche al dottore, ma le forze sembrarono mancargli per diversi istanti, poiché arpionò le mani sulla pelle del lettino.
I suoi occhi.
“Lou, sei pallido, tutto bene?”
Le immagini della notte in cui era stato concepito il bambino, quelle sensazioni, tutto tornò nella sua mente. Sembrava essere in uno stato di trance, senza via di ritorno.
I suoi occhi.
“Louis?”
Il ragazzo quasi svenne, ricadendo supino sul lettino, gli occhi ancora socchiusi.
I suoi occhi.
Gli occhi freddi, senza sentimenti. Quelli che ti hanno usato, Louis, quelli che ti hanno fatto del male, quelli che ti hanno dimenticato. I suoi occhi, ogni volta che lo guarderai ti verrà in mente lui. Non dimenticherai mai, Liam e Zayn ti manderanno via, ed Harry non vorrà stare con uno che è stato stuprato ed è incinto del fratello.
L’hai tradito.
Harry non ti ama.
I suoi occhi.
I suoi occhi meravigliosi che mi hanno sempre guardato come se fossi la cosa più bella del mondo, gli stessi occhi che mi hanno fatto innamorare, che mi hanno fatto sentire importante.
I suoi occhi…
Frammenti di pietre preziose, impressi nei miei, fino alla fine dei giorni.
I suoi occhi….
Quelli che mi amerebbero ancora, se solo lo chiamassi.
I suoi occhi…
Quelli di Edward erano freddi, privi d’espressione, vuoti.
Quelli del mio Haz sono belli, luminosi  e allegri.
I suoi occhi…
Che amo.
I suoi occhi…
Che amerò sempre.
“Louis, ti senti bene?” – chiese Niall afferrandolo per le spalle  e rimettendolo seduto. Per fortuna non si era alzato dal lettino, e quello non l’aveva fatto crollare per terra.
“Sto… bene.” – sorrise – “dovevo solo realizzare una cosa.”
“Torniamo dagli altri, allora, saranno preoccupati.”
Louis annuì, e non appena fu fuori abbracciò Liam, urlandogli che avrebbe avuto un bambino, che sicuramente sarebbe stato come Harry, lui ne era fermamente sicuro.
Come Harry equivaleva a dire come Edward, e… quindi come il suo aggressore, ma lui non voleva pensarci, non poteva pensare a quello, doveva essere positivo e pensare ad Harry, che sicuramente sarebbe tornato da lui, ne era assolutamente sicuro, e se non l’avesse fatto… non se ne sarebbe fatto una ragione, non poteva farsela, ma avrebbe provato ad andare avanti, e l’avrebbe fatto solo ed esclusivamente per il bambino.
In tutto quello, oltre agli occhi, un pensiero rimbombava nella sua testa.
So come chiamarlo.
 
Sesto mese.
 
La primavera era arrivata, ma a Londra faceva ancora freddo durante il mese di maggio.
Louis era perseguitato da dei terribili incubi da quando si era sfogato con sua madre, rivivendo sulla sua pelle tutto quello che aveva vissuto. Nei mesi precedenti non vi aveva dato peso, li aveva dimenticati, ma nell’ultimo periodo erano diventati più forti, insistenti, terrificanti. E voleva che Harry li mandasse via, li spingesse via, come aveva sempre fatto, l’unico problema era che Harry, o meglio, il gemello di Harry, fosse il protagonista.
Il suo telefono era rimasto per troppo tempo spento, ne era certo. Non sapeva se gliel’avessero disattivato o qualcosa del genere, ma voleva scoprire se in quei mesi in cui era letteralmente scomparso, Harry l’avesse cercato. Non sapeva, che il ragazzo si era presentato diverse volte alla porta di casa, e che l’avesse sommerso di telefonate.
Per questo quando, finalmente, si convinse ad accendere il cellulare, trovò un centinaio di messaggi, e più di trecento messaggi di telefonate arrivate e non risposte. Si sedette sul letto a gambe incrociate e iniziò a leggere tutti i messaggi, uno per volta, dopo essere arrivato al primo, risalente a cinque mesi prima, lo aprì.
Sospirò ad occhi chiusi prima di riuscire a leggerlo.
 
“Amore, come stai?”
“Liam dice che non ti trova, stai bene?”
 
“Liam mi ha chiuso la porta in faccia, che succede?”
“Lou, ti prego, rispondimi.”
 
“Edward mi ha detto cosa ti ha fatto, ti prego, amore, rispondimi, la superiamo insieme!”
“Tesoro… ti prego, non sono stato io, parla con me!”
 
“Okay, sei arrabbiato con me, ma non c’entro niente!”
“Il tuo amico non vuole che io ti parli, mi ha chiuso il telefono in faccia. Per favore…”
 
Continuò a leggerli con il fiato sospeso, fino ad arrivare ai più recenti, a quelli più carichi di disperazione, di tristezza, ma soprattutto di amore, di rammarico… di scuse, altre scuse, scuse su scuse.
 
Caro Lou,
so che è solo un sms, l’ennesimo, ho perso il conto.
Ho saputo della gravidanza, sai? Cioè, l’ho saputo tanto tempo fa, ero venuto a cercarti al bar, e ho incontrato il proprietario. Non sapeva chi fossi, e quando gli ho chiesto di te, mi ha detto che non andavi da parecchio, a causa del bambino. Non ho afferrato subito il concetto, santo cielo, e non capivo come fosse possibile.
Ho creduto avessi adottato un bambino con qualcun altro, ma poi ho chiamato Liam. Non potevo più non sapere nulla di te, ero preoccupato, sono preoccupato, non ci vediamo da quattro mesi, ti rendi conto? Quattro.
Io non riesco a stare un giorno senza di te. Non la smetto di ascoltare la nostra canzone, né di pensare a te.
Sai che sei indispensabile per me.
Oh comunque Liam mi ha detto tutto, in un impeto di rabbia, prima di chiudermi il telefono in faccia.
Mi dispiace ancora per ciò che ha fatto mio fratello, ma… io e lui siamo identici, quindi somiglierà anche a me. Quindi… beh, insomma, potremmo crescerlo insieme, a me non dispiacerebbe!
Ti amo, Louis.
Lo sai, lo hai sempre saputo.
Magari rispondimi qualche volta, okay?

Haz.”
 
Louis aveva le lacrime agli occhi. Harry era sempre dolcissimo quando si trattava di lui, e di quello che lo riguardava, ma Harry non credeva fino a quel punto, insomma… aveva detto davvero di voler essere lui il padre? E prendersi tutte le responsabilità? Sembrava solo un meraviglioso sogno. Forse uno dei suoi incubi era cambiato, lasciando spazio ad un bellissimo sogno, in cui Harry si prendeva cura di lui, in cui lui non era stato violentato, ma aveva fatto l’amore con Harry, con dolcezza, lentamente, con amore, senza violenza, senza fretta, senza sofferenza, senza lacrime. Solo amore, baci e carezze, tutto perfetto.
Aprì ancora tutti i messaggi, lacrimando uno ad uno, fino a giungere all’ultimo che risaliva circa a un mese prima. Non aveva mai smesso di scrivergli, allora? Nonostante non avesse mai ricevuto risposta?
Forse si era sbagliato, non era vero che Harry l’avesse dimenticato.
 
“Amore mio, ho fatto un casino. L’altra sera ero con Nick al pub, no? E allora avevo bevuto un po’, insomma, non  uscivo da tanto e Nick mi ha quasi costretto ad avvicinarmi a lui, ma non ci sono riuscito, Lou, non ci sono riuscito. Continuavo a vederti lì, davanti a me, in lacrime. Continuavo a sentirti mentre piangevi, e avevo paura, Lou, paura di perderti per sempre. Io lo so che tu non vuoi parlarmi, ma ti prego, se leggi questo messaggio fatti vivo. Ti prego, ti supplico. Cercami, non mandare tutto all’aria. Ti prego, amore mio, ti prego.
Non posso dimenticarti, non lo farei mai. E non ci riuscirei, non riuscirei nemmeno a farmi un’altra vita, perché vedrei sempre e solo te in tutti, o ti vedrei soffrire se facessi qualcosa con uno di loro. Non riesco a tradirti, non riesco a farmi un’altra via, sapendo che la mia è in te. Louis, io non sono bravo con le parole, mi conosci, ma credimi quando ti dico che anche tra mille anni, io non ti dimenticherò. Non potrei mai, soprattutto sapendo che ora, in questo momento stai male. Vorrei prendermi cura di te e il bambino, permettimelo, ti prego.
Ti amo,
Tuo – e sottolineo tuo – Haz.”
 
