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Autore: Lelahel    23/08/2013    7 recensioni
Chicago, 1923
"La Leonessa"
È con questo nome che la giovanissima cantante April Ford è conosciuta nella città di Chicago.
"L'Ibrido"
È con questo nome che è conosciuto il temuto e potente vampiro Niklaus.
Due persone completamente diverse, nella loro natura e nella loro personalità, ma le cui vite saranno destinate a incrociarsi proprio in una notte di fine estate, nella città di Chicago.
Il fuoco e il ghiaccio davvero non hanno nulla in comune?
[Dalla storia]
"Possibile che dove la notte è più buia ci sia tu?"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katherine, Pierce, Klaus, Nuovo, personaggio, Rebekah, Mikaelson, Stefan, Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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-Capitolo 7: You're gone with the sin, my darling-

I adore the despair in your eyes
I worship your lips once red as wine
I crave for your scent sending shivers down my spine
I just love the way you're running out of life

(Gone with the sin by HIM)

Follia.

Non riusciva a spiegarsi in altra maniera quello stupido batticuore improvviso che sentiva nel petto ogni volta che pensava a Klaus.

Lei, proprio quella che non credeva nell'amore vero ma solo in quello fittizio da cui poteva trarre profitto economico, aveva il batticuore. Si vergognò di sé stessa; non le era mai successa una cosa simile e sopratutto mai con una persona di cui sapeva relativamente poco. Era davvero tutto troppo assurdo e le risultava difficile capacitarsi del cambiamento a cui stava andando incontro.

Sospirò, cercando di distrarsi leggendo il giornale di quella mattina.

Ma non le fu in alcun modo d'aiuto: Chicago continuava ad essere il solito teatro di orrori dove la sera prima una persona scompariva e la mattina dopo la si trovava morta in un vicolo, con la gola praticamente squarciata.

Si grattò la parte posteriore del collo, continuando a fissare le numerose parole in inchiostro che si susseguivano l'una dopo l'altra in prima pagina, e dimenticandosi della tazza di caffè fumante che aveva lasciato sul tavolo.

Era sola nella cucina del suo appartamento, come ogni mattina della sua vita, ma qualcosa quel giorno doveva essere diverso e lei sembrava sentirlo nell'aria.

Non bastavano i pensieri riguardanti il bacio, inaspettato persino per lei, che aveva dato a Klaus a renderla distratta, ma un'altra presenza voleva farsi avanti nel corso di quella giornata, arrecandole ulteriori pensieri da portare nella mente.

Questa bussò insistentemente alla porta della sua umile dimora, costringendola ad alzare lo sguardo.

April pensò subito dovesse trattarsi di Christopher; chi altri poteva essere?

Quando si diresse verso la porta per aprirla, però, si trovò di fronte a un'angelica figura dai capelli biondi e il volto di porcellana, la quale stava sorridendo con un sorriso felino e accattivante.

Sei ancora in vestaglia a quest'ora? Si vede che lavori fino a tardi.”

Rebekah la guardò dalla soglia della porta con sguardo attento; sulla spalla teneva un vestito coperto da una pellicola di plastica, di cui April poté scorgere diversi brillantini dorati che intercorrevano lungo lo strascico della gonna.

La mora affilò lo sguardo, domandandosi da quando lei e la sorella di Klaus fossero entrate così in confidenza.

Ci conosciamo per caso?” chiese, fingendo che non si fosse mai accorta di lei prima.

Ma come si poteva non notare una donna dalla bellezza di una sirena, e che attirava lo sguardo di chiunque incontrasse per l'eleganza innata che possedeva? Senza contare il fatto che Rebekah sembrava la copia esatta di Klaus in versione femminile, ed era normale che lei l'avesse notata.

Se avesse potuto elencare gli elementi che la accomunavano al fratello, la lista sarebbe stata bella lunga.

Tutti mi conoscono, tesoro mio.” Rebekah reclinò leggermente il capo, piegando leggermente il ginocchio destro sotto la gonna, in maniera tale da poter spostare l'esile fianco sinistro verso il lato. “E, primadonna come sei, sono sicura che anche tu ti sei accorta della mia esistenza.”

April arricciò le labbra, sentendosi presa in contro piede. Era sempre solita accorgersi della presenza di ragazze in possesso della sua medesima bellezza disarmante. Era così che aveva notato Katherine.

E Rebekah l'aveva notata da prima del suo avvicinamento a Klaus: la prima volta che la scorse, civettava con decine di giovincelli entusiasti e affascinati dalla lunghezza chilometrica della sue pallide gambe. I pensieri che aveva avuto su di lei, in quel momento, non erano stati dei più gentili.

Siete Rebekah Mikaelson.” disse April, pronunciando il suo nome come se stesse confessando chissà quale crimine.

La sorella di Klaus.” aggiunse l'altra, senza palesare troppo il suo intento di metterla in imbarazzo.

Non ci riuscì, ma solamente perché April era ancora troppo assonnata per avere una qualsiasi reazione.

E dammi del tu.” disse ancora la bionda.

April, intanto, studiò la bambola di porcellana che aveva di fronte. Quella mattina, nell'abbigliamento, era più austera di quanto fosse mai stata: portava un completo color bianco e lasciava i capelli sciolti sulle spalle. Il viso era perfettamente truccato, la pelle priva di imperfezioni e le labbra colorate di un rosso intenso, molto simile a quello del sangue.

April, in confronto, sembrava un rospo quella mattina, visto che era sopravvissuta a sì e no due ore di sonno.

Si strinse le braccia la petto e sospirò stancamente. “E, di grazia, per quale motivo giungi alla mia porta di prima mattina?” le chiese, sbattendo le sopracciglia con fare annoiato.

Rebekah mise su un broncio provocatorio. “Vuoi farmi entrare o lasciarmi qui fuori?” domandò, affilando lo sguardo con fare capriccioso. Doveva ammettere che la presunzione e l'arroganza erano prerogative particolari nei due biondi fratelli; non la conosceva nemmeno e già si comportava come se non avesse di fronte un'emerita sconosciuta, bensì qualcuno che potesse trattare liberamente a pesci in faccia.

April scosse la testa. “Ancora non mi hai detto perché sei qui.”

Te lo dirò una volta che mi sentirò meno cretina a starmene sulla soglia di questa dannata porta.”

April corrugò la fronte, comprendendo che stava facendo perdere la pazienza alla versione femminile di Klaus Mikaelson. Era meglio non rischiare oltre.

Entra pure. Ma sappi che non ho fatto le pulizie.” disse e le fece segno di accomodarsi in casa.

Rebekah annuì, muovendosi rapida verso il centro dell'enorme stanzone in cui April viveva. Era chiaro che non apprezzasse quell'abitazione; gli occhi della bionda lasciavano trasparire tutto il ribrezzo che nutriva verso quell'ambiente così povero. Viveva pur sempre in un edificio di lusso a tre piani; April ricordava benissimo la villa in cui l'aveva condotta Klaus la sera dell'aggressione.

