All'asterisco * potete leggere ascoltando questa traccia audio:
http://www.youtube.com/watch?v=nhtLFE8akZY
Gli
infermieri
arrivarono immediatamente con una barella, l’ambulanza era
fuori con i
portelloni aperti e dentro i paramedici preparavano tutto il
necessario, pronti
a partire per una corsa verso l’ospedale più
vicino.
In due presero
Bill e lo caricarono sul lettino, Tom continuava a tenergli la mano.
Fey era rimasta
in piedi nel punto in cui Bill era caduto a terra, colpito dalla
pallottola di
Dan. Si guardava le mani e vedeva che piano perdevano consistenza,
doveva
prendere una decisione il prima possibile.
Simone era
stata avvertita subito e si stava già dirigendo
all’ospedale.
L’ambulanza
partì senza che Tom riuscisse a salire, a muoversi. Un
paramedico rimase
qualche secondo in più con lui, chiedendogli se avesse
bisogno di un aiuto, di un
calmante.
Ma Tom
continuava a scuotere la testa, a dire che non aveva bisogno di niente,
chiedeva soltanto che Bill venisse salvato.
Dan era stato
arrestato, due pattuglie di polizia erano ferme davanti a casa Kaulitz,
in quel
momento stavano interrogando Georg e Gustav.
La padrona del
cagnolino ferito era arrivata e aveva portato l’animale dal
veterinario.
Tutti
erano indaffarati in qualcosa. Fare domande, salvare vite.
*Tom
e Fey
erano immobili, si guardarono. Mossero pochi passi l’uno
verso l’altra, pochi
ma giusti per sfiorarsi la mano.
Fey si gettò
tra le braccia di Tom, che la strinse a sé e pianse.
Le alzò poi il
mento, tirando su col naso.
-Com’è
possibile tutto questo, Fey? Il tuo Dio ce l’ha con me?
Le lacrime
scendevano gravi sulle sue guance arrossate e Fey era intrappolata in
un dolore
mai provato.
-Posso salvare
Bill, lo posso fare, Tom.
Il ragazzo si
staccò per un attimo e si premette le mani nella testa,
facendo qualche passo
intorno a sé.
-E come puoi
fare? Hai salvato me, hai dato le tue ali! Come puoi salvare anche
Bill?
Fey lo guardò,
lo penetrò con lo sguardo, rendendogli più
semplice comprendere l’unica
soluzione che le rimaneva.
Tom ingigantì
gli occhi e scosse la testa più volte.
-No, no, no… Non se ne parla. Ci dev'essere un modo.
Sembrava un
pazzo.
Anche Fey
iniziò a piangere e si aggrappò alla camicia del
ragazzo.
-E’ l’unica
cosa che posso fare, Tom. Non voglio sparire per te, non voglio che tu
pensi
che io ti abbia abbandonato. Non voglio che tu non mi veda
più, che tu non mi
possa più toccare o percepire. Non voglio vivere
quest’agonia. Non voglio che
tu e Bill dobbiate vivere in questo modo, non voglio che pensiate che
tutto
quello che è successo sia stato una bugia o un sogno.
Piangeva forte
mentre Tom continuava a scuotere la testa e tenerla stretta a
sé.
-L’unica cosa
che posso fare è tornare indietro. Cancellare il dolore che
ti ho provocato,
che ho provocato anche a Bill.
-Io non voglio
perderti, non voglio dimenticarmi di te, non posso lo capisci? Io ti
amo Fey,
sei tutto quello che mi rimane adesso. Ho aspettato tanto per
incontrarti, e
non possono dividerci! Se potessi tornare indietro, ti giuro, che
passerei per
la strada del parco ogni giorno, ad ogni ora, solo per avere la
possibilità di
incontrarti prima, di conoscerti, di vedere questi meravigliosi
occhi…
-Forse sarà più
facile per entrambi…
-Io non voglio
che sia facile! Io voglio che sia difficile, la cosa più
difficile della mia
vita, ma voglio sopportarlo e superarlo con te! Ti prego, non
abbandonarmi…
Fey continuava
a stringerlo e ad accarezzargli le treccine, non aveva più
tempo, gliene
avevano concesso fin troppo e le avevano dato un ultimatum. Doveva
salutarlo,
ma gli addii erano duri e non aveva le forze necessarie per farlo.