Louis si rannicchiò su se stesso sul letto, dopo aver letto il messaggio.
Harry era così dolce, come aveva potuto pensare che lui lo avesse dimenticato? Tremò appena, il desiderio di vederlo era davvero forte, ma stava singhiozzando, in quel momento e non poteva scrivergli o digitare il suo numero. Non riusciva a capire perché si sentisse così male, cioè sì, lo sapeva. Odiava i suoi ormoni. Peggioravano tutti i suoi stati d’animo, lo facevano sentire uno stupido, e quei messaggi di Harry non avevano aiutato molto, anzi avevano peggiorato ancora di più il suo stato d’animo, e Louis non ce l’aveva fatta, era crollato.
Teneva una mano sulla pancia, mentre singhiozzava contro il cuscino, che come sempre assorbiva tutte le sue lacrime, temeva di addormentarsi perché addormentandosi avrebbe rivissuto tutti gli incubi, che  lo tormentavano sempre di più, erano sempre più realistici, più… terrificanti.
Voleva che qualcuno lo proteggesse e che quel qualcuno fosse proprio Harry.
Harry poteva stringerlo tra le braccia e farlo sentire al sicuro.
Poteva guardarlo negli occhi e dargli tranquillità.
E quando lo baciava, Louis era sicuro che ciò che sentiva fosse amore puro, amore incontrastato, lo stesso che era emerso dai messaggi inviatigli durante quei mesi. Cosa poteva volere dalla sua vita, se lui aveva Harry?
Harry era tutto per lui, con lui non si era mai sentito solo, e in quei mesi la distanza tra i due si era fatta sentire, più che mai. Louis aveva gli incubi, incubi tremendi, incubi sul suo passato, sul presente, sul futuro, su quella notte, e quelli ipotetici. Aveva sognato ancora quelli che lo avevano tormentato durante il liceo, lo avevano picchiato e umiliato, facendo calare così la sua già scarsa autostima, così era finito nel tunnel della depressione, dell’autolesionismo e dell’anoressia. Liam allietava le sue giornate, l’aveva salvato, quel giorno che aveva rischiato di morire a causa delle botte, non ne aveva mai parlato nemmeno con lui, e quando l’aveva scoperto, Liam l’aveva fatta pagare a tutti. Poi Harry l’aveva salvato letteralmente quando era entrato nella sua vita.
Stavolta, nemmeno lui però, poteva.
Louis stava male fisicamente per la gravidanza, ma iniziava di nuovo a non vedersi bello, la pancia era gonfia ormai, e si notava tantissimo, aveva dolori ovunque e spesso aveva delle fitte tremende che lo tenevano sveglio la notte, quando non era tormentato dagli incubi. Iniziava di nuovo ad odiarsi, come in passato, ma non poteva nuocere alla sua salute, ormai c’era il bambino. Il suo bellissimo – sì, era sicuro che sarebbe stato bellissimo – bambino.
Quegli incubi, tuttavia, non facilitavano nulla, anzi rendevano tutto più brutto e triste.
Louis aveva rivissuto in quelli anche la separazione dei genitori, la permanenza a casa di Liam… ma i peggiori erano di sicuro quelli postumi alla violenza subita. Spesso, aveva sognato di trovarsi legato in una cantina, al buio, da solo e spaventato, per poi vedere quel ragazzo uguale ad Harry arrivare da lui, e fargli tutto il male possibile, e farne anche al piccolo ancora non nato. Quando succedeva, rimaneva sveglio per lunghi minuti a fissare il soffitto, si accarezzava la pancia e rassicurava il bambino, ma quella notte non voleva avere paura, voleva avere Harry al su fianco, voleva che il ragazzo da lui amato, andasse in suo soccorso, e lo aiutasse, lo salvasse, lo riportasse alla vita come aveva fatto in passato. Gli mancava, gli mancava da morire.
Non ne poteva più di vivere senza di lui, era tutto così sbagliato, così ingiusto. Per una volta che era stato davvero felice, aveva visto tutta la sua vita venirgli rubata da sotto il naso da uno stupido ragazzetto somigliante ad Harry. Con questi pensieri nella testa, le lacrime agli occhi, una mano sulla pancia, tentò di alzarsi, voleva solo sentirsi protetto quella notte, e sapeva che oltre Harry, l’unico in grado di dargli sollievo dalle sofferenze fosse Liam, il suo migliore amico.
Si alzò dal letto faticosamente, e attraversò con estrema lentezza il piccolo corridoio. Aveva sviluppato una sorta di paura del buio, che non aveva avuto nemmeno da bambino. Odiava stare al buio, per questo accendeva sempre tutte le luci delle stanze. La luce era il suo piccolo rifugio.
Appena arrivò in camera di Liam, si diresse verso il letto e tastò. Zayn aveva il turno di notte, e quindi il letto era libero per lui. Si appoggiò e controllò la radiosveglia sul comodino: erano le due di notte.
Aveva pianto tutto quel tempo?
Si  rannicchiò contro Liam e attese che l’amico ricambiasse l’abbraccio, e poi affondò il viso sul suo petto.
“Ho paura, Lì…” – sussurrò all’amico, ancora intontito dal sonno.
“Incubi?”
“No, non ho ancora dormito… e voglio Harry, Liam, lo voglio…” – pianse ancora, bagnando il pigiama di caldo cotone di Liam, che lo strinse forte trasmettendogli un minimo di tranquillità di cui necessitava.
Era così piccolo e  tenero in quel momento, che avrebbe fatto tenerezza anche ad un insensibile.
“Harry?”
“Sì, il mio Haz, lo voglio, Liam…” – pianse tanto, tantissimo, consumando, forse, tutte le lacrime – “ho bisogno di lui, dei suoi abbracci… mi manca, mi manca…”
“Lo so, piccolo, lo so.” – lo accarezzò piano l’amico, cercando di tranquillizzarlo – “vedrai che verrà.”
“Perché non me lo passi mai?” – singhiozzò stringendo la maglietta di Liam tra le mani.
“Hai acceso il cellulare?” – chiese allora l’altro, mentre il castano annuiva tremante – “per proteggerti, Louis, per proteggerti.”
“Ma mi manca!” – urlò disperato.
“Shhh…” – Liam lo strinse più forte, e iniziò a canticchiargli una melodia lenta e tranquilla all’orecchio, l’unica cosa che lo calmasse. Louis si contrasse per una piccola fitta, tranquillizzata dalle carezze dell’amico, e pian piano, con la voce di Liam nelle sue orecchie si calmò, smettendo di piangere e addormentandosi profondamente.
Voleva Harry, e forse l’avrebbe chiamato.
Ma se Liam avesse avuto ragione e lui avrebbe dovuto essere protetto a causa di Harry stesso?
Questo dubbio lo tormentava da troppo tempo, ormai.
Non sapeva più nulla.
 
Settimo mese.
 
Il tempo a Londra era sempre strano soprattutto nel mese di giugno. Un attimo prima c’era il sole, e l’attimo dopo pioveva, ed era così che si sentiva Louis: un attimo prima stava bene, era felice, allegro, e l’attimo dopo si sentiva male, era triste, piangeva e si disperava. La sua pancia ormai era evidente, e il bambino iniziava a farsi sentire con dei piccoli calci, che lo rendevano felice, facendolo sorridere ogni volta che avvertiva i piccoli colpetti del suo piccolo. L’ultima ecografia fatta aveva dimostrato che il feto fosse in ottima forma, e cresceva sempre di più, ormai erano sviluppati gli organi principali, e Louis non poteva fare a meno che paragonare le ecografie più recenti alle meno recenti e commuoversi – dannatissimi ormoni – vedendo quanto fosse cresciuto dentro di lui quel piccoletto. Lo immaginava già a correre per la casa, e a saltare in braccio a Liam per sfuggire dai suoi rimproveri, e farsi accontentare, lo immaginava anche correre da Harry, saltargli in braccio e stringerlo forte, mentre il riccio lo sollevava da terra, facendolo svolazzare in alto, e poi se lo stringeva al petto, sorridendo. Aveva avuto il coraggio di scrivere ad Harry, alla fine. Ne aveva parlato con Liam, dopo quella notte, ed erano giunti alla decisione che non valeva la pena che Louis soffrisse in quel modo la distanza, soprattutto nelle sue condizioni in cui non poteva provare forti emozioni, e farlo stare con Harry era la soluzione migliore. Il ragazzo aveva detto che quel giorno stesso sarebbe andato da lui, e si sarebbero riabbracciati dopo tanto tempo, e Louis ne era felicissimo, non si era mai sentito così in tutta la sua vita, o meglio in quei quasi sette mesi di gravidanza erano stati come un incubo e sembrava che tutto il mondo fosse giunto al proprio posto, soprattutto con l’arrivo imminente di Harry, o meglio il ritorno imminente di Harry nella sua vita.
“Liam, che ne dici, sto bene così?” – chiese accarezzandosi il pancione e stringendo una delle bretelle della salopette grigia e bianca che Liam gli aveva preso qualche settimana prima in un negozio di abbigliamento premaman, insieme ad altre di quelle di vari colori. Erano abiti da donna, ma a Louis non importava più di tanto, non creavano di certo abiti premaman da uomo, quindi doveva accontentarsi. Si auto convinceva che con quella, anche il bambino sarebbe stato al caldo, e che non avrebbe avuto troppi traumi.
“Stai bene, Lou. Ti dona la salopette premaman, sai?”
“Liam!” – strillò istericamente, lanciandogli contro un cuscino, afferrato dal letto accanto a lui – “non prendermi più in giro in questo modo.” – affermò mettendo il broncio adorabile, tipico di Louis Tomlinson.
“Dai, Lou, sta’ calmo, ad Harry piaci.”
“Ma sono una balena. Lee, sono una balena, guardami, avanti!”
Liam scoppiò a ridere, scuotendo la testa. Si avvicinò a lui e lo abbracciò forte, accarezzandogli la schiena, per rassicurarlo. Non capiva perché Louis fosse così insicuro, insomma, sapeva che non doveva essere facile vedere il proprio corpo cambiare così tanto e velocemente, ma Louis era davvero troppo insicuro.
“Non sei una balena, Lou, tra due mesi partorirai e starai bene, d’accordo?”
“Ma…”
“Davvero. Ritornerai più o meno come prima.”
“P-Più o m-meno?”
“Beh, mia madre ha detto che dopo aver partorito me, era ingrassata di dieci chili, che non è mai riuscita a togliere…”
Louis spalancò gli occhi, sottraendosi alla presa di Liam, e si sedette sul letto, sconvolto. Sarebbe ingrassato di più di quanto non lo fosse, e non poteva farci niente. Era la gravidanza.