Mi sa che tu non fai le pulizie da una vita, cara la mia leonessa.” la riprese Rebekah, senza peli sulla lingua.

April non aveva mai conosciuto, eccetto Klaus, una persona capace di fare critiche con quella tranquillità e con quella confidenza; molto spesso la gente preferiva dire una dolce bugia piuttosto che un'amara verità e questo non era affatto un pregio. Ma Rebekah sembrava godere quando aveva da dire cattive verità, e nemmeno questo poteva definirsi un pregio.

Sto mettendo soldi da parte per qualcosa di meglio.” si sentì in dovere di spiegare alla bionda, chiudendosi la porta alle spalle. Anche se, più che risparmiare, April aveva per tutto il tempo, cercato di farsi sposare da Christopher per avere una casa migliore.

Per ora posso permettermi questo.”

Le si avvicinò e notò che Rebekah la fissava con assoluto disinteresse; stava già programmando le parole da sparare successivamente.

Per questo esci con quel riccone? O che ci provi con mio fratello?”

April arrossì; le importò poco della prima parte della frase, quanto più della seconda. “Non ci sto...provando con tuo fratello. Parli troppo per essere una che non mi ha mai rivolto la parola, sai?” disse, stringendosi le braccia al petto.

Rebekah, sotto la luce del sole che penetrava dall'ampia vetrata alle sue spalle, lasciò capire che non credeva a una singola parola di quello che sentito.

April venne tentata dallo specificare che ,se anche se così fosse stato, non avrebbe di certo avvicinato Klaus per il suo denaro. Deglutì, non appena si rese conto di stare trovando delle giustificazioni in caso avesse dovuto spiegare il suo legame con Klaus.

Che legame c'era in fondo? Nessuno.

Come vuoi.” Rebekah si stancò di parlare, posò il vestito sullo schienale del divanetto in mezzo alla stanza e fece qualche passo verso April, la quale se ne stava ancora vicino alla porta, facendosi accarezzare dai raggi solari provenienti dalla finestra.

Comunque, stasera organizzo una festa e voglio che tu venga.”

April ridacchiò. “Lo sai che il voglio non cresce nemmeno nel giardino del re?” rispose, ricordando un detto che le diceva sempre la madre quando era piccola e pretendeva il gelato a tutti i costi.

Ripensò a lei, in un secondo la collegò a ciò che sentiva per Klaus, e un brivido le corse lungo la schiena.

Rebekah parve non accorgersene. “Nel giardino della regina, però, cresce di tutto.” la corresse. “E voglio che tu venga, anche perché non penso tu abbia nulla di meglio da fare.”

Ed era vero, ma quella ragazza non aveva il diritto di dirglielo così apertamente.

April sbuffò stancamente. “Non è così.” disse.

Fa' come vuoi. Comunque, se non deciderai di passare una serata da sola qui a casa a fare pensieri perversi su mio fratello, quello è un piccolo regalino che dovrai indossare stasera.”

La mora non ebbe il tempo di replicare malamente a quell'ennesima frecciatina, che restò completamente sorpresa nello scoprire che quel vestito era per lei. Gli si avvicinò curiosamente, mentre Rebekah la superava per dirigersi verso la porta.

April non riusciva a veder bene come fosse fatto l'abito; l'involucro di plastica rendeva praticamente impossibile poterlo ammirare nella sua completezza.

Cosa? Perché mi regali un vestito?” chiese incredula, voltandosi verso di lei e indicando l'abito con una mano come se, di punto in bianco, non ne fosse più affascinata.

Rebekah si fermò davanti alla porta, girandosi lentamente verso lei; restò immobile ed elegante con la borsa posata sul fianco. “Perché se devi essere presente stasera...non voglio che tu indossi le tue solite, evidenti scollature. Il mio decolté dev'essere il più guardato, non il tuo.”

April scosse la testa; la battuta poteva essere anche divertente, ma non riusciva a credere che la motivazione nascosta dietro quel regalo fosse così banale. “Non mi conosci nemmeno!” tentò di ricordarle.

Ma da quando le persone non erano più fredde ed indifferenti, ma così espansive? Rebekah e Klaus li trovava davvero fuori dall'ordinario, anche se quest'ultimo non era poi così aperto e sua sorella, più che gentile, sembrava ambigua e incomprensibile come persona.

Rebekah cambiò espressione; sembrò farsi più seria dopo quelle parole, e i suoi occhi si accesero di una strana ed insolita luce. Un qualcosa che sembrava non c'entrare nulla con quello sguardo furbo e provocatore come il suo.

Alzò le spalle. “Fatti miei.” rispose semplicemente e si voltò. “Ma non pensare che abbia in mente qualcosa di depravato. Non sono una di quelle libertine che si diverte con entrambi i sessi, che sia chiaro!”

April per poco scoppiò a ridere, ma si trattenne perché, anche se il desiderio di partecipare a quella festa si sarebbe fatto opprimente, lei aveva comunque un grosso problema.

Non so come arrivarci fino a casa tua, Rebekah.”

Ti faccio venire a prendere. Qual'è il problema?”

Rebekah aveva intuito che April stava cercando tutte le scuse per rifiutare, ma non si lasciò vincere.

Senti Rebekah...” April si passò una mano sul volto, voltando lo sguardo verso il vestito adagiato sul divano, mossa dalla curiosità di poterlo scoprire di più. “Non credo che verrò.”

Io invece credo proprio il contrario.” Rebekah aprì la porta, stringendone il legno nella mano e voltandosi a guardarla prima di varcarne la soglia.

Cosa te lo fa credere?” April spalancò le braccia, visibilmente innervosita dal comportamento così contraddittorio di Rebekah.

Calò un secondo di silenzio, in cui la Mikaelson scrutò l'espressione sul volto di April.

Come se sapesse tradurla.

Come se la conoscesse.

L'altra si sentì come nuda, esposta sotto lo sguardo improvvisamente attento della bionda. Tanto che non si preparò nemmeno alla risposta che avrebbe ottenuto di lì a pochi secondi.

Perché per una notte, una sola che sia...” disse Rebekah. “Saresti capace di abbattere la solitudine.”

* * * * * *

Tu sei fuori di testa, lo sai questo o no?”

Rebekah sbuffò seccata; smise di dare ordini ai camerieri riguardo il posizionamento dei tavoli per la festa di quella sera e si voltò verso il fratello.

Klaus la fissava immobile sulla soglia della grande sala, con le braccia strette al petto e un'espressione seccata sul viso.

Non riusciva a credere che quella pazza di sua sorella avesse invitato April. Non era una ragazza socievole e simpatica e quindi era altamente improbabile che fosse diventata amica di quell'umana all'improvviso. Come era improbabile che lo stesse facendo per ciò che lui le aveva rivelato.