Doveva
trovarle però, no?
Prese aria e si staccò leggermente da Tom, gli diede un
bacio e continuò a tenerlo per mano mentre veniva inondata
dalle lacrime degli
occhi ambrati dell’unico uomo che avrebbe amato fino alla
fine dei suoi giorni.
Quando un
angelo ama, lo fa per sempre.
Tom le raccolse
una lacrima dalla guancia e si posò la mano sul cuore.
-Ti prego, un
ultimo giorno, un’ultima notte accanto a te. C’eri
tu quando sopraggiungevano
gli incubi, come posso fare se il mio lato del letto sarà
gelido e duro senza
di te? Dormire con te un’ultima volta, prima di…
di perderti. Ti prego…
La sua voce era
spezzata dai singhiozzi.
Fey inghiottì
quelle parole come un boccone amaro e le conservò dentro di
se.
-Non
dimenticarti di me, promettimelo Tom.
Il ragazzo
pianse ancora e annuì con la testa, singhiozzando.
-Io non ti
dimentico Fey, non lo farò. Mai. Mai, per niente al mondo.
Non mi dimenticherò
della tua voce, dei tuoi occhi, della tua pelle. –con un dito
le accarezzò uno
zigomo, dove aveva una piccola cicatrice - Non mi
dimenticherò delle tue mani e
delle tue carezze. Della tua risata, del tuo profumo, dei tuoi capelli.
Ti amo,
e ti amerò per sempre, te lo giuro.
Fey si avvicinò
e le loro labbra si toccarono di nuovo, come sempre, per
l’ultima volta.
Entrambi
avevano appena scoperto che sapore aveva un bacio d’addio. Il
loro era stato
intenso, quasi duro. Volevano che quel contatto non venisse mai
scordato,
volevano che i loro respiri rimanessero rinchiusi e al sicuro
nell’altro, volevano
che le loro labbra mantenessero ancora quel sapore, finché
sarebbe durato.
Quando
si
allontanarono i loro occhi erano spenti e si riflettevano
l’un l’altro.
Continuarono a stringersi le mani e a guardarsi, come per mantenere
impressa
nella loro mente, come un tatuaggio, l’immagine
dell’altro.
“Ricordati di
me” fu l’ultima cosa che Fey gli
disse, prima di sparire, lasciando Tom con le
mani vuote nel nulla.
Il
ragazzo si
guardò attorno, stordito come se tutto fosse sottosopra e
lui se ne fosse
appena accorto. Quella casa era diventata d’improvviso
inaspettatamente fredda.
Salì le scale di fretta e spalancò la porta di
camera sua.
Le cose di Fey
erano sparite. Tom si avvicinò al letto e annusò
il cuscino sul quale dormiva
la ragazza, era rimasto un leggero profumo di shampoo. Si sedette sul
letto e
strinse il cuscino, cercando di inalare il più possibile
l’unica aria che gli
dava sollievo.
Poco dopo si
avvicinò un agente di polizia, bussò due volte
alla porta prima di mettere un
piede nella stanza.
-Signor
Kaulitz, dovremmo farle alcune domande, dopodiché
l’accompagneremo in ospedale.
Sta bene?
Tom poggiò
delicatamente il cuscino sul letto, sperando che il profumo rimanesse
lì per
sempre. Si alzò, si asciugò gli occhi e
seguì quell’uomo vestito di blu.
Per
Tom il
mondo si era fermato, dentro di lui tutto era immobile mentre fuori
tutti si
muovevano così velocemente, anche troppo.
L’uomo in
divisa continuava a fargli domande, semplici domande a cui lui doveva
semplicemente rispondere ‘Sì’ o
‘No’.
-Chi c’era
durante l’incidente? Nella stanza?
-Io, mio
fratello Bill, Dan, Georg, Gustav e…
-E… ?
Tom lo guardò
stranito, come se non riuscisse a ricordare qualcosa, come se ci fosse
un pezzo
mancante del puzzle.
-Signor
Kaulitz, deve collaborare, deve dirci tutto quello che sa e che si
ricorda.
Tom annuì e
inspirò forte, passandosi una mano sugli occhi stanchi. Poi
lo guardò di nuovo
con lo sguardo di chi si è appena svegliato e non sa cosa
sia successo durante
il suo sonno.