Non voleva che Harry lo vedesse in quello stato, che lo odiasse per il suo aspetto, che un giorno lo lasciasse, e che non lo facesse più sentire amato come sapeva fare, anche solo con un sms, uno sguardo, una carezza, e pensare che a causa del suo aspetto non l’avrebbe più fatto, lo faceva sentire male.
“Non voglio, non voglio che mi odi…” – sospirò stringendosi le braccia sulla pancia – “non voglio che mi veda grasso, non voglio che mi odi per questo…”
“Non ti odierà, Louis.” – Liam si sedette accanto a lui, appoggiandogli una mano sulla gamba – “non ti ha lasciato nemmeno ora che io praticamente gli vietavo di entrare e sentirti, ogni volta che andavo a prendere il gelato, dovevo andare nella sua dannatissima gelateria, perché è quello che adori più di tutti, e mi chiedeva di te, nonostante tutto. Perché non dovrebbe amarti ora?”
“Perché sono grasso, sono una balena, Liam… sono peggio di quando l’ho conosciuto…” – portò le mani al viso comprimendo contro di esse le piccole lacrime che già minacciavano di uscire dai suoi occhi – “non può amarmi, guardami… non sono mai stato perfetto per nessuno, Lee…”
“Lou, ehi, guardami.” – fece Liam, prendendogli il viso tra le mani, e facendogli alzare lo sguardo verso di sé – “non c’è motivo per cui Harry ti odi. Ha già detto che non gli importa se il bambino è suo o di suo fratello, lo crescerà con te, è questo che conta.” – gli eliminò le scie di lacrime dalle guance, sorridendogli – “ti ama, davvero. Ora l’ho capito che non ti avrebbe mai fatto del male, lui.” – gli baciò la fronte con dolcezza – “ora lavati il viso, e sistemati questa meravigliosa salopette che lo zio del tuo bambino ti ha comprato, e preparati ad accoglierlo al meglio, intesi?”
Louis sorrise appena alle parole di Liam. Non sapeva perché quel ragazzo fosse così dannatamente perfetto e dolce. Zayn era davvero fortunato ad avere il cuore di un ragazzo tanto buono e puro come Liam, a parere di Louis, non avrebbe mai dovuto fargli del male, perché anche se minuto e deboluccio, gliel’avrebbe fatta pagare cara.
“Grazie Lee.” – lo abbracciò piano e dolcemente come solo lui sapeva fare – “Zayn è fortunato ad averti con lui.”
“Non esagerare, Lou, sono insopportabile anche io, a volte.”
“Quando, mentre dormi? In effetti, scalci più del piccolo Chris.”
“Louis!” – rise Liam dandogli un leggero pugno amichevole sulla spalla, facendolo scoppiare a ridere tra le lacrime che ancora un po’ gli rigavano il viso. – “io non scalcio.” – borbottò Liam, poi sorrise guardando Louis – “hai deciso di chiamarlo Chris?”
“Sì, lo chiamerò Chris, non ti piace?”
“E’ bellissimo, ma se Har…” – non finì la frase, perché il quel momento il campanello trillò. Louis andò in iperventilazione, mentre Liam si alzava ed andava ad aprire.
Il castano passò ben dieci minuti davanti allo specchio, fino a che non sentì la porta aprirsi, e vide nello specchio l’immagine riflessa di Harry. Il sorriso si dipinse sul suo viso, ma scomparve subito quando riconobbe quel ghigno, quell’aria cattiva, e l’assenza di fossette sulle guance. La situazione gli fu chiara in pochi istanti, era tutto chiaro, quello non era Harry, ma riuscì a gridare aiuto, il fiato gli era morto in gola, la paura lo aveva immobilizzato e istintivamente aveva portato una mano sul suo pancione di sette mesi, per proteggere Chris da quel ragazzo, che somigliava solo fisicamente ad Harry.
“E’ possibile che io debba sempre spacciarmi per mio fratello per vederti?” – chiese retoricamente, sorridendogli in modo maligno, come la prima volta. Ormai Louis, aveva capito: Harry era il fratello dolce, buono, carino, gentile, dal sorriso rassicurante, Edward il suo opposto. E non poteva credere che si fosse ripresentato da lui, non in quell’occasione, con lui in quelle condizioni. Come aveva potuto Liam non capire quella sottile differenza tra i due fratelli?
“C-che cosa vuoi da me…?” – un sussurro fuoriuscì dalle sue labbra girandosi verso la porta, fissando con terrore il ragazzo riccio, uguale ad Harry, mentre la paura lo paralizzava di nuovo: si stava avvicinando.
“Ho saputo da mio fratello, che aspetti un bambino.” – rise, ormai era vicinissimo a lui, la stanza non era poi così grande, e lo rivide vicino, come quella notte. Indietreggiò verso lo specchio, per sfuggirgli.
“I-Io… s-sì…”
“Lo sai che mi ha colpito?” – si indicò la guancia, su cui Louis notò esserci un livido violaceo abbastanza evidente – “insomma, voleva farmela pagare per averti stuprato, così…” – arrivò ancora più vicino, e Louis cercò di svincolarsi dallo spazio ristretto, tentando di raggiungere il letto – “… ho deciso di restituirgli il favore.” – scoppiò a ridere – “povero, sembrava così… depresso.” – rise ancora – “oh insomma, sempre con il telefono in mano, pensa che ci dormiva insieme, ti rendi conto di che sfigato l’hai fatto diventare?”
“I-io…”
“Oh, però si è ripreso. Con Grimshaw, sai?”
“N-no, ha detto… ha detto che non ha fatto niente con lui… i-io lo so c-che non mente…” – la voce gli tremava per la paura, e temeva che sarebbe successo di nuovo. E non appena vide Edward più vicino a lui, molto vicino a lui, spalancò la bocca per urlare, ma quello gliela tappò premendoci una mano sopra. Louis spalancò gli occhi e tentò di divincolarsi senza successo.
“Tu non hai sentito le urla di piacere dalla sua stanza…” – sussurrò con un sorriso maligno sul viso, mentre vedeva le lacrime iniziare a scorrere giù dagli occhi di Louis – “… insomma, perché dovrebbe volere uno come te, ora?” – un singhiozzo di Louis fu bloccato dalla mano di Edward, che rise – “sei enorme, e… non vuoi fare sesso, a meno che uno non ti costringa. Ammettilo, Louis, non sei il tipo giusto per Harry.”
Scosse la testa, cercando di trattenere le lacrime, tentò di urlare, ma procurò solo altre risate silenziose del riccio, che lo prese per le spalle e lo buttò sul letto. Louis istintivamente mise le mani sul ventre, per proteggere il bambino, non gi importava di lui, era stato già violato, ma non voleva che il suo bambino corresse pericoli, non era giusto, non poteva perdere anche l’unica ragione che lo faceva restare in vita, e che gli impediva di suicidarsi come aveva tentato di fare sei mesi prima. Poi sentì di nuovo il campanello, pregò che fossero Zayn o Niall, o qualsiasi altra persona che sarebbe corsa da lui e l’avrebbe salvato. Voleva essere salvato da qualcuno.
Sentì le mani di Edward su di lui.
“Lascia che ti liberi da questo fardello, no?” – rise ancora crudelmente.
“L-Lascia stare il mio bambino, lascialo stare…”
Edward scoppiò a ridere troppo forte, mentre Louis si dimenava, iniziando a piangere, e qualche istante dopo si sentirono dei passi pesanti e ripidi, tipici di chi correva, che giungevano sempre più vicini alla stanza. Il castano sperò con tutto il cuore che fossero i suoi amici, che fosse qualcuno pronto ad aiutarlo, mentre si stringeva la pancia tra le mani, e quello tentava di baciarlo, la porta si spalancò, e una voce riecheggiò nella stanza gremita dei singhiozzi di Louis.
“Lascialo stare, Edward!” – urlò la voce di Harry. Louis si fermò sentendo quella voce. Da quanto tempo non la sentiva? Profonda, roca… la sua voce era il suono più bello che avesse mai sentito, come aveva fatto a credere che quella di quel ragazzo uguale a lui, fosse la voce del suo Harry?
“Ciao, fratellino.” – rise malignamente, girando il viso verso il fratello, mentre Louis apriva lentamente gli occhi, incredulo, e li spostava sul ragazzo appena entrato, supplicandolo con quelli di aiutarlo, e di salvare il bambino, a lui poteva succedere di tutto, non gli importava di se stesso, ma importava solo del bambino, e che stesse bene, era il suo piccolo, doveva proteggerlo da tutto e da tutti.
Lo vide solo per un attimo, quello dopo era già vicinissimo a loro, e aveva tirato via Edward da lui. Louis singhiozzava senza fermarsi. Vederlo gli aveva fatto tornare in mente le parole poco prima dette dal fratello, Harry gli aveva mentito nei messaggi, doveva aspettarselo, come poteva uno come Harry amare una balena come lui? Era grasso, non era bello, era isterico, e permaloso. Harry non poteva amarlo davvero, e ne aveva avuto la conferma.
“Edward, lascialo in pace!” – urlò Harry di nuovo, spingendo il fratello verso la porta – “avvicinati di nuovo a lui, e giuro che non mi importa che sei mio fratello, posso farti molto male.”
Edward rise, scrollandosi la presa del fratello da dosso. Lanciò un’occhiata e un sorriso maligno a Louis, come per dire ‘tornerò, non cantare vittoria’, e poi si dileguò, uscendo dalla porta, così com’era entrato. Louis rimase steso, con le lacrime che scendevano dagli occhi agli zigomi, sulle tempie. Voleva solo che tutta quella sofferenza finisse, voleva stare bene, voleva essere felice, non voleva stare da solo, e ora quel bambino era davvero tutto ciò che aveva, aveva perso tutto, con Harry. Il riccio, dopo aver chiuso la porta, corse al suo fianco, aiutandolo a mettersi seduto, si inginocchiò davanti a lui, stringendo le mani piccole del castano tra le sue grandi e vi posò un bacio sopra.
“Ci sono io, ora. Non aver paura di nulla, amore mio, ci sono io.” – sussurrò. Louis impiegò qualche minuto per realizzare tutto. Liberò le sue mani da quelle di Harry, e si alzò in fretta dal letto.
“Va via.”
“Cosa?”
“Ho detto va via, non voglio più vederti.”
“Ma perché?”
“Perché lo so che mi hai mentito!” – urlò singhiozzando – “lo so che ti faccio solo pena e che mi hai tradito!” – urlò ancora più forte – “Non ho bisogno di te, va via, e non tornare mai più!”
Harry si zittì e lo guardò deluso. Senza dire una parola, voltò le spalle ed uscì dalla porta così com’era entrato. Louis si sedette sul letto, e prendendosi il viso tra le mani, iniziò a piangere. Non era giusto tutto quel dolore.
Dopo circa mezz’ora, sentì l’abbraccio di Liam, e tutto sembrò a posto esternamente, anche se dentro, il suo cuore era rotto, come un vaso caduto a terra, spaccato in mille piccoli pezzi.
 