Probabilmente lo stava facendo perché April era piuttosto conosciuta in città,e una figura così ambita avrebbe reso la sua festa ancora più importante.

Oppure, più probabile ancora, Bekah stava solo cercando di irritarlo, poiché quella era una delle migliori forme di divertimento che lei possedeva. Quel sorriso beffardo che gli riservava da un intero pomeriggio ne era la prova.

Mi serviva una cantante per la festa e lei è abbastanza brava da poter allietare questa notte con la sua voce.” rispose, avvicinandosi elegantemente a lui.

Il rumore dei tacchi che battevano sul pavimento colmò il silenzio calato su loro, mentre diversi uomini al servizio di Rebekah e dei suoi capricci si muovevano rapidamente su e giù per la sala.

E sono sicura che ti fa piacere che lei stasera ci sia.”

Non me ne importa nulla se lei viene o meno alla tua stupida festa.” replicò Klaus con troppa freddezza per non lasciarsi scoprire; la voce leggermente più alta del normale e la mandibola contratta. “Non sei tu che comandi, Rebekah, e nessuno ti ha detto che potevi invitarla.”

Rebekah smise di sorridere, visibilmente turbata dal tono autoritario che il fratello stava assumendo. Non era una novità che lui volesse tiranneggiare su coloro che lo circondavano, ma in quel caso la ragazza non poté tollerarlo.

Da che mondo è mondo...” disse avvicinandosi lentamente a lui. “La festa è mia e io invito chi diavolo mi pare.”

Klaus non replicò di fronte a quella sentenza; fissò infastidito l'espressione della sorella e strinse i pugni accanto alle proprie gambe.

Rebekah non si curò in alcuna maniera del suo disappunto.

E piantala con questa recita. Ti stai rendendo pressappoco ridicolo.”

Lo superò rapidamente, sapendo che lui non sarebbe stato in grado di replicare a quelle parole, e Klaus restò solo in mezzo alla sala, mentre i facchini di Rebekah continuavano a passargli rapidamente accanto, tutti presi dai loro compiti.

Quando ripensò ad April, al bacio che si erano dati, si chiese cosa sarebbe potuto succedere quella sera.

Sarebbe stato in grado di reprimere quella cosa che li legava?

Sperò di riuscirci, come aveva sempre fatto.

* * * * *

April dovette ammettere che Rebekah sapeva fare le cose in grande stile.

Alla festa non avevano preso parte molte persone, forse perché la bionda doveva essere stata molto selettiva con gli ospiti, ma il salone era così ben arredato da fare invidia ai lussi e i fasti delle sale reali d'Europa.

Si sentì un'ospite indesiderato; il vestito che Rebekah le aveva regalato era di un color oro, stretto in vita da una fascia di un dorato più scuro. La ragazza aveva deciso di abbinarvi un trucco semplice e di portare i capelli sciolti lungo le spalle, giusto per non sembrare pacchiana come l'aveva dipinta Rebekah quella mattina.

Si guardò attorno; non vi erano molte figure femminili nella sala e tutte loro erano accompagnate dai loro uomini. Si pentì per un solo istante di non essersi fatta accompagnare da Christopher; nonostante non avesse molta voglia di vederlo, il ruolo del manichino poteva svolgerlo bene.

Si fermò sull'ultimo gradino della lunga scalinata che le aveva permesso di fare il suo ingresso nella sala, e si guardò attorno alla ricerca di una qualcuno che conoscesse. Ma ogni volto che incrociava lo collegò ad un'unica conoscenza di vista. In realtà, le uniche persone con cui aveva parlato veramente erano Rebekah e Klaus, ma non le sembrò di vedere nessuno dei due.

Buonasera.”

Una voce conosciuta penetrò tra i suoi pensieri. April si voltò giusto in tempo per vedere Stefan Salvatore sorriderle gentilmente, con in mano due bicchieri pieni di spumante. Eppure, dietro quella gentilezza, April parve scorgere il taglio di una maschera che doveva nascondere qualcosa di davvero inquietante.

Buonasera.” replicò, nascondendo il suo turbamento e accettando il bicchiere offertogli dal ragazzo. Scese l'ultimo scalino e si avvicinò al ragazzo, continuando a guardarsi attorno alla ricerca di Rebekah o Klaus.

Non sapevo sareste venuta anche voi. Dopo la morte di Violet...”

April abbassò lo sguardo. “Beh, lo spettacolo deve in qualche modo andare avanti, no?” rispose, trapelando involontariamente tutta l'amarezza che portava dentro al ricordo della sua amica.

Trovò indelicato il fatto che Stefan gli rammentasse quel dolore quando lei stava facendo di tutto per superarlo. Ma preferì tacere e non dire nulla; a differenza di Rebekah, lei sapeva trattenersi con frecciatine e rispostacce quando aveva a che fare con uno sconosciuto.

Eccola, la nostra leonessa.” Rebekah si fece riconoscere subito, non solo per il modo elegante e accattivante in cui era vestita- spiccava per essere l'unica figura vestita in rosso in tutta la sala-ma anche perché era apparsa al fianco di Stefan senza che lei se ne rendesse conto. Lo prese sottobraccio e gli concesse un sorriso dolce e gentile che raramente la ragazza dispensava ad altri.

Sei venuta alla fine.”

April alzò le spalle. “Ci ho pensato molto prima di venire.” rispose, sforzandosi di mantenere il tono freddo e neutro che Rebekah stava usando con lei. “E ho trovato sciocco rinunciare al tuo invito.”

Rebekah annuì, come colpita dalle sue parole. “E hai fatto bene. Se mi avessi dato buca, ti avrei fatto così tanta cattiva pubblicità per tutta Chicago, da impedirti di cantare anche nella più povera bettola.”

Stefan sorrise, divertito dall'irriverenza della sua donna.

April non si lasciò scalfire da quelle parole. “È la tua parola contro la mia, Rebekah. Non è per offenderti, ma sono molto più conosciuta di quanto lo sia tu. ” la provocò a sua volta, beandosi dell'espressione un pochetto irritata che si dipinse sul bellissimo volto di Rebekah. Persino la risatina sotto i baffi di Stefan la fece sentire soddisfatta di quelle parole.

Sei poco presuntuosa, tu.” la prese in giro la ragazza.

Sono realista.” April preferì cambiare discorso. “E poi...o la tua festa oppure il divano di casa mia. E visti i pazzi assassini che vagano per la città, ho preferito non rischiare.”

Forse non era il caso di fare una battuta sull'assassino che tutti gli abitanti di Chicago temevano e che era anche la causa della morte di Violet, e quasi si morse la lingua nell'averlo fatto. Notò, però, che dopo quelle parole Stefan aveva assunto un sorrisetto sulle labbra a dir poco diabolico. Pensò di aver preso un abbaglio e che la sua fosse solo una stupida paranoia.

