Kiyo venne trascinata fino a un ampio
portone d’acciaio. Uno degli uomini dell’Enclave posò una mano su un pannello
alla destra dell’entrata, che si aprì di scatto. Pochi passi, e si trovarono
all’interno di quello che sembrava un grande ufficio, completo di scrivanie e
tappeti preziosi. Sulla scrivania più grande trovava posto un uomo non basso ma
nemmeno prestante, gli occhiali spessi e i capelli pettinati all’indietro,
infilato all’interno di un completo classico di giacca e cravatta. Nonostante
paresse inoffensivo, Kiyo ne ebbe istantaneamente
timore. Non appena si girò, i due uomini che l’avevano trascinata la lasciarono
andare e si spostarono ai suoi lati.
“Quindi, finalmente, ci
incontriamo”
“Chi è lei?”
“A tempo debito. Non sai quanto
ho desiderato conoscerti”
“Cosa vuole da me?”
L’uomo si voltò, dandole le
spalle. Solo allora la ragazza si rese conto della presenza di un Houndoom accucciato elegantemente a lato della scrivania,
il che la fece tremare ancor più di terrore.
“Voglio solo sapere come poter
controllare il motore del mondo. Ti pare molto? Beh, vieni con me. Ti farò
vedere”
*
“Dannazione!”
Vergil sbatté il pugno forte sulla
parete metallica, mentre Adam sedeva tenendosi la
testa come se avesse un mal di testa insopportabile. Erano stati sbattuti senza
tanti complimenti dentro una cella sotterranea, apparentemente inespugnabile
perché interamente ricoperta di metallo. Non bastasse, una volta chiusa la
porta non si scorgeva più alcuna fessura che indicasse dove fosse. Tuttavia,
sapevano che le guardie – che avevano sequestrato loro zaini, cinture e
cappelli – si trovavano lì fuori, a pochi centimetri da loro.
“Dobbiamo uscire di qui, Adam. Dobbiamo. Potrebbero farle del male!”
“Ti pare facile?” – disse Adam da sotto le mani.
“No, ma dobbiamo tentare”
“Non è possibile”
A parlare non era stato Adam, ma un’altra voce che proveniva da un angolo buio
della cella. Aguzzando lo sguardo, videro che si trattava di un uomo. Non era
anziano, ma era provato dalla prigionia e il suo volto era un’ombra di quello
che doveva essere un tempo. La lunga barba ispida rendeva invisibili le sue
labbra.
“Come non è possibile?”
“Non si può uscire di qua. Io
stesso ci ho provato per mesi, senza ottenere alcun risultato”
Vergil ringhiò per l’esasperazione, e
sferrò un calcio al muro metallico.
“Se solo toccheranno Kiyo, io…”
“Chi?”
L’uomo era balzato in piedi al
nome della ragazza. Aveva gli occhi spalancati, e sembrava sul punto di
svenire.
Cosa che fece pochi istanti dopo.
*
“Vedi, ragazza?”
Ciò che Kiyo
vedeva la rendeva ogni secondo più sconvolta. Era stata guidata a strattoni
verso un altro ascensore, che era disceso ancora più in basso, lungo un tubo di
vetro. Attraverso quel tubo, la ragazza poteva osservare un’immensa caverna di
pietra, con un piedistallo al centro, sopra il quale sembrava trovarsi una
massiccia e pesante sfera di pietra, delle dimensioni di un uomo. Eppure
continuava a non capire.
“Quello è il nostro mezzo, Kiyo, la nostra arma” – disse l’uomo, tenendo le braccia
dietro la schiena e dandole sempre le spalle, guardando fuori – “L’arma che dobbiamo
risvegliare, se vogliamo imporre il nostro dominio politico sulla regione.
L’Enclave non può permettere che le politiche economiche e sociali di Johto proseguano incontrollate come oggi, eliminando il
privilegio di carica, dando piena libertà decisionale a ogni individuo. È uno
spreco di risorse e di capacità. Dobbiamo impedirlo” – si voltò verso di lei –
“E per impedirlo è necessario eliminare l’attuale ossatura politica attraverso
una rivoluzione armata. E per fare questo … ci serve quello”
E indicò la sfera in pietra. Kiyo non aveva idea di cosa volesse che facesse.
“Io non so nulla” – disse,
aggressiva – “Non so chi lei sia e non so che cosa lei voglia da me. Io sono
solo una delle Ragazze del Kimono di Amarantopoli”
“Certamente, lo sei. Tuttavia i
miei uomini hanno buoni metodi persuasivi, e il precettore Akahito
non ha tardato a raccontarci qualcosa in più sul tuo conto”
Kiyo sentì il cuore sprofondarle nel
petto. “Cosa gli avete fatto? Cosa avete fatto ad Akahito?”