Ottavo mese.
 
Louis teneva il telefono in mano.
Voleva chiamare Harry, lo stesso Harry che tre settimane prima era uscito dalla porta della sua stanza, cacciato via da Louis stesso. Parlando con Liam, si era reso conto di aver esagerato, o meglio, aveva sbagliato a credere alle parole di Edward, e non ringraziare per niente Harry per aver salvato il suo bambino.
E poi, doveva fidarsi di Harry, avrebbe dovuto fidarsi di lui, non di uno che fin dal primo incontro aveva voluto il suo male, dopo quell’episodio del mese precedente, Liam finalmente aveva capito che Harry non mentisse, e che ci fossero davvero due “Harry”, uno dei quali era il gemello ‘cattivo’.
Louis era seduto sul letto, le lacrime gli rigavano il viso, un messaggio per Harry in corso di scrittura e una mano, quella libera dal telefono, sul pancione. Ormai il bambino scalciava tantissimo, e Louis cercava sempre di calmarlo, per non parlare delle contrazioni che arrivavano sempre nei momenti meno opportuni. Ormai mancava solo un mese al momento cruciale, gli ormoni erano come impazziti, Louis cambiava umore un minuto sì e l’altro anche, nessuno era tranquillo, e il ragazzo soffriva ancora di più la lontananza da Harry.
Aveva iniziato quel messaggio di scuse cinque volte. Da quella volta in cu lo aveva messo fuori casa, Harry non si era fatto vivo, e sembrava totalmente scomparso dalla circolazione, anche Edward, apparentemente era sparito, e su questo Louis era più tranquillo, ma sul versante Harry era tutt’altro che tranquillo, non solo era preoccupato per lui, ma temeva anche di rimanere totalmente solo.
Non era vero che non aveva bisogno di lui, era l’esatto opposto, ma lui aveva creduto alle parole di Edward, era stato uno stronzo, e l’aveva mandato via, perché era troppo insicuro di sé. Temeva che Harry pensasse davvero quelle cose che Edward gli aveva detto, e questo lo terrorizzava, lui sapeva di non essere perfetto, sapeva di non meritare Harry, ma era terrorizzato all’idea di vivere senza di lui, sarebbe stato peggio di essere stuprati, a parere suo.
Viveva da troppo tempo nella paura, nella reclusione, non usciva, non rideva quasi mai, se non salvo poche volte in cui Liam riusciva a strappargli una mezza risata, era esausto di tutta quella sofferenza, e doveva decidere: vivere per sempre con un “se” non risolto, Harry, o tirar fuori un po’ di coraggio e tentare di riportarlo nella sua vita.
I singhiozzi erano incessanti, fortissimi, Louis temeva che avrebbero infranto il muro del suono, o qualcosa di simile, il suo viso ormai era rigato, e quel messaggio era stato cancellato circa dieci volte, e altrettante riscritto. Ora, solo un “ciao Harry” giaceva su quel display. Sapeva di non essere bravo a riassumere ciò che provava, doveva esternarlo a voce, come aveva fatto con sua madre, riversandole contro tutto ciò che provava, ciò che lo tormentava, rivelandole i fantasmi del suo passato, questo gli aveva provocato degli incubi, ma alla fine in parte si era sentito più leggero, e di certo, chiamare Harry e confessargli tutto, non gli avrebbe provocato nessun brutto ricordo, se non sofferenza, se il ragazzo avesse detto che non ricambiava più i suoi sentimenti.
Compose per diciannove volte il numero di Harry, non facendo mai partire la telefonata, ma poi, alla ventesima volta, riuscì a farlo. Portò il telefono all’orecchio e attese.
Tutu, tutu… primi istanti di una telefonata che l’avrebbe aiutato.
Tutu, tutu… i primi squilli erano partiti, non poteva tirarsi indietro, non più ormai.
Tutu, tutu…istanti d’ansia infinita, voglia della sua voce, che non arrivava.
Tutu, tutu…Louis strinse la presa intorno al telefono, stringendolo forte, aveva paura che non rispondesse ora.
Tutu, tutu… ‘mi ignora, fantastico! Mi odia!’ – pensò sconsolato.
Tutu, tutu… iniziò a tremare, Harry non avrebbe risposto, ne era sicuro, l’aveva perso.
Tutu, tutu… ‘rispondi, rispondi, ti prego, amore mio, rispondi, rispondi…’ – pensava ancora, sperando di non averlo davvero perso per sempre.
Tutu, tutu… ‘non mi ami, vero?’ – altro pensiero senza risposta, altro pensiero che lo uccideva.
Tutu, tutu…‘perfetto, l’ho perso.’ – sospirò tra sé e sé attendendo ancor, non era detta l’ultima parola.
Tutu, tutu… era tutto finito.
Tutto per colpa sua, che aveva creduto a qualcuno che non fosse il suo Haz. Avrebbe dovuto credere a lui, non ad un fratello stupido, violento e crudele, non avrebbe dovuto mandarlo via, avrebbe dovuto tenerlo con sé, stretto a lui come non lo teneva da una vita, avrebbe voluto crescere con lui quel bambino, che avrebbe somigliato a lui, avrebbe voluto comprare la villa a tre piani, i due gatti e il cane con lui, avrebbe voluto uscire con lui, avrebbe voluto semplicemente la sua mano a fermare quelle fitte che lo coglievano nei momenti peggiori, avrebbe voluto averlo accanto fin dal primo giorno di gravidanza, avrebbe voluto troppe cose, che non poteva più avere, non avrebbe mai avuto Harry accanto, non gli avrebbe tenuto la mano durante il parto, non avrebbe cresciuto con lui il bambino… solo perché lui, Louis Tomlinson, era un vero deficiente, uno stupido, fregato dalla paura e da una persona che voleva il suo male. I suoi singhiozzi aumentarono all’aumentare di quei ‘tutu’ senza risposta. Presto sarebbe caduta la linea, e Louis teneva quel momento, voleva dire che Harry lo stava ignorando, che non lo amava, che Edward aveva ragione…
Tuuuuuuuu.
Quella era la fine.
“P-pronto…?” – la voce roca, impastata dal sonno di Harry, interruppe quei ‘tutu’ insopportabili. Louis trattenne il fiato, senza riuscire a dire nemmeno una parola. La voce calda di Harry, lo scaldava da dentro, e tra le lacrime un timido sorriso nacque sulle sue labbra, gonfie, rosse e salate a causa del pianto. I singhiozzi gli smuovevano ancora il petto, facevano male, ma non emetteva un fiato, se non il respiro pesante. Harry dall’altro lato era ancora intontito. – “ma chi è? Chi piange?” – la voce di Louis si ruppe sentendolo più vigile, rendendosi conto che si era fatto sentire. O parlava o riattaccava. Voleva continuare a sentire la voce di Harry, voleva sentirlo, ma non riusciva a parlare a causa delle lacrime – “se è uno scherzo…”
“Ha-Haz…” – un sussurro impercettibile uscì dalle labbra del ragazzo che si era seduto sul letto con le gambe penzolanti all’esterno del materasso e la mano libera sul ventre – “Haz, Haz, Haz…”
“Louis?” – chiese incredulo, restando però freddo – “cosa vuoi?”
“Harry… sei tu, Harry…”
“Sì, e tu mi hai mandato via, cosa vuoi?”
Louis, sentendolo così freddo, si irrigidì e singhiozzò più forte. Era davvero la fine, non riusciva a parlare, non riusciva a fare altro che piangere, perché non poteva andare tutto bene, per una sola volta?
“I-io ho bisogno di te… t-tanto…” – strinse il telefono – “m-mi manchi…”
“Mi hai mandato via.”
“L-Lo sai, avevo paura, Haz, tanta…” – tremò al ricordo di quella sera – “e-e Edward aveva detto che eri stato con Nick… avevo paura che fosse vero, p-poi gli somigli così tanto…” – le lacrime erano veloci e copiose lungo le sue guance – “torna da me, ti prego, ho paura per il parto, non voglio essere da solo…”
Harry era in silenzio, ascoltava tutte le parole spezzate dalle lacrime di Louis.
“Ti amo.” – sussurrò Louis, dopo essersi sfogato, le lacrime aumentavano, ma riusciva a parlare – quasi – bene, il fiato di Harry si mozzò. - “Mi manchi da morire” – un altro sussurro di Louis. Il cuore di Harry palpitò velocemente, e per lui fu come tornare a respirare – “torna…”
Harry restò in silenzio qualche istante.
Andare o non andare?
Louis l’aveva trattato male, e aveva dubitato di lui, ma era incinto, e spaventato, tutte le reazioni erano esagerate. Cuore combattuto, mente decisa.
Cuore o mente?
Chiuse la chiamata, lasciando Louis nello sconforto più totale. Il castano corse da Liam, disperato. Zayn non appena li vide irrompere in camera, subito si scostò dal fidanzato e abbracciò anche lui Louis, mentre Liam cercava di consolarlo. Nessuno dei due sapeva cosa fare, Louis piangeva e non aveva detto niente, non sapevano da cosa dipendesse, in quel momento, quel pianto. Liam cercava di tranquillizzarlo, ma sembrava praticamente inconsolabile. Nessuna parola sembrava riuscisse a farlo star bene, l’amico cercò di calmarlo dandogli tanti delicati bacini sulla fronte, sulle guance, procurando la gelosia di Zayn, che in quei mesi era stata messa a dura prova.
“N-non mi vuole…” – pianse stringendo la maglietta di Liam tra le mani – “non mi vuole più… mi odia…”
“Harry?” – sussurrò l’amico, accarezzandogli la schiena piano, per placare i suoi singhiozzi. Louis annuì, lasciandosi andare contro il suo petto, mentre Liam faceva segno a Zayn di andargli a preparare un tè o qualsiasi cosa di caldo da bere, era l’unico rimedio contro le lacrime di Louis.
Passò mezz’ora.
Louis era al centro del letto di Liam e Zayn, con una tazza di tè bollente tra le mani, e le lacrime secche sulle guance, alcuni residui di gocce salate agli occhi, e un fortissimo mal di testa, gli occhi si chiudevano, aveva sonno, ma non voleva dormire, non voleva altri incubi. Restò in quello stato fino a che qualcuno non suonò il campanello.
Liam si alzò per primo, e corse ad aprire la porta, lasciando Louis solo con Zayn, che guardò il castano dritto negli occhi.
“Devo spaccargli la faccia, mh?” – fece accarezzandogli una guancia, con un leggero sorriso dispiaciuto sulle labbra. Si era affezionato tanto a lui, per quanto odiasse il fatto che passava più tempo di lui con Liam, ma era solo incinto, dopo il parto avrebbe riavuto Liam tutto per sé, e aveva imparato ad accettare la situazione.
“Tu mi odi, cacciami…”
“Liam mi farebbe fuori, lo sai meglio di me.”
“Dammi una sigaretta allora.” – disse rivolgendosi al moro. Voleva dimenticare, voleva solo rilassarsi per due minuti. Non ebbe il tempo di permettere a Zayn di rispondere, che sentì una voce alle sue spalle.
“Farebbe male al bambino, non lo sai, Louis?”
Senza credere alle proprie orecchie, Louis si girò lentamente, fino ad incrociare un paio di occhi verdi, i suoi occhi, quel verde capace di farlo morire, quel verde che l’aveva fatto innamorare, e che gli aveva insegnato l’amore. I suoi occhi, il suo verde. Quello splendente, non quello spento e freddo, quello tipico di…
“Harry…”
“Ciao, amore.”
Louis non controllò più i suoi movimenti, in un attimo fu in piedi e corse, per quanto permettesse il suo pancione, verso Harry, allacciando le braccia intorno al suo collo, affondando il viso sul petto, stringendolo forte, più forte che potesse, attento alla pancia. Non gli importava di essere una balena, non gli importava che Harry avrebbe potuto mandarlo via. Harry era lì, con lui. Era tornato per lui.
La felicità di quel momento era immensa. Zayn ritornò da Liam, lasciandoli soli alla loro giusta intimità, e quando Louis sentì Harry ricambiare l’abbraccio quasi disperato che gli stava dando, sentì il suo mondo tornare al proprio posto, tutti i pezzi del puzzle al posto giusto, tutto era in ordine, tutto era tranquillo, nessuna entropia in quel momento, solo loro due, persi l’uno nelle braccia dell’altro.
“Mi sei mancato tanto, tantissimo…” – sussurrò Louis, e come risposta, Harry lo baciò sulle labbra, dando vita ad un bacio carico di sentimento, di passione, di nostalgia, di amore, di sentimenti contrastanti.
Il cuore di Louis batté di nuovo.
Il suo respirò circolò di nuovo.
Tutto aveva un senso, ora che Harry era tornato.
Niente era sbagliato.
Quel bacio gli aveva ridato la vita.
Era di nuovo completo.
 
Nono mese.
 
Louis dormiva beatamente nel suo letto, stretto ad un corpo caldo e accogliente.
Nonostante fosse estate inoltrata, a lui piaceva stringersi al fianco della persona che aveva accanto, e lasciarsi stringere forte, come in quel momento. Sentiva il suo cuore battere, ed aveva una paura immensa che tutto quel periodo fosse stato solo un sogno. Aprì gli occhi, lentamente, e attese qualche istante prima di voltarsi alla sua destra. Quando si voltò lo vide: i ricci scuri che ricadevano scompostamente sul suo viso, le palpebre abbassate, il petto che si alzava e abbassava lentamente, l’espressione del viso rilassata, le labbra piene e rosee… allungò una mano verso di lui, scostando un riccio ribelle dalla sua fronte, e sorrise per poi accarezzandogli una guancia delicatamente. Erano appena circa quattro settimane che Harry era lì con lui. Louis, ormai, era nel nono mese inoltrato, e si avvicinava troppo velocemente la data prevista per il parto. A detta del ginecologo, era il 15 agosto.
Le fitte era aumentate, e il bambino ormai scalciava davvero troppo, ma Harry era arrivato, e tutto era tornato a posto. Louis non si era mai sentito più felice di quel momento, e nonostante soffrisse fisicamente per quella condizione, niente sembrava togliergli il sorriso dal viso, nemmeno le contrazioni, che come sempre arrivavano nei momenti meno opportuni. Non gli sembrava ancora vero, tutto sembrava essere tornato alla normalità, tutto era prefetto. C’era Harry con lui, e poteva dormire accanto a lui, farsi coccolare quando ne aveva voglia, e soddisfare le sue voglie più grandi e strane: proprio qualche giorno prima, gli era venuta una voglia assurda di ciliegie, che in piena estate erano impossibili da trovare, essendo esse un frutto prettamente primaverile, eppure Harry era uscito alle quattro del mattino, e in un supermercato notturno, aveva trovato delle caramelle alla ciliegia, e per sua fortuna Louis si era accontentato lasciandolo in pace per il resto della nottata; un’altra volta, aveva avuto voglia di more, ed Harry era uscito sotto un temporale estivo, con il rischio di non tornare solo per trovare un cestino di quel frutto al suo ragazzo, che al suo ritorno gli si era attaccato al braccio, scusandosi in lacrime di averlo fatto uscire con quel tempaccio.
Louis non poteva essergli più grato, lo stava aiutando in tutti i modi, gli stava accanto, e lo supportava più che poteva, lo sosteneva, lo abbracciava, si prendeva cura di lui e del bambino, e niente poteva andare meglio.
Quando Harry aprì gli occhi, Louis gli stava ancora accarezzando la guancia, e un sorriso dolce nacque sulle sue labbra, voltandosi verso il ragazzo dagli occhi blu che aveva accanto.
“Buongiorno, amore mio” – sussurrò con la voce impastata il riccio, girandosi su un fianco, la mano di Louis ancora premuta contro la sua guancia. – “dormito bene, stanotte?”
“Giorno, amore…” – sussurrò felice come mai prima d’ora, mentre Harry allungava una mano verso di lui, e lo attirava al suo petto, portando poi l’altra mano sul suo pancione ed accarezzarlo. Louis affondò il viso sul suo petto, respirando il suo profumo, lasciandosi andare tra le sue braccia – “ho dormito benissimo, tu? Ingombro troppo, vero?” – si preoccupò, senza osare alzare gli occhi dal petto del ragazzo.
“No, no, tranquillo. Ho dormito bene, mi sono abituato” – sorrise baciandogli la guancia – “e gli incubi?”
“Spariti, mi fai bene.” – sorrise accarezzandogli il petto ampio – “mi fai stare bene, tanto…” – chiuse gli occhi appoggiando l’orecchio sul petto del ragazzo per poter sentire i battiti regolari del suo cuore – “fai bene anche al piccolo Chris…”
“Chris? Vuoi chiamarlo Chris?” – domandò il riccio, sorridendo. Louis non gliel’aveva ancora detto come volesse chiamarlo, per paura che Harry giudicasse il nome, che dicesse che il suo nome non era una buona scelta… ma quel giorno gli era scappato così naturalmente, che non ci aveva pensato.
“Sì… non ti piace?”
“Chris Tomlinson non suona bene.” – fece serio, mentre Louis iniziava a tremare impercettibilmente. Che significava? Non aveva nemmeno più gusto con i nomi? Allora aveva fatto bene a non dirgli nulla… – “molto meglio Chris Styles.”
Louis sorrise rilassandosi immediatamente, tutti i dubbi erano spariti, non c’era più traccia di loro, restavano solamente lui, Harry e quel bambino, che avrebbe avuto due padri che l’avrebbero amato.
“Da-davvero? Vuoi dargli il tuo… cognome?”
“E’ mio figlio, no?” – sorrise, strofinando il naso contro il suo collo – “vogliamo dargli entrambi i cognomi?”
“No… il mio è orrendo, il tuo è bellissimo.”
“Ma piantala, stupido.” – borbottò, alzandogli il viso verso il suo, guardandolo negli occhi, facendolo sentire un po’ speciale, come ogni volta che lo guardava – “voglio che abbia i tuoi occhi, sono così belli…”
“Haz…” – non finì la frase, perché le labbra di Harry si appoggiarono sulle sue, e lui non oppose resistenza, si lasciò andare in quel bacio lento e dolce che il riccio gli stava donando. Era una bella sensazione sentirsi amati, era… la cosa migliore di sempre, e Louis in quell’amore si crogiolava sempre. Adorava le labbra di Harry a contatto con le sue, quei movimenti lenti e dolci, le sue labbra sottili completavano in un certo senso quelle piene del riccio, e quando le sue braccia lo avvolgevano completamente, Louis si sentiva davvero in pace con il mondo, anche in quel momento, stretto ad Harry, le labbra sulle sue, le mani allacciate intorno al suo collo, i ventri a contatto – non troppo altrimenti Louis sarebbe andato in panico per il bambino – gli occhi chiusi e loro persi l’uno sulle labbra dell’altro.
Quanto era piacevole sentirlo a contatto con sé, dopo tutto quel tempo?
Era la sensazione migliore che potesse provare, dopo tutta quella sofferenza, finalmente tutto iniziava ad andare bene.
“Ouch…” – mormorò qualche istante dopo Louis, staccandosi dalle labbra di Harry, un’espressione di dolore a deformagli il volto, le labbra contratte tra loro e gli occhi socchiusi.
“Amore, ehi, ti senti bene?” – chiese Harry preoccupato, reggendolo per le spalle, mentre Louis si portava docilmente una mano sul ventre.
“Si è mosso…” – sorrise leggermente, mentre Harry si rilassava e rispondeva largamente al sorriso – “… dio, è una sensazione meravigliosa, sentilo…” – mormorò prendendo una mano di Harry, facendogliela appoggiare sul ventre. Il bambino scalciò ancora, e gli occhi di Harry si velarono di commozione, inumidendosi.
“Che meraviglia…” - mormorò aiutando Louis a mettersi seduto, per poi abbassarsi verso il suo ventre e alzandogli la maglia leggera del pigiama. – “ciao piccolo…” – sussurrò alla pancia lasciandovi un bacio delicato sopra.
Louis lo guardò commosso, e credette per un attimo che quel ragazzo dovesse essere illegale, perché tanta perfezione non poteva essere contenuta in una sola persona, non sapeva che Harry pensasse lo stesso di lui, o meglio lo sapeva, ma non poteva accettarlo. Harry accarezzava la sua pancia, placando il bambino che continuava a scalciare.
“Mi sa che qualcuno ha voglia di uscire.” – ridacchiò, sollevandosi e lasciandogli un bacio a stampo.
“Haz, ho fame.” – mormorò ad occhi chiusi. Harry ridacchiò alzandosi in piedi, e dopo avergli lasciato un bacio sulla fronte, gli sussurrò che avrebbe preparato la colazione e di raggiungerlo dopo cinque minuti. Louis sorrise annuendo, guardando il suo bellissimo ragazzo uscire dalla camera e chiudersi la porta alle spalle.
Le sue fantasie iniziavano a diventare realtà e non poteva essere più felice.
C’era una voce nella sua testa che continuava a ripetere Harry, Harry, Harry, Harry, e niente sembrava più bello di quel nome. Si rigirò nella metà del letto occupata da Harry, ed inalò tutto il suo profumo. Quel letto ad una piazza e mezza era decisamente migliore occupato anche da Harry. Strofinò il naso contro il cuscino di Harry, sorridendo come un ebete, e finì per riaddormentarsi cullato dal profumo del suo ragazzo.
 