Intanto, in sottofondo, partì una musichetta lenta che sembrava invitare le coppie a riunirsi nel centro della sala e ballare a suon di essa.

Rebekah parve voler accettare quell'invito, tanto che strinse più forte il braccio di Stefan. “Beh, spero che tu ti diverta.” le disse, per tagliare corto. “Cercati un partner di ballo. Di uomini appetibili qui è pieno!” Aggiunse quella parole quando ormai stava per allontanarsi verso il centro della sala insieme al suo compagno.

April non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che, guardando quella coppie muoversi nel mezzo della sala, provò di nuovo quel senso di inadeguatezza.

Forse, pensò, rimanere sul divano di casa era l'ipotesi migliore.

Vedendo che tutti avevano un partner con cui danzare, e lei era sola praticamente in mezzo alla sala, decise di andare verso il tavolo dei buffet quasi immacolato, cercando qualcosa di abbastanza appetibile da distoglierla da quel senso di carenza.

Il tempo di posare la mano sulla tovaglia color oro che elegantemente ricopriva la tavola che qualcosa mutò.

Un altro capogiro.

Trovò sostegno su quella superficie; prese lunghi e sonori respiri per poi chiudere gli occhi. Cercò di rimanere dritta sulla schiena, per far sì che nessuno si accorgesse del suo improvviso malessere e magari accorresse in suo aiuto, mettendola in ridicolo davanti a tutti.

Ma nessuno parve notarla, il che era un bene. Erano tutti troppo impegnati a ballare e parlottare tra di loro per accorgersi delle goccioline di sudore che le impregnavano la fronte o del ritmo alterato del suo respiro, quasi accompagnato da un sibilo.

Tutto bene?”

Sì, sto bene,”

April si girò lentamente verso Klaus; non rimase né sorpresa e nemmeno incredula nel ritrovarselo di fronte perché le era bastata la sua voce e il suo inconfondibile profumo per riconoscerlo. Quella sera era stranamente vestito in un completo bianco, cosa insolita per lei che lo aveva visto sempre in abiti scuri. Lo trovò davvero affascinante, in quella veste.

La sua espressione era, però, sempre fredda e quasi infastidita dalla sua presenza. O, forse, era semplicemente irato perché April aveva mentito alla sua domanda con prontezza.

Lei sorrise per affievolire la tensione. “Accidenti, in bianco sembri proprio un angioletto. Sei carino.” gli disse ironica; il dolore sembrava si fosse nascosto dietro un angolo pronto a tornare allo scoperto non appena lei avesse abbassato la guardia.

Ma, almeno fino a quel momento, parve riuscire a celarlo alla perfezione.

O almeno così credeva; Klaus la osservava con attenzione, quasi riuscisse a smascherare la pena che il solo respiro le stava arrecando.

Concordo. Lucifero era un angelo prima di cadere dal Paradiso.” aggiunse lui, prendendo uno stuzzichino di carne da un enorme piatto in vetro, posto nel mezzo del lungo tavolo.

April abbozzò un sorriso, quando notò che, sotto sotto, Klaus sembrava imbarazzato dalla sua frase di poco prima. “Ti credi così cattivo?”

Il ragazzo le lanciò un'occhiata rapida che April non fu in grado di ricambiare. Ma la intimorì.

Bevve un lungo sorso di spumante e guardò le varie coppie che stavano ballando in mezzo alla sala: Rebekah e Stefan sembravano essere quelli che spiccavano maggiormente poiché assomigliavano a due stelle appena scese dal cielo. Erano bellissimi insieme, e sembravano trovare l'una nell'altra quella luce che li rendeva umani nel loro aspetto. Solo quando erano insieme; presi singolarmente sembravano irreali, diversi da tutto il mondo.

Tu invece? Questo vestito mi ricorda molto quello che comprai a mia sorella tempo fa...” disse Klaus, facendo sì che lei si distraesse dal ballo.

April lo guardò nuovamente, sentendosi avvampare mentre il ragazzo lasciava scorrere lo sguardo lungo il vestito che aveva indosso. Avrebbe dovuto immaginarsi che potesse esserci qualcosa di ancora più imbarazzante dietro quel regalo; per poco si portò la mano al volto per nascondersi.

Senti, tua sorella lo ha fatto spacciare per nuovo e non avevo idea che glielo avessi regalato tu!” esclamò imbarazzata. “Dio, vorrei ammazzarla.”

Klaus abbozzò un sorriso, quando vide la ragazza agitarsi come una bambina che aveva appena scoperto la burla della sua amichetta. “Non preoccuparti, non uccido per così poco.” disse, a suon di battuta.

I due rimasero poi in silenzio, continuando a guardare la folla ballare di fronte a loro. Eccetto alcuni uomini che parlavano isolati agli angoli della sala, loro due sembravano gli unici a non essere coinvolti nelle danze.

Ti va di ballare?” Klaus le tese elegantemente la mano, e April si ritrovò così a far scorrere il proprio sguardo lungo le dita affusolate di lui, per risalire poi al suo volto. Il ragazzo stava sorridendole, in una maniera che lei non riusciva proprio ad evitare di ammirare. Provò di nuovo quella strana sensazione, quella di un tumulto improvviso e incontrollabile dentro il proprio petto e rammentò poi il bacio che gli aveva dato pochi giorni prima.

Era in procinto di accettare, bramando il momento in cui i loro corpi si sarebbero mossi al suono di quella soave musica.

Dolore.

Quello non era causato dalle emozioni che Klaus era capace di suscitarle, bensì da quell'ombra oscura che, nascosta dietro un angolo del suo corpo, attendeva che lei abbassasse la guardia e fosse così più vulnerabile. Era riuscito a fregarla attraverso la presenza di quel ragazzo.

Non...non posso, mi dispiace.” si scusò, evitando di incrociare lo sguardo del ragazzo e scuotendo violentemente la testa. “Ho bisogno d'aria.”

Dopo aver abbandonando il proprio bicchiere sulla superficie alle sue spalle, April praticamente fuggì nella direzione che l'avrebbe portata alla balconata della casa, dove avrebbe potuto riprendersi un po' di ossigeno.

Klaus intanto abbassò la mano che aveva teso nella sua direzione.

La seguì con lo sguardo per tutto il tempo in cui lei rimase nella sua visuale e non gli fu difficile capire cosa gli era appena successo.

* * * * *

La trovò circa una mezz'ora dopo da sola, con i gomiti posati sulla pietra della balconata, intenta a guardare il cielo privato delle sue stelle più belle.

Erano giorni che quello era completamente nero, sempre annuvolato e privo di luci, e mai come in quel periodo Klaus si era accorto di quanto il sole e la luna in realtà gli mancassero.

Guardò April, con la schiena ricurva e il volto alzato verso il cielo, mentre con una mano tamburellava sulla superficie. Il vampiro si chiese quali fossero i suoi pensieri in quel momento.