“Niente che a te debba dare
pensiero. Piuttosto … credo che sia il momento di dirmi come risvegliare quella
creatura”
La fissò con il suo sguardo
appannato ma penetrante. Kiyo disse la verità.
“Non lo so. Ho scoperto ieri di
avere un legame con Sanako. Non ho idea di dove si
trovino le sue pergamene, non so preparare pozioni, non so fare nulla!”
“Questo non può essere vero.
Vedi, pare che tu sia l’unica che possa risvegliare quella creatura. Ah, e
ancora nessun problema per le pergamene … le abbiamo trovate noi”.
*
“Io sono il padre di Kiyo”
Vergil e Adam
si sentivano come storditi. Dopo aver rianimato l’uomo, quell’affermazione
poteva sembrare il sintomo di una non totalmente riconquistata lucidità
mentale. Eppure adesso era perfettamente sveglio e, per quanto addolorato,
sembrava perfettamente in grado di intendere e di volere.
“Come … come?” – balbettò Adam.
“Sapevo tutto della natura di Kiyo, l’ho sempre saputo … ovviamente, visto che Sanako fu mia nonna materna. Quando la bambina nacque,
avemmo paura. Come fare per proteggerla, per nasconderla?
Riuscimmo ad accudirla solo per
qualche mese, ma l’Enclave cominciava a farsi sempre più vicina a noi,
risalendo lentamente il mio albero genealogico e accumulando informazioni per
estorsione o tortura. Poi prendemmo la drammatica decisione, e la affidammo in
modo anonimo all’Accademia delle Ragazze del Kimono, cercando di far capire al
Direttore chi fosse nostra figlia. Filò tutto liscio, e nessuno scoprì dove
fosse Kiyo”
“Ma di lei, signore, cosa ne fu? E
cosa vuole questa … Enclave?” – chiese Adam.
“L’Enclave è l’organizzazione che
cede la sua sede in quest’isola. È un ente criminale, inserito nel governo
politico della regione come una piovra, il cui scopo è rovesciarlo con la forza
e controllare tutta Johto a livello geopolitico. Per
farlo, vogliono risvegliare la Creatura Leggendaria che dimora, addormentata da
secoli, proprio qui sotto quest’isola.
Per quanto riguarda me e mia
moglie, non potemmo certo rimanere nella nostra abitazione. Fuggimmo, entrammo
in latitanza. Ogni giorno in cui ci svegliavamo cambiavamo luogo dove sostare,
e ogni giorno era dominato dall’angoscia che ci scoprissero. Finché, una
maledetta notte, ci trovarono. Cercammo di scappare, ma … lei fu colpita”
Vi fu un momento di silenzio.
“Mia moglie fu colpita. Niente da
fare, morì sul colpo. Lo vidi: un uomo gracile, dallo sguardo incavato ma
penetrante, quasi ingobbito, le aveva sparato. Non provai mai così tanto odio
come in quel momento, e in cuor mio giurai che l’avrei ritrovato e mi sarei
vendicato.
Ma al momento che potevo fare?
Disperato, corsi a perdifiato e riuscii a mettermi in salvo. Fino a quattro
mesi fa, quando fui catturato. Non mi hanno eliminato solo per ottenere
informazioni: da quando sono qui, non è passato giorno senza che io abbia
subito delle torture. Ma ho sempre resistito … e non è servito. Alla fine sono
arrivati a Kiyo”
Si chiuse in un silenzio
disperato. Adam gli posò una mano sulla spalla; Vergil, invece, s’infuriò.
“E cosa crede che dobbiamo fare,
rassegnarci al peggio? Non possiamo lasciare sua figlia lì fuori, in balìa di
quei criminali!”
“E come pensi di
fare, ragazzo?” – gridò l’uomo di rimando, offeso nell’orgoglio di padre – “Qui
siamo in tre, io sono troppo debole e voi due troppo giovani. Non bastasse, non
abbiamo nemmeno un Pokemon e mi pare che i vostri siano stati tutti sequestrati
dalle guardie.
“Questo” – disse Vergil, fissandolo intensamente – “E’ quello che credono
loro”. Poi frugò nella tasca posteriore dei pantaloni.
*
Kiyo non credeva ai suoi occhi.