Erano le undici di mattina, quando Louis si ridestò.
Harry non era accanto a lui, e se non fosse stato per il suo profumo che impregnava ancora quel cuscino, avrebbe creduto che quello fosse stato solo uno dei tanti dei meravigliosi sogni che aveva fatto. Fino ad un mese prima, non avrebbe mai detto che prima o poi anche lui avrebbe trovato la felicità?
Si alzò lentamente dal letto, passando accanto allo specchio, non riuscì a guardarsi, sapeva di essere enorme, sapeva che Harry prima o poi avrebbe odiato il suo essere grasso. Dopo il parto, sapeva che sarebbe andato tutto a rotoli, sapeva che fosse ingrassato, e che quindi sarebbe rimasto solo, di nuovo. In quel momento, però, non voleva pensarci, aveva in mente solo Harry, e il fatto che fosse accanto a lui durante quelli che erano i giorni peggiori. Capitava spesso che avesse fitte, e le contrazioni erano aumentate tantissimo e sapeva che il giorno era ormai vicino. Era l’11 agosto, e mancavano solo quattro giorni alla data fissata per il parto, e Louis si sentiva stanco. Non riusciva nemmeno a camminare tanto in quelle condizioni, per cui spesso rimaneva a letto, ma non quella mattina, doveva raggiungere Harry in cucina, gliel’aveva detto prima. Arrivò lentamente in cucina, e una volta entrato, vide solo Zayn che beveva il suo caffè seduto su una sedia. Non vide né Liam né Harry, e qualcosa sembrò non andare bene.
“Oh Louis, buongiorno!” – esclamò Zayn – “Harry ti ha lasciato le frittelle lì, ha detto che ti ama, e tornerà entro stasera, e… oh sì, fatti trovare pronto, vuole farti una sorpresa.” – comunicò con il sorriso sulle labbra, facendo sciogliere Louis. Se da una parte aveva detestato non trovare lì Harry, dall’altra ne era felice, stava organizzando qualcosa per lui e la cosa poteva solo fargli piacere.
“Oh… grazie, Zay.”
“Più tardi Niall torna dall’Irlanda, e viene a trovarci, ti va se restiamo qui con te? Liam è con Harry.”
Louis prese il piatto di frittelle indicatogli da Zayn, e prese posto su una delle sedie libere, sorridendo al moro. Erano due mesi che non vedeva Niall, e gli faceva piacere passare del tempo con il biondo.
“Perché no?” – sorrise addentando una delle frittelle fatte da Harry – “dannazione, il mio ragazzo è un cuoco bravissimo!” – gongolò per qualche minuto, porgendo poi il piatto a Zayn, incitandolo ad assaggiare anche lui, tutti dovevano assaggiare quella bontà.
“Liam è più bravo.”
“Ti dico di assaggiare, Harry cucina benissimo.”
“Ma piantala.” – fece Zayn assaggiandone un pezzo – “è deliziosa!” – esclamò dopo averla ingerita – “non dirlo a Liam, si offende.”
Louis scoppiò a ridere, prima di essere fermato da una fitta atroce, che lo fece piegare su se stesso.
“Tutto bene, Lou?” – chiese immediatamente Zayn, fissandolo con preoccupazione – “chiamo un dottore?”
“No, no… ha solo scalciato.” – sorrise – “l’ha già fatto stamattina, niente di preoccupate.”
“Non farmi preoccupare.”
Louis ridacchiò facendogli un cenno di negazione. Non voleva far preoccupare nessuno, stava bene, ed era andato dal ginecologo solo la settimana prima, poteva stare tranquillo.
Controllò il cellulare, dove non trovò nemmeno un messaggio di Harry, era come sparito nel nulla. Nemmeno Zayn aveva notizie di Liam, ed entrambi erano preoccupati. Non era da loro sparire in quel modo, Louis conosceva come le sue tasche entrambi. Probabilmente si sarebbero fatti vivi loro.
Trascorse tutta la mattinata in compagnia di Zayn, poi decise di inviare un messaggio al suo ragazzo, per sapere che fine avesse fatto. Erano già quattro ore che era uscito e non era ancora tornato, insomma, dopo quattro ore, un messaggio avrebbe dovuto mandarlo, no?
 
“Ehi, amore, dove sei? E’ tanto che sei via, perché non torni? Mi manchi, anche a Chris…”
 
Nessuna risposta, probabilmente era impegnato, non l’aveva proprio letto, non era grave.
 
“Quando torni, mi porti i cioccolatini al latte? Quelli con il ripieno morbido? Oh, già che ci sei, anche il latte al cioccolato. Grazie, ti amo.
Lou, xx”
 
Tornerà. È solo impegnato, io lo so. – pensò sorridendo, poi tornò a chiacchierare con Zayn, attendendo l’arrivo del biondo, che sarebbe avvenuto da lì a pochi minuti.
Fingendo di essere calmo, Louis tentò di non pensare alle atroci fitte che giungevano, e ai calci incessanti del piccolo Chris, che non vedeva l’ora di venire al mondo, secondo il pensiero di Louis.
Quando poi sentì il campanello, che annunciava l’arrivo di Niall, Louis mascherò ancor di più tutto ciò che stava provando, e accolse calorosamente l’irlandese, non appena Zayn aprì la porta.
“Il mio uomo incinto preferito!” – urlò Niall, correndo verso di lui e abbracciandolo forte – “ciao anche al mio nipotino non ancora nato preferito, ti è mancato lo zio Niall, vero?” – rise accarezzando la pancia di Louis, e avvertì un calcio sotto la mano – “lo prendo per un sì.” – ridacchiò ancora – “allora Lou, come stai?”
“Mi sei mancato, irlandese.” – sorrise stringendosi a lui, affondando il viso contro il petto di Niall, che ricambiò la stretta, anche il biondo sapeva che il castano ricercasse disperatamente delle coccole, in quel periodo. – “sto bene, Harry è tornato… e tra quattro giorni, forse questa piccola peste nasce.”
“Non vedo l’ora di insegnargli a suonare la chitarra!”
“Ma bene, vedo che perché abbiamo l’uomo incinto, qualcuno ha ignorato il proprio migliore amico, che è ancora vicino alla porta.” – brontolò Zayn, fingendosi offeso, guardando Niall con un sopracciglio alzato. Forse, Niall l’aveva un po’ trascurato, ma pochissimo.
“Ciao brontolone!” – sorrise avvicinandosi e abbracciando calorosamente anche lui – “come vanno le cose?”
“Tutto bene, irlandese dei miei stivali” – brontolò ancora colpendolo leggermente dietro la nuca, mentre Niall si massaggiava il punto dolorante. 
Il pomeriggio trascorse tranquillamente, Zayn e Niall, alla fine, avevano aiutato molto Louis, distraendolo dall’assenza prolungata di Harry, cercando non far notare a Louis che questi non aveva risposto a nessuno dei messaggi, a differenza di Liam che aveva rassicurato Zayn di stare bene. Un’altra fitta colpì Louis, dolorosa, quasi peggiore delle altre, e lo costrinse a piegarsi su se stesso, preoccupando così i due amici presenti, che immediatamente prestarono soccorso: lo aiutarono a stendersi sul divano, e Niall corse in cucina a preparargli del tè per calmargli i nervi.
Louis afferrò di nuovo il cellulare e scrisse nuovamente ad Harry.
 