-C’eravamo solo
noi, sì…
Il mondo
correva fuori dal finestrino di quell’auto e Tom sentiva come
se si stesse
perdendo qualcosa, come se ci fosse un pensiero irraggiungibile in
qualche
parte del suo cervello. Eppure qualcosa la ricordava, ricordava degli
occhi.
Due grandi occhi color ghiaccio con una luce insolita, una luce che gli
ricordava casa.
L’ospedale era stranamente
calmo, bianco, fin troppo luminoso e con il solito puzzo di igienizzato.
L’agente si avvicinò a
un’infermiera di guardia e le chiese di Bill.
-Secondo piano,
cardiochirurgia. Adesso è in sala operatoria.
Salirono in ascensore e un
silenzio imbarazzante riempiva quella scatola quadrata.
-Vedrà che lo salveranno, Tom.
Il moro annuì, non gli
importava delle parole di quell’uomo. Era un estraneo per
lui, non era tenuto a
dimostrare nessun tipo di compassione o pena.
Tom era arrabbiato, e pian
piano mancavano sempre più pezzi in quella storia.
I medici stavano facendo tutto
il possibile per estrarla senza complicazioni.
Il rumorino della macchina
attaccata al suo corpo contava i secondi che allontanavano Bill dalla
vita, o
dalla morte. Era questo il pensiero costante di Tom.
E se mio fratello morisse?
Cos’avrebbe fatto? Non ne
aveva idea. Sarebbe stato come perdere la casa e non avere un posto
dove
andare, anche peggio. In quel caso si sarebbe potuto riparare sotto un
ponte,
sotto un portone di una vecchia casa. Se Bill fosse morto, non ci
sarebbe stato
nessun altro in grado di proteggerlo.
Gli eventi nella sua mente
sfumavano, venivano offuscati da un alone nero, come se stesse perdendo
gradualmente la memoria.
Dopo tre ore Bill uscì dalla
sala operatoria e lo sistemarono in una camera privata che dava al
giardino
dell’ospedale.
Tom era rimasto accanto al
fratello senza mai spostarsi, neppure per andare al bagno.
Rimase così, ad asciugargli il
sudore se avesse avuto caldo, a coprirlo un po’ di
più se avesse avuto freddo.
A stringergli la mano sperando che potesse sentirlo.
Si addormentò così, con la
mano del fratello stretta alla sua.
Simone entrò nella stanza e
svegliò piano Tom con un bacio sulla guancia. Il ragazzo si
svegliò più
frastornato del solito. Si alzò per sgranchirsi le gambe e
lasciare la sedia
alla madre che aggiustò un sopracciglio a Bill che dormiva
sul letto.
-Come ti senti?
Tom non rispose ma annuì
stanco.
-E Fey dov’è?
Tom la guardò perplesso.
-Chi è Fey?
Prima che Simone potesse
ribattere entrò il chirurgo che aveva operato Bill e
spiegò ai familiari le
condizioni del ragazzo, i rischi a cui era andato incontro e tra quanto
si
sarebbe potuto svegliare.
Dopodiché guardò Tom; era visibilmente
provato, bianco e aveva delle occhiaie enormi.
-Lei sta bene?
-E’ possibile che mio figlio
abbia perso la memoria?
La voce di Simone precedette
la risposta di Tom, il quale la guardò senza capire.
Il medico rispose un po’
titubante, ma dato lo shock che Tom aveva provato, visto che suo
fratello
gemello si trovava in quella situazione, era possibile.
Simone annuì e capì il perché
Tom non si ricordasse di Fey, anche se le sembrava strano, pensava che
l’indomani si sarebbe ricordato e che l’avrebbe
vista di nuovo.
In realtà non sapeva che Tom
non si sarebbe più ricordato della ragazza e lei stessa, in
poche ore, avrebbe
dimenticato l’angelo, come tutti gli altri.
Come se non fosse successo
niente, come se il tempo fosse trascorso, gli eventi si fossero
succeduti,
senza la presenza di Fey Parker nelle loro vite.
Nemmeno Bill fece domande su
Fey, nessuno se ne ricordava più. Bill stava bene, parlava e
respirava
autonomamente. Era tutto tornato alla normalità, era tutto
apposto.
Nonostante questo, però, Tom
sentiva un peso sul cuore, una mancanza difficile da colmare e non
sapeva spiegarsi il perché.