L’ascensore si era fermato in una posizione dalla quale potevano osservare
dall’alto tutta la caverna, in corrispondenza di una porta a vetri molto
imponente. La attraversarono, e si trovarono all’interno di una stanza che ella
immediatamente associò a un reliquiario. Tuttavia, era molto più sterile
rispetto ai reliquiari di legno e odorosi d’incenso dell’Accademia: era uno
stanzone metallico come gli altri, ma con una grande teca di vetro
all’estremità opposta rispetto alla quale erano entrati.
L’uomo si avvicinò alla teca, un
cilindro di vetro alto quasi quanto lui, e aprì uno sportello incavato in essa.
Ne estrasse il contenuto, visibile già da prima. Era un fascio di rotoli di
pergamena consumati dal tempo e ingialliti tanto che alcuni segni risultavano
illeggibili. L’uomo si avvicinò e parlo a Kiyo.
“Queste sono le pergamente perdute … o meglio, erano le pergamene perdute di Sanako. Le
abbiamo ritrovate. È abbastanza semplice porre il segreto militare su di
un’area – in modo che nessuno possa mettervi il naso – quando si hanno ottimi
collaboratori al Ministero della Difesa, che ho l’onore di servire come
viceministro.
Ecco, purtroppo però non
riusciamo a decifrarle. L’idioma in cui sono state scritte è sconosciuto,
probabilmente invenzione della stessa Sanako. Sono
rune piuttosto elaborate ma, come credo, qualcuno deve pur averti insegnato a
leggerle”
Kiyo era disperata.
“No, non è così! Nessuno mi ha
mai insegnato a leggere una lingua sconosciuta, lo giuro! Akahito
non l’ha mai fatto!”
“In tutta franchezza, ne dubito”
– l’uomo fece un cenno verso la porta, e due guardie armate di fucile lo
raggiunsero – “Ti propongo un baratto. Se tu leggerai seduta stante il
contenuto di quelle pergamene, io non ti farò sparare. Chiaro?”
Kiyo tremò come una foglia al vento,
e per un momento temé di farsela addosso, ma resistette. Il terrore della morte
superò la consapevolezza di non conoscere lingua antiche, e la ragazza afferrò
i rotoli che le venivano porti. Li srotolò con mani tremanti, e osservò il loro
contenuto.
“alashir kuwaz oté …”
Sì bloccò, se possibile ancor più
terrorizzata di prima. Quello che si trovava su quei fogli arrotolati non era
una ignota accozzaglia di simboli misteriosi, ma lei riusciva a leggerli. E
quel che più la stupiva era il fatto che capisse anche cosa significavano.
“Visto? Non c’era motivo di
mentire. Ora, se vuoi essere così gentile da tradurre per noi …”
Kiyo non poté che obbedire,
nonostante l’assurdità della situazione.
“La vita dalla pietra si può generare
Forzando
gli elementi per compiere il miracolo,
infuocando
l’antico spirito.
No,
pellegrino, non pensar che sia impossibile,
è
semplice anzi, ma presta attenzione:
un
minimo error può portarti all’inferno.
Ligneo
mortaio per addensare il potere,
aiuterà
il processo venturo.
Rossa
bacca di foresta per accoglier degnamente,
una
soltanto, ché più non abbisogna;
Rosso
capello per ricordar la piuma
Che,
ardente, infuocò il primigenio.
Rossa
fiamma per suggello, rossa fiamma bruciante,
per
chiuder la miscela,
per
aprire nuova èra”.
L’uomo aveva assunto
un’espressione quasi indignata; Kiyo invece era
ancora più stupita. Quei versi erano di una semplicità disarmante, una volta
che potevano essere letti. Sarebbe stato sufficiente miscelare quegli
ingredienti, e tutto sarebbe avvenuto.
“Kiyo,
il tuo aiuto è stato prezioso. Dovrò però abusare della tua pazienza ancora per
un po’. Devi preparare questa mistura e risvegliare l’antico essere. La mia
offerta è sempre valida, ricordi?”
Lo scattare delle sicure dei
fucili delle due guardie faceva in modo che Kiyo non
potesse dimenticare quella minaccia. L’uomo ordinò che fossero portati gli
ingredienti citati nella pergamena, mentre le guardie tenevano ben salde le
braccia di Kiyo e la guidavano ancora all’ascensore.
Poco dopo, si trovavano proprio nella caverna, e l’uomo la accompagnò fino al
piedistallo in pietra. Le furono porti mortaio e ingredienti, e cominciò.