“Sto male, il bambino… torna, amore, torna… ho paura, tanta, vieni da me, ti prego…”
 
Quando il peggio sembrò passato, dopo che Niall ebbe dato a Louis del tè, dopo che Zayn gli ebbe fatto un massaggio sul ventre del ragazzo, quando l’orologio segnava ormai le otto di sera, la porta di casa si aprì rivelando le figure di Harry e Liam che finalmente erano tornati. Dopo veloci saluti e presentazioni, Zayn corse ad abbracciare il suo ragazzo, mentre Harry si avvicinava a Louis e lo abbracciava forte, scusandosi per non aver risposto al telefono, giustificandosi dicendo di essere impegnato. Louis strinse le labbra, ma non riuscì a trattenersi e come una bomba ad orologeria, scoppiò in un pianto disperato, arricchito da urla e strilla.
“Avevi giurato che saresti stato qui!” – urlò – “ero solo, avevo paura… non c’eri, non ci sei mai, mai!” – pianse disperato, mentre Harry allungava le mani verso di lui, afferrandogli il viso – “otto ore… sei stato via otto ore… otto..” – ripeté per crederci – “otto ore senza farti sentire, avevo paura ti fosse successo qualcosa…”
“Mi dispiace, amore, mi dispiace.” – sussurrò Harry, avvicinando il volto di Louis al suo petto, accarezzandogli la schiena – “va tutto bene, sono qui.” – sussurrò ancora, stringendolo forte, comprimendo contro il suo petto tutti i singhiozzi del più grande, che in quel momento sembrava il più piccolo della situazione – “calmati, okay? Calmati…”
“Dov’eri..?”
“A preparare una cosa. Lo vedrai stasera.” – sorrise guardandolo negli occhi – “giuro, resterai senza parole.”
“Mi fido…” – improvvisamente le lacrime erano svanite , ah, gli ormoni, gli occhi erano gonfi, ma lui sorrideva, Harry era tornato, ed era felice così. – “mi hai portato i cioccolatini e il latte?”
“Sì, piccolo mio. Ti ho portato tutto.”
“Fantastico!” – sorrise, gli occhi ancora arrossati, e le guance bagnate, depositando un castissimo e dolcissimo bacio sulle labbra di Harry, che dopo il bacio, si affrettò a prendere un sacchetto e porgerlo a Louis, il quale contento mangiò i cioccolatini, offrendone anche agli altri presenti, che non rifiutarono, e con un sorriso sereno sulle labbra beveva anche un generoso bicchiere del latte al cioccolato, che Harry gli aveva portato.
La quiete era tornata, e un’altra crisi di Louis passata.
Liam non vedeva l’ora che queste finissero che finalmente il suo migliore amico stesse bene, la meritava, in fondo, un po’ di serenità.
 
 
“Andiamo, dimmi dove mi porti!” – fece Louis, eccitato, quella sera. Erano in macchina sia lui che Harry, e il più piccolo, che per fisicità e carattere sembrava più grande, non voleva saperne di dirgli dove stessero andando. Louis era curioso, anche se poco prima si era rifiutato di seguirlo, non voleva uscire in quelle condizioni, non voleva che nessuno lo vedesse in quelle condizioni, come una balena – come si definiva lui – ma Harry alla fine l’aveva convinto dicendogli che nessuno li avrebbe visti, che sarebbero stati soli, che sarebbero andati in un posto speciale.
Louis non vedeva l’ora di scoprire dove sarebbero andati, ma Harry non voleva rivelarlo.
“Lo scoprirai quando arriveremo.” – rise guardando con la coda dell’occhio il suo ragazzo, che teneva una mano sulla pancia, accarezzandosela istintivamente.
“No, lo voglio sapere ora.”- si lamentò con voce bambinesca, mentre Harry continuava a ridere, e allungava una mano verso la sua gamba accarezzandola piano.
“Arriviamo tra poco.”
Louis borbottò qualcosa che Harry non capì, ma lo fece ridere ugualmente, era così dolce quando metteva il broncio esattamente come un bambino piccolo, era sempre adorabile per Harry, non poteva farci niente, l’aveva sempre amato anche per il suo lato bambinesco.
Il castano continuava a guardare fuori dal finestrino, e vedeva man mano il paesaggio londinese sparire dalla sua vista, lasciando spazio ad una sconfinata campagna.
Oddio, mi vuole abbandonare sulla strada.
Santo cielo, vuole lasciarmi qui.
Non voglio che mi lasci solo…
Oddio, oddio, no… non è così cattivo.
E se fosse Edward?
Oddio, una casa abbandonata, vuole violentarmi?
Quando Harry fermò l’auto, era passata circa mezz’ora, e si trovavano nel nulla.
Louis si immobilizzò sul sedile dell’auto, e non osò fiatare, né fare altro, attendendo le mosse di Harry… o forse era davvero Edward che l’aveva rapito? Il riccio scese dall’auto e andò ad aprire la portiera di Louis, che ancora non osò muovere un muscolo.
“Lou, che succede?”
Il ragazzo scosse la testa, immobilizzato dalla paura. Harry dovette intuirlo, perché lo prese per un braccio, aiutandolo ad uscire dall’auto, e richiuse la portiera, facendo adagiare Louis contro di essa, gli alzò il viso proiettando il suo sguardo smeraldino in quello azzurro del più basso con il sorriso – con tanto di fossette – stampato sul viso.
“Sono il tuo Haz, Louis, fidati. Non voglio farti del male. E’ solo una sorpresa.”
Titubante, Louis annuì appena, facendo un mezzo sorriso. Quel sorriso era di Harry, sapeva riconoscerne la differenza, e quelli erano i suoi occhi accesi, luminosi, quelle erano le sue labbra, belle da baciare, quella era la sua voce, dolce ed inconfondibile, e quello era il suo profumo, irresistibile.
“Scusa, Haz… avevo paura…”
“Sta’ tranquillo, piccolo, lo so.” – sorrise stampandogli un delicato bacio sulle labbra – “andiamo vieni.” – gli prese la mano ed intrecciò le sue dita con quelle di Louis, portandolo in un boschetto lì vicino. Louis non capì niente, nemmeno quando, sul limitare del bosco, Harry gli bendò gli occhi e lo guidò poi verso l’interno, poteva sentire i tremiti di Louis a distanza, ma non voleva assolutamente fargli male, anzi, voleva solo mostrargli la sorpresa.
Louis era già stanco. Si teneva una mano sulla pancia e una dietro la schiena per sorreggersi, ma le gambe cedevano facilmente, cosicché Harry decise di prenderlo in braccio. E Louis dovette riconoscere che il suo ragazzo era davvero forte, poteva sollevarlo senza fatica, nonostante lui non fosse proprio un peso piuma, quel ragazzo non si lasciava intimidire da niente. Con le braccia intorno al suo collo, e la testa appoggiata sul suo petto, Louis si lasciò condurre fino al punto prefissato da Harry, e quando il riccio sciolse la benda, gli occhi di Louis si illuminarono: una tovaglia a quadroni illuminata dalla luna, era appoggiata sul terriccio, e su di essa erano posati un cestino di vimini e delle bottiglie d’acqua, davanti a loro la luna e un gran manto di stelle luminose si riflettevano nel letto del Tamigi, rendendo l’aria che si respirava quella notte ancor più romantica. Gli occhi di Louis si inumidirono, Harry gli aveva preparato un picnic all’aperto, sotto la luna durante la notte di San Lorenzo, la notte delle stelle cadenti.
“O-oh Harry, era questo…?”
“Era questo.” – sorrise il riccio, aiutandolo poi a sedersi. Harry si era premurato di portare con sé una sedia pieghevole, perché non era il caso che Louis si sedesse per terra, ma il castano lo aveva supplicato con lo sguardo di non trattarlo come un malato, ed Harry l’aveva aiutato a sedersi per terra.
Ed ora, a mezzanotte dell’11 agosto, dopo aver mangiato i deliziosi piatti preparati con cura da Harry e Liam, ed essersi letteralmente leccati i baffi, attendevano le stelle cadenti. Louis era seduto tra le gambe di Harry, la testa tra il suo collo e la sua spalla, mentre il riccio aveva la schiena contro il tronco di un albero e una mano sul ventre di Louis, intenta ad accarezzare il loro bambino, che assisteva a tale evento con loro.
“Secondo te, cosa sono le stelle?” – chiese in un sussurro Louis.
“Palle di fuoco incandescenti, di gas e rocce, che bruciano a chilometri e chilometri da noi, che probabilmente si sono spente da tempo” – rispose prontamente Harry, guadagnandosi uno schiaffetto da parte di Louis sulla mano.
“Distruggi il romanticismo, tu.”
Harry rise scuotendo la testa, lasciandogli un delicato bacio sul collo, prima di indicare con un dito una scia luminosa che si stagliava di fronte a loro e: “esprimi un desiderio” – sussurrare all’orecchio di Louis, facendolo rabbrividire. Louis chiuse per un attimo gli occhi e… “Voglio essere felice.” – espresse.
“Fatto, tocca a te.” – sorrise senza voltarsi – “forza, prima che si spenga!”
Harry annuì velocemente, e chiuse anch’egli gli occhi e… “Dì di sì, ora, e sii mio per sempre.espresse con una punta di dolcezza nello sguardo.
“Lou…”
“Sì?”
“Che hai desiderato?”
“Non si dice, se no non si avvera.”
“Mmh.”
Harry non ebbe il tempo di estrarre una piccola scatolina dalla tasca, che sentì un urlo di Louis, e dato che aveva la mano sul suo ventre, capì che fosse il bambino. Non ci volle molto, prima che il terreno sotto di loro si bagnasse di un liquido caldo e Louis urlasse: “Harry, credo… si siano rotte le acque, oddio, Harry…”
Il riccio non ricevette subito il messaggio, ma appena fu tutto chiaro, si alzò velocemente in piedi, e lo prese in braccio.
“Amore, respira, respira.” – sussurrava Harry, terrorizzato quanto Louis.
“No… non ci riesco… non ho fatto il corso pre-parto!” – urlò terrorizzato, tenendosi una mano sulla pancia.
Harry corse più velocemente possibile alla macchina e lo mise dentro, appena fu dentro anche lui, sgommò a tutta velocità verso l’ospedale più vicino. Il suo tentativo di chiedergli di sposarlo era fallito.
“Resisti, respira. Ci siamo quasi” – sussurrava, mentre Louis, in auto, urlava come un disperato per il dolore.
Doveva fare in fretta.
Mentre guidava mandò un messaggio a Liam, dicendogli di avvertire gli altri, portare le cose di Louis, e raggiungerli in ospedale: il piccolo stava nascendo.
 