Probabilmente, nella testa, aveva solo dolore. L'espressione di poco prima ne era la prova.

Hai preferito restartene qui da sola piuttosto che ballare con me? La trovo un'offesa bella e buona, sai?”

Quelle furono le parole migliori che riuscì a trovare per poter attirare la sua attenzione su di sé. La ragazza volse lentamente lo sguardo verso lui, tenendo le labbra serrate tra loro e portandosi il proprio bicchiere alle labbra. Non doveva essere il primo di quella sera, e dallo sguardo di April era chiaro che non sarebbe stato nemmeno l'ultimo.

I nostri vestiti sono troppo abbinati. Saremmo apparsi per marito e moglie.” rispose la ragazza, portandosi il calice alle labbra.

Klaus trovò particolarmente azzeccata quella risposta. Affondò le mani dentro le tasche dei pantaloni e alzò lo sguardo verso il cielo scuro. Era certo che di lì a poco sarebbe giunto un temporale.

Intanto April prese a osservare attentamente il bellissimo volto del ragazzo. In quel frangente, mentre la sua attenzione era rivolta al cielo, egli sembrava possedere un'avvenenza più umana. Ben lontana da quella che lei, solitamente, vedeva in lui ogni volta che si soffermava ad ammirarlo.

Ho una domanda che mi ronza in testa dall'altro giorno.” Klaus abbassò gli occhi su di lei, ignorando la maniera in cui lo stava fissando. La ragazza tremò al pensiero che quella domanda doveva originare del giorno del bacio. “Davvero non credi nell'amore, April Ford?”

Oddio, un argomento peggiore non potevi trovarlo, mio caro.” replicò April, scuotendo la testa fermamente. Ebbe bisogno di bere un altro sorso.

Klaus accennò un sorriso; le si fece poi più vicino e in quel momento una nuvola si spostò nel cielo, mostrando un luminoso frammento della luna piena che aveva da sempre brillato sotto quel manto di oscurità.

Il discorso dell'altra sera mi ha lasciato un po' perplesso....se i miei sensi non mi ingannano, tu sei fidanzata.”

Parlando, il vampiro si rese conto di aver espresso quel concetto con una mal nascosta punta di invidia. Si schiarì la voce, sperando così di cancellare via quell'errore, ma April sembrò non accorgersene. Si misero nelle stesse posizioni, con la schiena posata sulla superficie della balconata, e il bicchiere stretto in una mano, pronto a lenire le loro pene non appena lo avessero innalzato alle labbra.

Se non ricordo male, tu eri del mio stesso parere.” gli ricordò April, senza soffermarsi sul riferimento a Christopher.

Ma io, appunto, non sono fidanzato.” disse lui.

Mi stai giudicando per caso?” domandò April, fingendosi offesa ma non essendolo per nulla. Era sempre stata pronta ad accettare i pregiudizi dettati dalla propria apparenza.

Si portò il calice alle labbra e trangugiò un lungo sorso.

Klaus la guardò senza capire; non era la prima volta che gli capitava di non comprendere le stupide decisioni di un essere umano, ma April sembrava più contorta di quanto sembrasse.

Allora perché stai con lui se non lo ami?”

Sì, perché stai con lui, April?

Klaus rifiutava di credere che fosse solamente per la brama di potere e di denaro. Doveva esserci dell'altro sotto, una paura che tormentava la ragazza nel più profondo del suo cuore, e che l'aveva spinta ad adeguarsi a quella decisione presa.

April s'incupì; i suoi occhi scuri si posarono in un punto indefinito di fronte a loro e il bicchiere si fermò prima che potesse raggiungere le labbra. Si prese il suo tempo per rispondere, quasi si fosse accorta che, nella domanda di Klaus, ella avesse trovato la forza di risolvere tutti i suoi dilemmi.

Perché volevo la ricchezza, la fama e lui poteva garantirmele.” rispose. “Ma ora...è altro ciò che voglio. Non so spiegartelo.”

E che cosa vuoi ora?”

Gli occhi scuri della ragazza si fecero stranamente lucidi; sembrava spaventata dal futuro, dal modo in cui esso stava mutando e andando contro i suoi piani. Quella era la paura più comune negli umani, insieme a quella della morte, ed entrambe queste paure lui non era in grado di capirle. Come non capiva nemmeno cosa stesse succedendo in quella ragazza, tanto da non volere più ciò che aveva desiderato per quasi un'intera vita.

Non lo so.” rispose April, e tornò a guardarlo. Il ragazzo si sentì battere qualcosa sotto pelle, all'altezza del petto, mentre quegli occhi lo fissavano a quella maniera. Il viso di April aveva assunto l'aspetto di quello di una bambina desiderava vivere i suoi sogni migliori quando era piccola e credeva ancora che il mondo potesse realizzarli.

Ma cosa aveva causato quella reazione in lei?

Klaus sbatté più volte le palpebre, per imporre a sé stesso di smettere di guardarla.

Torniamo alla domanda di prima, cosa ti ha fatto smettere di credere nell'amore?” le domandò, bevve un lungo sorso e alzò gli occhi verso il cielo. “Credo che la tua ossessione per la ricchezza sia correlata alla risposta a questa domanda.”

April prese fiato, poi lo perse.

Chiuse le palpebre, come se quella domanda stesse risucchiandole la vita dall'interno.

Klaus la osservò, e venne quasi tentato dal ritirare la domanda. Ma il suo egoismo e la sua curiosità vollero avere la meglio. E comunque, appena quel pensiero balenò nella sua mente, April parlò.

Mio padre sparò a mia madre quando ero bambina.” disse, la voce leggermente tremante.

Klaus trattenne il fiato.

Mai si sarebbe aspettato un dramma simile nella vita della ragazza. Aveva pensato che tutto derivasse da un'amore non corrisposto, oppure una delusione mai superata.

Lei si lasciò sfuggire una lacrima, e lui venne quasi preso dalla tentazione d asciugarla.

Ma restò immobile.

Mi dispiace, pensò.

Sì, era ciò che si doveva dire in situazioni del genere, eppure lui non riuscì a pronunciare quelle due semplici parole. Implicava troppo coinvolgimento, troppo cuori, troppi sentimenti...e lui non li possedeva più.

Eppure, riusciva a trovarsi dispiaciuto per lei.

I miei erano molto poveri e vivevamo in una baracca con il minimo indispensabile. Eravamo però felici. Eravamo una famiglia. Mia madre mi portava sempre a giocare in un campo che in primavera fioriva come un giardino dell'Eden. E giocava con me, raccontandomi delle storie e intrattenendomi con quei sogni che l'avevano allietata nella sua adolescenza, perché li considerava ancora vivi e realizzabili.