La bacca era una bacca fragola. Kiyo ebbe dei dubbi: esistevano altre bacche rosse? Avrebbe
funzionato? Scacciò il pensiero, e la tritò nel mortaio. Non dovette faticare
per trovare il capello rosso: i suoi andavano benissimo, ed era stata strattonata
talmente tanto che ormai ne aveva attaccati un sacco lungo la tunica. Miscelò
di nuovo. Ora aveva bisogno di una fiamma.
“Ecco. Direi che il tuo amico
potrà esserti utile. Attenta: sei ancora sotto tiro. Un passo falso, e verrai
falciata”
L’uomo le stava porgendo una pokeball, che riconobbe come quella di Flareon.
La ragazza chiamò il Pokemon. Per un istante pensò di farlo attaccare e
fuggire, ma l’uomo non mentiva: le guardie la puntavano ancora. Ordinò a Flareon di usare le sue fiamme per scaldare la mistura, e
poco dopo era giunta ad ebollizione.
“Il momento è arrivato”
Preso da un’incontrollabile
follia che contrastava con i suoi modi precedenti, l’uomo strappò dalle mani di
Kiyo il mortaio, lo alzò sopra la testa e cominciò a
gridare.
“Creatura! Il momento del tuo
risveglio è giunto! Incendia questo mondo con la tua irruenza e con la tua
potenza!”
Un boato, una nuvola di polvere,
detriti ovunque. Kiyo crollò a terra, e la sua
lucidità fu solo sufficiente per capire che una parte della parete della
caverna era esplosa. L’uomo era caduto carponi, ma era riuscito a salvare la
preziosa miscela.
Non appena la sabbia e la polvere
si diradarono, sulla parete fu visibile una profonda crepa. Da questa uscirono
– per la gioia e lo stupore della ragazza – Adam, Vergil e un uomo sconosciuto. Ma la sua attenzione fu
catturata dal Pokemon che li precedeva, quello che probabilmente aveva aperto
quel varco.
Era un Golduck.
Alta e imponente, la sua figura si stagliava di fronte al foro nella roccia, e
avrebbe ricordato quasi la statua di un eroe classico se non fosse stato per la
sua espressione, scontrosa e diffidente.
“Vergil…”
Anche l’uomo era rimasto
sconcertato. Stava guardando anche lui nella loro direzione, ma verso l’altro
uomo che accompagnava i due ragazzi. I due si scambiarono uno sguardo di puro
odio. Poi, l’uomo che si trovava con Vergil e Adam emise un grido da far accapponare la pelle e si gettò
improvvisamente contro l’alto dirigente dell’Enclave.
“No!” – urlò questi – “Non potrai
impedirmi di farlo!”
Ed ecco, con un gesto solenne e
allo stesso tempo maniacale, egli versò la mistura sopra l’enorme sfera di
granito, con un urlo di trionfo: questo fu però immediatamente smorzato da un
potente colpo all’addome dell’altro uomo, che lo aveva raggiunto. I due
ingaggiarono una lotta furibonda, rotolando per la caverna; Adam
e Vergil corsero verso Kiyo
per ricongiungersi a lei. Tuttavia, un altro evento inatteso li costrinse a
voltarsi.
La sfera di granito era divenuta
completamente rossa e luminescente, sembrava fosse fatta di lava ed emanava un
calore intenso. La luminosità continuò a crescere, fino a quando fu impossibile
sostenerla con la vista. La sfera si fuse davvero e – come una secchiata
d’acqua – si infranse sulla base del piedistallo, mentre un’esplosione di
fiamme si accendeva sulla sua sommità e un grido simile a quello di un uccello
rapace, ma molto più assordante, rimbombò in tutta la caverna. Da quelle
fiamme, quasi fossero state un enorme uovo ardente, si alzò un’alta colonna di
fuoco che immediatamente si allargò prendendo forma e consistenza, e nacque
un’enorme creatura maestosa e imponente, che salutò il mondo che già una volta
aveva visto con un altro acuto grido: Ho-oh era
risorto.
La possente creatura si librò in
volo all’interno della grotta, ma si comprese subito che la sua volontà era
quella di uscire dal luogo ove aveva dormito per secoli. Con un altro grido,
l’uccello leggendario lanciò un attacco Fuoco Sacro contro la parete superiore
della grotta, facendola in parte esplodere: massi e detriti caddero al suolo,
colpendo i due uomini che continuavano a lottare avvinghiati l’uno con l’altro.
Vergil fece scudo a Kiyo
con il proprio corpo.
“Dobbiamo cercare di uscire da
qui!” – urlò Adam, in mezzo al frastuono.