 
Harry era agitato.
Camminava avanti e indietro per la sala d’aspetto dell’ospedale. Erano arrivati lì mezz’ora prima, e subito gli infermieri avevano portato via Louis e lui era lì, con l’ansia che lo divorava, e mille assurdi pensieri nella mente.
Louis sarebbe sopravvissuto? E se invece fosse morto?
E il bambino? Ce l’avrebbe fatta?
Le altre persone presenti lo guardavano: chi intenerito, chi perplesso, chi divertito, ma Harry non badava a loro, lui voleva solo che quella maledetta attesa terminasse e rivedesse il suo Louis, con il loro bambino tra le braccia magari, perché i medici non gli facevano sapere nulla?
Liam era seduto su una sedia e lo fissava preoccupato, Niall parlava con Zayn in piedi davanti alla porta da cui i medici sarebbero usciti, ma nessuno faceva sapere loro nulla.
Harry era nello sconforto più totale, e più percorreva quella sala bianca avanti e indietro, più temeva per la vita di Louis, più aveva paura, più era ansioso. Aveva paura, una maledetta paura di essere arrivato tardi, di averlo fatto affaticare troppo, e quindi di essere la causa della sua prematura morte.
“Harry, mi stai facendo venire il mal di stomaco. Siediti, tra poco ci faranno sapere.” – fece Liam, leggermente infastidito dal suo continuo andare avanti e indietro. A suo parere non serviva a nulla essere così agitati, perché alla fine sarebbe andato tutto bene, non sapeva però cosa turbasse Harry, oltre a tutte le altre preoccupazioni che aveva nei confronti del fidanzato, temeva anche un ritorno di suo fratello. Aveva ricevuto tante telefonate durante quel mese, ma non l’aveva mai detto a Louis, per non farlo preoccupare, non lasciava mai Louis da solo, se lui doveva uscire si premurava di lasciarlo con Liam, Zayn o Niall, ma mai da solo, non poteva rischiare di metterlo ancora in pericolo, e aveva deciso di denunciarlo se si fosse presentato ancora. Non voleva rifare lo stesso errore, quando aveva saputo cosa fosse successo a Louis per colpa sua, non si era mai perdonato di averlo lasciato solo, ma a sua discolpa era sicuro che Edward non fosse in città, purtroppo, si sbagliava. Non poteva continuare a tormentare Louis come aveva fatto nei mesi precedenti, non poteva torturare psicologicamente quel ragazzo già fragile di natura.
Louis era un ragazzo perfetto, da proteggere, da amare, non da trattare male, bisognava essere delicati e dolci con lui, ma soprattutto pazienti. Tendeva facilmente a perdere la pazienza, e a diventare isterico, ma era il ragazzo più dolce del mondo, una volta conosciuto meglio, ed Harry lo amava, lo amava con tutto il cuore, e non poteva permettere che qualcun altro gli facesse del male, non con lui presente.
Non lo avrebbe lasciato mai più solo, l’aveva promesso a sé stesso e a lui.
“Harry, Liam ha ragione, calmati.” – intervenne Niall, guardando i due ragazzi. Harry fermo per un attimo di fronte  a Liam, e l’altro che lo scrutava nervoso.
“Come faccio a calmarmi?” – sbraitò Harry – “piantatela di dire che devo stare calmo!”
Zayn alzò gli occhi al cielo, affiancando il fidanzato.
“Lì, perché non andiamo a prendere qualcosa di fresco al bar?” – disse afferrandogli una mano, facendolo alzare dalla sedia, mentre Niall affiancava Harry, e lo afferrava per le spalle, tentando di calmarlo.
“No, è meglio che resti qui. Potrebbero far sapere di Louis.” – fece risedendosi.
“Il solito.” – borbottò il moro, sedendosi sulle sue gambe e appoggiando la schiena al petto del più alto. – “d’accordo, aspettiamo notizie di Louis.”
Niall abbracciò Harry, per tranquillizzarlo e il riccio non si trattenne. Si fece investire dall’ansia e dalla paura. Erano quaranta minuti che non avevano notizie di Louis e del bambino, e l’aria era sempre più tesa. Lasciò che Niall lo abbracciasse, e riuscì a calmarsi impercettibilmente.
“Scusate, ragazzi, sono solo… preoccupato.” – riuscì a dire dopo un po’ – “scusa Liam, non volevo sbottare con te.”
“Tutto a posto, sono preoccupato quanto te.” – lo guardò leggermente astioso – “mi occupo di lui fin da quando è successo, non riesco nemmeno io a star calmo, tranquillo.”
“Sapete? Credo di conoscere abbastanza Louis per dire che non vorrebbe vederci così ansiosi, si farebbe prendere dall’ansia e diventerebbe dieci volte più isterico.” – fece Niall ad un certo punto, smorzando la tensione. Harry si lasciò andare in una piccola risata divertita.
“Oh è adorabile quando inizia ad urlare istericamente. E’ così tenero!” – fece Harry assumendo i classici occhi a cuoricino, tipici da innamorato.
“Oh il ragazzo innamorato, direbbe che è adorabile in qualunque caso.” – lo ribeccò Zayn, ridendo.
“Oh no! Louis da isterico non è adorabile, è insopportabile!” – intervenne Liam, smentendo gli altri due.
“No, no. Io dico che è sempre dolcissimo.” – il riccio lo guardò con una punta d’astio, ma la risata negli occhi – “secondo voi gli assomiglierà? Il bambino, dico.”
“Oh sì, deve avere i suoi occhi. Sono meravigliosi!” – intervenne di nuovo Niall, guadagnandosi un’occhiataccia da Harry, che se quello sguardo avrebbe potuto uccidere l’avrebbe fatto senza ombra di dubbio.
“Ehi, ehi, irlandese. Giù gli occhi dal mio ragazzo. E da mio figlio.”
“Tranquillo, ricciolino!” – rise il biondo – “sono etero!”
Tutti e quattro scoppiarono a ridere, mentre Harry finalmente si calmava, e si lasciava andare contro una sedia, una mano sulla fronte e ancora tanta ansia dentro di lui. Era troppo nervoso, doveva calmarsi e doveva solo attendere. Per fortuna c’erano quegli amici di Louis con lui, doveva esserne contento, durante la sua assenza quei tre erano stati accanto al suo ragazzo, ed Harry ne era sicuro, non lo avevano mai lasciato solo, per nessun motivo, e non lo avrebbero abbandonato nemmeno dopo la nascita del bambino.
Riuscì a sorridere pensando a questo, ma proprio in quel momento, la porta si aprì, rivelando la figura del dottore che aveva operato Louis, che uscendo dalla porta si puliva le mani, con uno strofinaccio bianco.
Si abbassò la mascherina con lentezza, e li guardò tutti.
Un’ora dopo l’operazione.
“Siete i parenti di Tomlinson?”
“Siamo suoi amici.” – rispose per primo Liam – “e lui è il suo fidanzato” – fece indicando Harry.
“Bene” – il dottore si avvicinò a lui e gli disse che gli avrebbe dovuto parlare in privato.
In quel momento, il mondo crollò sulle spalle di Harry, lo sapeva, qualcosa era andato storto, aveva perso Louis, o il bambino, e dannazione, già sentiva le lacrime fargli pungere gli occhi.
“Mi dica…” – emise in un sussurro, una volta allontanatisi dagli altri tre.
“Ci sono state delle complicazioni, durante il cesareo. Abbiamo dovuto asportare tutto l’apparato femminile.” – comunicò il dottore.
“Ma Louis…?”
“Sta bene, avrà bisogno di riposo, e resterà una settimana in osservazione.”
“E…” – Harry titubò qualche secondo, dopo un primo sospiro di sollievo, il suo Louis stava bene, ma il bambino?
“Anche il bambino, stia tranquillo, le complicazioni sono giunte dopo averlo fatto nascere. Mi dispiace che non potrete avere altri bambini.”
E chi se ne importa? Louis e il bambino stanno bene!
Non rispose, annuì solamente, mentre il dottore gli sorrideva e gli dava le sue congratulazioni più sentite, dicendogli che entro mezz’ora avrebbe potuto vedere Louis. Harry si morse le labbra per non sorridere subito e mostrarsi serio per almeno la conversazione con il dottore, ma non si trattenne. Si lasciò andare in un sorriso dolcissimo e felice, strinse la mano del dottore e lo ringraziò allegramente, prima di correre dagli altri e dare la bella notizia, abbracciandoli uno ad uno, felice come una pasqua. Tutti si complimentarono con lui, anche le persone nella sala d’aspetto che lo avevano fissato tutto il tempo dell’attesa gli fecero gli auguri, una vecchietta gli baciò le guance e gli augurò tutta la felicità del mondo, c’era chi era un po’ restio, dopo aver sentito che avesse partorito un uomo, poi lentamente la mezz’ora passò, troppo lentamente. E l’ora di andare da Louis arrivò.
Appena entrò nella stanza, lo trovò steso, con la schiena leggermente rialzata contro la spalliera del letto, e un fagottino azzurro tra le braccia. Con le lacrime agli occhi si avvicinò a lui e al bambino e sorrise davvero. Si abbassò lasciandogli un bacio sulla fronte guardandolo con le lacrime agli occhi, pieni d’amore.
“Haz…guarda quanto è piccolo, era dentro di me…” – sussurrò Louis, indicandogli il bambino tra le sue braccia, e un sorriso dolcissimo sulle labbra – “è piccolo…”
“Ciao, Chris” – sussurrò Harry allungando le braccia – “posso?”
“Sì, prendilo, amore, prendilo…” – fece allungando le braccia, dove Harry notò che in uno ci fosse un ago, verso il riccio, dandogli il pargolo appena nato tra le sue braccia muscolose.
“Santo cielo, è piccolissimo, è bellissimo, Lou…”
Louis sorrise in maniera dolce. Era l’immagine più bella che avesse mai visto in tutta la sua vita, quella che avrebbe conservato per sempre in un angolo remoto del suo cuore, lì dove nessuno avrebbe mai potuto toccarlo, intaccarlo, distruggerlo. Quello era il suo ricordo migliore, la sua ancora, la cosa a cui si sarebbe aggrappato nei momenti peggiori della sua vita, quella parte di se stesso che nemmeno un brutto ricordo avrebbe mai potuto cancellare: Harry che stringeva tra le braccia il suo bambino, il loro bambino appena nato era l’ottava meraviglia del mondo, era… qualcosa di indescrivibile. Il suo cuore batteva forte nel petto, e in quel momento sentì che tutto ciò che voleva era lì, niente era più perfetto di quello, era la perfezione: la sua felicità.
La stella remota aveva appena fatto avverare il suo desiderio.
Cosa gli avrebbe riservato il destino da quel giorno?
Sarebbe stato sempre con Harry?
Avrebbe sofferto ancora?
Il riccio sarebbe stato in grado di renderlo felice davvero?
Ed Edward?
Che fine aveva fatto?
Tutti quei pensieri non erano nella sua mente, non vi badava, non in quel momento, non in quel momento così felice, nonostante il dolore al petto che aveva, era felice, così felice che sarebbe potuto scoppiare in quel momento, ma era stanco. Stanco di tenere gli occhi aperti, stanco di lottare contro il dolore che avvertiva dentro, anche se Harry riusciva a mandarlo via, non spariva mai veramente. Le forze venivano meno, e non riusciva a stare sveglio. Fece tesoro di quegli attimi di felicità che gli avevano donato, che Harry gli aveva donato, e gliene fu grato. Sapeva che il suo bambino sarebbe stato felice, e avrebbe avuto tutto l’amore del mondo, ma lui era così stanco di restare sveglio, per questo chiuse gli occhi, ma il dolore al petto era sempre più forte, non sapeva da cosa dipendesse.
Forse era semplicemente stanco.
“Amore, ha aperto gli occhi, guarda!” – fece Harry girandosi verso di lui, lo vide immobile – “amore…?” – sussurrò avvicinandosi con il bambino tra le braccia – “ehi, Louis, apri gli occhi…” – lo scosse – “Louis? Louis?” – il castano non rispondeva, i suoi occhi erano chiusi, ma la sua espressione sorridente e rilassata, forse dormiva, gli prese la mano, e un istinto strano gli suggerì di toccargli il polso. Si rese conto che il cuore di Louis batteva troppo lentamente.
“Oh, no, no…” – premette il campanello d’allarme, immediatamente chiamando aiuto, non poteva essere. Non poteva davvero succedere una cosa del genere, Louis non se n’era andato davvero. Il bambino aveva iniziato a piangere tra le sue braccia e Harry cercava in tutti i modi di calmarlo cullandolo, ma era agitato, troppo agitato. I medici giunsero veloci, lo spostarono da Louis, e iniziarono a praticargli il massaggio cardiaco, poi subito presero il defibrillatore, ma Harry sapeva che non c’era più niente da fare.
Harry non riusciva a sopportare quella scena, e il bambino piangeva ancora tra le sue braccia, non poteva, non poteva essere vero, non lo era. Un’infermiera gli tolse il bambino dalle braccia, dicendogli che lo avrebbe riportato nel nido, per altri controlli. Lo spinse poco garbatamente fuori dalla stanza, chiudendo subito dopo la porta, ed Harry si ritrovò da solo fuori dalla stanza, con le braccia ancora conserte per ospitare il bambino, gli occhi sbarrati e una lacrima che gli solcava il viso.
Poteva un giorno tanto bello, diventare un giorno tanto brutto?
 