Ma la povertà ha distrutto l'animo debole di mio padre che ha iniziato a bere e ubriacarsi. Non ci ha mai picchiate ma ha iniziato a estraniarsi da noi, a non essere più il marito e il padre che abbiamo amato. E quando oramai eravamo così poveri da rischiare di morire di fame-ricordo ancora che mia madre rinunciava ai suoi avanzi di cibo per me-lui perse la testa: si procurò una pistola e sparò in testa a mia madre. Io assistetti alla scena perché ero con loro. Ricordo ancora il modo in cui mio padre si voltò verso di me, muovendo la pistola come se volesse puntarmela contro, mentre il sangue di mia madre continuava a macchiare il terreno e i fiori del nostro piccolo giardino dei sogni. Ero paralizzata, ero certa che papà avrebbe sparato anche me. E invece, piangendo, si portò la pistola alla tempia e si uccise.”

April aveva osservato il cielo per tutto il racconto, senza schiodare lo sguardo dalle stelle oscure che brillavano nel firmamento. Aveva mantenuto fermo il tono della voce, malgrado il dolore di quel ricordo le scuotesse le membra esili.

Klaus provò una sorta di profondo dolore di fronte a quel racconto. Era la prima volta che il dramma di un'umana lo faceva rabbrividire a quella maniera.

Non credi più nell'amore perché hai visto morire quello dei tuoi.” constatò.

Aveva visto l'amore dei suoi stessi genitori morire, per mano di un mondo che non aveva avuto pietà di loro. La povertà aveva spinto il padre ad arrendersi, a perdere la testa e uccidere la donna a cui aveva giurato amore eterno. E Dio solo sapeva cosa aveva spinto a placare la propria disperazione per non uccidere anche la piccola April: forse, rendendosi conto del gesto appena compiuto, aveva preferito volgere quel proiettile verso di sé.

Dio, quanto male gli umani erano capaci di fare agli altri e a se stessi. Loro, i vampiri, erano in fin dei conti giustificati, visto che non possedevano più il motore propulsore dell'umanità.

Io ho visto uccidere l'amore da questo mondo.” lo corresse April, spostando lo sguardo sulla punta delle proprie scarpe. “E ho capito che l'amore vero non può esistere se il mondo non te lo permette. Ecco spiegata la mia ossessione per il denaro.”

I due si lanciarono una lunga occhiata; Klaus si trovò sbigottito di fronte alla sofferenza silenziosamente esplosa nelle iridi scure di April.

Tu invece perché non ci credi?” domandò poi lei.

Il vampiro si distolse dai propri pensieri, quando sentì la ragazza rivolgergli quella domanda. La guardò; lei era riuscita a mascherare ancora di più il proprio dolore indossando un sorriso poco credibile ma che riaccese qualcosa in lui. Allontanò lo sguardo da lei e s'inumidì le labbra.

Non ho voglia di parlarne.”

Andiamo! Io l'ho appena fatto e provo la stessa antipatia che tu nutri per me.”

Klaus abbozzò un brevissimo sorriso, per poi tornare a focalizzarsi sul dolore che gli si era acceso nel petto. “C'è un solo tipo di amore.” iniziò a dire. “Quello che non muore mai...ma la persona a cui era rivolto se n'è andata molto tempo fa.” disse, con una nota di rammarico.

Capelli ricci e castani. Occhi scuri. Carnagione olivastra. Un sorriso dolcissimo.

Ricordi dolorosi la riportarono in vita per un attimo, per poi strappargliela di nuovo via al ricordo.

Mi dispiace.” April riuscì a dire senza problemi la frase che aveva spaventato Klaus poco prima. Gli posò una mano sulla spalla e gli regalò un sorriso; lui venne quasi tentato dal ritrarsi.

Quell'umana non aveva alcun diritto di parlargli come se facesse pietà, perché non era così.

Non doveva.

Non poteva.

Ma non riuscì a scacciare la mano della ragazza dalla sua spalla. Rimase però e comunque in silenzio.

Sai, ho conosciuto diverse persone che hanno perso...la persona che amavano, ma questo non vuol dire che tu non sia più capace di innamorarti di nuovo.” disse lei, parlando con tono accorato.

Non mi sembra ti abbia chiesto qualche consiglio...” la mise a tacere Klaus, scoccandole un'occhiata gelida che la fece rabbrividire. “E poi tu sei proprio l'ultima persona che possa darmene uno.”

April sbatté le palpebre, incapace di abituarsi a quei continui cambi di espressione da parte del ragazzo. Lo guardò allontanarsi- poiché Klaus non si sentì più capace di sopportare la vista della ragazza- ma lei lo richiamò a gran voce.

La ragazza lasciò il proprio bicchiere sulla balconata e si era messa ritta sulla schiena, rigida e immobile.

Il vampiro si fermò, volse lo sguardo nella sua direzione e notò che lei stava combattendo con qualcosa che stava spingendola a respirare velocemente, senza poter nascondere i movimenti sotto il suo petto.

Klaus pensò che si sentisse male, ma il male che lei stava affrontando non era fisico.

Era altro.

April?”

È ora di affrontare tutto questo, Niklaus.”

April corse verso di lui, lo raggiunse prima che potesse accorgersene, e posò le labbra sulle sue in un bacio improvviso. Il tutto ebbe la stessa velocità di un singolo sbattere d'ali di farfalla e Klaus si ritrovò a non saper se voler rispondere a quel bacio o meno.

Si ripeteva che doveva respingerla, che non doveva lasciarsi andare a quel momento, ma la sua mente sembrò lontanissima affinché potesse comandare il suo corpo.

April si ritrasse, nel momento stesso in cui lui stava per chiudere le palpebre e lasciarla vincere.

Oddio, scusa.” si scusò April, portandosi le mani alle labbra quando si rese conto di essere stata troppo impulsiva e di aver provato ad avvicinare una fiamma a ghiaccio vivo. Scosse la testa incredula, mentre lui la guardava ma senza ascoltarla. “L'ho fatto di nuovo. Dio, sembro una ninfomane. Mi sono lasciata prendere dal desiderio, tu sei così affascinante e io così brilla e..quello di cui abbiamo parlato prima mi fa male e...”

Klaus pose fine al suo farfugliare nella maniera che meglio gli riuscì.

Ma quando lo fece, pensò quasi che ucciderla sarebbe stata la soluzione più facile.

Le sue labbra raggiunsero quelle di April e fu tutto diverso.

Lei si era limitata a cercare solo un contatto, lui voleva invece prendere tutto di lei con quel bacio.

Dopo un'iniziale attimo di turbamento, la ragazza si abbandonò rapidamente a quel contatto. Le loro lingue si cercarono e si intrecciarono rapidamente, in una sensuale e sinuosa danza di desiderio, di passione, di abbandono l'uno all'altra.

Il ragazzo portò una mano tra i capelli corvini di lei, per tenerla più stretta a sé e April posò le mani sulle sue spalle per di permettersi un contatto prolungato in quel bacio.

Non se ne accorsero nemmeno, ma, in qualche modo, si ritrovarono nella camera da letto di lui.