“Lo so, ma come?” – rispose Kiyo.
Ho- oh lanciò un altro attacco
contro le pareti della caverna, che cominciò a tremare paurosamente. Kiyo si voltò verso i due uomini: il criminale stava
serrando le mani alla gola dell’altro uomo, che sembrava più debilitato e
sanguinava dal naso e dalla bocca. All’improvviso, in uno slancio di energia,
questi sferrò un pugno alla mascella del rivale, che cadde all’indietro e
sbatté violentemente il capo contro le rocce che si trovavano a terra, svenendo
sul colpo. Sicuramente gli si sarebbe nuovamente avventato contro, se solo Vergil non fosse scattato e l’avesse bloccato per un
braccio.
“Non ce n’è il tempo, dobbiamo
scappare subito!”
“Mi basta un momento, non …”
“Non può farlo davanti a sua
figlia!”
Nonostante Ho-oh
stesse per far crollare la caverna dove si trovavano, nonostante fosse stanca e
provata dagli avvenimenti, nonostante non sapesse quasi più chi fosse, Kiyo sentì una potente emozione. Quell’uomo era suo padre.
Cercò di fissarlo, ma altri massi precipitarono al suolo e dovette alzarsi di
scatto e spostarsi.
Vergil decise che era il momento di
agire.
“Presto, Golduck:
Pioggiadanza!”
La gemma incastonata sulla fronte
del Pokemon si illuminò, e Golduck cominciò a
oscillare le sue zampe anteriori verso l’alto: l’umidità dell’aria si addensò e
cominciò a cadere una fitta pioggia, che però non bastò a placare le fiamme di
Ho – oh, che parve ancor più fuori di sé e lanciò altri gridi acuti.
“Questo ci proteggerà dalle
fiamme. Venite tutti qui!”
Adam e Kiyo,
sorreggendo l’uomo ferito, corsero da Vergil, che si
trovava all’estremità della crepa che Golduck aveva
aperto in precedenza. Correndo come mai avevano corso in vita loro,
attraversarono il lungo corridoio che prima avevano scavato lungo la roccia,
scossa dai tremiti delle esplosioni che continuamente provenivano dalla
caverna. Improvvisamente, un tremito più forte degli altri fece saltare parte
della volta del corridoio, e un masso precipitò tra loro: Adam
e Kiyo dovettero lasciare l’uomo ferito per evitare
il masso. Pochi secondi dopo, Kiyo si rese conto con
un tonfo al cuore che l’uomo che aveva appena scoperto essere suo padre era
rimasto al di là del masso, separato da loro.
“Aspetti! Arriviamo a salvarla!”
– urlò in lacrime, in mezzo a boati, polvere e frantumi di roccia.
“No”
La risposta la gelò. Era flebile,
e veniva dall’altra parte del masso.
“Ma … papà …”
“No, Kiyo,
qua sta’ per crollare tutto e dovete mettervi in salvo … no, non interrompermi!
Dovete uscire subito, adesso, o rimarrete intrappolati anche voi qui!”
“Ma …”
“Non far sì che per causa mia
perdiate anche voi la vostra vita! Scappate!”
Kiyo era in ginocchio davanti al
masso, e le lacrime le rigavano il volto sporco di polvere. Una mano toccò la
sua. Vergil l’aveva afferrata e la guardò con
intensità. Dovevano uscire.
Un nuovo boato. La parte iniziale
del corridoio, quella da dove erano entrati, iniziò a crollare. Vergil non poté aspettare: alzò Kiyo
di peso e ripresero a correre a perdifiato. Si iniziò a intravedere una luce,
in fondo alla galleria, e accelerarono ancora. Varcarono l’uscita, e si
trovarono sul bordo di un precipizio che dava sul mare, da cui prima avevano
dovuto arrampicarsi.
“Presto, afferrate Golduck!”
Adam, Vergil
e Kiyo si aggrapparono al dorso del Pokemon. Un
istante dopo si tuffò e, giunto in acqua, iniziò a nuotare a una velocità
sorprendente per il carico che trasportava. Si erano allontanati forse di
qualche centinaio di metri quando un’esplosione più potente delle altre squassò
l’intera isola: un enorme pilastro di fuoco uscì dalla sua superficie,
bruciando gli edifici del quartier generale dell’Enclave, e Ho-oh
apparve, finalmente libero, in mezzo a tutta quella devastazione. Si guardò
intorno con i suoi occhi gialli e iniettati di sangue; poi, con un imponente
colpo d’ali, si alzò nel cielo, scomparendo pian piano all’orizzonte.