 
Harry ancora non credeva a quanto fosse successo.
Stentava a credere che forse, Louis se n’era andato, lasciandolo solo con un bambino a cui badare. Non era giusto, perché proprio loro? Egoisticamente, sperava che quel crudele destino non avesse preso proprio il suo Louis, ma un altro ragazzo. Era stato lontano così tanto tempo da lui, che in quel momento si sentiva un mostro a non aver insistito prima, ad averlo lasciato solo, a non aver goduto della sua presenza quando… no, lui era vivo, lui doveva essere vivo, doveva chiedergli di sposarlo, e quindi diventare ufficialmente anche lui padre del bambino.
Doveva farlo, doveva… lui era vivo, non poteva morire.
Liam piangeva sulla spalla di Zayn, Niall su quella del riccio, e quest’ultimo fissava la porta da cui i medici sarebbero usciti per comunicare loro quale fosse la sorte crudele di Louis. Harry ne era terrorizzato.
Se quella porta si fosse aperta, e gli avessero detto che Louis era morto… non sapeva come avrebbe reagito.
Se quella porta si fosse aperta, e gli avessero detto che Louis era in coma… se ne sarebbe fatto una ragione.
Se quella porta si fosse aperta, e gli avessero detto che Louis era vivo… sarebbe stato l’uomo più felice del pianeta.
Stringeva Niall, che era crollato come Liam, subito dopo che la notizia era stata data, Zayn cercava di essere forte, ma l’occhio non mentiva, un accenno di lacrima era presente anche sui suoi occhi, mentre Harry era nella disperazione più totale, internamente. Harry Styles non era il tipo che mostrava facilmente i suoi stati d’animo, lui era forte per gli altri e in quel momento doveva essere forte. Per Niall, per Liam, per Zayn, per Chris, ma soprattutto per Louis, se lui non l’avesse lasciato andare, se avesse tenuto il suo pensiero nella sua mente e nel suo cuore, con la speranza che tutto sarebbe andato per il meglio, allora, Louis ce l’avrebbe fatta. Era una cosa che gli aveva insegnato sua madre, più dimostravi forza, più la persona a cui tenevi, restava con te.
Tre ore dopo, la porta si aprì. Un dottore bassino, dall’aria burbera, calvo con qualche ciuffetto di capelli bianchi, cicciottello e con un accenno di barbetta sul viso si avvicinò loro mestamente, ed Harry temette il peggio.
“Non sappiamo come sia possibile, era praticamente morto, ma sta bene, è sveglio, è vigile, ma ha avuto un attacco di cuore, quindi non potete vederlo ancora.” – dichiarò tutto d’un fiato, mentre il riccio tratteneva il respiro, Niall alzava la testa incredulo, Zayn sorrideva e Liam scoppiava maggiormente in lacrime sul collo di Zayn, stavolta per la felicità.
Il pericolo era passato, la tempesta si era diradata, e il sole splendeva su tutti. Non aveva perso nulla, non l’aveva perso, sua madre aveva ragione, l’aveva tenuto con sé, l’aveva tenuto stretto e non l’aveva fatto volare via, poteva ritenersi soddisfatto di se stesso, era stato bravo.
“Quando potremo vederlo?” – chiese subito Harry, a nome di tutti.
“Presto.” – sorrise loro il medico.
Quel giorno era tornato il giorno più bello della loro vita, per fortuna.
 

 
Un paio di settimane dopo erano insieme nell’appartamento di Louis e Liam, dove si erano trasferiti anche Zayn e Niall, che erano letteralmente impazziti, insieme a Liam, per il piccolo Chris.
Quando Niall usciva per andare al lavoro, al suo ritorno aveva sempre qualche nuovo giocattolo per il bambino, Zayn invece, quello che era stato un po’ più restio alla presenza di Louis, ogni volta che tornava dall’ospedale, di tutto: dai pannolini, ai biberon sterilizzati. Il piccolo Chris, inoltre, aveva una collezione di ciucciotti nuovi da far invidia. Tra Liam ed Harry che tornando dai rispettivi lavori, ne portavano sempre uno nuovo, ne aveva collezionati almeno una ventina sole in due settimane.
Louis era felicissimo. Ogni volta che vedeva il viso del piccolo, non poteva far altro che sorridere, ed essere felice come una pasqua. Tutto quello che era, era racchiuso in quel piccoletto che dormiva, in quel momento, tra le sue braccia. Era così piccolo che aveva paura di romperlo ogni volta che lo prendeva in braccio, o che lo coccolava. Aveva dei ciuffetti di capelli riccissimi e scurissimi, da far invidia al padre, e anche se non si vedevano bene, tutti sapevano che i suoi occhi fossero azzurri come quelli di Louis.
Gli canticchiava sempre nuove ninne nanne, e gli piaceva da morire quando quel fagottino si accucciava sulla sua pancia, lì dove era stato in gestazione per nove mesi.
Attendeva che Harry tornasse dal lavoro, e gli portasse qualcosa, le voglie non si erano ancora esaurite, e quella sera aveva una terribile voglia di noccioline, ma quella sera Harry gli avrebbe portato qualche altra cosa, e non delle banali noccioline.
Quando sentì la porta aprirsi e la voce di Harry urlare “amore, sono tornato!” allora sorrise, e guardò Chris dormire sulla sua pancia, e gli accarezzò la piccola testolina semi-riccioluta. Il riccio velocemente arrivò nella stanza, e posò un bacio delicato sulla fronte del marmocchio, prima di posare un bacio sulle labbra del suo ragazzo, felice come non mai.
“Tutto bene, amore?”
“Sì… tra poco dovrebbe svegliarsi, e… dovrà prendere il latte, poi il pannolino…” – sorrise – “oh è dolcissimo.”
“Come te, amore mio.”
Louis sorrise, e lasciò che Harry lo baciasse a lungo e intensamente, gli allacciò le braccia attorno al collo e ricambiò il bacio con urgenza, ma furono interrotto dal piccolo Chris, che emise un lamento, facendo intendere ai genitori che fosse arrivata l’ora della pappa. Avere un bambino così piccolo aveva dei pro, ma anche dei contro.
Per quanto riguardava i pro, erano le persone più felici della terra, avevano tutto ciò di cui avevano bisogno, per quanto riguardava i contro, erano fondamentalmente che non avevano tanta privacy come prima.
Harry lo prese tra le braccia, usando la voce da idiota, tipica di chiunque parlasse con un bambino piccolo. Louis non trattenne una risata dolce, prima di alzarsi dal letto, prima di andare in cucina e preparare il latte in polvere.
Il riccio lo raggiunse insieme al piccolo qualche minuto dopo, e glielo lasciò tra le braccia. Louis si sedette e iniziò a dare il biberon al bambino, tenendolo delicatamente tra le braccia, e stringendolo forte al petto.
“Sei un amore, lo sai?” – chiese Harry guardandolo con dolcezza, mentre Louis cullava ancora il loro piccolo.
“Nah… tu sei più bravo.” – il riccio ridacchiò scuotendo la testa, e gli diede un bacio sulla guancia delicatamente, adorava la sua insicurezza, e adorava proteggerlo da tutto e da tutti.
“Smettila, Boo.”
Quando Louis ebbe finito di dare il latte al piccolo, dopo il ruttino e il cambio di pannolino – ed era uno spasso per lui guardare il suo Haz alle prese con il cambio, perché si confondeva non solo tra pomate, creme e talco, ma soprattutto con il verso del pannolino, e finiva sempre per farsi fare la pipì in faccia dal piccoletto – lo misero nella culla, abbracciandosi davanti ad essa, commossi entrambi.  Erano soddisfatti, felici come mai in vita loro, quel bambino era la loro felicità, lo sapevano, ed Harry era felice di avere Louis accanto e non averlo in una bara.
“Lou, c’è una cosa che voglio chiederti.” – sussurrò al suo orecchio.
“Cosa, Haz?” – chiese a bassa voce Louis.
“Sposami.”
 

 
 
Erano pronti, nei loro smoking neri, si tenevano per mano, ed erano davanti ad un giudice, che li guardava un po’ addolcito, un po’ severo – perché secondo lui erano davvero troppo giovani per sposarsi - mentre loro si scambiavano occhiate intense con gli occhi. Verde dentro azzurro, smeraldo fuso con il ghiaccio, sguardi che trasudavano amore.
Liam era il testimone di Louis, insieme a Zayn.
Niall era il testimone di Harry, insieme a Gemma, la sorella maggiore di Harry.
“Vuoi tu, Harry Styles prendere il qui presente Louis Tomlinson come tuo marito, e amarlo per il resto della tua vita?”
“Sì, lo voglio.”
“E vuoi tu, Louis Tomlinson prendere il qui presente Harry Styles come tuo marito, e amarlo per il resto della tua vita?”
“Che domande? Aspetto questo momento da tutta la vita!”
Harry sorrise dolcemente, stringendo la mano al suo – finalmente – marito. E quando il giudice li fece firmare, gli fece scambiare gli anelli, li dichiarò sposati, e strinse loro la mano, congratulandosi per la coronazione del loro amore, il riccio attirò a sé il castano, baciandolo con tutto l’amore che provava verso di lui.
Il fratello di Harry era stato arrestato, quando cinque mesi prima aveva minacciato telefonicamente Louis.
La madre di Louis non aveva più voluto saperne niente del figlio. Non aveva creduto alla storia dei gemelli di cui uno pazzo, e non era mai più tornata, ma Louis con l’aiuto di Harry aveva superato anche quella difficoltà.
Il piccolo Chris aveva quasi sei mesi, quando i genitori convolarono a nozze, e durante tutta la cerimonia, aveva emesso piccoli versi, specialmente quando aveva fame.
Harry aveva realizzato il sogno di Louis, aveva venduto il suo vecchio appartamento che non usava più da quando viveva con Louis e i suoi amici, e con il ricavato, era in trattativa per comprare una villa. Non a tre piani come sarebbe piaciuta a Louis, ma solo a due, il ragazzo si era accontentato, forse avrebbero preso un gatto, i cani non piacevano per niente ad Harry, e avrebbero vissuto lì, insieme come una vera famiglia. Louis non poteva chiedere di meglio, non avrebbe mai chiesto di meglio dalla sua vita, era tutto perfetto.
Il suo desiderio si era davvero avverato.
Harry era tornato, ed era completo.
E finalmente era felice.
Non gli bastava altro.
“Ti amo, Haz…”
Harry aveva salvato Louis, e l’aveva reso felice.
Louis aveva ritrovato Harry, e l’aveva reso completo.
Non c’era davvero niente che non andasse, non in quel momento…
Alla fine, la stella remota aveva realizzato i desideri di entrambi. E non avrebbero chiesto di meglio.
Forse solo… qualcuno che cambiasse il pannolino di Chris, ma a quello i due neopapà avrebbero trovato di sicuro una soluzione.



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Ciao bella gente!
Era... tanto che mancavo. Ma tantissimo. Ma sono tornata.
Vi sono mancata, vero?
Ammettetelo, non potete stare senza le mie OS.
Tra un'ora parto per tornare a casa, sono stata a casa di mia zia e non avevo tempo per scrivere (a parte di notte) ci ho messo tutto il mese per scriverla, ma ne sono soddifatta. Spero che piaccia anche a voi.
E ringriate Lu se Louis è vivo, io stavo per ucciderlo. 
Bene, prossimamente ce ne saranno tante altre.
Tante.
Speriamo bene.
E tanto angst.
Vi abbandono, devo togliere il pc da mezzo çç
Addio, addioooo!


P.s spero non ci siano obbrobri. E' lunghissima, l'ho riletta in due giorni, ma qualcuno scappa sempre.
Segnalateli, if you want.


   
 
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