Ogni pensiero sembrava svanito dalle loro menti; erano rimasti solo i loro corpi che avevano il bisogno strettamente necessario di scoprirsi e di unirsi.

La miglior cura ai loro dolori erano solo loro.

Si avvicinarono ai piedi del letto- April arretrando e Klaus facendosi in avanti verso lei. Il ragazzo volle riprendersi le sue labbra, mentre lei glielo stava involontariamente impedendo, troppo impegnata a cercare di slacciargli la camicia bianca. Alla fine, con un gesto affrettato e rude, April riuscì ad aprirla sul petto nudo e marmoreo di lui, provocando la dipartita di diversi bottoni. Fece scorrere le mani lentamente lungo la pelle diafana di Klaus, sentendole fremere al desiderio di sentirla bruciare a contatto con la propria.

Klaus sorrise, avvertendo la propria brama crescere insieme a quella di lei.

Ripresero a baciarsi, con più foga e passione rispetto a poco prima.

Si ritrovarono poi distesi sul letto; April continuava a cercare di togliergli di dosso gli ultimi indumenti rimasti. Rimase distesa sotto di lui, facendo scorrere le dita verso i pantaloni dl ragazzo.

Le labbra di lui scesero a torturarle il collo prima con baci bollenti, poi con piccoli morsetti che non le fecero alcun male.

La ragazza si morse le labbra, trattenendo a stento un gemito di piacere e gettò la testa all'indietro quando la bocca di lui scese sempre più verso i suoi seni. Non aveva mai fatto caso a quanto le sue mani fossero grandi, non fino a quando le aveva sentite scorrere lungo il suo corpo. Le sue dita affusolate le circuirono il polpaccio, per poi risalire verso la coscia e stringerla con desiderio.

Klaus le aveva alzato leggermente la gonna, per rendere quel contatto più intenso e bollente.

April, intanto, imprecò tra sé e sé, quando si rese conto di essere così poco lucida a causa di quei baci da non riuscire a slacciare i pantaloni di Klaus.

Quest'ultimo la allontanò, tirandosi in ginocchio sul materasso e slacciandosi i pantaloni autunomamente. Se li tolse poi con crudele lentezza, sapendo che April non attendeva altro che un altro bacio da parte sua per poter riprendere a respirare.

Ella quasi sussultò, quando lo vide tornare a stendersi su di lei per riprendere quel gioco di baci e sospiri a cui si erano dedicati da diversi minuti. La ragazza accolse le labbra di lui sulle proprie, in un contatto intenso e disarmante.

Era rimasto solo il suo vestito a rovinare tutto, ma April non riusciva a compiere alcun movimento per separarsi dalle braccia di Klaus e rimediare a quella situazione. Allora prese lui in mano la situazione: le strappò le bretelle dell'abito e, senza curarsi di quel prezioso tessuto, lo sfilò con poca grazia dal corpo di April.

Lei rise, portandosi una mano al viso, bollente di imbarazzo e desiderio. “Che spreco di denaro!” esclamò.

Klaus non rispose; tutto quello che aveva da dire lo trasmise attraverso un ennesimo e lungo bacio con cui la privò dell'anima. Quel contatto poi, con una sorprendente lentezza, si trasformò in qualcosa di più dolce e meno spinto. Il loro divenne solo uno scontrarsi di labbra, di respiri che si spegnevano, di speranze desiderose di vivere per almeno quella notte.

Klaus cercò la mano di lei che gli stringeva i capelli e la strinse alla sua, rendendo quel contatto ancora più intimo e vicino.

April, a un certo punto, allontanò le labbra da quelle di Klaus, come scottata da quel bacio. Colto di sorpresa, il vampiro la guardò sbalordito e confuso, tentato dal riprendersi quanto in quel momento desiderava,

Sapevano entrambi che, di lì a poco, il loro corpi si sarebbero uniti in una cosa sola.

Eppure lei stava bloccando quel momento.

Perché, se fino a poco prima lo aveva cercato insieme a lui?

Che ti prende?” le domandò Klaus, con voce soffusa.

Le sue parole soffiarono tra i capelli corvini della ragazza, sparsi sul lenzuolo bianco e che le circondavano il viso come fosse un angelo. Lei guardava un punto sul soffitto, con aria sofferente.

Io...” Si bloccò per un istante, avvertendo un fastidioso groppo che le impediva di parlare. “Non mi era mai capitata una cosa simile.

Klaus non comprese. “Che vuoi dire?”

Vide le labbra di April serrarsi tra loro, quasi la ragazza avesse vergogna nel lasciar andare quelle parole.

Non mi sono sentita così da tanto tempo.”

Come?”

Me stessa.”

Klaus si ammutolì di fronte a quelle parole. Non seppe cosa dire, ma nemmeno cosa pensare.

L'unica consapevolezza che aveva era di sentirsi quasi grato per quelle parole.

Felice. Entusiasta.

Non avrebbe dovuto permettere una cosa del genere; avrebbe dovuto combattere fino alla fine, impedire che il momento che stavano vivendo avesse luogo, ma arrendersi fu la vittoria migliore che potesse mai concedersi.

Lei lo stava guardando intensamente, aspettandosi una replica. Stava magari aspettando che anche lui le confessasse di sentire a quella maniera, di provare affinità per la sua solitudine, di sentire la propria anima simile alla sua e di non avere più un cuore congelato ma vivo e pronto a battere di nuovo.

Di sentirsi se stesso.

Ma non voleva ammettere quel sentimento che per lui sapeva tanto di menzogna, era troppo.

E lei...

Deglutì, pensando che probabilmente avrebbe dovuto fermarsi prima di concedersi quell'unica notte con April.

Non voleva prenderla in giro, e non voleva farla soffrire.

Era immorale persino per uno come lui.

Ma lei abbatté nuovamente le sue barriere: lo baciò con delicatezza sulle labbra e portò entrambe le mani sulla nuca di lui. Klaus si lasciò andare a quel bacio poi, prima che la ragione e il cuore tornassero a combattersi per riprendere possesso di quel corpo, entrò dolcemente in lei.

La ragazza gettò nuovamente la testa all'indietro, si lasciò andare ad un gemito di piacere, mentre Klaus fissava la sua pelle diafana con estremo desiderio. Il suo sguardo cadde su una vena bluastra che si allungava sotto la pelle del collo della ragazza e il desiderio del suo corpo si unì a quello del sangue. Represse quel suo istinto, cercando di nascondere le vene scure che dovevano essergli apparse ai lati degli occhi, chiuse le palpebre e prese a muoversi dentro di lei.

Le spinte furono all'inizio lente e delicate, Klaus posò le labbra sul collo di lei, baciandolo con dolcezza, per sopprimere la voce del proprio piacere. Sentiva quello di lei aumentare ad ogni spinta; le mani della ragazza erano scese sulla sua schiena nuda, dove aveva affondato le unghie per poter fare fronte alla passione. Si baciarono, con minor foga ma con più intensità rispetto a poco prima, e in quel momento le spinte si fecero più decise. April ne venne colta di sorpresa, soffocò un gemito sulla spalla di lui, mentre il ragazzo lottava con il continuo desiderio di volerla mordere, di prendere tutto quello che poteva di lei.

Corpo. Anima. Sangue. Vita.

Poi si rese conto che le bastava solo una cosa di lei ed era averla vicina, almeno per quel momento. Continuò a muoversi in lei, soffocando i suoi gemiti e rubandole di tanto in tanto un bacio.

Il piacere poi divampò in una fiamma che li avvolse completamente; i due raggiunsero all'unisono l'apice del piacere, le loro labbra ancora unite in un bacio spezzato.

April aprì gli occhi nel momento stesso in cui lo fece lui, entrambi si guardarono e i loro respiri continuarono a combattersi, scontrarsi e uccidersi.

Lentamente il sonno si fece largo tra le loro menti. Klaus le si distese accanto portandosi il braccio a coprirsi gli occhi e prendendo lunghi respiri.

Una voce, l'ultimo sospiro prima dell'arrivo di Morfeo, giunse all'orecchio di uno dei due.

Mi sto innamorando di te.”

* * * * * * * * * *

Klaus si svegliò poche ore dopo, constatando che April non era più nel suo letto.

Il ragazzo si era ritrovato ad accarezzare il punto del materasso in cui ancora giaceva la sagoma della ragazza e respirando ancora il profumo di lei nell'aria. Non ebbe il tempo materiale di chiedersi perché fosse successo e perché April non si trovasse con lui ad affrontare quel momento, che già ebbe l'istinto di scendere al piano di sotto per prendersi un drink con cui soffocare tutte quelle domande.

La festa doveva essere finita da un bel pezzo, e Rebekah e Stefan dovevano essere sicuramente impegnati in uno dei loro passatempi preferiti: il sangue, oppure il sesso.

Quindi il vampiro non poté quantificare la sorpresa che provò nel momento in cui vide Rebekah, con ancora indosso l'abito della festa, camminare a passo rapido nella sua direzione, seguita da uno Stefan stranamente annoiato.

Klaus se ne restò seduto al lungo tavolo al centro della sala, trangugiando del buon liquore alla faccia di tutti i cattivi pensieri. “Quell'espressione sofferente non mi piace, sorellina.”

Va' all'inferno Klaus e dimmi che sei stato tu.” Rebekah ignorò la battutina del fratello e si fermò alla punta opposta del lungo tavolo, battendo i palmi delle mani sulla superficie. Le rughe di espressione sul viso della fanciulla lasciavano intravedere la profonda preoccupazione da cui era logorata.

A fare cosa?”

A uccidere quella donna che hanno trovato poco fuori dalla nostra abitazione.”

Klaus si ammutolì e il suo sguardo slittò prontamente in direzione di Stefan, il quale teneva le mani dentro le tasche dei pantaloni in raso e schioccava la lingua, disinteressato.

Chiedilo a Stefan; solitamente è lui quello che combina casini.” Klaus puntò il dito in direzione del compagno, senza mostrare nessun tipo di timore. Ancora non comprendeva, infatti, quello della sorella.

Stefan alzò le mani in segno di resa, inarcò le sopracciglia e arricciò le labbra sottili. “Rebekah mi è testimone. Quella non l'ho uccisa io.” disse, come se gli dispiacesse non essere l'artefice di quel misfatto.

Quello che seguì fu un lungo silenzio che Stefan non poté comprendere.

Guardò i due fratelli lanciarsi un'occhiata complice e spaventata, mentre Klaus abbassava il bicchiere lentamente sul tavolo. Aveva colto la paura di sua sorella, l'aveva tradotta e aveva lasciato che investisse anche lui.

Non ci sono altri vampiri oltre noi in città.” disse, in un sussurro che sarebbe risultato impercettibile all'orecchio umano.

Rebekah si morse il labbro, iniziando a tremare. “O forse ora non è più così...” aggiunse, guardando fisso suo fratello.

Klaus deglutì nuovamente. Un'ombra di panico e terrore si impossessò del suo animo, facendolo rabbrividire come un bambino di fronte al peggiore dei suoi incubi.

Rebekah aveva ragione, forse non era più così.

E lui li aveva trovati.


Buonsalve a tutti! :D

Questo capitolo/polpettone è un po' più lunghetto del solito e spero di non avervi annoiati. Per ricorreggerlo ci ho messo secoli, vista l'eccessiva lunghezza e i numerosi orrori grammaticali che c'erano xD Anzi, se ne dovreste incrociare altri vi prego di avvertirmi, affinché possa riporvi rimedio. Purtroppo me ne sfugge sempre qualcuno e intanto mi sento analfabeta! .-.

In questo capitolo succedono tante cose a differenza del nulla che capitava nel capitolo scorso.

C'è stata una prima vera interazione tra Bekah e April.

Non so se sia stata un po' inaspettata oppure sciocca, ma trovavo d'obbligo far rapportare a questa maniera due prime donne come lo sono loro. Inoltre ci tengo a precisare che farò dei cambiamenti a livello del personaggio di Rebekah; capirete di che parlo verso la fine della storia, dato che si tratta di un elemento che la riguarda e che nella serie non è presente. Spiegherà il perché lei si sia mostrata così gentile (??) con April.

Il resto si focalizza su April e su Klaus. Si comprende di più sul passato della ragazza e il loro rapporto ha compiuto quel passo in più che forse qualcuno aspettava (?!?!). Sinceramente, vi dico una cosa: le scene hot non sono il mio forte. Mi vengono tutte o banali, oppure volgari, noiose e ripetitive. Perciò non mi stupirei se qualcuno avesse storto il naso nella lettura; purtroppo è così, queste scene sono una pecca per me.

Per quanto riguarda la scena finale, non anticipo nulla, anche perché probabilmente è chiaro di chi sospettano i due fratelli Mikaelson, no? Ma i loro dubbi saranno fondati?

Ora voglio parlare di Katherine, che è stata introdotta nello scorso capitolo. Vi ho già detto che ho deciso di inserirla all'improvviso, malgrado la prima stesura della storia non comprendesse la sua presenza, ma già so che ruolo rivestirà e le scene in cui apparirà. In questo capitolo rappresentare anche lei avrebbe significato creare ancora di più polpettone bello e buono, quindi vi avviso che la rivedrete nel prossimo, capirete come fa April a conoscerla e, sopratutto, perché la vampira abbia deciso di avvicinarsi a lei.

Ora passo come sempre ai ringraziamenti per coloro che leggono silenziosamente e coloro che recensiscono. Grazie anche a tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite/ricordate e seguite!

Alla prossima e vi auguro di passare una buona serata! ;)

Ciao ciao bellissimi!

   
 
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